Considerazioni sull'anatomia del P.Herc. 163 (Filodemo, La Ricchezza)
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Il P.Herc. 163 fu svolto nel 1802 da Giuseppe Paderni[1] e trascritto in più riprese da vari disegnatori, di cui si conservano 27 carte nella collezione dei disegni oxoniensi e 42 fogli corrispondenti ai cosiddetti disegni napoletani.[2] Nel 1864 fu pubblicato nel terzo tomo della Collectio Altera[3] e soltanto nel 1978 il testo, dopo alcune edizioni parziali,[4] fu edito integralmente dalla Tepedino.
Il presente contributo intende sottolineare l'importanza dell'osservazione diretta dei papiri ercolanesi e della rilevazione di taluni aspetti e dati, quali la struttura del rotolo, la misura delle volute di cui era composto, la presenza di kolleseis, che possono essere ottimi sussidi al fine della ricostruzione generale del volumen e, quindi, di una corretta lettura del testo, che rispecchi l'originario andamento del rotolo piuttosto che la sequenza dei pezzi come sono attualmente collocati su cartoncini bianchi, già in molti casi dimostrata errata.
La struttura del rotolo
Con la denominazione di P.Herc. 163 sono oggi conservati trenta pezzi, suddivisi in 16 cornici, per una lunghezza complessiva di 4.10 metri; l'altezza massima del volumen tuttora visibile è 16 cm, ma i margini inferiore e superiore sono quasi sempre consunti; delle 63 colonne edite, molte risultano corrotte nella parte centrale; in diversi casi la loro lettura è resa complicata dalla difficile situazione stratigrafica;[5] ciascuna linea di scrittura contiene dalle 16 alle 20 lettere che tendono a restringersi nella parte finale, in prossimità dell'intercolumnio, mentre a sinistra si nota la legge di Maas. Il supporto scrittorio si presenta particolarmente scuro e la fotografia multispettrale può essere, soltanto a volte, di ausilio. Le kolleseis, visibili nella parte più interna del rotolo, dove lo svolgimento è meglio riuscito, delimitano kollemata lunghi circa 12–13 cm.[6]
Come risulta dalla subscriptio, disposta su tre linee a destra dell'ultima colonna di scrittura, nella quindicesima cornice, il P.Herc. 163 conserva la parte finale del primo libro dell'opera Sulla ricchezza, di Filodemo.[7]
Nella stessa cornice è stata individuata da Del Mastro una seconda subscriptio, collocata tra l'ultima colonna di scrittura e il titolo finale; si dispone su almeno cinque linee e probabilmente, come la precedente, è stata apposta dallo stesso scriba che ha vergato il testo.[8] È plausibile che tale nota spiegasse in maniera sintetica il contenuto di questo libro filodemeo, in almeno due tomi, oppure che, come ha ipotizzato Del Mastro,[9] lo scriba fornisse al lettore possibili riferimenti bibliologici.
