The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...

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The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...
Author
Benvenuto, Italian.
Publication
London :: Printed by T[homas] S[nodham] for Iohn Stepneth, and are to be solde at his shop at the west-end of Paules Church,
1612.
Rights/Permissions

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Subject terms
Italian language -- Conversation and phrase books -- English.
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"The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ..." In the digital collection Early English Books Online. https://name.umdl.umich.edu/A08653.0001.001. University of Michigan Library Digital Collections. Accessed June 21, 2025.

Pages

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DIALOGO. I.

Della seconda parte, della prima parte, del Passaggier di Benuenuto Italiano idiomista in Londra.
Nel quale il Signore Eutrapele, Signor Alatheo, et Vrbano Seruitore discorrendo insieme, vsano cerimo∣nie, e compimenti ad ogni occasione apartenenti: doue l'Auttore, parte come cortigiano, parte come Filosofo breuemente fauella in tal materia.
Eutrapele.

[ 1] HOnesto giouene sete voi di easa?

V.

Signor si per seruirla: che si degna vosigno. Di comandami?

E.

Desiderò fauellar col vostro padrone, se però egli non è impedito.

V.

Ei è del tutto dissocupato, credo non glisarà molesto.

E.

Dunque per cortesia faegli l' mbasciata.

V.

Più che volentieri, io me ne vao.

E.

E ben amico, che rispnde egli?

V.

La prega contentarsi á ascendere.

Page 352

E.

Ite inanti, che io non so la via.

V.
L'obedirò, e se gli piace, ella mi segua. Signore, ecco il gentil'huomo, che desidera parlarli▪
E.

Bon di Signor mio osseruandissimo.

A.
Felice giorno, e mille buon anni parimente à lei,
E.

Altresi à lei, come altresi è la ben ritornata dael contado.

A.

A'vosignoria ancora, come ancor è la ben venuta.

E.

E come è stata dopò ch' io con non la viet?

A.

[ 2] Alli passati con vna graue infirmità dal Sig. Iddio fui visitato.

E.

Iddio vestito di carne ci ha parlato col opre, sangue, e con la sua istessa morte, hor gridanaosi spesso sol con la voce, e non col opre, ci desta a ricordarci di lui, e col patir à seguitarlo.

A.

Ohime: che Christo ci ha communicato sangue con mille ferite, ne io vna sol stilla con due occhi, se ben mi sferza, e quel ch' talhor è peggio, mi faccio conscienza di vederlo scolto, ó dipinto.

E,

Iddio non vuole, che stia nascosta la sua virtù, ne che la sua memoria si spegna, quando con trauagli i ci percuote.

A.

Tuona egli mille volte per atterrirne, ma come fonte di pietà, non fulmina per non atterrarne.

E.

Con vna mano, come giusto, i percuote, ma con l'altra come misericordioso padre ne sostiene, acciò non caggiamo.

A.

Asuoi eletti da à gustare de frutti della croce, vera me∣dicina dell' anima.

E.

Ringratiamo iddio d'ogni sua opra, qual sempre è riuolia à nostra salute.

Page 354

A.

Tutti i mei pensieri ho rissoluti in far bene, & il tutto con pace, e gratie pigliar dalla diuina mano.

E.

Ma hora V.S. sta bene?

A.

Sia lodato dio di quanto gli piace, hor io son sano.

E.

Il suo arriuo mi è di grande consolatione, ma via più essendo con sua salute.

A.

Infinitamente ne la ringratio.

E.

Mi duole del mal passato, ma maggiormente mi ralegro del ben presente.

A.

Il passato sene io, il presente si gode, il futuro non si vede, ma sol si spera.

E.

Iddio ci doni di longamente, e chetamente goder il presente.

A.

Già dubitar non deuo, che accennar vogliate cío, che disse quell' Illustrissimo, che visitato da vn suo pari, e nel partirsi, dicendo, à riuederci à Roma, ouer in paradiso, l' altro rispose, al più tardi, che sia possibile

E.

O dio mi perdoni le mie colpe, chenon son, ne poche, ne picciole à cotesto io non pensauo.

A.

Dunche V.S. disse con ragione, che altri godan con gioia, altri con noia.

E.

Queste son mondane sciagure: che chi ride col cuore, e no col viso; chi con la bocca, e no con l'interno; altri co la faccia, e nel secreto insieme: molti più in ambidue piagnendo, con arte for∣man nel viso vn cortigiano riso.

A.

Più che amore, son aemare le lusinghe della falsa Dalia, & in∣felici gli bacci del falso Giuda, pur ogn' hor, ogn'vn li segue.

E.

E nel seguirle l'huomo è cosi folle, che chi à suo mal grado l'ot∣tiene, si reputà felice, ed infelice chi non l' agiogne.

A.

Nulla dimeno visitandoci Dio con tribulationi dimostra esser, ò desiderar d'esser co noi.

Page 356

E.

Ma ditemi per cortesia, che è del vostro signor padre?

