Per una nuova edizione dei papiri di Tucidide
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Il catalogo MP3 registra attualmente (aprile 2008) 96 papiri che contengono passi appartenenti agli otto libri delle Historiae di Tucidide (460–395 ca. a.C.)[1] e 6 frammenti in cui lo storico Ateniese è variamente citato.[2] Di essi solo uno è inedito (P.Berol. inv. 21313, contenente un passo dal libro III). I papiri tucididei sono stati pubblicati via via che riemergevano dalle sabbie egiziane nel corso di Campagne di Scavo condotte da varie istituzioni europee ed americane a partire dalla fine del XIX secolo, o che giungevano nelle collezioni europee dal mercato antiquario egiziano. Ciò ha prodotto una dispersione dei materiali ed una disomogeneità nell'organizzazione delle notizie disponibili, così che se su alcuni frammenti sono stati prodotti, soprattutto di recente, studi accurati ed approfonditi, attenti agli aspetti filologici, storici, bibliologici e paleografici, per altri frammenti si dispone, al contrario, soltanto di scarne trascrizioni corredate di essenziali note filologiche.
A tuttora l'unico volume collectaneo disponibile sui papiri tucididei si deve a F. Fischer, che nel 1913 pubblicò un'edizione con commento dei 14 papiri dello storico ateniese rinvenuti fino a quel momento.[3] Era un lavoro di carattere prevalentemente filologico, in cui il testo di ciascun frammento era accompagnato da una serie di puntuali osservazioni in latino riguardanti essenzialmente il confronto tra le lezioni tradite dalla paradosi medievale e quelle dei papiri oltre che da approfondimenti linguistici e storici. Le edizioni tucididee successive hanno riguardato singoli esemplari o, al più, piccoli gruppi di papiri accomunati tra loro per lo più dalla provenienza da un medesimo sito archeologico. Un contributo molto significativo alla conoscenza di Tucidide su papiro si deve a M.W. Haslam[4] che, nel 1990, ha curato nella serie dei papiri di Ossirinco, l'edizione di 25 frammenti. La raccolta completa delle testimonianze della tradizione diretta dell'opera dello storico ateniese ed una loro nuova edizione, lavoro in cui sono attualmente impegnata nell'àmbito del progetto editoriale del Corpus dei Papiri Storici Greci e Latini, si rendono necessarie per almeno tre ragioni:
1. L'esigenza da un lato di aggiornare il ricordato volume del Fischer, dall'altro di adeguarlo agli attuali standard di edizione, che prevedono una cura per gli aspetti paleografici e bibliologici del materiale parallela e non inferiore all'attenzione verso i testi tràditi dai papiri, che all'inizio del secolo scorso erano, com'è ovvio, decisamente privilegiati.
2. Il desiderio di approfondire la conoscenza di modi e forme di circolazione del testo tucidideo nell'Egitto di epoca tolemaica, romana, bizantina, fino alle soglie dell'età araba, enucleando dall'esame di volumina, codices e testi dello storico gli elementi in grado di contribuire a tracciare un quadro il più affidabile possibile del milieu socio-culturale in cui le opere tucididee circolavano nell'Egitto ellenizzato.
3. L'opportunità di fornire un contributo alla storia del libro antico attraverso uno studio globale ed analitico, materiale e contenutistico di volumina e codices nei quali il testo tucidideo ci è stato restituito.
L'analisi sistematica degli aspetti bibliologici dei frammenti, inoltre, fornisce alcune informazioni rilevanti ai fini dell'approfondimento delle tecniche di allestimento dei rotoli letterari in epoca greco-romana, contribuendo allo sviluppo di quella disciplina che W.A. Johnson ha felicemente definito "voluminologia."[5] Quest'ultimo aspetto risulta particolarmente stimolante per i papiri tucididei, poiché essi si configurano come un insieme alquanto omogeneo in relazione alla provenienza (66/96 sono ossirinchiti), costituendo un campione significativo per un'indagine di questo genere.
