The true idioma of the Italian tongue wherein is contained many choice sentences and dialogues in Italian and English : also delightful dialects and apophthegms taken out of a famous author : and other necessary things mentioned in the table ... / published by P.P., an Italian, and teacher of the Italian tongue ...

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The true idioma of the Italian tongue wherein is contained many choice sentences and dialogues in Italian and English : also delightful dialects and apophthegms taken out of a famous author : and other necessary things mentioned in the table ... / published by P.P., an Italian, and teacher of the Italian tongue ...
Author
Paravicino, Pietro.
Publication
London :: Printed by E.C. and are to be sold by H. Seile ... N. Brook ... and Peter Dring ...,
1660.
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Subject terms
Italian language -- Terms and phrases.
Italian language -- Readers.
Aphorisms and apothegms.
Proverbs.
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"The true idioma of the Italian tongue wherein is contained many choice sentences and dialogues in Italian and English : also delightful dialects and apophthegms taken out of a famous author : and other necessary things mentioned in the table ... / published by P.P., an Italian, and teacher of the Italian tongue ..." In the digital collection Early English Books Online 2. https://name.umdl.umich.edu/A55856.0001.001. University of Michigan Library Digital Collections. Accessed May 5, 2024.

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ANNIBALE lascia l'impresa di ROMA.

ANNIBALE (perche cosi piacque a Dio) lasciò l'impresa di Roma, e volse il camino al'Ionio, e scorse tutto il lito, guas∣tando e saccheggiando ciò che v'era. Servio Consolo, che stavà all'incontro di lui, passò ad Arimino, lunge da Annibale una giornata e quivi tenne lo esercito a gli alloggiamenti, confermando gli animi di que' Francesi, che erano ancora amici del popolo Romano; in tanto, che vi venne Fabio Massimo Dittatore: il quale mandó Servilio a Roma, accioche non vi fosse verun Consolo ne Capitano, essen∣do stato creato il Dittatore. Costui te∣nendo dietro ad Annibale, non volle mai seco appiccar la giornata, quantunque egli sempre gli facesse copia di poter combat∣tere: ne lasciava che alcuno uscisse a scara∣mucciar seco, ma di continuovo lo seguitava, conducendo l'esercito per luoghi montuosi & alti.

Annibale, havendo spogliata e consumata la Regione, trovandosi bisognoso di vetto∣vaglia, discorrendo di quà di là, ogni gior∣no metteva in ordinaza l'esercito, invittando i Romani a battaglia. Ne però Fabio acettô

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mai il fatto d'arme. Il che Minutio Rufo, Capitano della sua cavaleria, riprendeva grandemente, & ancora scrisse a Roma a gli amici, che Fabio rimaneva da combattere solamente per tema.

Avenne, che Fabio andó a Roma per cagione di alcuni sacrifici. Là onde Minutio, che era rimaso a governo dell'esercito, fece certa pic∣ciola battaglia con Annibale, nella quale es∣sendo stato superiore, scrisse al Senato lettere piene delle maggior vanità, del mondo, accu∣sando Fabio, che non volesse vincere.

Il Senato, essendo Fabio tornato al campo, fece una ordinatione, per la quale al Capita∣no della cavaleria fu data la medesima an∣torità, che haveva il Dittatore.

Di qui essi divisero tra loro l'esercito, e posti l'uno vicino all'altro gli alloggiamenti, ciascuno governava i suoi Soldati nel modo, che gli pareva. La opinion di Fabio era, che tenendosi Annibale a bada, si venisse in questo modo con la lunghezza del tempo a consu∣mar le sue forze, e fra tanto si desse opera, ch' egli non potesse loro fare alcun danno.

Ma il giuditio di Minutio in contrario vo∣leva, che al tutto si combattesse. Et essendo egli venuto alla battaglia, Fabio antiveggen∣do quello, che haveva ad avenire, ordinò il suo esercito occultamente. Onde poi essendo

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Minutio rotto, egli ricevette i suoi Soldati, che fuggivano, e le genti di Annibale, che gli seguitavano, rispinse in dietro. Et in questa guisa Fabio non si ricordando punto della infamia, ch'esso gli haveva recata in Roma, fece la rotta di Minutio minore.

Minutio conoscendo alhora la propria ig∣noranza, ritornò il governo, e la parte dell'esercito, ch'egli haveva, a Fabio; il quale stimava che all'liuomo savio (delle quali parole Augusto, che non era al combatter molto presto, si ricordo piu volte) facesse mestiero adoperare assai piu l'astutia, che l'audacia.

Fabio da caposi mise ad osservare il cami∣no di Annibale, e vietava ch'egli potesse dare guasto a verun luogo: non pero combatten∣do seco con tutto l'esercito, ma dando dentro a quegli, che si sbandavano da gli altri. E co∣nobbe, che Annibale era necessitato a patir grandemente per mancamento di vettova∣glia: & essendo ivi appresso una via strettissi∣ma, ciò non fu conosciuto da Annibale. Ma Fabio mandarovi inanzi quattro mila Soldati, occupò il passo & esso dall'altra parte col ri∣manente dell'esercito pose gli alloggiamen i sopra un colle assai forte.

Annibale, come intese, se esser serrato tra le angustie de'passi guardati da i Soldati Roman,

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e tra Fabio, cominciò ad havere ispavento, quello, che avenuto non gli era prima: percioche non se gli dimostrava via alcuna da poter uscire, essendo ogni cosa pieno di precipitii, e senza strada: ne sperava per la difficultà de i luoghi poter superar Fabio, e coloro, che guardavano i, luoghi. Stando in cosi fatto dubbio, accioche i prigioni in quel pericolo non facessero qualche trattato contra lui, tuti gli fece scannare.

Stratagema d' ANNIBALE c' Buoi, e fiaccole, legate alle lor corna.

Appresso fece addurre tutti i Buoi, che erano nell'esercito (che vi se ne tro∣vava gran numero) e legare alle loro corna alcune fiaccole, e quelle nelle prime tenebre della notte fece accendere, comandando, che nell'esercito si amorzasse ogni altro fuoco, e che ciascuno si stesse quieto senza dir parola. Dapoi impose ad alcuni molti ispediti giovani, che cacciassero quei Buoi per le cime de' monti a' luoghi precipitosi, che erano tra le strettezze, e Fabio. I Buoi, parte sospinti da i giovani, e parte stimo∣lati dall'ardente fuoco, senza ordine & as∣tretti dalla forza, correvano verso i dirupi: onde alcuni cadevano, altri volgendosi in

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dietro, ritornavano a salire il monte.

I Romani, che dall'una, e dall'altra parte si trovavano, veggendo, che nel campo di An∣nibale non v'era luce alcuna, non senten∣dovisi veruno strepito; & apresso ne i monti mostrandosi a gli occhi loro molti e vari fuochi, impediti dal buio della notte, non sapevano comprender chiaramente la cagion di tal cosa.

Fabio avisandosi, che ciò fosse qualche stratagema di Annibale, ne però sapendosi imaginar la forma, non gli parendo bene, che i suoi combattessero di notte, gli tenne ne gli alloggiamenti. Ma quegli, che erano posti alla guardia de' passi, dandosi a credere (quello che haveva ricercato Annibale) che egli non sapendo, che altro partito pren∣dersi, si fosse dato a fuggir per le sommità di quei monti, colà subito corsero, in∣gannati dalla vista del fuoco, pensando di dover prendere Annibale, confuso e disordi∣nato.

Ma Annibale come vide i Romani havere abandonato il passo, immantinente senza lume, e con taciturnità vi si condusse; & uscito de' luoghi stretti, facendo dare alle trombe, e posti gli alloggiamenti, chiamò a se con terribil grido i suoi Soldati, e fece, che per tutto il campo s'accendessero i fuochi.

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Alhora i Romani conobbero l'inganno. L'altra parte dell'esercito d'Annibale, e quegli, che i Buoi havevano cacciato ne i monti, ficu∣ramente uscirono delle strettezze. Iquali da lui ricevuti, nella vanguardia gli messe. Cosi fuor di speranza Annibale conservò se stesso, e lo esercito. Et andato nella Puglia a una città detta Gerione, la quale era piena di frumento, la prese: e quivi abondando di vettovaglia stette alle stanze.

Fabio continovando nel suo proponimento lo seguutò; e lontano da Gerioue dieci stadii, attese a fortificar gli alloggiamenti. Ma avi∣cinandosi il fine dell'ottavo mese della sua Dittatura (nel qual tempo i Romani solevano creare il Dittatore) andò a Roma. Onde Ser∣vilio & Attilio Consoli, essendo rimandati al governo loro, vennero allo esercito.

Si fecero quel verno alcune picciole bat∣taglie tra Romani e Carthaginesi: nelle quali i Romani hebbero il meglio.

Annibale tutte le cose dà lui fatte scriveva a'Carthaginesi; onde essi per ciò n'erano di∣venut molto superbi. Fra tanto e gli, oltre, che gli erano morti parecchi Soldati, era an∣cora aggravato da mancamento di vetto∣vaglia. Domandò adunque loro, che gli mandassero e Soldati, e danari. Ma i suoi nimici, che riprendevano tutti i suoi fatti,

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dicevano non saper la ragione, per la quale, non essendo costume de'vincitori di doman∣dar danari, ma di mandargli alla patria, Annibale, il quale diceva d'esser vittorioso, gli domandasse.

Il tenor delle quali parole essendo appro∣vato da'Carthaginesi, non gli mandarono nè danari, nè Soldati. Di che dolendosi Anni∣bale, scrisse in Hispagna ad Asdrubale suo fra∣tello, che egli passasse in Italia, aggiungendo, che nel venir della estate era disposto con ogni suo potere in lei rinforzar la guerra, e spogliarla, e distruggerla affatto; onde ha∣veva deliberato, che si combattessero i Ro∣mani da due bande. Fra questi termini si gi∣ravano le cose di Annibale.