A.

Che non hauete inteso?

E.

Che? dite di gratia.

A.

Per ispedirla, egli prima fu condotto, indi introdotto nell porte della morte.

E.

Eglise ne ito, è possibile, à meglior vita?

A.

Quantunque non solo per bontà di vita, et essempio di co∣stumi, ma per nobiltà d'ingegno, & eccellentia di dottrina potesse esser detto vn principal lume della nostra etade, nulla dimeno essendo ben morto, tutto non è morto.

E.

La vita de dotti altro non è, che vn commento sopra la mor∣te, la qual aspettan come sol fine d'vna pregione escura.

A.

Pur Dio volesse, che hauesse vissuto longamente, acciò che longamente hauesse potuto giouare.

E.

Dh ali'vltimo signor mio, ch cosa è l'huomo, se non vn am∣polla di sangue, che ognicosa rompe, e l'vniuerso corrompe.

A.

Diciamo più tosto, che vuol dir morto? egli ha finio d'esser∣misero, forsi per caminciar esser felice.

E.

Sia come si voglia quando siamo maturi per l'inferno, ò pa∣radiso, bisogna, ò che vno ci piglia, ò l' altro ci inghiotista.

A.

D' vn tal morir ricordar ci debbiamo, come d' vn breue sogno.

E.

Atutti morir ciconueine, & ilvedere, che ogni giorno la morte à niun stato perdona ci fa auezzi al morire.

A.

Il mondo è tale, che è di marauiglia, di chi ci nasce, e non da dolersi di chi ci muoia.

E.

Quindi prezzo quelli di Tracia▪ che di rottamente pianga∣no, quando li lor figli nascano, ma spenti di vita al lauell con canti, e risi, l'accompagnano.

A.

* 1.1Cotesto afferma Euripide dicendo.

Piagner si deue il figliuol quando egli è nato▪ Si come quello, che vien in graui affani, Ma quando è morto alle miserie è tolto

Page 358

* 1.2Dalla vita mortale, si dee far festa, E portarlo ridendo à sepelire.
E.

Chi direttamente pensa le cose presenti, gran debito ha l'hu∣omo à Dio & alla morte. Quantunque dica il Poeta.

* 1.3Ma parmi che naturalmente s'aita Contra la morte, ogni animal terreno.
A.

Egli è vero, perche l'huomo morendo, resta libero a'ogni debito: e se egli naturalmente aborisce la morte, è pel na∣tural affetto dell'essere.

E.

Dite, che con la morte si supera ognimiseria, sirende mor∣to ogni trauaglio, & il fine della vita sol è il principio della gloria dell'huomo. Quindi il diuin Petrarca.

* 1.4Ʋiua son io, e tu sei morto ancora, Disse ella, è saai sempre infin che giunga, Per leuarti da terra, l'vltima hora.

E altroue,

* 1.5Ʋnsol conforto della morte hauemo. Di nouo, O felice quel di, che del terreno Carcere vscendo, questa mortal gonna. Si lascia, &c.

A.

Tropo vero è, essendo la presente vita vn nubiloso giorno di verno.

E.

Più tosto tutto il corso di nostra vita è vn breuissimo sogno, & vn fugitiuo mamaù.

A.

Esol la morte è quella, che aguisa di colonna di fuoco in caue nube, ci caua da questo egitto.

E.

Da peggio, che dall' Egitto, che niuno gloriar si puote d'ha∣uer in questo mondo vna gotta di dolcezza senza infinita amaritudine.

A.

In vero ogni ragion s'acheta, e l' esperientia asciug à ogni gran riuscello di lagrime.

E.

Aggiongeteui, che quantunque la vecchiaia venghi, non per far vecchio il virtuoso, ma per farlo venerabile, nulla dimeno il moir vecchio d' anni souente altro non è, che vn morir vecchio di colpe.

A.

Quindi il morir giouene, non sciagura, ma bona fortuna deue giudicarsi.

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Onde il Poeta.

* 1.6Quanto felici son già morti in culla, Quanti miseri in vltima vecchiezza; Alcun dice, beato è chi non nasce.
E.

Pur molti non restan indarno, e senza causa piangner il morto.

A.

Leggiamo tal sciochezza, e forsi per hipocrisia hoggidi si osserua apresso Napoli, doue molte donne, ò feminuccie spe∣sate per vndeci giorni piagnende nella casa del defonto, nar∣rano le virtù, e fatti del morto.

E.

Il pianto proprio è della donna, ma ben dicesti per ipocrisia, come face ua quella gran matrona, quale lasciata vniuersal herede del marito, per tema di non smarire il ricco testa∣mento, postesè le in senno sotto la gonna, & incrociate le pal∣me al petto, dirottamente piagnendo sopra il cadauero, con singhiocci, vlulati, lagrime, e gridi teneramente dicea. O gi∣oia mia, ò sol, ò vnico mio bene: d'onde la scioca plebe giu∣dicando, che fauelasse del marito, ella intendeua del testa∣mento, qual abbracciaua, & in cui collocata hauea ogni sua speme.