Tucidide è lo storico greco di cui i papiri conservano il maggior numero di testimonianze dirette ed indirette, superando ampiamente Erodoto, di cui sono attualmente noti 46 papiri[6] (il loro studio è in fase di aggiornamento da parte di S.R. West)[7] e Senofonte, per il quale i papiri propriamente "storici" (contenenti passi da Anabasis ed Hellenica) sono 12. Il dato non sorprende, tenuto conto del fatto che l'opera tucididea era oggetto di interesse a molteplici livelli: da quello squisitamente storiografico a quelli linguistico, politico e morale.
I papiri tucididei sono distribuiti in maniera non omogenea in un arco temporale relativamente vasto: la maggior parte dei frammenti è databile al periodo compreso tra il II ed il III sec. d.C. – in particolare risalgono al II sec. ben 32 esemplari,[8] al IIex–IIIin 21 papiri; al III sec. 15 – ma anche i periodi I sec. e Iex–IIin hanno restituito un numero non indifferente di esemplari (rispettivamente 7 e 6 papiri). Un calo consistente si registra nel IV sec. (2 papiri) e nel periodo di transizione IV–V sec. (3 papiri). I papiri più antichi risalgono verosimilmente all'epoca tolemaica: si tratta di due frammenti recuperati all'interno di cartonnages di mummie, dei quali uno assegnabile al III sec. a.C[9]9 ed uno al III–II sec.[10] il manufatto più recente è un codice pergamenace[11] databile all'inizio del VI sec. Nessun papiro tucidideo appartiene al breve periodo di transizione dal III al IV sec. d.C. ed al V sec. d.C., ma soprattutto non sembra fin qui attestata nei papiri la circolazione dell'opera tucididea nel II–I sec. a.C. ed in tutto il I sec. a.C. L'opera dello storico dunque sembra aver goduto di particolare favore in epoca imperiale[12] favore che sarebbe andato scemando in età bizantina per esaurirsi nel VI sec. d.C.
I manoscritti hanno tutti provenienza egiziana ed in gran parte sono stati recuperati nel corso delle Campagne di Scavo condotte dall'Egypt Exploration Society e dalla Società Italiana per la ricerca dei papiri in Egitto nel ricco sito di Ossirinco (Bahnasa), in cui sono stati rinvenuti 66 esemplari;[13] 19 sono di provenienza ignota; 2 provengono da Antinoe (Es Sheik Ibada); 1 è stato ritrovato ad Hermoupolis (Aschmunein); 1 proviene probabilmente dal medesimo sito;[14] 1 da Philadelphia (Kom el-Kharaba el-Kebir); 1 dall'Alto Egitto; 1 dalla regione del Fayyum ed 1 dalla sua capitale, Krokodilopolis (Medinet el-Fayyum).
Ciascuno degli otto libri delle Historiae tràditi dalla paradosi medievale è testimoniato nei papiri, anche se in percentuali eterogenee: il libro più ampiamente testimoniato è il I (23 frammenti,[15] datati ad un periodo compreso tra il III a.C. ed il V sec. d.C. con una concentrazione massima tra il II ed il III sec. d.C.), seguìto dal II (17 papiri databili ai secoli I–V d.C., con massima concentrazione tra il II ed il III sec. d.C.); dal III (12 esemplari assegnabili ai secoli I–V/VI d.C., la maggior parte databili al II sec. d.C.); dal VII (11 papiri databili ai secoli II–III, per lo più attribuibili al II sec.); dall'VIII (10 esemplari risalenti al periodo I–III sec. d.C., con la maggior concentrazione nel II sec. d.C., ma con 1 esemplare di epoca tolemaica ed 1 del V–VI sec.); dal V (8 papiri, attribuibili all'arco di tempo I–III sec. d.C., con prevalenza di materiali tra il II e il III sec. d.C.); dal IV (7 papiri, con distribuzione analoga a quella del libro V) e infine dal VI (3 esemplari databili al periodo I–III sec. d.C., di cui 2 attribuibili al III).