I Romani per la indegna, e vituperosa morte di Flaminio, e di Centenio, e per molti altri danni ricevuti, havendo patito assai, stavano molto attristati, e di mala voglia. E non po∣tendo sopportare, che quasi nelle lor case, e ne i loro poderi si facesse la guerra, sdegnati comandarono, che in Roma si facessero quat∣tro altre luggioni contra Carthaginesi, e rac∣cogliendo da ogni parte Soldati de'confede∣rati, gli mandarono nella Puglia.

Furono creati Consoli, per la gloria ac∣quistata in battaglia, Lucio Emilio, e dalla plebe Terentio Varrone; il quale, secondo che

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haveva in costume di gloriansi, di molte cose prometteva. Questi furono mandati contra Annibale. Iquali al partire furono da' Ro∣mani pregati, che finir dovessero la guerra, ne volessero sostener, che la Città piu oltre fosse molestaa dalle spese di far continua∣mente eserciti, e dalla gravezza della fame, e cosi le lor possessioni venissero guaste e rovinate. I Consoli adunque havendo ri∣cevuto i Soldati, che erano nella Puglia, si trovarono haver settanta mila pedoni, e sei mila cavalli: e s'accamparono a un luogo, detto Canne. Annibale s'accampò all'in∣contro di essi. Percioche essendo egli di natura desiderosissimo di combattere, ne po∣tendo giamai starsi in darno, ne patir dirno∣ra, molto piu alhora, che era molestato dalla penuria della vittovaglia, ogni giorno at∣tendeva in ordinar le genti a battaglia, du∣bitando, che i Soldati, che lo servivano per il soldo, non se gli ribellassero, mancando a quegli le paghe, che lor si devevano, o ve∣ramente per cagion di far qualche bottino, li sbandassero. Per questo invitava i Con∣soli alla battaglia. Era parer di Emilio, che non si dovesse far glornata, ma lasciar, che'l nimico si consumasse, il quale non po∣teva durar molto a lungo per il disagio della vittovaglia, conchiudendo, che non

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era da venire alle mani con un nimico avezzo alle battaglie & alle vittorie. Ma Varrone, che era huomo della Plebe, ramme∣morando quello, che haveva loro imposto il popolo nell'uscire della Città, affermava, che si doveva subito venire alle mani.

Fù del parer di Emilio, Servilio, il quale l'anno passato era stato Consolo, e si tro∣vava nel campo. Mà a Varrone assentirono tutti gli altri, cosi coloro, ch'erano dell'ordine Senatorio; come quegli altri, che erano della dignità de' Cavalieri. Ora, mentre, che essi tra loro di ciò contende∣vano, Annibale fatta una imboscata sotto il poggio, fingendo di fuggire, mosse di luogo tutta la moltitudine insino all'ultima guar∣dia, ne piu ne meno, che se egli havesse vo∣luto partirsi. Il che veggendo Varrone, mise in ordine le sue genti; e come a fuggitivo, le voleva spinger contra Annibale: tutto che Emilio questo anco alhora non lodasse.

Ma non potendo indur Varrone nel suo parere, egli da se, come sogliono i Romani, si mise ad osservar gli auguri, & a Varrone, che gia s'ora mosso, fece intender, che quel giorno era infelice. Onde egli temendo gli auguri, tornò in dietro, & isquarciandosi alla presenza dell'esercito i capegli, tutto turbato diceva che'l suo Collega per invidia

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gli haveva levato di mano una gran vittoria: e feco ancora i Soldati tutti si sdegna∣rono.

Annibale essendo uscito di speranza, che l'aguato gli dovesse succedere, discoperto l'inganno, tornò a gli alloggiamenti.

Potè Varrone avedersi molto bene de i disegni di Annibale; nondimeno, cosi come egli si trovava con le arme indosso, essen∣dovi presenti i Senatori, i Capi di squadra, ei Tribuni, accusò Emilio, che sotto pretesto di cattivi auguri haveva privata la Città d'una certa vittoria, per tema, o per invidia opponendosi al suo Collega.

Havendo egli detto cosi fatte parole, ri∣pieno di colera, circondato dall'esercito si ridusse nel padiglione, non rimanendo di vi∣tuperare Emilio con dishonesti biasimi. Ma Emilio a quegli, che erano presenti, seguitò in dir cose utili e di beneficio alla Republi∣ca, ma tutte in darno. Là onde essendo tutti del voler di Terentio, fuor che Servilio, Terentio il seguente giorno, nel quale gli toccava il governo dello esereito, essendosi diviso dal Collega, mise in ordine lo esercito. La qual cosa veggendo Annibale, perche an∣cora non haveva armati i suoi Soldati, non uscì alla battaglia: ma il giorno appresso l'uno e l'altro venne al campo. I Romani divisi

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in tre parti poco tra loro erano lontani. Cia∣scuna parte haveva nel mezo i pedoni: gli armati alla leggera, & i cavalli posero nell'uno'e nell'altro fianco. A Emilio fu dato il mezo della battaglia. Servilio tenne il manco corno e Terentio il destro. L'uno e l'altro ha∣veva ritenuto per lui mille eletti cavalli, ac∣cioche dove bisogno fosse, potessero recare aiuto. Et in questa maniera i Romani ordina∣rono il loro esercito.

Ma Annibale sapendo che al mezo giorno soffiando un vento di Levante faceva il luogo nebbioso e pieno di tenebre, elesse una parte, nella quale il vento venisse a ferirlo alle spalle. Indi sopra il monte, che era pieno di boschi, pose gli armati alla leggera, e la cavaleria in aguato. E impose loro, che poi che si fosse venuto alle mani, e il vento ha∣vesse incominciato a soffiare, i nimici di die∣tro assaltassero. Oltre a ciò fece, che cinque∣cento Celtiberi, oltre alle spade, che porta∣vano, si misero alcuni corti pugnali sotto le corazze: a i quali impose, che non si mo∣vessero, prima che egli desse loro il segno. Et ancora egli divise le sue genti in tre parti. Pose la cavaleria ne i corni, lasciandovi di mezo un grande ispatio, accioche venendo loro la occasione, facendo di loro un cerchio, vi serrassero dentro i nimici.

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Il destro corno diede in governo del mag∣gior fratello: il manco ad Annone suo nipote. A se riservò il mezo della battaglia, per la stima, che e' faceva d' Emilio, havendo in∣teso, che egli haveva buona cognition delle cose della guerra, e per lungo uso n'era molto bene istrutto. Haveva egli due milla cavalli: e con altri mille stava appresso Ma∣harbale, per poter correr, dove mestiero facesse, qual volta egli vedesse piegarsi la battaglia.

Havendo Annibale in tal modo diviso il suo esercito, tenne le genti cosi ordinate. ferme lo spatio di due hore, aspettando la venuta del vento. Messo adunque di tutte le cose, che erano necessarie, l'uno e l'altro esercito in puto, i Capitani incominciarono a esortare i Soldati: i Romani diceuano, che i suoi sapessero di dover combattere per li padri, per li figliuoli, e per le mogli; e si ricordassero delle calamità ricevute ne' giorni a dietro, conchiudendo, che in quella battaglia si combatteva della salute della patria.

Annibale rammemorando a'Soldati le belle prodezze a' suoi dì mostrate, metteva loro avanti, quanto sarebbe brutta cosa, che'i vincitori, da i vinti fossero superati. Dato il suono alle trombe, e levato dall'uno e dall'

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altro esercito il grido, i primi che comincia∣rono la pugna, furono quegli, che lanciava∣no haste, dapoi i frombolatori, e coloro, che tiravano sassi, dall'uno e dall'altro campo correndo nel mezo. Dapoi vennero alle mani: e da ambedue le parti vi furono uc∣cisioni, ciascuna di esse affaticandosi, e com∣battendo valorosamente, e con forte animo. Annibale alhora dette il segno alla cavaleria, che cingessero i corni de' nemici. I cavaleri Romani, benche erano di minor numero, non∣dimeno contra di essa fecero testa: e qnan∣tunque pure pochissimi fossero, indotti da grandezza di animo, combattevano gagliar∣damente: e massimamente coloro, che erano nel manco corno di verso il mare.

Annibale & Maharbale menarono fuori i suoi con gran grido, e con voci barbare e strane, cosi stimando di spaventare i nemi∣ci: mà essi fermi & intrepidi il lor luogo servarono. Di questa speranza rimanendo ingannato Annibale, diede il segno a i cinque∣cento Celtiberi. I quali dalle genti di lui partendosi, corsero al campo de' Romani, e mostrando di ribellarsi ad Annibale, gettati gli scudi, i dardi, e le spade, che essi havevano, inanzi a' piedi de' nimici, sotto spetie di fug∣gitivi furono ricevuti, e posti fra Romani. Servilio laudatigli, tosto prefe le loro armi

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& dandosi 'a credere, che essi altre armi non havessero, fuor che le corazze, comandò, che si stessero dietro de gli altri, non gli pa∣rendo bene fargli legare inanzi gli occhi de' nimici: ne hebbe di loro alcun sospetto, non gli veggendo armati d'altro, che di corazze. Ne in tanto travaglio di battaglia haveva tempo di discorrer meglio. In tanto le altre schiere finsero di fuggire insino a i monti: le quali poi havendo levato un terribil grido (che tale fu il segno dato a coloro, che s'era∣no posti in aguato ne' luoghi cinti di balze e di rovine) si rivolsero contra i nemici; e subito i cavalli e gli armati alla leggera fuor dell'aguato si mostrarono: & essendo contra Romani levato il vento grande, e con folta nebbia, sollevando di molta polvere, la spar∣geva nella lor faccia, e toglieva loro la vista: la qual cosa fu principal cagione, che essi non potevano vedere i nimici. S'aggiun∣geva a questo, che l'arme da lanciare, che i Romani adoperavano, per il vento contrario, andavano a ferire piu debolmente: e quelle de' Carthaginesi con l'aiuto di esso, erano portate con maggiore impeto: le quali non potendo schifare i Romani, e gia essendo posti in disperatione, erano turbati in di∣versi modi.