A.

Non era semplice come quel vilanaccio, al quale essendo nell' istesso giorno vn bue, & il padre morto, disperatamente piangneua, d'onde li vicini, & amici consolandolo, col dirgli ch'il padre se ne era ito al cielo, rispose egli, ò che bon tempo hauete, io non mi lamento, ne mi doglio del padre, che ha∣uea vissuto più che nan doueua, ma piango il bue, col quale mi guadagnaua il vitto.

E.

Sia come sia voglia, qual sauio piagnera il morto, che esce di pianto? e chi si dolera, che ei ci vadi inanti, seguitandolo noi à passi longi? Onde il Petrarca:

* 1.7La vita trapassa à si gran passi.

A.

Il lagrimar il morto, è argomento di cecità di mente, e nel defonto priuation di vita.

E.

In vero son lagrime degne di lagrime.

Page 362

A

Più tosto lagrime piene d'inuidia, e passione degna de com∣passione.

E.

Più saggio è prepararsi al morire, che condolersi del morto.

A.
Egli é vero: però il diuin Petrarca, * 1.8Chi ben more, morendo, esse di doglia. e'l Tasso ancora. * 1.9A'l honesto non si deue doglia, ne pianto, Che se muore nel mondo nel ciel rinasce, E lo raccoglie infra l'letti suoi. E mille fiate felice è quell alma, Che ha del ben oprar corona, e palma. E replica l'istesso altroue. * 1.10Ne muore già, che le sue Virtù l'occoglie, Tutte in quel punto, e al ciel se ne va iu pace.
E.

Tutta via (come disse Christo) la carne è debile, benche pronto si il spirito, però il diuin Poeta:

I hauea già vicina a l'ultimo passo, La carne inferma, e l'anima ancor pronta.

A.

Io verrei esser di quella natione, della qual disse il medemo,

* 1.11Nasce vna gente à cui morir non duole.

E.

Quanto à me per quel, che di me posso giudicare, vedo, che.

Si debil e'l fil à cui s'attenue La grauosa mia vita, Che s'altro non l'aita, Al suo fin tosto di suo corso àrriua. Però * 1.12L'vltimo don, ch' à Dio dimando è questo, Che quando la morte si m'auicinue M'illustri con vno glorioso fine.

A.

Pian piano cotesta selua del vniuerso si va spogliando, e ri∣uestendosi di noue frondi, il tutto à poco, à poco cangia volto.

E.

Iddio riceua in gloria i morti, à viui Dia vera contritione, & à me fresca memoria del morine.

Page 364

A.
Poiche ogni nostra speme Ne la morte poniamo, Apparechiati stiamo, Accio che quando, e doue Ne venga incontre, accinti ne ritroue; Però quei, che fin qui ciechi dormiro, Apran l'occhi, e stian per tal timore Tutti i giorni parati, e tutte l'hore, Nessun si fida in forza, ò in età acerba, O in dignità superba; Quando cosa più certa. Non potando trouar di nostra morte, Nonè del bora poi cosa più incerta.
E.

Il ben oprar è l'vnico mezzo al ben prepararsi.

A.
O tempo, ò ciel uolubil, che fugendo * 1.13Inganni i chiechi, e miseri mortali. Miri la fuga ogn' vn del viner presta deh, che nel fuggir del sole▪ La ruina del mondo manifesta.
E.
Cotesto sol è la gioia d' ognifedel viuente. Poscieche * 1.14Ʋita ci ha morti, E morte sola ci puo render la vita.
A.
Questa vita non è, ma longa morte, Ne contro morte speram altro, che morte. [ 4] Ma ditemi signore (se però egli è lecito sa pere) che va ella facendo in queste parti?
E.

Sol io vengo, con ogni riuerenza, à visitarla, non per destar l'amore, maper suegliar l'amante.

A.

Quantunque il foco non desto, restasopito sotto le ceneri d'vn longo silentio, nulla dimeno non cosi l'amore nella focina dell' amante.

E.

L'amor solo intende la lingua d'amore: V.S. che mi ama, più che non merito, deue hauer ogni giorno, & hora, col orecchie del pensiero sentuto nouelle di me, che cola pena dell' animo ogni momento à lei volauo.

A.

La prima virtù di chi risponde, è saper l'intentione di chi fauella, col occhi del

Page 366

intelletto mio sempre l' ho veduto, nell'idea l'hauea presente, e nel cuor di continuo l' ho goduto, e conosciuto ho il suo desio.

E.

Si dimenticaria della virtú, chi di lei si dimenticasse, ab∣sente io fui da leicol corpo, ma non già col animo.

A.

Ne io mai ho parlato co la memoria, che non habbi discorso seco, ne mai ho conuersato con libri, che non habbi trattato con le sue Virtù, altresi ella arreccar non mi può piú preciosa gioia della viua memoria, che mostra di me tenere.

