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LXXI.
E' fu oppinione di alcuni per altro stati stimati prudentissimi, che' non fusse necessario, nè bene il fare imparar le buone lingue à i nostri figliuoli nella loro tenera età, parendo loro, che per quel∣lo essercitio se ne debilitasse l'ingegno, & si deui∣asse' la memoria; allegando che quelli, che scriuo∣no le cose, quasi, che sien sicuri di non le poter per∣dere non ci penson piu. La qual cosa e' falsissima, perche nessuna cosa si ritien piu stabile nella me∣moria dell'huomo, che quella, che si scriue di sua mano. aggiugnesià questo, che il conferir gli stu∣dij con vno amico veggiamo, che ce gli fa piu fissi nella memoria, il che fare habbiamo noi per l'e∣sperienza veduto da Daniel Barbaro nobil Vene∣tiano, & nobilissimo per la candidezza de i suoi costumi, & per la esquisita cognition delle scienze tutte, & delle lingue migliori. Oltra di questo l'usanza di gli studij de i fanciulli si conuerte in na∣tura; onde egli auuenne al tempo de i nostri pa∣dri, che il Pico della Mirandola superò con la no∣biltà dei profondissimi studij suoi (per i quali ei fu cognominato fenice) la molta nobilità del sangue suo, quantunque ei morisse molto giouane, & le cause di cio furono, l'inclination dell'animo, l'e∣ducation sua perfetta, & la ricchezza da poter sop∣portar la spesa senza la quale molti ingegni resta∣no