Poco possiamo dire circa gli altri libri che componevano l'opera: la D'Amelio, che negli anni Venti pubblicava alcune colonne del testo in un lungo saggio sulla ricchezza nell'Epicureismo, indicava i P.Herc. 97 e 200 come rotoli contenenti probabilmente parti della stessa opera.[10] Tuttavia, la Tepedino ha dimostrato in seguito che il P.Herc. 200 contiene parte di un'opera omonima di Metrodoro,[11] mentre, per quanto concerne il P.Herc. 97, conservato in tre cornici, di cui le prime due poco leggibili, la terza completamente illeggibile, soltanto lo svolgimento della parte più interna del rotolo, che ancora conserva il cilindretto interno, potrebbe consentire la lettura della subscriptio e confermare o smentire che faccia parte dell'opera La ricchezza di Filodemo.[12]
Per la prima volta Gianluca Del Mastro ha letto nella quindicesima cornice una nota bibliologica, a destra dell'ultima colonna di scrittura e nell'agraphon sottostante il titolo finale;[13] disposta su almeno tre linee, è vergata in caratteri minuti con una scrittura affine a quella usata per una nota analoga leggibile nel P.Herc. 1050.[14] Tralasciando la terza linea, la cui lettura risulta tuttora molto problematica, è possibile confermare la lettura di Del Mastro, che pensava a un rotolo di almeno 110 colonne:
Poiché le colonne di scrittura sono ampie circa 5.5 cm e gli intercolumni circa 1 cm la probabile lunghezza complessiva del rotolo era di almeno 7.15 m,[16] a cui bisogna aggiungere probabilmente alcuni altri centimetri di papiro divisi tra la parte iniziale e quella finale del rotolo, utilizzati per i titoli o altre indicazioni bibliologiche.[17] Sottraendo i superstiti 4.10 m circa, si può, pertanto, ipotizzare che durante le operazioni di scorzatura, svolgimento e sistemazione sulle tavolette siano andati persi circa 3 m di papiro.[18]
Nella parte superiore del rotolo si può notare una lacuna di forma semiellittica che si ripete con cadenza regolare in ogni voluta, dovuta evidentemente a una forte pressione su uno dei due lati del rotolo e nella parte centrale; la presenza di ampie lacune, che hanno determinato in qualche caso la perdita di numerose linee di scrittura tra la parte superiore e quella inferiore della colonna, può indicare uno schiacciamento del rotolo in quel punto, che ha complicato le operazioni di svolgimento.
Le prime cornici conservano porzioni di papiro le une staccate dalle altre e troppo esigue perchè si possano individuare volute complete; a partire dalla quarta cornice, invece, il rotolo, di cui sono riuscita a misurare anche le singole sezioni, mostra un decremento progressivo di circa 0.2 cm per ogni voluta completa;[19] poiché la misura delle sezioni nelle parti 'superiori' corrisponde a quella nelle corrispondenti parti inferiori, bisogna dedurre che le parti superiori e inferiori delle colonne incomplete della parte centrale sono state posizionate sulle tavolette in modo corretto.
È anche vero, altresì, che talora la misura delle volute mostra un decremento o incremento variabile: è plausibile che il papiro fosse stato avvolto in modo non uniforme, formando un cilindro dal raggio irregolare, talora molto serrato nella parte inferiore e più largo in quella superiore, o viceversa. Tale situazione si può riscontrare in particolar modo nelle cornici che contengono porzioni di papiro meglio conservate e meno lacunose, come la cr 12.
Sulla base della misura delle volute, è possibile rendersi conto che durante la fase dello svolgimento, nella maggior parte dei casi, non si sono perse che minime porzioni di papiro nel passaggio da una cornice all'altra, da pochi millimetri a un massimo di 2.7 cm.
La cornice 16
La misurazione delle volute ha evidenziato anche che la porzione di papiro conservata nella cornice 16 non corrisponde all'ultima parte del rotolo e che, dunque, essa deve essere ricollocata all'interno del volumen in una diversa posizione.
A questa conclusione, del resto, inducevano sia la presenza nella cornice 15 delle subscriptiones finali e di un agraphon di circa 5 cm, sia la ridottissima misura delle sezioni nel pezzo conservato. Nella sedicesima cornice si conserva una porzione di papiro lunga 24 cm e alta 16 cm, che presenta numerose tracce di scrittura su vari strati sovrapposti, della stessa tipologia di scrittura riscontrata nella rimanente parte del rotolo,[20] vergata con un inchiostro del medesimo colore di quello usato dallo scriba che ha vergato il testo. Nella parte superiore, inoltre, il papiro presenta la stessa sagoma che ho potuto riscontrare nelle altre cornici: tutto ciò mi ha indotto a pensare che il pezzo conservato nella cornice 16 faccia sicuramente parte del P.Herc. 163, ma che durante la fase dello svolgimento e della collocazione delle porzioni di rotolo su tavolette, tale pezzo sia stato inserito erroneamente nell'ultima cornice.