E.

La sua partita, che come folgore, Prius tenuit, quàm tonuit, e l' absenza m' ha ritenuto di farle tal'hor quella riuerenza, qual facea frequentemente col cuore, ma bora la presenza sua misprona, di far quanto si ricchiede all'affetto mio.

A.

Si come l' animo suo sincero ho cotemplato nelle sincere sue parolle, altresi la prouo nell' opre.

E.

Ellae ci lascio con tanta memoria della sua amoreuolezza, e cortesia, che dir fermamente posso, che lei non si partisse da me, ò più tosto io non sia da lei partita, ma che seco anc'io partesse.

A.

Quando da lei mi partite, mi parti senza partire.

E.

Quando ci lascio, non so se con maggior dolore della sua par tenza, ò con più desiderio del suo ritorno, ò se pur la perdete con l'occhio, non però la perse col cuore.

A.

Molte volte io l' ho riceuto col animo, spesse fiate è risedu∣ta nella stanza del mio cuore, hor riceuendela estrinsica∣mente, la veggio, riuerisco & amiro.

E.

Inteso, ch' ho V. S. esser gionta vnitomi nell' interno, rin∣gratiaiiddio, col cuore, e con la lingua insieme, hor vengo à relegrarmicon lei, e ringratiarla insieme, che si degni miti∣gar il dolor della sua absenza.

Page 358

A.

Per la mia partita, non se ne irno l'allegrezze, ne per il mio ritorno son ritornate, perche elleno mai son venute, ne men l'aspetto in questa vita.

E.

Vera allegrezza ottiene, chi la virtù possiede, qual più si conosce col mancarne, che col goderne.

A.

Le visite dell' amici mi sono di non poca recreatione, ma le sue, mi seruano per rimedio, prouocandomi, e destandomi alle virtudi.

E.

E mio proprio di visitar li virtuosi, come è suo proprio di meritarlo.

A.

Signor mio cotesto è vn confondermi, non honorarmi.

E.

Anzi reputo esser vna minima parte del debito mio e virtù sua: son stato absente dalei col obligo, ma presente col obligo, & affettione, hor con ambidue, e co la presenza insieme la visito.

A.

Hor cognosco, che il mio continuo desio, non fù picciola spe∣ranza di conseguire, e di godere la sua presentia.

E.

Cortesia dell' amici, e discorte sia del tempo fin quiha ritar∣data il venirla, visitare.

A.

Lasua cortesia è carta d'authentico, e perpetuo instrumento della gratia, nella quale si degna conseruarmi.

E.

Quel sollecito desiderio, che viue in me di seruirgli, quel medesimo non sostiene, ch' io differisca di fargli ogni riue∣rentia.

A.

L'hauer vissuto si hora senza V. S. tanto mi è stato ingra∣to, quanto hora grata mi è la sua presentia.

E.

Non mi è cosa più cara della sua venuta, come nulla più discara della sua partita.

A.

E altresi à me sua visita, quale conferma l'antiqua genti∣lezza, dell' animo suo, & accresce nodo con nodo.

E.

Ciò, che si differisce, non si tralascia, il mio intento era di venir prima.

A.

Ed io (ò rea fortuna) quando ella veniua per salutarmi, mi preparaua per venirla à visitare, d'onde lei via più è la molto ben venuta, quantopus è la mal visitata.

Page 370

E.

Par, per commun parere, che chi manca di diligenza, manchi d' amore.

A.

La tardanza, iscusatemi, non sempre pretende negligentia.

E.

L'amore, & affettione aguisa di fiamma, opra senza alcuna mora.

A.

Faciami V. S. gratia d'accettar in luogho diseruigio, l'intenso de∣siderio di seruirla.

E.

Il suo chiedrmi gratia, è farmi mole gratie.

A.

L'affetto supplisce il diffetto, che se bene ella mi preuiene con la cortesia, non già con la volontà, come con essane anco misupera.

E.

Timore, e gelosia d'amor compagni, crescano per l'absenza, d'onde inuia, e sprona il corpo doue risiede l' affetto.

A.

Sempre è à tempo, che sempre è caro.

E.

Ma molto più caro, chi preuiene il tempo;

A.

Dall' induggio all' obliuione, c'e molto interuallo.

E.

Anzi l' istesso induggio, è padre della dimenticanza.

A.

Par che presuponga alla gelosia, ma altrimente è nel vero amore.

E.

Manca à se stesso, chi manca di fauorir à chi ha conceduto tan∣ta parte dell' amare.

A.

V. S. vuole cosi occupare tutto il regno della corte sia, che non vi lasci vn cantoncino per me, acciò si come, mi diletto della villa, è vengo dal contado, cosi paia vn villano.

E.

Cotesto mai pensai, ma sol è, discorrendo, gioir della sua presenza, e tacitamente ringratiar la fortuna, che l' allegrezza qual mi le∣uò co la sua absentia, co la sua presenza altresi me la restituisca.

A.