Il formato librario[16] nettamente prevalente è quello del volumen: 83 dei 96 esemplari sono parti di rotoli. In un caso (P.Oxy. LVII 3877, IIin d.C.) il volumen contiene passi di 3 libri consecutivi:[17] si tratta con ogni probabilità, come vedremo più avanti, di una raccolta tematica di brani tucididei verosimilmente riconducibile ad àmbito scolastico.[18] Analogo era sembrato, in un primo momento, il caso di P.Oxy. XVII 2100[19] (II sec. d.C.), che conservando in 13 frammenti, passi del IV, V ed VIII, suggerì all'ed. pr., A.S. Hunt,[20] che si trattasse di una raccolta di excerpta tucididei. L'approfondimento dell'analisi di tutti i pezzi ha poi consentito importanti precisazioni: in primo luogo i frammenti provengono da tre diversi rotoli, contenenti rispettivamente i libri IV, V, VIII ma vergati da un medesimo scriba (B 5 secondo la classificazione di Johnson),[21] che verosimilmente ha trascritto anche P.Oxy. LVII 3891 e P.Oxy. LXI 4109, entrambi contenenti passi del libro VIII. La critica è ormai sostanzialmente unanime nel ritenere tale gruppo di volumina parte di un'edizione completa di Tucidide,[22] che lo scriba ha cercato di realizzare considerandola un insieme unitario di volumina, quindi mantenendo, ove possibile, le medesime impostazioni nella distribuzione del testo nello spazio non scritto e proporzioni costanti sia all'interno di un dato libro, sia di libro in libro. Su tali affinità bibliologiche è basata la ricordata ipotesi dell'edizione completa di Tucidide. In tale edizione il rotolo doveva avere un'altezza media di 28.0 cm ca., margine superiore probabilmente di cm 3.9 ca. e margine inferiore probabilmente di cm 5.6; la colonna doveva essere alta in media cm 18.5 ca., larga cm 5.5 ca. (con un'oscillazione di cm 0.2 ca.) e contenere ca. 37.5 linee di scrittura, con una media di ca. 24 lettere per linea. L'intercolumnio, regolare, misura in media cm 1.5 ca., l'interlinea, costante ed ampia, è pari a cm 0.6 ca. Johnson[23] ricostruisce la probabile lunghezza dei tre volumina: il libro IV doveva misurare m 10.9 ca.; il libro V m 9.2 ca. ed il libro VIII m 8.3 ca. La scrittura è una libraria ovaleggiante di modulo piccolo, con asse inclinato a sinistra, priva di apici, chiaroscuro e contrasto modulare, sciolta e poco legata, con un ductus semiposato. Come segni d'interpunzione vengono utilizzati vacua, ano stigmai e paragraphoi, ma già l'ed. pr. nota la presenza di spazi frequenti tra parola e parola che individuano "a system of demarcating cola and commata, intended no doubt to facilitate the ἀνάγνωσις by marking the pauses." La presenza di correzioni interlineari, generalmente limitate a singole lettere (col. II 8 e 11 di 3891), denuncia l'azione di un diorthotes. Il testo è generalmente corretto. Le caratteristiche fin qui elencate, insieme con i dati relativi al rapporto tra spazio scritto e spazio non scritto, consentono di pensare a una copia professionale ma non di particolare pregio. L'interpunzione articolata e finalizzata a facilitare la lettura suggerisce un ambiente scolastico.
I rimanenti 13 frammenti sono parti di codici: 7 appartengono a codici papiracei attribuibili all'arco di tempo compreso tra la fine del II sec. d.C. ed il V sec. d.C. e 6 a codici pergamenacei databili al periodo III–VI sec. La sopravvivenza di esemplari dell'opera di Tucidide fino ad un'età così avanzata sembra attestare da un lato l'universale riconoscimento dell'importanza dell'autore come storico, dall'altro la diffusione di un interesse che coinvolgeva molteplici aspetti della sua attività: egli era considerato maestro sia di storiografia, sia di stile sia di oratoria.