Poiché la misura dell'unica voluta intera individuabile nel pezzo è di 12.2 cm, si può ipotizzare che la cornice 16 debba precedere almeno la quarta cornice, in cui la voluta più ampia misura 10.5 cm.[21]
Tuttavia, come in altri casi già riscontrati nei papiri ercolanesi, è possibile pensare a uno scambio numerico del pezzo conservato nella prima cornice con quello posizionato nell'ultima. L'ipotesi da me formulata che la cornice 16 corrisponda alla prima parte svolta del rotolo è confortata dal confronto con l'originaria struttura di altri papiri ercolanesi, in particolar modo con la misura della larghezza dei rotoli riportata nell'Inventario pubblicato da Blank e Longo Auricchio:[22] sebbene il P.Herc. 163 non compaia nel computo dei rotoli,[23] è ugualmente possibile – attraverso un'operazione inversa – calcolare la misura del diametro del rotolo prima dello svolgimento non soggetto a schiacciamento alcuno e metterla in rapporto con le rimanenti tipologie librarie presenti nella Biblioteca ercolanese.
Se consideriamo, dunque, la sedicesima cornice come la prima parte svolta del rotolo e ammettiamo che la misura delle volute di 12.2 cm possa essere tra le più ampie del manufatto, possiamo facilmente calcolare tale diametro, 3.88 cm (12.2/3.14), cioè poco meno di 1 oncia e 4/5. [24]
diametro = circonferenza o misura della voluta/π ergo x = 12.2/3.14 = 3.88 cm
Una ricognizione generale dell'Inventario ha messo in luce che gran parte dei rotoli ercolanesi presentava un diametro di circa 2 once, con le eccezioni di alcuni volumina larghi circa 1 oncia e 2/5 (P.Herc. 561), 1 oncia e 1/5 (P.Herc. 628, 648, 998 ecc.) e altri particolarmente estesi in larghezza, fino a 4 once e 1/2 (P.Herc. 860), 4 once e 3/5 (P.Herc. 607), 4 once e 2/5 (P.Herc. 494).
Il P.Herc. 163, dunque, può essere ricondotto alla misura standard dei manufatti ercolanesi, quali si presentavano prima dello svolgimento, con una circonferenza massima conservata di 12.2 cm e un diametro che può variare a 1 oncia e 4/5, diametro del papiro non soggetto a schiacciamento alcuno, a 2 once e 2/5, misura del diametro del papiro soggetto a schiacciamento massimo.
Il pezzo conservato nella sedicesima cornice doveva contenere circa 4 colonne di scrittura, come indica anche l'ultima editrice del testo; tuttavia, le colonne non sono mai complete e gli intercolumni, seppure individuati nella porzione superiore, sono coperti da sovrapposti in quella inferiore.
La posizione della quarta cornice
La quarta cornice contiene un unico pezzo lungo 21 cm e alto 16 cm; alquanto integro nella parte superiore, in prossimità del margine, dove è visibile la consueta lacuna nel rotolo originario, mentre è particolarmente rovinato nella parte inferiore.
La voluta completa è ampia 10.5 cm, una misura che non trova riscontro nel regolare decremento del rotolo. Nella cornice 5, infatti, si può misurare una voluta centrale di 11.6 cm,[25] mentre il pezzo conservato nella cornice 6 presenta una voluta completa di 10.2 cm.