Le parolle son ombra de fatti: la visita sua m' è più che grata, li commandamentimi son, e saran fauori, si come la certezza dell' amor suo m'è d' infinita contenteza.

E.

Maifra di me discoro, che non rogiona seco, & hor il tempo sol, vnico medico d'ogni mio male, sanando laferita, che col le∣uarmi la sua persona, mi diede, perche hor non goirò io?

Page 372

A.

Cosi iddio pioua sopra di lei tutte le consolationi, come la sua visita m' ha ripieno di tutti le contentezze.

E.

Ogni volta che V. S. viene à noi, ci lscia mal contenti merce della partenza sua.

A.

Che dirò gliio? la satisfatione ch' io godo dalla sua presenza va di pari con l'obligo, ch'io sento alla sua cortesia.

E

Ma questo è benefitio, ò malefitio? teme con parolle d'otio disconciar qualche suo negotio.

A.

Ogni merto, è demerto produce amore, hora hora egli ben opra.

E.

Bene ah? e come? egli mi fa ladro del precioso tempo de suoi amati studij.

A.

La sua virtù, e meriti portan seco viatico, & auttorità di farsi accarezzar douunque passano.

E.

Con suoi honori radolcisce l'amaritudine della mia fortuna.

A.

La sua conuersatione, è sempre noua, sempre preciosa, e più che desiderabile.

E.

Ʋadi lontano, chi è noioso per natura, ò per costumi.

A.

Confarmi ella sempre più cara, mi vien àfar più sempre prigione.

E.

L'amor, e fede dell' amici m' è come stanza grata, e piace∣uole, si come per il contrano la dissoluta plebe m' è come l'in∣ferno, che tanto più mi crucia, quanto più è ingrata disleale, rapace, buggiarda, fiera, e crudele.

A.

Cosifa ogni spirito gentile, ma V. S. non solamente si con∣tenta d' osser cortese, che non si palesi della persona sua esser liberale.

E.

E l' obligo indiuisibile dall' animo mio, e cortesiasua, si come l' habito inseparabile fù sempre dalla natura sua.

A.

Altro obligo, e debito non ci è sol che d' amore.

E.

Se l'amor obliga, voi sete incatenato.

Page 374

A.

Tante cortese parolle Ʋ. S. spende meco, che bastarebban à comprarmi, s' io già non fosse sue, furmi schiauo, se già gran pezzafa non fosse incatenato.

E.

Anzi che Ʋ. S. mi preocupa con tanta amoreuolezza, e massime de lodi, che non ci lascia altro luogho di poterla ob∣ligare, che via più amarla.

A.

Il farmi pomposo, della pompa del suo gentil ingegno, è vn sol vestirmi della sua diuisa, per farmi conoscer de suoi, e mi ralegro in vero.

E.

Con le sue conueneuolezze accresce tutta via in lei il me∣rito della cortesia, & in me il debito della gratitudine.

A.

Ʋ. S. in tutte le sue occorenze m' obliga, in tuttili snoi com∣plimentimi vince, e sempre accorda col nome i fatti.

E.

Anzi douunque io la rittrouo, è sempre la medema, sem∣pre offitiosa, amabile, ma nelle mie lodi sempre souercchia.

A.

Io non vorrei che per la politia vi dimenticasti l'ethica, e che da essa, col Tacito, e Malchiaueli mi formasti vn pessimo ti∣ranno, qual comenciasse con fondamenti di finta, ò artificia∣ta relligione à fabricar le vostre miserie per erger la fronte nelle grandezze.

E.

Con la Theorica della Scientia V.S. mi fa conoscer hauer la prattica di cortesia.

A.

Il tutto riceuo dalla richissima miniera della sua amoreuo∣lezza.

E.

Poscia che Ʋ.S. con si noui modi sa obligarmi, si degni an∣cor insegnarmi con maniere insolite ringratiarla.

A.

Ʋedo ben io, che vago io sono tropo di carezze, et ella trop∣po sa carezzare.

E.

Le sue parolle vagliano per fatti, tanto son belle, e fabricate a torno, e terse che accedan ogni Torscana esquisitezza.

Page 376

A.

Anzi io soglio metter à cnto i compimenti di parolle con tal amico, che sucle compir co fatti.

E.

La prego, che ella meco non proceda cotanto cerimeniosa∣mente, e co tanti preamboli.

A.

Si come le lettere non vogliano esser tanto letterate, quan∣do si scriuano all' amici, ne altresi le cerimonie deuano esser tropo cerimoniose tra di loro.

E.

L'honorar chi merita, non è ceremonia, ne men obligo, che instituto, e merito suo.

A.

Tal che fate giustitia la mera cortesia?

E.

Come sarà altrimente tanto ella obligandomi, e con tante maniere?

A.

Certo Ʋ. S. tropo compisse meco.

E.

Anzi che V. S. comette tropo vsara, che per vna sol visita compone vn catalogo pieno di gratie, con tanti instrumenti d'obligi.