Tra i codici papiracei particolare attenzione merita P.Oxy. XLIX 3450 + P.Montserrat inv. 10 + P.Gen. 2 (inv. 257) + P.Köln VII 304 (inv. 740) + P.Oxy. LVII 3885 + P.Ryl. III 548 (MP3 1509.3), risalente al III sec. e contenente I 99, 3–105, 1; 116; 117, 3; 118, 3–119, 1; 120, 2–3; II 2, 1–3, 1; 3–4; 4, 2 e 4–5; 5, 3–4; 11, 1–3 e 6–9; 13, 1–5; 15, 2–3 e 5. Si tratta di un codice oblungo – cm [34 x 16–18][24] – in cui il testo è disposto su due colonne larghe cm 5.7 ca. ed alte cm 27.5 ca. (una di 54 linee di scrittura e l'altra con 56 linee), con uno spazio interlineare di cm 0.8 ca. Secondo tali dimensioni, se il codice avesse contenuto tutto Tucidide, avrebbe dovuto avere all'incirca 215 fogli, ma la mancanza di attestazioni di una tipologia di questo genere nel III sec. d.C.[25] induce a ritenere, con Cavallo,[26] che il nostro esemplare contenesse da un lato più di un libro (restituendo esso dei frammenti dai libri I e II delle Historiae), dall'altro meno dell'intera opera. Esso sarebbe quindi un testimone dell'esistenza, per il testo di Tucidide, di "soluzioni librarie intermedie tra la trasmissione in rotoli e quella in un unico codice."[27] Altro aspetto interessante del codice è la presenza, tra l'altro, di un intervento di restauro effettuato in epoca antica: nel verso di P.Gen. 2, in corrispondenza dello spazio tra il centro del bifoglio (zona destinata alla rilegatura) e l'estremità sinistra della colonna di sinistra, si nota una brachetta in papiro di forma rettangolare sulla quale sono delineate le parti iniziali delle singole linee che dovevano essere state coinvolte dal danno. Il restauro è stato eseguito con molta attenzione, a significare, verosimilmente, l'importanza del libro per il committente-proprietario. La scrittura sulla brachetta è più corsiva e meno accurata rispetto a quella del resto del codice (una libraria in stile severo con contrasto modulare e compresenza di forme tondeggianti e spigolose, tipica del III sec. d.C.). Forse lo stesso proprietario ha cercato di ripristinare il passaggio basandosi su di un altro esemplare di riferimento.[28]
Doveva invece contenere un'edizione integrale delle Historiae P.Stras. inv. G 66 a,[29] secondo la condivisibile ricostruzione di J.-L. Fournet,[30] del IV/V sec. d.C. Si tratta di un frammento di codice papiraceo, cm [20 x 28], con due colonne per pagina (cm 7 x 24 ca.), ciascuna di 37 linee in media, con 24 lettere per linea. Esso era composto da 150 pagine, ognuna numerata alla sommità da una mano diversa da quella che ha delineato il testo. La scrittura, chiara, posata, elegante e la disposizione del testo sul supporto sono indice del pregio del codice, che sarà stato verosimilmente destinato ad una biblioteca. Questo testimone tucidideo in un'epoca in cui la cultura cristiana si era ormai imposta, fino a non consentire la sopravvivenza dell'opera di nessuno storico pagano, indica chiaramente l'interesse della comunità culturale per il Tucidide oratore e prosatore attico; prova ne sia, tra le altre, la tipologia di codex (alto, con colonne lunghe e strette), tipico dei codices contenenti appunto opere retoriche. Storici ed oratori venivano spesso assimilati nelle scuole di grammatica: degli uni e degli altri si privilegiava l'aspetto della comprensione grammaticale del testo.[31]
Tra i volumina un'attenzione particolare meritano quelli riutilizzati, manufatti che la presenza di un duplice testo delineato da due diverse mani e i rapporti "spaziali" tra il testo del recto e quello del verso rendono molto significativi ai fini dello studio della fortuna di Tucidide nella società egiziana ellenizzata di epoca tolemaica e romana: si tratta di 12 rotoli per lo più databili al II–III sec. d.C., ad eccezione del tolemaico P.Hamb. II 163 (III a.C.). Essi mostrano una tipologia articolata: 9[32] contengono Tucidide sul recto ed un documento sul verso; 1 un documento sul recto e Tucidide sul verso; 2 Tucidide sul recto ed un'altra opera letteraria sul verso: essi sono P.Hamb. II 163 (III sec. a.C.), che ha sul recto Hist. I 2, 2–3; 2, 6–3, 1; 28, 3–5; 29, 3 e sul verso dei frammenti di distici elegiaci[33] e P.Oxy. LXI 4111 (II sec. d.C.), con Hist. VIII 87.5; 88 sul recto ed Il. I 2–9 sul verso.[34] Non possono essere inseriti nel medesimo gruppo, ma vanno senz'altro affiancati ad esso, altri due esemplari: P.Yale I 19[35] e P.Amst. I 9.