Ciò induce a pensare che il pezzo conservato nella cornice 4 debba essere posizionato tra quelli conservati nelle cornici 5 e 6, così da ristabilire il regolare decremento delle sezioni dalla parte più esterna del rotolo verso il midollo. Altri fattori possono confermare la mia supposizione, come la misura dei kollemata che ho creduto di poter rilevare nelle cornici 5 e 6, rispettivamente di 12.5 cm e 13 cm: se la sequenza delle cornici fosse esatta, bisognerebbe pensare a una perdita di pochi centimetri di papiro nel passaggio tra la quarta e la quinta cornice e la caduta di circa 5–6 cm tra la quinta e la sesta cornice. Se, al contrario, come mi sembra più probabile, invertiamo la quarta cornice con la quinta, tra le due cornici si sarebbe perso circa un kollema intero;[26] tra la cornice quarta e la sesta, infine, si sarebbero persi circa 17 cm di papiro che potrebbero corrispondere a tre frammenti di colonne (3, 4 e 5 N), probabilmente sovrapposti rimossi e distrutti, trascritti dai disegnatori napoletani e di cui tuttora 'non esiste l'originale', che la Tepedino, l'ultima editrice del testo, collocava dopo la quinta cornice.[27] Ma, mentre nella quinta cornice l'operazione di svolgimento dei sovrapposti non avrebbe, stranamente, lasciato tracce, al contrario, la quarta cornice presenta una superficie scrittoria fortemente abrasa, che confermerebbe la mia ipotesi che i frr. 3, 4 e 5 N siano stati rimossi dalla quarta cornice e, pertanto, vadano inseriti successivamente a essa.[28]
Il ripristino della posizione corretta delle cornici (cr 5, cr 4, cr 6) e la collocazione tra la quarta e la sesta cornice dei frr. 3, 4 e 5 N, possibili sovrapposti rimossi dalla quarta cornice, trovano una conferma nello studio del contenuto dei frammenti di colonne pubblicati dalla Tepedino.
Nella quarta cornice,[29] che – secondo la mia ipotesi – dovrebbe seguire la quinta, Filodemo si sofferma sulle difficoltà terminologiche nella definizione di ricchezza e a col. XVI 1, 33 è ben leggibile l'aggettivo πιθανός usato sia da Epicuro sia da Filodemo con il valore di "persuasivo" nel corso di discussioni filologiche.[30] Nella col. XXII 20, collocata oggi dopo la quinta cornice e di cui "non esiste l'originale," il disegno napoletano conserva la lettura - - -]θανο[- - -, opportunamente integrata πι]θανό[ν dalla Tepedino con funzione di aggettivo sostantivato nel senso di "cosa che persuade." Anche qui la colonna verte su problematiche terminologiche e si tratta del concetto di povertà.
L'impiego dello stesso aggettivo, non molto frequente in Filodemo, e la continuità nell'argomentazione confermerebbero che le coll. XX, XXI frr. 1 e 2 e XXII corrispondenti ai frr. 3, 4 e 5 N debbano essere collocate subito dopo le coll. XV, XVI frr. 1 e 2 e XVII, in quanto sovrapposti originariamente situati nella quarta cornice piuttosto che nella quinta.
Conclusioni
In conclusione, l'autopsia del manufatto mi ha consentito di raggiungere i seguenti risultati:
1. sono andati persi presumibilmente circa 3 m di un rotolo che era costituito originariamente da almeno 110 colonne, mentre nella maggior parte dei casi non vi sono particolari perdite di porzioni di rotolo nel passaggio da una cornice all'altra.
2. Il pezzo contenuto nella sedicesima cornice non è collocato correttamente. È possibile che esso corrisponda alla parte più esterna del rotolo scorzato e vada collocato prima della cornice 1.
3. Il pezzo contenuto nella quarta cornice segue, in realtà, quello contenuto nella cornice 5 e precede quello nella cornice 6; tra la cornice 4 e la 6 vanno collocati, inoltre, alcuni frammenti trascritti dai disegnatori napoletani e di cui tuttora "non esiste l'originale."
Notes
Tra Marzo e Luglio 1802. Sull'argomento, cf. E. Scognamiglio, "Il PHerc. 163 (Filodemo, La ricchezza, I libro). Alcune osservazioni," CronErc 37 (2007) 85–92.
Il manoscritto del Cirillo, tuttora inedito, è conservato presso l'Archivio dell'Officina dei Papiri Ercolanesi "M. Gigante," nella Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III" di Napoli. Sull'argomento, cf. Scognamiglio, op.cit. (sopra, n. 1).