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Alhora, parendo a i cinquecento Celtiberi, che fosse venuto il tempo, che essi aspetta∣vano, si come fu loso imposto, prendendo in mano i pugnali, che nascondevano sotto la corazza, scannarono i primi, alle cui spalle erano posti. E questi havendo amaz∣zati, tolsero le loro spade, gli scudi, e l'haste: e di continovo andando inanzi, essendo sempre alle spalle di tutti, ne uccisero un grandissimo numero. Percioche in questo tempo i Romani si trovavano afflitti da molti e grandissimi mali: che da'nimici, che combattevano alla fronte, venivanó in∣calciati, e da quegli, che fecero lo aguato; erano circondati, e finalmente da quegli altri, che andavano con loro mescolati, ve∣nivano tagliati a pezzi: essendo lor vietato di potersi volger contro a questi da gl'istessi, che erano loro a fronte: ne gli potevano ancora ben conoscer da gli altri, havendo effi gli scudi de' Romani, e quelli portando ac∣conciamente.

Ma oltre ogni cosa la polvere era loro mo∣lestan che non potevano a niuna guisa com∣prender quello che fosse occorso; ma come a∣vien ne' tumulti e nelle paure, ogni cosa ripu∣tavano maggiore di quel che era: ne sapeva∣no, che le insidie sossero tante, ne tali, ne pur quei cinquecento rolt have vano conosciuto:

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ma stimando, che tutto lo esercito fosse ser∣rato dalla cavalerià, e da i rifuggiti, volsero bruttamente le spalle. E di questi furono i primi quegli, che tenevano il destro corno: e Terentio insieme con esso loro fu il primo, che fuggisse. Dopo costoro furono quegli altri, a i quali era stato dato il manco corno, & erano sotto la condotta di Servilio: il quale si fuggl ad Emilio.

Appresso questi si trovavano intorno a dieci mila tra cavalli e pedoni, che erano de' migliori. Et i Capitani, e cutti quegli che erano a cavallo, discesero a piedi, & in tal guisa si mescolarono nella battaglia.

Ma quantunque i Romani fossero circon∣dati da i cavalli d' Annibale; per la contezza & esperienza, che essi havevano della guerra, e per il grande ardimento dell'animo sup∣portarono l'impeto vigorosamente, con ge∣neroso disdegno, facendo testa contea i ni∣mici: nondimeno da tutte le parti erano tagliati a pezzi: havendo sempre d'intorno Annibale, il quale hora stimolava i suoi, hora gli esortava a condurre a fine la vittoria: quando gli riprendeva, che essendo essi gia vincitori, pareva che rincrescesse loro un poco di fatica.

I Romoni insino a tanto, che Emilio, e Ser∣vilio si trovarono vivi, ancora che havessero

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da far molto, e fossero mal tratti, tuttavia fervarono l'ordine: ma poi che essi furono morti, aprendosi valorosamente la ftrada per mezo de i nimici, chi quà, chi là, ciascu∣no si mise a fuggire Alcuni a gli alloggia∣menti, che due erano, dove gli altri prima erano fuggiti: e questi in atto erano dieci mila Soldati: & oltre a ciò mille, a' quali Annibale pose la guardia. Gli altri, che furo∣no da due mila, fuggirono a Canne; iquali poscia ad Annibale si diedero. Alcuni pochi pervennero a Canusio. Il rimanente era sparso per le selve.

Questo fine hebbe la battaglia di Annibale e de' Romani a Canne; la quale fu cominciata alla seconda hora del giorno, e terminò due hore avanti, che venisse la notte: memo∣rabile certo a i Romani, per il danno, che ne ricevettero. Percioche nello spatio di cotali hore vi furono morti cinquanta mila di loro, e presa una gran moltitudine de' vivi. Oltre a cio vi perirono molti, che erano dell'ordi∣ne de' Senatori; e tutti i Capi, i Tribuni, e due valorosissimi Capitani. Et il peggior di tutti, e colui, il quale essendo primo a fuggire, e che fu cagione di tutto il male, si salvò. Cosi i Romani in dae anni, che Annibale guer∣reggiava nella Italia, tra le genti loro, e tra quelle de'compagni, havevano perduto cento mila huomini.

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Annibale hebbe in un giorno una rara e nobilissima vittoria, havendosi imaginato quattro bellissimi stratagemi; il soffio con∣trario del vento; il trattato de fuggitivi, la fimulation della fuga; e quegli, che nel mezo delle caverne, e ne' luoghi precipi∣tosi s'erano nascosi.

Ora subito dopo la giornata, fece sepe∣lire i morti: & havendo veduto molti de' migliori suoi amici uccisi, si mise a piangere, e spargendo 'le lagrime, disse, che non gli era bisogno d'un' altra vittoria fimile a questa, il che si racconta, prima di lui, ha∣ver detto Pirrho Re de gli Epiroti, havendo egli in Italia riportato vittoria de' Romani congionta con ugual danno.

Ora di coloro, che della bataglia fuggi∣rono, quegli che erano ne gli alloggia∣menti maggiori, havendo intorno alla sera eletto per lor Capitano P. Sempronio, fatto impeto scacciarono le sentinelle d' Annibale, e di meza notte presso a dieci mila a Ganusio pervennero: ma quegli, che erano ne gli allogiamenti minori, che furono da cinque mila, il seguente giorno vennero in poter d' Annibale.

Terentio raccogliendo le reliquie dell'eser∣cito, quei, che a lui si raunarono, con∣fortò a esser di buono animo: & havendo

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lasciato loro per Capitano un certo Sci∣pione Tribuno de'Soldati, se n'andò a Roma. Intesasi questa rorta in Roma, da per tutto le strade risonavano de i gridi e delle voci di coloro, che si lamentavano: ciascuno chiamava i suoi per nome, e non altri∣menti, che se alfiora, alhora fossero stati per andar nelle mani de' nimici tutti insieme piangevano.

Le donne co'figliuoli stavano ne' Tempit, pregando gl' Iddii, che hoggimai ponessero fine alle calamita de' Romani.

I Sacerdoti con sacrifici, e con preghiere placarono gli Dei, supplicando, che se in loro fosse alcuno isdegno, si spegnesse per tali espiationi, e si contentassero úi quello, che era avenuto.

Il Senato ancora per cagion di ciò mandò Fabio Pittore a Delfo, a intendere, se alcuna speranza loro doveva rimanere. Fecero otto mila servi liberi: imponendo, che tutti quegli, che si trovavano nella Città, apparecchiassero ogui sorte d'ar∣me: diterminarono, che de gli amici si facessero quanti Soldati si potessero ha∣vere: & imposero, che Marco Claudio Marcello, che era per navigare in Sio lia, andasse contra ANNIBALE. Egli, i Sol∣dati, iquali haveva scritti nell'armata,

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divise: e parte ne diede a Publio Furio Col∣lega, e gli mando in Sicilia. E ricevendo e servi, e Cittadini, e confederati, e di qualun∣que altra sorte Soldati potè havere, che exa∣no da dieci mila fanti, e due mila cavalli, pervenne a Theano: & andò osservando quel∣lo, che Annibale fosse per fare.

Annibale concedette a' prigioni di potersi riscuotere, e diè lor facultà di mandare a Roma a' Cittadini, che pagassero la taglia. Furono a cio eletti tre, de'quali fu capo Gneo Sempronio: questi giurarono ad Annibale di ritornare. I parenti de'prigioni stando all'entrata del palazzo promettevano di voler co' propri danari riscuotere i suoi: e doman∣darono al Senaro, che ciò loro concedesse: pregavalo insieme il popolo con le lagrime in su gli occhi. Alcuni de' Senatori non gludi∣cavano, che in tanto ricevuto danno si do∣vesse privar la Citta di tanti Cittadini: e che si desse la libertà a i servi, ricusandola a i Cittadini.

Ad altri non pareva, che con si fatta com∣passione si avezzassero i Cittadini a fuggire; ma overo a vincer combattendo, o a morire; e far che essi intendessero, che coloro, che fugg ssero, non troverebbono luogo di pietà ne anco appresso i congiunti. Ora dette molte ragioni dall'una e dall'altra parte; il

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Senato non volle, che ì prigioni si riscuo∣tessero; stimando, che con cio sia; che so∣prastessero alhora di molti pericoli, quella humanità non era per recare utile. Il che, quantunque paresse inhumanità; nondi∣meno sarebbe nell'avenire di beneficio alla Republica; & a quel tempo cotal fatto magnanimo e bello havrebbe spaventato Annibale.

Sempronio adunque, e gli altri due, che seco erano, si tornarono ad Annibale. Anni∣bale de' prigioni alcuni lasciò andare: alcuni acceso d'ira fece tagliare a pezzi: e de' lor corpi si fece ponte da passare il fiume; e cosi sopra di essi lo passò.

Quegli, che erano dell'ordine Senatorio, o altrimente nobili, gli costrinse da corpo a corpo a combatter tra loro alla presenza de gli Africani: e cosi fece, che i padri co' figliuoli, e i fratelli con i fratelli combat∣tessero; non lasciando a dietro veruna guisa di dispregio, ne termine di crudeltà.