[36] Il primo è un frammento di volumen che contiene sul recto Hist. VII 34, 8–35, 2 e 36, 4–5. Sul verso R.G. Babcock e S. Emmel hanno letto, con l'aiuto della fotografia all'infrarosso,[37] VII 33, 6–34, 2 e 34, 8–35, 2. Si tratta non di un testo apposto sul verso, ma dell'immagine allo specchio del testo del recto preceduta da un altro passo e causata probabilmente dallo spandersi dell'inchiostro dovuto a problemi di umidità. Il testo conservatosi, confrontato con quello tràdito dalla paradosi medievale, ha consentito agli editori di ricostruire il formato del rotolo cui il frammento apparteneva: esso doveva contenere il libro VII di Tucidide in 55 colonne, costituite ciascuna in media da 57.5 linee, per un'altezza di cm 26 ca. ed una larghezza di cm 4.7 ca., con un margine superiore di cm 4 ca. Di esso ci sono pervenuti i resti gravemente mutili delle prime 15 linee di tre colonne consecutive (coll. 20, 21, 22). La presenza di una coronide, l'ekthesis della lettera iniziale, che ha anche un modulo lievemente più grande rispetto alla norma in corrispondenza dell'inizio del cap. 35, l'uso di alcune paragraphoi a sottolineare gli stacchi più significativi, insieme con il fatto che il testo sia delineato sul recto di un volumen dall'ordito denso e di un bel colore marrone chiaro, fa pensare ad un manufatto di discreta qualità.
P.Amst. I 9 è infine un volumen palinsesto, in cui il testo tucidideo è stato delineato parallelamente all'andamento delle fibre sulla facciata che verosimilmente è il recto. È un papiro probabilmente utilizzato in precedenza, come si può supporre data la presenza di tracce di scrittura anteriore a quella del testo storico su entrambe le facciate del volumen.
Nell'àmbito del gruppo dei papiri riutilizzati vorrei soffermarmi brevemente sull'unico volumen documentario sul cui verso è stato successivamente copiato Tucidide: si tratta del ricordato P.Oxy. LVII 3877. Esso è costituito da tre parti rinvenute in diversi momenti, contrassegnate da differenti numeri d'inventario, ricondotte ad un unico rotolo da Haslam: fr. 1, inv. 27 3B.41/H (1–3)e: 4.0 x 11.6 cm; con 14 linee di scrittura dalla metà inferiore di una colonna; fr. 2, inv. 102/Jan 18: formato dai 4 frammenti a-d tra loro contigui, conserva una parte cospicua di due colonne di scrittura consecutive, con una lacuna di ca. 5 linee di scrittura in col. II; fr. 3ª, inv. 19 2B.76/C(2)a: 6.3 x 7.8 cm, con resti di 5 linee di scrittura della parte finale di due colonne consecutive. L'insieme dei frammenti restituisce parti cospicue di 4 colonne di scrittura, ciascuna ampia in media cm 7.5 ca., con altezza ricostruibile di cm 21.9 ± 1.5 ca. e costituita probabilmente da 30.5 linee, ciascuna con un numero medio di 22.41 lettere per linea. L'intercolumnio, costante, misura in media cm 1.5. I margini sono conservati rispettivamente per cm ≥ 3 ca. (il margine superiore) e cm ≥ 3.8 ca. (il margine inferiore); l'altezza ricostruibile del rotolo è dunque cm ≥ 28.7 ca. I dati numerici fin qui elencati appaiono perfettamente coerenti con quelli medi del periodo e fanno pensare ad un esemplare assolutamente non pregiato, finalizzato ad un'utilizzazione pratica più che ad una fruizione prolungata nel tempo o ad una consultazione più o meno continua, come avviene per i testi destinati ad una biblioteca. Con tale ipotesi pare coerente anche la disposizione del testo nel foglio: mi riferisco in particolare all'andamento non perfettamente orizzontale delle linee e all'infittirsi della scrittura in corrispondenza della loro parte finale, con una contestuale riduzione del modulo delle lettere. L'allineamento a sinistra è rispettato, non così quello a destra, al quale lo scriba non sembra aver dedicato particolare attenzione. In vari casi, tuttavia, egli mette in atto un accorgimento che favorisce la regolarità dell'incolonnamento: prolunga il tratto orizzontale intermedio di ε o il tratto superiore di ϲ o ancora l'obliqua discendente di α finali di linea. Le pause sono indicate con una ano stigmé, mentre l'associazione paragraphos + ano stigmé è utilizzata per segnalare il cambio di sezione (il passaggio da un paragrafo al successivo) (vd., ad es., fr. 1, 11; fr. 2, col. II 5, 20 etc.), ma anche per isolare alcuni passaggi significativi (vd. più in basso). Compaiono sporadici accenti, utilizzati in modo "diacritico" (es. τίσι fr. 1, 12), che suggeriscono un ambiente "scolastico."