T. Gomperz, "Die herculanischen Rollen. Herculanensium voluminum collectio altera. Tom. II, III, IV, V. (Naples 1862–1865)," Zeitschrift für die deutsch-österreichischen Gymnasien 17 (1866) 691–708; A. D'Amelio, Di alcuni trattati epicurei sulla ricchezza (Napoli 1926) 1–30; C. Diano, Lettere di Epicuro e dei suoi nuovamente o per la prima volta edite (Firenze 1946) 59–68.
Sulla questione rimando a Scognamiglio, op.cit. (sopra, n. 1).
Nei papiri ercolanesi la lunghezza dei kollemata è diversa per ogni rotolo e varia da un minimo di 6 cm a un massimo di 19 cm. Sull'argomento cf. D. Bassi, "La sticometria nei papiri ercolanesi," RFIC 37 (1909) 512; M. Capasso, Manuale di Papirologia Ercolanese (Galatina 1991) 205–208; M. Capasso, Volumen. Aspetti della tipologia del rotolo librario antico (Napoli 1995) 66; G. Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano. Primo Supplemento a Cronache Ercolanesi, 13 (Napoli 1983) 17. Lo stesso fenomeno si verifica nei manufatti greco-egizi, cf. E.G. Turner, Greek Papyri (Oxford 19802), in trad. it. Papiri Greci, a c. di M. Manfredi (Roma 1984) 5.
Il titolo è stato trasmesso correttamente anche dalle trascrizioni ottocentesche: sia nei disegni oxoniensi che in quelli napoletani la subscriptio è stata riprodotta in modo preciso, facendo attenzione anche ai segni ornamentali che svolgevano la funzione di 'isolare' la nota bibliologica dalla rimanente parte del rotolo.
L'alpha presenta il consueto tratto mediano obliquo. Cf. G. Del Mastro, "Osservazioni sulle subscriptiones dei PHerc. 163 e 209," CronErc 33 (2003) 324, Fig. 1.
A. Tepedino Guerra, "Il PHerc. 200: Metrodoro, Sulla ricchezza," in Actes du XV Congrès International de Papyrologie (Bruxelles 1979) III 191–197.
Del Mastro, op.cit. (sopra, n. 8) 328 s. reputa che anche il P.Herc. 209 possa essere ricondotto al trattato La ricchezza di Filodemo: nel papiro, infatti, ricorrono termini riconducibili alla tematica economica. Il rotolo, giudicato "pessimo" nel Catalogo dei Papiri Ercolanesi, sotto la direzione di M. Gigante (Napoli 1979) 105, fu svolto nel 1861 da G.B. Malesci ed è composto di 3 cornici poco leggibili. La sua attribuzione a Filodemo e all'opera La ricchezza è stata dimostrata da Del Mastro grazie alla corretta collocazione di un bisovrapposto.
L'indicazione si trova precisamente a 3 cm dal titolo, 3 mm da quel che resta del margine inferiore e circa 4 cm dall'ultima colonna. Cf. Del Mastro, op.cit. (sopra, n. 8) 326 in part. n. 40.
Per un approfondimento si rimanda a Del Mastro, op.cit. (sopra, n. 8) 325–327.
Del Mastro dava il delta e l'epsilon come lettere incerte; delle lettere che seguono è possibile vedere l'angolo destro del kappa e il tratto mediano dell'alpha; cf. Del Mastro, op.cit. (sopra, n. 8) 326. Tuttavia, lo studioso non si pronuncia sulle eventuali lettere prima di δέκα. L'originale presenta, in questo punto, una frattura orizzontale che rende impossibile vedere qualsiasi traccia di scrittura: se si suppone una certa simmetria rispettata dallo scriba nel vergare l'indicazione bibliologica su più linee, potremmo immaginare che vi fosse scritto ἑκκαίδεκα, sebbene ciò non troverebbe riscontro in altri papiri ercolanesi, dove il καί viene omesso (si rimanda a Cavallo, op.cit. [sopra, n. 6] 22 s. e 15; T. Dorandi, "Stichometrica," ZPE 79 [1987] 35–38). Oppure dovremmo pensare a un'assenza di simmetria nella nota, con un δέκα leggermente spostato verso destra rispetto alla linea superiore, supponendo che il rotolo fosse costituito da 110 colonne.