Ciò fatto, dapoi diede il guasto a tutto il terreno ch'era sotto il Dominio de' Romani, rovinando e distruggendo ogni cosa. Ap∣presso si volse contra i Petelini: iquali an∣cora che pochi fossero, insieme con le lor donne uscirono della Città, e combatterono valorosamente, abbrucciando le machine, che

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egli haveva fatto per espugnar la Città; ne permisero, che niuno s'accostasse alle mura, le donne facendo opera d'animosi e gagliar∣di Soldati.

Ma scemando il loro numero, erano tut∣tavia molestati di molte cose, e massima∣mente dalla fame. Il che venuto a notitia di Annibale, cinse la Città di bastioni, e lasciò Annone, che l'assediasse. Essi crescendo il male, primieramente fecero andare quegli, che erano inutili alla pugna, nel luogo, che era tra le mura e i bastioni: iquali fu∣rono da Annone tagliati a pezzi. Di che essi niuna gravezza si diedero; come che ha∣vessero miglior conditione.

Il qual parere gli altri seguendo, haven∣do adosso il peso della penuria d'ogni cosa, corsero ad assaltare i Soldati, & havendosi portati da prodi e valorosi huomini, per∣dendo poi il vigore per il disagio, e per la debolezza del corpo, non potendo tornare in dietro, furono tutti amazzati da' Car∣thaginesi: & Annone prese la Città, alcuni pochi, che pur potevano correre, da quella fuggendo: iquali essendo quà, e là sparsi, furono prestamente raunati insieme da' Ro∣mani: e ridotti al numero di ottocento, essi gli riceverono, e loro assegnarono lu∣ogo d'habitare: e dapoi finita la guerra,

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ricordevoli della benivolenza, ch'eglino mostrata havevano verso Romani, e del pronto animo loro fuori della opinion di ciascuno, di nuovo gli ritornarono nella patria.

In tanto avenne, che la cavaleria pagata de' Celtiberi, la quale era ne gli alloggia∣menti di Annibale, havendo fatto di molte notabili cose, mando alle sue Città, chie∣dendo, che mandassero per aiuto suo in Italia tutti quegli, che nella Spagna guer∣reggiavano con Romani. Iquali essendo della medesima natione, conversando ••••l campo di Annibale, indussero molti ad am∣mutinarsi: & essendo l'ammutinamento fatto da molti, gli altri ancora non erano ad Annibale molto fedeli. Havendo Anmbale sospettione di essi, & essi di Annibale. Onde dapoi, le cose di Annibale andarono peggio∣rando. In Argiripa che è una Città di Puglie, la quale si dice, che fu fabricata da Diomede: in questa trovavasi un'huomo, chiamato Dasio, del parentado di Diomede; il quale era di animo sopra modo mutabile, & indegno d'esser parente di Diomede. Col∣tui intesa la gran rotta, che Romani heb∣bero a Canne, costrinse la patria a ri∣bellarsi da' Romani, e darsi a' Carthagi∣nest.

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Ma havendo Annibale la fortuna contraria; Dasio occultamente andò a Roma, e intro∣dotto nel Senato, disse, che poteva porre il rimedio al male da se commesso, col far, che la sua Città tornasse un'altra volta in poter de' Romani. Ma i Romani disprezzandolo, subito lo cacciarono dalla Città.

Perche temendo-egli egualmente e do' Romani e de' Carthaginesi, andava scorrendo per il paese. Annibale fece la moglie di lui & i figliuoli abbrucciar vivi. Ma questa Agiri∣pa, concedendolo gli altri, che vi erano dentro, fu una notte presa da Fabio Massimo: e tagliato a pezzi tutti i Carthaginesi, che in lei si trovarono vi puose custodia. Tarento, nella qual Città v'era il presidio de' Romani, un certo Cononeo tradì in questa maniera. Era Cononeo molto valente nell'esercitio del cacciare: e come egli haveva fatta qualche preda, di continovo soleva donarla a colui, che era al governo della Città. Onde per tal cagione prese seco grandissima domesti∣chezza: in guisa, ch'ei gli concedeva, che di notte (perche il giorno diceva haver paura de' nimici) uscisse fuori alla caccia. Di notte adunque essendogli aperta la porta, n'ando a trovare Annihale: e ricevuti da lui alquanti Soldati, alcuni ne fece nascondere in certo luogo vicino, ad altri impose che non molto

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dalla lunga gli tenessero dietro: ad altri, che armati di corazza e di spade, ma queste ri∣coperte, e vestiti in habito da cacciatori, caminassero seco al pari: e cosi mise loro in spalla un cinghiale softenuto da alcuni legni, e la istessa notte arrivò alle porte.

I guardiani, secondo ch'erano usati di fare, apersero le porte. Essi entrativi, subi∣to gli amazzarono. Coloro, che gli seguita∣vano con molta prestezza con esso loro s'ac∣compagnarono, e ricevettero quegli altri, ch'erano nell'aguato: & apersero le porte ad Annibale. Il quale poscia, che fu dentro, incontanente s'insignorì di tutta la Città: e confortò i Tarentini a star di buono animo. Indi si diede a combatter la Rocca, la quale era guardata da' Romani. In questa guisa Cononeo fece il tradimento della Città di Ta∣rento.

I Romani, che tenevano la fortezza, era∣no da cinque mila huomini, & anco al∣cuni de Tarentini vi si erano ridotti dentro: e colui, che haveva in custodia Metaponto, addusse quivi la metà delle genti. Havevano ancora molta quantità di arme da lanciare, e d'istrumenti da difendersi, in modo che agevolmente potevano ribattere Annibale da gli assalti delle mura.

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D'altra parte Annibale abondava di tutte le cose, che bisognavano a combatter la Citta. Onde fee accostare al muro le torri, le catapulte, e le testuggini, e parte ne ro∣vinò, e con le falci ruppe, e nudò il muro delle sue cortine.

I Romani all'incontro gettando sassi nelle lor machine, molte ne fraccassarono; e con alcuni lacci tirarono a se le falci; e spesso uscendo con impeto fuori, in un subito crebbe tanto l'ardimento loro, che con uc∣cision di molti de' nimici ritornarono alla Fortezza. E veggendo una fiata soffiare un gran vento, accendendo di molte fiaccole, stoppia, e pece, le trassero nelle machine, & essi ancora all'improviso usciti, attacca∣rono in quelle il fuoco. Onde egli rimase di piu combatter la Fortezza: e si volse a cinger la Città di mura, eccetto quella parte, che è al mare, la qual non potè chiudere in verun modo: e commettendo l'assedio ad Annone, egli se n'andò in Puglia.

I porti di Taranto riguardano verso Borea entrandovisi dalla parte del mare: & il terreno disgiunto si congiungeva con ponti: la qual parte tenendo i Romani, ricevevano le vettovaglie per via di mare. Di che all'incontro i Tarentini erano privi: onde pa∣tivano assai, insino a tanto, che tornando

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Annibale, mostrò loro, che le navi si pote∣vano sopra carri condur dal porto alla parte, che guardava all' Occidente.

Ache essi ponendosi, cavando il mare, fecero un'altra penisola: e vi furono addotte le navi, & hebbero la vettovaglia: e po∣nendo le Galee sotto il muro, facevano danno a i Romani, che erano a difesa della Fortezza: iquali non havevano veruna nave; e spetialmente essendo alhora d'estate.

Oltre a ciò tolfero la vettovaglia, che dalle Galee veniva portata a' Romani; onde avenne che i Romani erano vicini a sentire il disagio. E mandando Tarentini lor amici di notte frumento con navi, per sicurezza delle quali u'havevano aggiunte alcune Galee, havendo i Tarentini e parimente i Carthagi∣nesi, havuto di ciò avisò, fecero uno stra∣tagema, col quale a salva mano presero le navi insieme col frumento e con gli huomi∣ni. E chiedendo i Thurii con continove ambascierie, che loro fossero resi i prigioni, i Tarentini persuasero gli Ambasciadori, che si dessero ad Annibale. Il che fatto, Anni∣bale subito lasciò tutti i prigioni de' Thurii: iquali indotti i suoi per forza, apersero le porte ad Annone. In questo modo i Thurii, si portarono, che havevano a'Romani conservata la Fortezza di Taranto per effere

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stati da' Carthaginesi in tal guisa trattati. I Romani, che erano alla difesa della For∣tezza, nascondendosi in Brentesio, d'indi navigarono. I Metapontini, poscia che il Capo menò a Taranto la metà de i Soldati, che vi teneva in guardia, gli altri Soldati, iquali erano pochi, tagliarono a pezzi, e. diedero ad Annibale la Citta.

Al medesimo si diede ancora Heraclea, Città posta fra Tarentini e Metapontini, piu per cagion di paúra, che perche eiò fosse di suo contento. Et alhora le cose di Aunibale erano in maggior felicità. Dagoi gli altri popoli, & alcuni de' Lucani a Romani ri∣bellarono: iquali furono vinti da Sempronio Gracco Viceconsolo. De' Luoani v'era uno, dette Flavio, il quale ancora conservava la fede a' Romani. Costui era amico di Gracco, e gli dava alloggiamento.

E venutogli in animo di tradirlo, gli disse, che i Capitani de' Lucani volevano ritornare alla obedienza de' Romani. Però egli si ridu∣cesse in certo luogo, dove esti verrebbono, e s'abboccarebbono insieme; e l'una parte e l'altra si darebbone insieme la sicurtà. Gracco non istimando, che sotto le parole di costui si ricoprisse la fraude, con' trenta. ca∣valli andò al luogo determinato. I nimici subito uscirono di aguato, a iquali Flavio si accompagnò.