Johnson[38] è incline, seppur con qualche dubbio, a ritenere il papiro una copia privata, allestita senza intenti calligrafici o interessi stilistici (stile 3) ma non esclude che possa trattarsi di un manufatto professionale (stile 2), benché di poco pregio.
La scrittura è una maiuscola informale di modulo medio, semiposata ad asse verticale o lievemente inclinato a sinistra, dall'aspetto tondeggiante e morbido, priva di apici, di chiaroscuro e di contrasto modulare, con alcune legature soprattutto nei punti in cui la corsività del ductus si accentua.
Passando all'esame del testo va notato che: 1. i passi tucididei conservati sono legati tra loro sul piano contenutistico: Fr. 1 restituisce un passo del proemio (I 2, 3–4) che descrive gli effetti rovinosi della guerra civile agli albori della civiltà dei Greci; Fr. 2 conserva un passo (II 19–21) in cui l'invasore dell'Attica Archidamo depreda il demo di Acharne confidando nel fatto che la perdita delle proprie terre instilli negli animi degli Acharnesi il disinteresse per la difesa dei beni comuni e provochi così la guerra civile, rovina dei popoli; Fr. 3 (III 82), infine, contiene parte della celebre descrizione degli effetti deleteri della stasis a Corcira. Non è forse inverosimile ipotizzare che la raccolta di passi tucididei ruoti intorno ad un tema di tipo "morale-politico," ovvero l'illustrazione degli effetti devastanti della guerra civile sugli uomini e sulle nazioni, argomento di sicuro valore pedagogico. 2. la mano che lo ha delineato è esperta, fluida, ma non professionale, mostrando le caratteristiche di quella che la Cribiore nella classificazione delle scritture scolastiche definisce "Rapid hand";[39] 3. Paragraphoi ed accenti sono adoperati in maniera "didascalica." In particolare la paragraphos, oltre a segnare il susseguirsi dei paragrafi nella narrazione, mette in evidenza in Fr. 2, col. 2, 13–17 il pensiero di Archidamo che è alla base della sua decisione tattica.
Se si considera, poi, che l'antologia tucididea è delineata sul verso di un rotolo documentario, circostanza frequente per i materiali legati alla scuola, pare non inverosimile la possibilità che il manufatto sia stato prodotto in ambiente scolastico: potrebbe trattarsi di una silloge di passi tucididei sul concetto di stasis nell'opera dello storico greco, che un maestro abbia allestito a scopo didattico per i suoi studenti. Un parallelo si può trovare, tra i materiali scolastici, in P.Pis. inv. 1,[40] un frammento contenente un documento sul recto e l'hypothesis del III libro dell'Iliade accostabile al nostro manufatto, oltre che per lo stile, anche per la disposizione del testo tucidideo nel papiro.