A.

V.S. qual si degnò d'ammetermi nel numero de suoi mini∣mi amici, non si sdegni anco d'acetrar il tutto in buona parte.

E.

Come farò io altrimete, conciosia che le parolle nella sua boc∣ca diuentan rose, e le rose nelle sue mani diuentan gemme?

A.

Il suo preuenirmi, e con tanta sua benignità fauorirmi co la sua visità, mi dilata il cuore, sotiglia il senno, arecca materia, apre la via, scioglie le labra al fauellare, e pale∣sarmi, acciò nasondendomi, non nascondessi il conoscimento dell' obligo, e segni de gratitudine, il che affatto, affatto ri∣pugna alla natura mia.

E.

Ʋ. S. mi arreccara gratia particolare, quando mi dar à oc∣casione di visitarla in quel modo, ch' io posso, dandomi ma∣teria di seruirla.

A.

Non sotto più gratioso, e liggiadro velo V. S. mi puote farmi conoscere il suo amore, che sotto i colori della sua vi∣sita, proferte, vaghezza, e gentilezza.

E.

Altro non cerco, che confermare con segno nouo di riue∣renza della seruitù mia, e deuotionè anticha.

Page 378

A.

Pono li veri amici patir varij accidenti, ma non già sepa∣rar l' amicitia.

E.

La nostra amistà cosi profonde radici, e tanto robusti fonda∣menti ha fisso nel mio cuore, che ne per lontananza di luogo, ne longhezza di tempo già mai si scemarà.

A.

Picciol son io d' ogni cosa, sol che d' amore; qual talè, che si come l'anima è immortale, ancor egli è immortale, si come è anco la cagione.

E.

Ed io posso (come ogni altro huomo puote) mutar stato, ma non in ciò pensiero, variar sorte, ma non effetto, cangiar mon∣do, ma non anima, ne cuore.

A.

Tale è ancor è il mio.

E.

Cosi mi persuado; ma egli è d' auertire, che si come nulla da nulla nasce; altresi il nato senza mezzo non si puo nodrire; quindi l'amicitia vacilla sotto il peso d' vn longo silentio, però se ella ha le radici viue, in varij modi si risente, ciòe con vi∣site, con lettere, con saluti, e veri compimenti.

A.

Più tosto con beneficij.

E.

Cotesti non sono in potere d' ogn' vno, ne sempre si puo con liberalità alacciar il cuor dell' huomo, ma sempre però con atti d' amore, ed altri semiglianti.

A.

Il vero amore meglio opra, e meno compisse, assai fa, e par∣la poco.

E.

[ 5] E come nell' oprare esser può grato, oprando senza gratia de compimenti?

A.

L' opra da se adorna, è freggia il tutto.

E.

Il vero amore maisi reputa di far assai, però alle mani con∣giogne la lingua, et alla lingua il cuore.

A.

In ogni cosa li cedo, sol che in amore, quindi mai mi sot∣tollo.

E.

L' amore è come lascabia, che à chi ha occhi, non si puo ce∣lare, però facil cosa è, che l' affetto mio l' habbi ritrouato in lei.

A.

Tutto pieno sete d' amore, e cortesia.

E.

E voi siete pieno d'amore, e mi nempite di gioia.

Page 380

A.

L'amor suo verso di me, dettar non puole alre parolle, di quelle, che' essa fauella.

E.

Io fauello di cuore, che il fauellar con Arte, con le breui dolcezze, e finte riuerentie, e profumati bascij di mano, le lascio, e dono all' amanti di corte, a cauaglieri, romanzi, et alle lor dame.

A.

Quantonque io non sia oro di copella, pur come vedete, ne anco son d' altro metallo, ma qualonque io mi sia, sincero è puro tutto io sono', e non sognata pietra Filosofica.

E.

Con l'hamo soauissimo dell'amare, mi fate rapir fuor di me stesso, e con perpetuo amore d'essergli legato: ratto felice, vnione desiata, e venturoso legame, che sol mi fa beato.

A.

L'interesse non mi gouerna signore, mi dono all' amici, ma non mi vendo con prezzo d'amore, con quale cerco com∣prar essi con larga mano.

E.

La virtù, che fa meritar Ʋ. S. quella, quella medesima la rende meriteuole d'amore, e della stima di ciascheduno.

A.

Altresi la sua, onde non habisogno dimozo per farsi amare, stimare, bastando lei stessa, anzi potendo con tal via rende∣re amabile, e venerabile chiunque lei ama.

E.

Essendo io aguisa di fonte torbido, & atro, non mi ritrouo altro, che amore, e fede, qual tutta li dono.

A.

Parlando Ʋ.S. con quella parte, co quale ella mi ama, non può par lar se non amorosamente.

E.

Dalla scola di Platone scaturiscan le sue parolle, doue l'amo∣re è Filosofo, e la Filosofia amante.

A.