Cavallo, op.cit. (sopra, n. 6) 15 e Capasso, op.cit. (sopra, n. 6) 205 concordano sul formato dei papiri ercolanesi: essi di norma non superano i 9–10 m, mentre è attestata la presenza di rotoli non particolarmente estesi in lunghezza, come il P.Herc. 1424 (Filodemo, L'economia), che non supera i 6.5 m per un'altezza complessiva di 21 cm e che presenta colonne ampie tra i 5 e i 6 cm (cf. Cavallo, op.cit. [sopra, n. 6] 18). L'Inventario edito da Blank e Longo Auricchio ("Inventari antichi dei Papiri Ercolanesi," CronErc 34 [2004] 39–152) conserva come misura del diametro del P.Herc. 1424 1 oncia e 3/5 (p. 105), larghezza affine al P.Herc. 163, cf. infra.
In alcuni casi è possibile che vi fossero porzioni di rotolo non scritte messe a sostegno di un rotolo molto sfilacciato, specialmente nella parte finale. Alcune considerazioni sulle parti deboli dei fogli di papiro sono in E.G. Turner, The Terms Recto and Verso. The Anatomy of the Papyrus Roll. Pap.Brux. XVI.1 (Bruxelles 1979), ed. it. 'Recto' e 'Verso'. Anatomia del rotolo di papiro, trad. di G. Menci e G. Messeri, note di M. Manfredi (Firenze 1994) 10; sull'argomento cf. anche Capasso (1995), op.cit. (sopra n. 6) 74. È altresì interessante la lettura di G. Menci, "Fabbricazione, uso e restauro antico del papiro: tre note in margine a Plinio, NH XIII 74–82," in Proceedings of the XVIII International Congress of Papyrology (Atene 1988) II 497–504. Sembra, invece, ormai accreditata l'ipotesi della presenza di un titolo iniziale oltre a quelli comunemente rilevati a fine volumen. Sull'argomento cf. M. Capasso, "I titoli nei Papiri Ercolanesi. I: un nuovo esempio di doppia soscrizione nel PHerc. 1675," Pap.Lup. III (1994) 232–252; eund., "I titoli nei Papiri Ercolanesi II," in Akten des 21. Internationalen Papyrologenkongresses (Stuttgart-Lipsia 1997) 147–154 = Rudiae 7 (1995) 103–111; eund., "I titoli nei Papiri Ercolanesi III: i titoli esterni (PHerc. 339, 441 e 'scorza' non identificata)," in Atti del Secondo Convegno Nazionale di Egittologia e Papirologia (Siracusa 1996) 137–155; eund., "I titoli nei Papiri Ercolanesi. IV: altri tre esempi di titoli iniziali," Pap.Lup. VII (1998) 42–73; G. Del Mastro, "La subscriptio del PHerc. 1005 e altri titoli in caratteri distintivi nei papiri ercolanesi," CronErc 32 (2002) 235 s.
L'assenza di misure relative al rotolo prima del suo svolgimento (il P.Herc. 163, infatti, manca nell'Inventario edito da Blank-Longo Auricchio, di cui non si conserva la parte che precede il P.Herc. 312) non consente di fornire dati certi e definitivi.
Talvolta la riduzione dell'ampiezza della voluta, normalmente di 0.2 cm, può essere 0.1 e 0.3 cm: ciò è riconducibile al fatto che il rotolo è stato avvolto ora in modo più serrato e in altri meno.