Il primo Editore[41] e poi Johnson,[42] che ha riesaminato il testo,[43] non escludono del tutto che si tratti di frammenti provenienti da tre diversi volumi, vergati da una medesima mano e forse appartenenti ad un'edizione completa di Tucidide, anche se tale ipotesi è chiaramente assai poco probabile, poiché in essi risultano identici i rappporti numerici relativi alla distribuzione del testo, le misure ricostruibili del manufatto, l'aspetto materiale dei rotoli (colore, trama). A ciò va aggiunta l'identità di scrittura e disposizione spaziale dei testi, che pare di poter cogliere anche nel recto. In ogni caso, se i frammenti provenissero da 3 volumina distinti, dedicati ciascuno ad un libro delle Historiae, la lunghezza ricostruibile dei rotoli sarebbe rispettivamente di 16.1 m ca. (libro I, da cui proverrebbe Fr. 1), 13.1 ca. (libro II, da cui proverrebbe Fr. 2) e 13.0 m ca. (libro III, cui apparterrebbe Fr. 3).
Una prima ricognizione dei papiri tucididei consente, a mio avviso, di fissare i seguenti punti, che costituiranno la base per una successiva più approfondita analisi.
1. Dal III sec. a.C. al VI sec. d.C. Tucidide ha avuto un suo pubblico nelle élites ellenizzate d'Egitto. In particolare nel II e nel III sec. d.C. egli sembra aver goduto di un favore assai diffuso, dato che perfettamente si inserisce nel quadro di una rivitalizzazione della cultura ellenica in Egitto in pieno svolgimento nel corso dei primi secoli dell'età imperiale.
2. Lo studio delle testimonianze papiracee consente di scandire con maggior precisione le tappe della trasmissione del testo di Tucidide: dal formato del volumen, in cui l'opera completa era costituita da una serie di rotoli singoli contenenti ciascuno un libro delle Historiae, a quello del codice contenente un certo numero di libri (condizione che rende verosimile l'ipotesi della circolazione dell'opera dello storico in due tomi) fino a giungere al codice contenente l'intera opea di Tucidide.
3. Tutti i libri delle Historiae sono rappresentati nei papiri, anche se con un numero di testimonianze estremamente variabile. Il libro più rappresentato è il I, particolarmente apprezzato anche in virtù della presenza del proemio, sezione ad un tempo programmatica ed esplicativa dell'opera; il meno diffuso sembra essere stato il VI, con il racconto della disastrosa spedizione di Atene in Sicilia, con una serie di episodi ad essa legati, tra i quali l'affare della mutilazione delle Erme e l'esilio di Alcibiade .
4. Il formato librario prevalente è quello del rotolo papiraceo (82 testimonianze) ma non mancano materiali su codice (13) sia papiraceo (7) sia pergamenaceo (6). Tra i codici papiracei sono compresi anche due esemplari che, datati al II–III sec. d.C., sono tra i più antichi codici greci non cristiani.[44]
5. Tra i rotoli ben 13 sono riutilizzati: nella maggior parte dei casi il testo tucidideo occupa il recto del volumen, solo in un caso esso è stato delineato sul verso di un documento. In due casi il verso del frammento di rotolo contiene un'altra opera letteraria. Quasi tutti questi testi si possono datare al II–III sec. d.C.,[45] coerentemente con i dati relativi al resto del complesso dei materiali letterari greci a noi pervenuti dall'Egitto su rotoli riutilizzati.[46] Due rotoli recano opere letterarie su entrambe le facce, con Tucidide sul recto e versi elegiaci sul verso, in un caso, con Tucidide sul recto ed Omero sul verso nell'altro.
6. Tucidide è attestato nell'Egitto tolemaico, imperiale, bizantino, sia come lettura finalizzata allo studio, quindi diffusa in ambienti variamente "scolastici," sia come parte integrante della "cultura ufficiale" ellenizzata, quindi, in esemplari da biblioteca. Meno frequente appare la lettura della sua opera a scopo di puro diletto, cosa che verosimilmente sarà dovuta al tema impegnativo del racconto.
7. Va infine osservato che anche sul piano strettamente testuale l'apporto dei papiri risulta rilevante, poiché in taluni casi essi sono testimoni unici di lezioni genuine, poi corrottesi nella paradosi medievale.
Notes
MP3 1504–1536 <http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/index.htm>.
MP3 2090.200; 2120.000; 2124.300; 2190.000; 2289.000; 2293.000.