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Gracco veggendosi caduto nello inganno, dal cavallo dismontò a piedi, e comandò a gli altri, che cosi facessero. Dove dopo ha∣ver combattuto nobilissimamente, e da hu∣omini di valore, tutti, fuori che tre soli, fu∣rono amazzati: iquali furono mandati ad Annibale. Fecero ogni loro sforzo i Car∣thaginest per haver vivo nelle mani il Vice∣consolo Romano: e tutto che essi havendolo viuperosamente con gli aguati tolto in mezo, l'uccidessero; nondimeno Annibale non potendo fare, che non amasse il valor singolare di tal' huomo, volle che si gli desse sepoltura, e mandò le sue ossa a' Romani. Di qui Annibale fece in Puglia tagliar le biade, le quali erano mature, e fornì il cam∣po di molta quantità di grano.

In questo mezo i Romani essendosi messi all'assedio di Capova, Annibale comandò ad Annone, che dovesse entrar nella Città di notte con mille fanti & altretanti cavalli: e cosi v'entrò, senza che i Romani se ne ave∣dessero.

Ma fatto il giòrno, essi veggendo sopra le mura maggior numero de'Soldati, conob∣bero dapoi, come era passata la cosa. E subito si partirona dalla Citrà, e saccheggiarono tutte le biade, che erano su quel di Capova, e de gli altri Campani.

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Di che dolendosi i Campani, fu loro risposto da Annibale, che egli haveva gran∣dissima quantità di frumento in puglia: e di questo ciascuna sua sodisfatione prendesse.

Al che fare i Campani mandarono non solamente carri, giumenti & huomini, ma femine ancora e fanciulli. Ne havevano da temer nel viaggio di alcumo impedimento, havendo seco la scorta e la compagnia di Annibale. Il quale ancora s'accampò al fiume Calore appresso Benevento: le genti della qual Città essi solo temevano, perche ancora erano amici de Romani. Là onde, havendo presente Annibale non havevano spavento di alcuno.

Ma avenne, che andando Annibale in Lu∣cania, chiamatovi da Annone, lasciò un gran∣de apparecchio, che era ne gli alloggiamenti a Benevento, in disesa di pochi.

La qual cosa essendosi intesa da Quinto Fulvio Flacco, e da Appio Claudio, l'uno pro∣pose di andar contra i Campani, che taglia∣vano le biade; sperando di dovergli trovare alla sproveduta, e ucciderne molti, e che quindi gli verebbe fatto di dare il grano a' Beneventani, e prender gli alloggiamenti di Annibale, e guadagnarsi gli apparecchi, che in quelli erano: e cosi circondar Ca∣pova, mentre che Annibale era in Lucania,

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di fossi, e di bastioni; di maniera, che tuta la Città rimanesse chiusa da fortissime mu∣nitioni. Appresso le quali si facessero altri forti: e nel luogo, che era di mezo tra l'un forte e l'altro, ponessero gli alloggiamenti. Cosi venivano ad havere i Romani dall'una parte e l'altra doppi ripari, e contra i Capo∣vani assediati, e contra quegli, che dal di fuori assaltar gli volessero.

Era lo aspetto d'una gran Città, che nel mezo, un'altra minore ne contenesse: e lo spatio da i Forti a Capova era la quarta parte d'un miglio: nel quale ogni giorno si vedevano molti belli esperimenti di for∣tezza, correre, & abbattimenti, come in un Theatro posto nel mezo: invitandosi i piu valenti Soldati a combatter da corpo a corpo.

Dove intervenne, che un Capovano, detto Taurea, sfidò Claudio Ase lo a combatter da solo a solo: dapoi si diede a fuggire insino alle mura di Copova. Claudio seguitandolo, fu portato dal cavallo dentro la porta, che era aperta, de' nimici: ne potendo ritenere, o volgere il cavallo, correndo con molto impe∣to per la Città, usci fuori per l'altra porta, e tornò a gli alloggiamenti de'Romani: e cosi fuor di speranza si salvò. Ad Annibale es∣sendo riuscita vana la speranza di quello, per

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cui era stato chiamato in Lucania, riprese il camino verso Capova: riputando di grande importanza il non permettere, cheuna Città grandissima, e molto a proposito delle cose sue, venisse in mano de'Romani. Et avici∣nandosi a i forti: ne sapendo trovare, ne imaginarsi via per la quale potesse mandar nella Città vettovaglia, ne' Soldati: ne po∣tendo similmente i Capovani, per essere im∣pediti dalle guarnigioni, aiutare Annibale a far niuna di queste cose; rimosse il campo da Capova con un subito pensiero di andar con tutto lo esercito alla volta di Roma, haven∣do nuova, che i Romani erano aggravati di fame: e sperando ancora, che essi man∣dassero gente a Capeva; overo, che piu cura prender dovessero di conservar Roma, che di prender Capova.

Egli adunque con somma prestezza mar∣ciando lo esercito per mezo di molti popoli, e suoi nimici; iquali nè erano bastanti ad impedirlo dal camino, nè a venir seco a bat∣taglia, s'accampò presso al fiume Aniene lon∣tano da Roma meno di quattro miglia.

Alhora nella Città si levò grandissimo tumulto piu, che per adietro non s'era fatto: percioche poco havevano, onde si potessero difendere, trovandosi a quel tempo tutte le lor forze all'assedio di Capova: e veggendosi

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alle spalle un cosi grande e numeroso eser∣cito nimico, & un Capitano invitto per va∣lore e per fortuna. Nondimeno di coloro, che potevano portar le armi, posero le guar∣die alle porte: i vecchi montarono sopra le mura: e le donne ed i fanciulli portavano sassi, & arme da trar di mano. I lavoratori de'campi, e gli altri, che quivi si trovarono, a gran passi, da ogni parte corsero nella Città. E levato un grandissimo grido, empievano ogni cosa di pianto, e di supplicationi: e l'un l'altro alla difesa si confortavano.

Molti ancora vi furono, che passato l'Aniene, tagliarono il ponte. Havevano i Romani fabricata a gli Equani una picciola Città; la quale dal loro Principe nominaro∣no Alba: & in processo di tempo ricevuti in compagnia de gli Albani, furono detti Al∣bensi. Di questi Albensi, alhora due mila an∣darono a Roma, per trovarsi a parte del pe∣ricolo: e subito, che v'entrarono, stando armati presero la guardia delle porte.

E di tante Colonie, questa sola picciola Città mostrò cosi buono, e pronto animo verso Romani, usando la prestezza, che si ricercava: come altresì la picciola Città de' Platei a Marathene si mosse in aiuto de gli Atheniesi, per trovarsi ancora ella compagna di quella fortuna. Uno de'Capitani de'Ro∣mani,

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che fur Appio Claudio, rimase a Capova, sperando di doverla prendere. Fulvio Flacco tenendo altre strade da quelle, che tenne Annibale, pose gli alloggiamenti allo incon∣tro di quelli d'Annibale, lasciando in mezo fra i due campi il fiume Aniene. Annibale tro∣vando, che v'era stato rotto il ponte, & intendendo, che Fulvio era su l'altra riva, pensò di farsi la via per intorno al fonte del fiume.

Fulvio ancora se gli fece incontra dalla medesima parte.

Annibale havendo prima lasciati in aguato i Numidi; iquali, passati che furono gli eserciti, valicarono il fiume, e scorrendo il terreno de'Romani, erano proceduti insino appresso la Città; appresso, si come fu loro imposto d'Annibale, havendo ripieno di spavento ciò, che v'ra, erano ritornati a lui: esso si condusse di sopra il fonte, pren∣dendo la strada piu breve verso Roma.

Dicesi che la notte insieme con tre Solda∣ti, che portavano gli scudi, egli s'accostò alla Città per riconoscere il fito, e veder se ella era debole di mura, e come guernita: ma non sentendovi tumulto ne strepito alcuno, ri∣volse l'animo da Roma, e propose di ritornare a Capova: o che Dio cosi lo menava, come sece sempre: o che egli temesse il valore e

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la felicità de'Romani: overo, che, si come egli diceva a quegli, che lo confortavano ad assaltar la Città, non voleva che si finisse la guerra per tema de'Carthaginesi, dubitandosi, che nel medesimo tempo essi lo privassero di quel governo, levandogli la dignità di Capi∣tano.

Ora Fulvio non haveva esercito di qualità, che con quello si trovasse bastante di venir con Annibale a giornata. Andava adunque seguitando Annibale, vietando che guast sse il terreno, e schivando di esser da lui colto in qualche imboscata.

Cosi andò la notte a Cassilino; e il luogo, per dove passò, non potè prima cinger di muro; ma facendovi fare una fossa, e lasci∣andovi spatii in vece di porte, & argini in iscambio di mura, non si curò altrimenti di muraglie.

Annibale mandò celatamente i cavalli so∣pra un'alto colle molto ben munito; impo∣nendo loro, che si stessero cheti insino, che i Romani stimando, che'l colle fosse voto, l'ocupassero; & impose a gl' Indiani che montassero gli Elefanti, e gli cacciassero nello esercito di Fulvio per quei vani, che i Romani havevano lasciati, e per gli argini, comunque e'potessero. Comancò similmente a i Tombetti, & ad alcuni altri, che con lo

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strepito di certi vasi di rame, levando il grido, e facendo romore, dopo non molto spatio gli seguitassero: & aggiunse che quando fossero entrati ne gli alloggiamenti, subito facessero un gran tumulto correndo da di∣verse parti, accioche paresse, che fossero molti, e parte di quegli, che sapevano par∣lar latino, per nome del Consolo imponesse loro, che lasciassero gli alloggiamenti, e fuggissero al vicin poggio. E tale era lo stratagema di Annibale. Il che tutto primi∣eramente succedette, secondo il defiderio suo, che gli Elefanti passarono ne gli allog∣giamenti, rimanendo ingannati coloro, che vi facevano le sentinelle, & i Trombetti fecero l'ufficio loro, e'l tumulto in un subito le∣vato, a i Romani, desti all'improviso dal sonno, (essendo la notte oscura) apportò gcandissimo spavento, appresso comandò a i nimici in linguaggio Latino, che fug∣gissero a i monti, colà i Soldati s'invia∣vano.