L'alpha è caratterizzato dalla linea mediana leggermente obliqua, l'epsilon particolarmente tondeggiante presenta il tratto mediano staccato dalla rimanente parte della lettera, e ho potuto rilevare la presenza, inoltre, di segni costituiti da un chi ornato di punti negli angoli superiore, inferiore e laterali (tipologia di asterisco, cf. E. Scognamiglio, "I segni nel primo libro dell'opera di Filodemo La ricchezza (PHerc. 163)," CronErc 35 [2005] 171 s. 180), e una sorta di diplè con un tratto finale e caratterizzata da punti laterali con valore riempitivo (cf. ibid., 175–177 e 180). Cavallo parlava di una scrittura "molto regolare e dalle forme elegantemente arrotondate con un tracciato che si presenta di regola piuttosto sottile e uniforme" (Cavallo, op.cit. [sopra, n. 6] 35), aggiungendo che "tale scrittura è da riferire ad una tradizione grafica della quale – testimoni anche i papiri greco-egizi – si può seguire agevolmente il percorso a partire almeno dal III–II sec. a. C. e fino, in pratica, allo spirare del I sec. a. C." (ibid., 52). Molti papiri ercolanesi vergati con questa tipologia di scrittura sono riferibili, secondo Cavallo, al terzo venticinquennio del I sec. a. C.
Le cornici 1, 2 e 3 sono caratterizzate da frammenti sparsi di rotolo non collegati tra loro: risulta impossibile, dunque, misurare le volute o le semivolute.
Collocazione: Archivio Storico del Museo Nazionale di Napoli, Serie Inventari Antichi N. 43, Blank e Longo Auricchio, op.cit. (sopra, n. 16) 45–120.
L'Inventario riporta notizie riguardanti l'altezza e il diametro dei rotoli non ancora svolti – ma presumibilmente scorzati – a partire dal P.Herc. 312 in progressione numerica.
D. Blank e F. Longo Auricchio, "An Inventory of the Herculaneum Papyri from Piaggio's Time," CronErc 30 (2000) 136 n. 19. Un'oncia corrisponde esattamente a 2.2046 cm.
È bene precisare che la voluta tende a diminuire in ampiezza nella parte inferiore della cornice fino ad arrivare a misurare circa 10.6 cm.
Le misure delle volute mi consentono di pensare a una perdita considerevole di papiro.
Reputo che sia da scartare l'ipotesi secondo la quale questi pezzi fossero collocati dopo la quinta cornice senza essere sovrapposti: la dicitura apposta sui disegni, infatti, è di solito usata nel caso di porzioni di papiro sovrapposte, come nel caso del P.Herc. 89. Sull'argomento, cf. Scognamiglio, op.cit. (sopra, n. 1); L. Giuliano, "Alcune considerazioni sui disegni del PHerc. 807 (opus incertum)," CronErc 37 (2007) 93–101.
Cf. almeno = M.L. Nardelli, "Ripristino topografico di sovrapposti e sottoposti in alcuni papiri ercolanesi," CronErc 3 (1973) 104–115.
Coll. XV, XVI frr. 1 e 2 e XVII, A. Tepedino Guerra, "Il primo libro 'Sulla ricchezza' di Filodemo," CronErc 8 (1978) 52–95. Non esistono i disegni.
In Filodemo l'aggettivo è usato nel II libro della Retorica a fr. 6, 5 e col. XIX 26, Blank e Longo Auricchio, op.cit. (sopra, n. 16) 83: nel primo caso, il contesto fortemente lacunoso non consente di coglierne il senso, nel secondo, invece, l'autore sta trattando una problematica linguistica relativa alla parola "arte" e alle sue accezioni. In particolar modo l'autore si chiede se sia 'convincente' – ˻πιθα˼ν̣ό̣ν̣ – ritenere 'le opere politiche' – πε[ρὶ] τῶν πο˻λειτικ˼ῶν ἔ˻ρ˼[γ]ων – opere d'arte. Nel V libro della Poetica di Filodemo si trova a coll. XXVI e XVII 4, mentre a col. VI 16 s. possiamo leggere πι]θ[α]|νῶς in un contesto ancora una volta di discussione linguistica. Il termine ricorre frequentemente in Platone (Gorgia, Fedro) ed è usato da Senofonte (Economico).