In talscola d' amore voglio che senza offesa soffra d'essermi discepolo, si come in ogni altra disciplina lei riconosco per maestro.

E.

Volete confondermi, conosco, con acutezza, ma io vi con∣fonderò, sol con amore.

A.

Bel modo di vincere senza combattere.

Page 382

E.

Egli è ragione parlar con lingua d' amante, doue è molta corispondenza d'amore.

A.

Viuo tutto suo, e vinca chi voglia, mai scangierò mantello.

E.

Le sue dolci parolle, non solamente lo palesano amante, ma ancor amabile, e tutto amore.

A.

Chi ha l'animo pieno d' amore, non può fauellare, se non pa∣rolle di far inamorar ogn' vno.

E.

Si come dall' animo trauagliato non esce, se non inchiostro, che si conuerte in sudor d' angoscia, cosi l'animo pieno d'amo∣re, produce se non amore.

A.

Ogni effetto è simile alla sua causa, dal viuo fuoco non può, se non proceder fiamma.

E.

Amòui in vero, e certo amòui di cuore.

A.

Dirò solo, e dirò poco all' obligo, & osseruanza; l' animo medesimo mio è suo, et acciò ciò appaia, in qualche parte si degni d' esser mio.

E.

Acciò che intrando ilsospetto, non sortisca la fede, diròui, che essendo io altresi suo, l'vno viue per l'altro, e l'altro per l'vno.

A.

Di prima l' amai per virtuoso, hora l' amo per debito di re∣ciproco, e scambiuol amore.

E.

Di prima lei mi amò senza conoscermi, che punto fù amor di gratia, hora mi ama per gratia, e gratitudine, cosi lei amo, ma molto più si come via più lei merita.

A.

L'amor suo, qual egli si sia, lo conseruo nel granaio del mio cuore, per nutrimento dell' anima, e stimarolo gran parte della vita mia.

E.

Direi che mi obliga tropo, se l'obligarmi non fosse vn fàr∣mi suo per necessità, si come suo son per naturale affettione.

A.

L'obligo è tanto maggiore, quanto io son lontano da cio me∣ritare.

E.

Dalla focina dell' amore scintillan le sue parolle: le conosco alla tempra, e al suono.

Page 384

A.

Bella strada d' amore, e bencuolenza ella mi va tutta via aprendo, e spianando co suoi concetti.

E.

La piaga del cuore spira seuente amoroso ardore, ma la pi∣aga del petto, spira soaue & amoroso affetto.

A.

[ 6] Tanto, tanto V. S. batte con suoi accenti il duro sasso di que∣sto mio petrificato ingegno, che cauate breui scintille, che quanto più son ardenti d'amore, restan via più nude de splen∣dore.

E.

Mi piace, che di mano in mano mi recreate co frutti del vo∣stro diuin ingegno,

A.

Il misurar l' altrui meriti con la propria cortesia, e rimi rarli con l' occhiali dell' affettione, fa parere, credetimi, le vilissime mosche grandi Elefanti, & altresi per il contra∣rio.

E.

Col lume delle sue virtudi spero di non inciampar cosi di leggiero.

A.

Non dubito, che siate pronto di lingua in lodarmi, come presto sete in riamarmi.

E.

Ella non fauella, che non infiori, non parla, che non ingemmi, e non discorre che non indora, e di chi parla sol di cortesia, e d'a∣more, ed ogn' vno inuita ad amarla.

A.

Con tale errore nudrisco amore, conseruo pace, ne riceuo dishonore.

E.

Io vorrei parlar poco, per dargli poca fatica nell' ascoltare, e meno nel formar concetti per rispondere.

A.

Nel poco (con pace del sesso feminile) consiste la perfettione, pur mi persuado, che con breuita non possi satisfar al suo gran merito.

E.

Meritando nulla, mi volete far sperar assai.

A.

Deh come? sete vna gemma di inestimabil valore.

E.

In lodarmi, & esalarmi, mi metete l' ali, pur non posso vo∣lare.

A.

Le sue virtu mi fanno argomentar quel colmo di grandez∣ze in lei, che già promette il suo valore.

Page 386

E.

Deh vedo ben io, che l'appetito, e l'affettione occupando il luogho alla ragione, il tutto perde.

A.

Questa lingua, qual sempre fu ministra di sincero cuore, mai si potrebbe far serua di sirena inganatrice.

E.

Il vostro pennello è picciolò, ma con bella curiosità depigne cose assai grandi.

A.

Le sue maggiori lodi non occupano tanta parte, che non si perdan nell' oceano di suoi meriti.

E.

Ʋ. S. libra i suoi detti nella bilancia della giustitia, e grauit à ne sensi, e peso nelle parolle, ma quando parla di me come tra bocca ah?

A.

Quindi mi fate scuoprire la naturale nobiltà del animo vo∣stro, che non punto si altera per verun accidente, ma aguisa di Colosso, sempre è grande ad vn modo, ò alto, ò basso che egli sia collocato.

E.