Ma il Consolo, che di continovo temeva di qualche inganno, e di questo suspicava in tutti gli andamenti di Annibale; alhora o per propria prudenza, o per divina ispi∣ratione apostosi al vero, o pure che da qualche prigione havesse inteso a pieno, come le cose erano ordinate, subito mandò

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alle strade, che conducevano al poggio, i Tribuni, lquali facessero fermar coloro, che vi si riducevano, facendo loro intendere, che non il Consolo, ma Annibale haveva fatto far quel comandamento per tirargli nella trappola da lui apparecchiata: & egli guer∣niti gli argini di diligente custodia, accioche dal campo non si facesse alcuna coreria ne gli alloggiamenti, con somma prestezza in∣sieme con altri gli trascorse da tutte parti, e vide che ogni cosa era sicura, e che coloro, che v'erano entrati con gli Elesanti, erano pochi: e subito comando che s'accendesse∣ro di molte fiaccole, e si facesse fuoco per tutto, onde apparve chiaramente, la quan∣tità de gli entrati esser pochissima.

Alhora i Romani rivolta la paura in dis∣degno, disprezzando cosi picciol numero, e trovandogli quasi tutti divisi e lontani l'uno dall'altro, s'accinsero per amazzargli. Gli Elefanti non havendo larghezza veruna da potersi volgere, essendo assaltati con le haste, appresso a'padiglioni, per la stret∣tezza del luogo, e per la grandezza de' loro corpi, erano da tutti feriti. Onde es∣sendo stimolati dal dolore, pieni d'iracondia gettarono gl'Indi, ch'erano lor sopra, in terra; & in questa guisa mal trattati, con ira e con grido ferocissimo uscirono de gli

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alloggiamenti. Indi Flacco conosciute presta∣mente le insidie di Annibale, con fortezza et ingegno couservò lo esercito, tenendo sem∣pre le fraudi di quello.

Annibale, non gli essendo riuscito il diseg∣no, andò nel paese de'Peligini, e quivi fece pensiero di svernare. Et essendo quella Re∣gione abondevole di delicatezze, all'huomo avezzo alle cose dure & aspre, fu molto cara: onde incominciò a poco, a poco a succederli male ogni impresa.

Flacco ritornò a Copova ad accompagnarsi col Collega: & ambedue i Consoli erano intenti allo assedio; e s'affrettavano a met∣tere in opera ogni lor forza, che la Città si prendesse il verno, mentre che Annibale era alle stanze.

Ma non trovandosi in Capova vettovaglia, ne essendovene portata da veruna parte, i Capovani, a i Capitani si diedero: Il che fecero etiandio gli Africani, che v'erano alla difesa insieme con l'altro Annone e Botta.

I Romani mettendo il presidio nella Cit∣tà, a tutti i fuggitivi, che trovarono, fecero mozzar le mani. De' Carthaginesi mandarono a Roma i piu nobili, gli altri venderono.

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De' Campani fecero amazzare i capi della ribellione. De gli altri tolsero le case e le possessioni. Percioche il tenitorio di Capova è fertilissimo di grano: & è tutto pianura Cosi Capova un'altra volta tornò in poter de' Romani. Là onde i Carthaginesi furono privi del maggior commodo e favore, che havessero in Italia.

In questo mezo nel paese de'Brutii, iquali sono popoli Italiani, uno della Città di Tio, la quale era tenuta dal presidio de'Car∣thaginesi essendo uso di far sempre qualche bottino; e di quello farne partecipe il Ca∣pitano, e per questa cagione havendo seco grandissima domestichezza, in guisa, che in∣tervenendo a tutte le deliberationi, era qu si suo collega nel governare; dolevasi che la sua patria fosse gravata & offesa da'Soldati: e fece intender l'animo suo a uno de'Capitani de'Romani.

Onde datasi insieme la fede, egli come prigioni menò alcuni nella Rocca; e messevi le loro arme a guisa di spoglie. E di questi essendo gia assai buon numero gli menò fuori armati: & in tal modo levatone il presidio de' Carthoginesi, puose nella Città quel de' Romani. Ma non molto dapoi essendo asse∣diata da Annibale, i Soldati impauriti, la sci∣ando la difesa, fuggirono a Rhegio.

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I Thesiati si diederoad Annibale i il quale fece abbrucciare i capi della ribellione, e mise il prefidio nella Città. Salapia ancora, Città in Puglia, si ribellò a gli Africani. Erano in Salapia due, iquali e di nobiltà, e di richezze, e di forze tenevano di gran lunga frà gli altri il principato: ma trà loro si trovavano molto discordi d'animo e di vo∣lontà.

Dasio era amico ad Annibale, Blattio fa∣voreggiava alla parte de' Romani: e costui, mentre che le cose d' Annibale andavano be∣ne, si stette senza far nulla; ma poi, che quelle de' Romani cominciarono a rilevarsi, e che essi ricuperarono gran parte di quello, che havevano perduto, Blattio si diede a procurar di ridur Dasio nel suo volere, & a sentire il medesimo della patria, che sen∣tiva egli, dicendo, che cosi fuggirebbe il male, che egli sarebbe per patire, quando i Romani la Città prendessero per forza.

Costui prometcendo, che ciò farebbe, scoperse il trattato ad Annibale. Annibale si fece venire l'uno e l'altro alla presenza; & Dasio accusando Blattio, egli si difendeva con dire che colui, di ciò l'incolpava per odio, ch'ei gli portava; il quale odio era antico; e che quella alhora gli era paruta occasione di poterlo sfogare, fingendo da se, come

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inimico, quello, che era espressa bugia. Annibale giudicando, che non fosse ne da dannar l'accusa, he da creder cosi facilmente all'aversario, gli fece stare appartati, rimo∣vendo il popolo, come che egli da per sè volesse di ciò conoscer la verità: & essendo tra l'accusatore ed il reo, poco spatio, Blat∣tio con parlar basso, in modo, che da altri non fosse inteso, chiamava Dasio traditore, come colui, che non voieva conservar la pa∣tria. Le quali parole egli subito gridando, fece manifeste.

Blattio con certo gesto compassionevole disse in modo, che fu tenuto degno di fede, se esser combattuto da aversario dotto & eloquente, seguendo: la fraude, che costui usa, mi farà libero del sospetto di prima, se però alcun sospetto era sopra di mè. E quan∣do si trovò mai, che alcuno in cosi fatte cose porgesse fede a un nimico? Ma non rimanendo però colui di dargli molestia, & accusarlo, Blattio posto in pericolo e reo, negando il fatto si sforzava un'altra volta di indur Dasio a seguire il suo desiderio; e massimamente in giuditio, dove poteva essere inteso da molti, & il nimico pari∣mente era per riferir qualunque cosa egli havesse detto.

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Se costui (diceva egli) volesse fare ufficio di buon Cittadino, & amasse se medesimo, recherebbe giovamento alla patria, mentre che ella ancora è in sua podestà. E perche doveva io ricorrere al patrocinio di uno, che non poteva aiutarmi in cosa veruna? Delle quale parole Dasio non facendo stima, Blattio da capo ritornò a dirne alcune altre simili: sì per ritirar pure Dasio dalla sua parte, come affine che non gli fosse prestato fede, & Annibale non credesse quello, che esso gli haveva opposto, di maniera che si liberò dal giuditio: ne cessò prima, che Dasio veggendosi esser divenuto in poca stima, e tenuto per huomo di niun credito, appresso Annibale, promise di dovere esser nel costui aiuto: e domandò il modo, che egli havea diviso, ché si dovesse tenere per dar la Città a i Romani.

Esso, cioè Blattio senza metter tempo in mezo, (disse) mi condurrò a gli allogiamen∣ti de'Romani, iquali sono lontani: e discovtirò la cosa al Capitano, e qui menerò l'esarci∣to: e sa: ò agevolmente creduto, percioche esso molto mi ama. Tu qui aspetterai la venuta mia, e fra tanto vi metterai in ope∣ra le cose, che fanno di mestieri.

Ciò detto, uscì suori: & occultandosi a Dasio, non al campo de'Romani, ma andò

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alla Città, alla quale il camino era plu corto: dove riferì la cosa al Senato, e gli diede il figliuolo per hostaggio.

Domandò, che gli fossero assegnati mille cavalli, per poter finir la impresa presta∣mente: prevedendo molto bene nel suo animo ciò che poteva avenire, se egli non si affrettasse.

Dasio ne' seguenti giorni non veggendo comparire il nimico, stimò, che egli secon∣do la fede data fosse intento a trattar le cose tra loro deliberate.

Pensando adunque, che esso da dovero fosse ito a trovar lo esercito lontano, con molta prestezza si condusse ad Annibale: sperando di poter ritornarsi a Salapia prima, che Blattio vi arrivasse. Hora (disse) son per dar nelle tue mani Blattio insieme con lo esercito, il quale egli stima di menare alla Città: e gli espose, come passava, la cosa.

Havuti alquanti Soldati da Annibale, verso la patria con prestezza gli condusse, dandosi a credere, che Blattio ancora non vi si dovesse appressare: ma esso gia era nella Città, & haveva amazzato il presidio, de Carthaginesi, il quale era di poca gente & haveva operato, che niuno di quella potesse uscire, e volle, che tutte le porte si tenessero serrate; fuori che

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quelle, per cui Dasio doveva entrare, non havendo alcun sospetto di tutta quella parte, che ad esse apparteneva: ma la parte piu di dentro guerni tutta, e cinse molto ben di ri∣pari, accioche i nimici non vi potessero pe∣netrare. Dasio veggendo quelle porte a∣perte, fece segno di allegrezza, come colui, che si dava a credere, di dover prendere il suo nimico: onde vi entrò lietamente.