F. Fischer, Thucydidis reliquiae in papyris et membranis aegyptiacis servatae (Lipsia 1913).
P.Oxy. LVII. Ad Haslam si deve lo studio dei papiri 3877–3901, che restituiscono passi dei libri I–IV.
W.A. Johnson, Bookrolls and Scribes in Oxyrhynchus (Toronto 2004) 3.
S.R. West, "The Papyri of Herodotus," negli Atti della Conferenza in onore di Peter Parsons "Culture in Pieces," Oxford 20–23 Settembre 2006, c.d.s. Ringrazio S.R. West per avermi permesso di leggere la sue comunicazione prima delle pubblicazione. Al novero va aggiunto oggi PCairo JE 45623, su cui vd. M. Capasso e T.M. Hickey, "Un frammento delle Storie di Erodoto (I 59,6–60,1; I 60,4) in PCairo JE 45623," SEP 4 (2007) 73–76.
Per la distribuzione cronologica dei papiri vd. [http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/getPackCombi.asp].
Vd. almeno G. Cavallo, "Conservazione e perdita dei testi greci: fattori materiali, sociali, culturali," in eund., Dalla parte del libro (Roma 2002) 121 (prima ed. in "Tradizione dei classici. Trasformazioni della cultura," in A. Giardina [ed.], Società romana e impero tardoantico, IV, Tradizione dei classici. Trasformazioni della cultura [Roma 1986] 83–172, note a 246–271).
Per la distribuzione geografica dei papiri vd. <http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/getPackCombi.asp>.
Per la distribuzione dei papiri in relazione ai libri delle Historiae vd. <http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/getPackCombi.asp>.
Per la distribuzione dei papiri in relazione al formato librario vd. <http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/getPackCombi.asp>.
Vd. da ultimo ibid., 31, 48, 50, 52, 54, 64, 68, 75, 78, 84, 132, 137, 145, 165. Cavallo, op.cit. (sopra, n. 12) 121, parlava di tre rotoli distinti. L'aggiunta dei P.Oxy. LVII 3891 e LXI 4109 costituisce una conferma.
A. Bülow-Jacobsen, "A Third-Century Codex of Thucydides," BICS 22 (1975) 65–83.
Sulla tendenza a trascrivere in un codice gruppi di 5 libri di un'opera storica unitaria circolante in più volumina vd. L. Canfora, Conservazione e perdita dei classici (Padova 1974) 25–28.
Sull'intervento di restauro vd. E. Puglia, La cura del libro nel mondo antico: Guasti e restauri del rotolo di papiri (Napoli 1997) 60.
J.-L. Fournet, "Un papyrus Strasbourgeois inédit de Thucydide III 42, 1; 43, 3–4," Ktèma 27 (2002) 65–70.
Vd. in proposito R. Nicolai, "Storia e storiografia nella scuola greca," in J.A. Fernández-Delgado, F. Pordomingo, e A. Stramaglia (edd.), Escuela y Literatura en Grecia Antigua (Cassino 2007) 39–66. Su Tucidide in particolare vd. K. McNamee, Annotations in Greek and Latin Texts from Egypt (Oakville, CT 2007) 117–125.
Per la distribuzione dei papiri riutilizzati vd. <http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/getPackCombi.asp>.
P.Hamb. I 124 (MP3 1770) = SH 957; su cui si veda S. Barbantani, "Aetia Romana. SH 957 (P.Hamb. inv. 666 verso) e la leggenda della fondazione di Roma nel mondo greco," SemRom III, 1 (2000) 77–104.
R.G. Babcock e S. Emmel, "A Mirror Text of Thucydides," APF 43 (1997) 239–245, sp. 240 s.
R. Cribiore, Writing, Teachers, and Students in Greco-Roman Egypt. Am.Stud.Pap. XXXVI (Atlanta 1996) 112.
Fanno eccezione BKT IX 8, datato al II sec. d.C. e P.Grenf. II 13 (Brit.Libr. inv. 695 B = P.Lond.Lit. 149) del III–IV sec. d.C.
Cf. M. Lama, "Aspetti di tecnica libraria ad Ossirinco: testi letterari su rotoli documentari," Aegyptus 71 (1991) 61–71, secondo la quale la maggioranza di rotoli riutilizzati sarebbe datata al II/III sec. d.C.