Blattio, havendogli ridotti in un luogo stretto, & essendo loro impedito il fuggire da i ripari, tagliò a pezzi e lui, ed i compagni: quantunque alcuni, pochi calandosi dalle muraglie si salvarono con la fuga. Cosi tre volte Blattio si trasse fuori de gl'inganni di Dasio. In questo mezo Fulvio Viceconsolo assediava Herdonea.

Annibale appresso quella pervenne intor∣no alla sera: ne lasciò che si facesse fuoco, e comandò a tutto il campo, che non levasse alcuna voce. E nell apparir dell'alba, essendo l'aere pien di nugoli, impose a'cavalli, che andassero avanti a combatter gli alloggia∣menti de'nimici.

Essi, sicome quegli, che alhora si levava∣no da dormire, tumultuosamente si arma∣rono: e veggendo i nimici pochi, eon molto ardimento uscirono lor contra.

Annibale d'altra parte passando per la

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Città fece animo a'Cittadim, insino a tanto, che egli o per prudenza, o per favor di sor∣tuna, mise i Romani in un cerchio. Iquall in un subito & affatto rimasero vinti, non sa∣pendo quello, che si facessero. Furono in questa battaglia morti otto mila huomini; tra quali si trovò anco Fulvio Viceconsolo. Gli altri riducendosi in certo luogo forte, che era presso a gli alloggiamenti, quivi va∣lorosamente si difesero, e vietarono, che Annibale prendesse gli alloggiamenti.

Dopo questo i Romani si diedero a guasta∣re tutto il paese de'Pugliesi, che s'erano ri∣bellati, & Annibale diede il guasto alle pos∣sessioni de'Campani, che erano ritornati alla divotion de'Romani: riservando gli Attellani, iquali fece andar nel paese de'Thuri: accioche quei non fossero turbati dalla guerra de' Brutii, de' Lucani, e de' Pugliesi.

Ma essendo spianata Nuceria, i Romani ri∣dussero i Nucerini in Atella, la quale era an∣cora in poter d'Annibale. E presero Caulonia: & havendo trascorso tutto il tenitorio de' Brutii, deliberarono di assediar per terra e per mar Taranto: a difesa del quale era Carthalone con presidio di genti Carthaginesi. E Carthalone alla presenza di essi Carthagi∣nesi ricevette in compagnia del presidio i Brutii.

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Il Capitano de' Brutii amava una giova∣netta, il cui fratello era nel campo de' Ro∣mani. Costui con lo aiuto della sorella in∣duste il Capitano a tradire il luogo, di cui era in custodia, i Romani accostandovi sotto gl'istrumenti da combatterlo.

In tal modo adunque i Romani rihebbero Taranto, Città molto comoda alle cose della guerra per terra e per mare.

Annibale inteso, che la Città si combat∣teva, si mosse con gran celerità per soccor∣rerla. Ma come intese, che la medesima era suta presa, molto dolendosi, nel paese de' Thuri, e quindi a Venusia si ritornò

E quivi Claudio Marcello la quinta volta Consolo, il quale haveva vinta la Sicilia, e Tito Crispino, posero gli alloggiamenti all'oncontro de' suoi: ma però non heb∣bero ardire d'esser primi a cominciar la battaglia.

M veggendo Marcello, che i Numidi me∣navano via certa preda, e stimandogli pochi, corse ad assaltargli con trecento cavalli: ma essendo nelle battaglie di feroce natura, e con piu ardimento sempre entrando, dove i pericoli erano maggiori, esso era capo e guida di quel poco numero. Prestamente si scopersero molti. Carthaginesi: e da tutte parti fecero impeto contra di lui.

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I Romani non potendo resistere alla forza de' nimici, cominciarono a dar le spalle Marcello nobilmente e valorosamente com∣battendo, fu da un colpo di lancia ucciso. Il cui corpo essendo veduto d' Annibale, ri∣guardando egli le ferite, ch'esso haveva rice∣vute nel petto, lo lodò, come Soldato; ma, come Capitano, lo riprese. Levatogli adun∣que l'anello di dito, fece honoratamente e splendidamente abbrucciare il corpo, e man∣dò l'ossa al campo de'Romani.

Ora sdegnato Annibale contra Salapiani, prima che essi havessero intesa la morte di Marcello, scrisse lettere in nome di esso Mar∣cello, e soggellatele col suo soggello, le diede a portare a un rifuggito Romano: nelle quali egli significava loro, che Marcello era per venir con lo esercito nella Città, e comanda∣va, che lo riceuessero dentro.

Ma poco avanti Salapiani havevano havute lettere di Crispino, il quale haveva mandato messi intorno alle Città vicine, facendo loro intender, come Annibale teneva l'annello di Marcello. La onde quegli rimandarono in dietro il messo, rispondendo, ch'ei facesse quello, che gli piacesse; che essi promette∣vano di obedire ad ogni suo comanda∣mento. E fra tanto si appiattarono sotto le mura.

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Et avicinandosi Annibale con i Numidi, coloro, che havevano le arme Romane, la porta con certa machina per ciò fatta aper∣sero; e come fossero le genti di Marcello, ricevettero con molta festa quella parte, che giudicarono non poter contra di essi far re∣sistenza alcuna: iquali, come furono entrati, cosi eglino con la medesima machina tor∣narono a serrar la porta: e, quanti entra∣rono dentro, tutti ad uno ad uno furono morti. Quelli, che rimasero fuori, essi dalle mura con sassi, pertiche, & haste, percote∣vano, e ferivano.

In questo modo Annibale due volte a questa Città ingannato, si departì. Mentre, che queste cose si facevano, Asdrubale fra∣tello di Annibale, fatto un buono eserci∣to, e condottolo ne' Celtiberi, passò in Italia: e ricevuto amichevolmente da'Francesi, va∣licò le Alpi, nelle quali Annibale aperse la strada in due mesi: e superando tutte quelle difficultà, che furon superate d' Annibale, menò in Thoscana diciotto mila fanti, otto mila cavalli, e quindici Elefanci: e con lettere avisò il fratello della sua giunta.

Le quai lettere venute nelle mani de'Ro∣mani, Salmatore e Nerone Consoli, havendo havuta contezza della quantità dell'esercito di Asdrubale, se gli fecero all'incontro con

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tutte le forze loro, e si accomparono a Siena vicino a gli alloggiamenti del ni∣mico.

Asdrubale haveva deliberato di non com∣battere, ma di accompagnarsi col fratello.

Onde rifiutò la battaglia: & essendo per non sapere il camino trascorso fra certe paludi, e luoghi fangosi, e tra il siume malagevole da poter passare, vi consumò tutta la notte per insino alla venuta del giorno.

I Romani trovandogli sbandati, e stanchi dal sonno, e dalle vigilie, assaissimi di essi insieme con i Capitani delle schiere e final∣mente esso Asdrubale uccisero: molti ancora ne fecero prigioni; e la Italia liberarono da una gran paura. Percioche, se Annibale ha∣vesse ricevuto quest' altro esercito, era im∣possibile di poterlo piu vincere.

A me pare, che Dio havere voluto con questa vittoria ricompensar il danno da' Romani ricevuto a Canne. Che in vero fu poca differenza tra l'una e l'altra battaglia: per∣che vi furono amazzati i Capitani in questa, & in quella, & era eguale il numero di ambedue gli eserciti, appresso fu eguale la quantità de'prigioni, et in fine l'uno e l'altro s'impadronì de gli alloggiamenti del nimico. Onde l'una e l'altra Città hebbe a

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sentire e l'aversa, e la felice fortuna. De' Francesi, quegli che scamparono dalla mala aventura, altri nella patria, altri ad Annibale si ricoverarono. Annibale adolorato per la morte del fratello, e della perdita di tanto esercito per error del camino, essendo quat∣tordici anni, che egli con l'haver sostenute grandissime fatiche, teneva la guerra con Ro∣mani in Italia, privo di tutto quello, che prima haveva acquistato, andò nel paese de gli Abruzzi, iquali soli conservavano l'ami∣citia con Carthaginesi. Equivi si diede a riposa∣re, aspettando, che i Carthaginesi gli mandasse∣ro alcuno aiuto.

Iquali mandarono cento navi da carico con Soldati, frumento, e danari. Ma non havendo elle da poter adoperar remi, che le conducessero, furono dal vento portate in Sicilia. Colui, che era a governo dell'Isola, veggendole, con vinti Galee dando lor die∣tro, sessanta ne prese: l'altre si fuggirono a Carthagine.

Per lequai cose essendo Annibale oppresso da maggior disagio di qualunque cosa, in∣tendeado quello, che si trattava a Car∣thagine, e veggendo, che Magone, ilqua∣le nella Francia, e nella Liguria conduceva Soldati pagati, niuno ne gli mandava, ma pareva, ch'ei si facesse poco conto di

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quello che potesse avenire; vedeva, ch'egli era impossibile, ch'ei potesse piu dimorare. La onde si dispose di non far piu stima de gli Abbruzzi, come se essi non havessero mai sovenuto a'Carthaginesi, e loro impose in∣finite gravezze, spianando le mura delle loro Città non altrimenti, che se esse havessero voluto ribellare: molti con false accuse con∣dannò a morte, per usurparsi i lor beni. Et in questa forma si trovavano le cose di Annibale.

Ora furono in Roma fatti Consoli Lucio Crasso, e Publio Scipione: il quale hebbe la Spagna. Crasso fu mandato in Puglia contra Annibale.

Scipione favellò al popolo, e disse, che nè Carthaginesi, nè mai Annibale rimarebbono di danneggiar la Italia, se Romani non manda∣vano eserciti nell' Africa; e lei non mette∣vano in pericolo di perder le cose sue: il che disse con tanta efficacia, e con tante vive ragioni, ch'esso fu fatto General Capitano in Africa.

Onde Scipione prestamente navigò in Sici∣lia; e quivi messo insleme uno esercito, fece esercitare i Soldati. Indi prese Locri: il quale era tenuto dal presidio di Annibale, & amaz∣zò il presidio Carthaginese, e poi data la Città a Quinto Pleminio, esso drizzò il camino in Africa.

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Pleminio non lasciò ne sceleraggine, ne villània, ne crudeltà, che non usasse verso Locresi; e finalmente spogliò il Tempio di Proserpina.

I Romani adunque per giudicio del popolo insieme con coloro, che furono partecipi della colpa, lo fecero morire: & i suoi beni, e tutte le altre facultà, che si trovarono de' condannati, concedettero a'Locresi, acciocl e le riponessero ne' thesori della Dea, ag∣giungendo del publico quello, che vi man∣cava.

Quasi nel medesimo tempo Crasso tolse ad Annibale Cosentia, gran Città de gli Ab∣bruzzi, & altre Città del medesimo terri∣torio. Et havendo Giove dimostro in Roma horribili segni, i Dieci imposero, che si guardassero i libri Sibillini, e fu risposto, che di Cielo era caduta a que' giorni alcuna cosa in Frigia, dove i Frigi honoravano la madre de gli Dei, e che ciò si doveva portare in Roma.

E d'indì a poco tempo s'intese quella tal cosa esservi caduta, e nella Città fu portata una statua: & hoggidì ancora si celebra il giorno festo della madre de gli-Dei, che al∣hora vi fu recata.

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Osservate bene il seguente miracolo.

Dicesi ancor, che la nave, dentro di cui si conduceva questa madre Idea, come fu vicina alla foce del Tevere, in guisa si fermò, che per ingegno e forza di machine d'inoi non si potè mover giamai, insino a tanto, che fu detto da gl'Indovini, che un sol rime∣dio da far era, che la nave seguisse il viaggio, e che dalle mani d'una Donna, che non havesse macchiata la castità al marito, ella fosse tirata: e che Claudia Quintia, che al∣hora era accusata di adulterio, e non s'era ancora fatto il giudicio, ma perche ella si mostrava incoatinente, era in mala openio∣ne appresso tutti, dopo ch'ella hebbe negato questo cotal delitto, con molte parole, con una fune legatale d'intorno il ventre, si mise a tirar la nave, la quale andò inanzi, & in questa guisa la Dea si conduisse.

Là onde Claudia rivolse la cattiva fama in buona. Comandavano etiandio i versi Sa∣billini, ancora avanti Claudia, che la Dea condotta di Frigia, si portasse di nave in tera dal miglior Cittadino, che fosse in Roma. Et essendo a quel tempo Scipione, il quale è chiamato Nasica, stimato il migliore, lui mandarono in contra. Era costui figliuolo di

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quel Gneo Scipione, che in Hispagna fu Capi∣tano dell'esercito, e v'era stato morto, e ni∣pote dell'altro Scipione, che prese Carthagine, e primo hebbe il cognome di Africano.

Et in questo modo un'huomo di somma bontà, & una castissima donna condussero in Roma la madre Idea.

Ora essendo nell' Africa i Carthaginesi con∣tinowamente vinti da Scipione, di ciò havendo notitia gli Abruzzi, incominciorono a ri∣bellarsi ad Annibale: & alcuni tagliavano a pezzi il presidio, alcuni cacciavano: altri non potendo far nè l'una cosa nè l'altra, nas∣cosamente mandavano messi al Senato, fa∣cendo loro intender la neceslità, e la intention buona, che essi havevano.

Annibale andò in Petilia armato: ne vi essendo i Petilini, percioche esso indi caccia∣tigli, haveva data la Città a gli Abbruzzi, gl'incolpò c'havessero mandato a Roma Am∣bascjadori. Il che essi negando, finse egli di crederlo. Ma accioche essi non sospet∣tassero, fece prendere i ricchi, e gli diede separatamente in custodia a i Numidi, alla moltitudine levò le armi, e ne armò i servi, et a questi raccomandò la difesa della Città.

A questo istesso modo, andandovi dentro, trattò le altre Città

De' Thurii scelse sei mila di coloro, che

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havevano dimostro benivolenza a Carthagi∣nesi: e cinquecento ne prese dalle possessioni, il rimanente diede a guastare e saccheggiare a'Soldati. E lasciando nella Città un gagliar∣do presidio, fece che i tre mila e cinque∣cento andarono a Crotone: stimando quella Città molto al proposito, e come un gra∣naio, e camera da riporre il danaio, e luogo da poter far massa, per combatter le altre Città.

In tanto i Carthaginesi richiamavano Anni∣bale nella patria: la quale essendo mal trat∣tata da Scipione, haveva bisogno ch'egli tosto si trovasse a soccorrerla. E mandarono a lui un altro Asdrubale Capitano dell'armata, accioche egli non mettesse tempo in mezo. Annibale veggendosi vinto dalla perfidia de' Carthaginesi, la qual sempre usarono a'Capita∣ni, e dall'ingrato animo loro, il qual lungo tempo haveva conosciuto a prova, dubitavasi, che essi havessero a volgere in lui la colpa di tanta guerra; essendo che egli era stato primo a mover la guerra nella Spagna: e nondimeno deliberò di seguitare Asdrubale. Là onde fece fabricar (perche la Italia è abondevole di leg∣ni) di molte navi. Et havendo i popoli, e le cit∣tà, ch'erano in suo potere, in niuna considera∣tione, propose di darle tutte a preda & a sac∣co; et arricchito lo esercito, e per tal cagione

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fattolosi amico, condurlo in Africa per re∣sister alle calunnie de gli aversari.

Ma per non essere egli quello, che violasse le conditioni, mandò Asdrubale Capitan dell'armata sotto pretefto di voler vedere la quantità delle genti, che vi erano a difesa. Egli entrando di Città in Città, comandò a gli habitanti che levandone via le cose loro, che essi seco recar potevano, uscissero insieme con i servi delle Città. Il resto svaliggiava e metteva a sacco. Il che essendosi inteso da alcuni, eglino avanti la venuta di Asdrubale fecero impeto contra coloro, che v'erano alla difesa: onde alcuna Città rimase salva. In alcuna dopo varia uccisione, i Soldati della difesa prevalendo, vi furono stuprate le donne, menate via le vergini, & usatevi tutte le altre crudeltà, che si sogliono far nelle Città prese.

Anniliale confortò i Soldati Italiani, che erano stati a soldo nel suo esercito, iquali co∣nosceva molto esercitati nella guerra, con molte promesse a passar nell' Africa. De' quali coloro, che nella patria havevano commesso qualche cosa degna di castigo, fuggendo la lor Città volontieri lo seguitavano: ma quegli, che non havevano fatto alcun male, ricusa∣vano di partirsi. Questi adunque Annibale fece, che in un luogo si ridussero: & impose

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loro, che aspettar dovessero; come che egli volesse parlar con essi, o per ringrati∣argli delle cose fatte, o per deliberar di ciò che far si dovesse.

Ma tra poco gli fece circondar dall'eser ci∣to armato; e comandò a'Soldati, che ciascun prendesse per servo colui, che gli piacesse: il che essendo fatto, e ràllegrandos eglino di havere in servitù coloro, ch'erano loro stati compagni nella guerra, impose, che gli altri fossero uccisi con le saette: accioche i Romani piu non potessero valersi dell'opra loro. Fece ancora amazzare i lor cavalli, che fu a numero di quattro mila: e similmente una gran quantità di giumenti, iquali non poteva portare in Africa. Fornite cotai cose, fece entrar la moltitudine nelle navi; e cominciò a soffiare il vento. Alcuni pochi per cagion di difesa furono lasciati in terra. I Petelini gli assaltarono; et amazzatone alquanti, ri∣tornarono alla patria.

Annibale adunque andò in Africa, haven∣do per ispatio di sedici anni spogliata, e distrutta la Italia; e carichi gli huomini d'in∣finiti danni col metter molto spesso ciascun popolo ad estremo pericolo: offendendo egualmente cosi quegli, che l'obedivano, e gli erano amici, come i nimici; ne mostrando a veruno segno alcun di amorevolezza, senon

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tanto, quanto ei ne haveva bisogno, e la ne∣cessità lo costringeva; e quando da essi piu aiuto non poteva ritrarre, gli perseguitava, come nimici.

Partito Annibale d'Italia, il Senato perdonò a tutii popoli Italiani, che s'erano accostati ad Annibale, ordinando, che si dovessero di∣menticar le ingiurie. Trassero solo di quel numero gli Abbruzzi, iquali insino all'ultimo sovenuero Annibale d'ogni aiuto, che per loro dar si poteva.

La onde il Senato levò a costoro gran parte delle lor possessioni, e fece lor toglier fimil∣mente tutte le armi, che ad essi Annibale ha∣veva lasciate: & ordinò, che nell'avenire ni∣un potesse esser eletto per Saldato alla guer∣ra, come essi non liberi, ma servi fossero: im∣ponendo a tutti quegli, che andavano Con∣soli, e Capitani nelle Provincie loro, che ne' publici bisogni si servissero, a guisa di schiavi, dell'opra di ciascuno.

Questo fu il fine della venuta di Annibale in Italia: e l'anno, ch'egli si partì, forniva∣no a punto anni 51. che i Carthaginesi have∣vano guerreggiato con Romani.

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