Voi sete aguisa di quelli rari ingegni, che aguisa sono d' api ingeniosissime; ma non essendo io fiore d' Aprile, ne men di Maggio, non potete cogliere, ne manna, ne melle da miei odori.

A.

Parangonandomi à quei che veramente son degni di lodi, ben m'aueggio quanto sia indietro ancora, e quanta via mi re∣sta à giognere col valore, doue ella mi fa arriuar con la sua cortesia.

E.

Vosignoria vuole cosi ocupare tutti i luoghi dell' humiltà, che mi facciate superbo.

A.

E vosignoria lodadomi più da quello, che ella è, che da quello ch'io meito, mostra d'hauer più riguardo alla gran∣dezza sua, che alla de bolezza mia.

E.

Io me ne accorgo; mi prouocate in duollo, e già son di vitto∣ria, essendo certo singolar duello il veder la giustitia contra espresso orto.

A.

Isousatemi guardateuidi non esaltarmi in vostro danno, ne cader in viio, per ch merita biasimo.

E.

S'io rro, erro nel men.

A.

Il lodare vn più, che ci non merita, tal eccesso più si tolera ne versi, ma non adagiamente in prosa.

E.

Son verace historico, ma non fabuloso Poeta.

Page 388

A.

Dunche V. S. impiegai freggi in vna non men muta, che bruta statua.

E.

Con la suasouerchia humiltà, mifa vergognar della mia superba altezza.

A.

Tropo Ʋ. S. mi malza, meritando nulla, e tropose stessa bas∣sa meritando tanto.

E.

Azi che alla debolzza delle conditieni mie, si conuiene più tosto riuerirla con vn diuoto silntio, che con estrinseca dimostratione di parolle.

A.

Anzi che nella grandezza de suci meriti, suanisce la picco∣lzza mia.

E.

Che dirogli io? le maniere sue difficilmence si ponno des∣criuere, non che imitare.

A.

E dio come nouello pittore, mi sforzo delle sue bozarne qual∣che imagine.

E.

Ed io mi sollicito à seguirlo al meno con l' occhi, da che io dispero di poterene appressar co piedi, essendo tropo pigra testudine dietro à si veloce cursore.

A.

Come dotto seguitate li dotti, quali mentre argutamen ente parlano, insegnano l' altri l' oprare.

E.

L' allegrezza ch' io sento per le sue Virtù, e meriti, non po∣tendomi capir nel cuore, forza è che trabocchi per la lingua in parolle.

A.

Mai vidi discorso sostenuto con maggior cortesia, ne cortesia con maggior decoro.

E.

Ʋ. S. tanto mi inalza con la sua cortesia, che con li effetti giogner non posso doue ella mi porta con la lingua.

A.

Facciami gratia iddio, che dal canto mio sempre produchi quei frutti, che meritan le sue virtuti.

E.

Voglia Dio, che sia quel, che mi predicate, per non vergog∣narmi di quel ch' io sono, e per non arossir per le sue lodi.

A.

Auertite voi di non adornare vn nome fosco, di qualche hu∣mile bugia.

E.

Con sua licenza dirògli, che ella si guardi dinon esser più amico, che honesto, e verace.

Page 390

A.

Di cio nou ho verun dubio, che mirandola, la vedo vna fi∣gura colorita di cosi belli habitidi virtù, e di si grata nobil∣tà de costumi, che in qualonque guisa la rimiro, riuscisse bella, e risguardeuole.

A.

Lo vostre parolle son cinte di cosi beifreggi di gloria, che più non ponno esser gloriose.

E.

Questo altro non è, che vna gentil maniera di obligarmi con me medesimo.

A.

V. S. mi areoa più occasione di pensar à fatti di ricompen∣sa, che à parolle di gratie.

E.

Libero, ma non breue spatio prouoca il cauallo al corso.

A.

Son di quelli io, che più sanno correre con la volentà, che con effetto.

E.

Effettua assai, chi assai merita,

A.

Chi mi può comandare, puomi altresi burlare, ma non cosi riburlare.

E.

Il burlare è Barbarismo in amicitia, però ne à me è lecito pensarlo, ne à let giudicarlo.

A.

So bene, che Ʋ. S. non sta in corte, ne men è cortigiano, vo dire, che non parlate per pompa, ne men per apparere, ma di puro cuore.

E.

Spendo dell' ingegno mio, ma arricchito nellè ricchezze del vostro.

A.

Scilla, e Cariddi, e la più basta donna qui d'intorno siera à fore stieri, si placarobbe al suono della vostralia.

E.

V. S. è cosi ricca delle proprie lodi, che non ha bisogno dell' altrui.

A.

L'animo mio, è tropo certo indouino, & il cuor mio tropo co∣nosce le mie miserie, e le grandezze de suci meriti.

E.

Deh, chi non si destarebbe per cantare al canto di cosi belle ldi? chinon diuerebbe muto, per dubio di non poterle so∣stener in proua?

Page 392

A.

Son lodi degne di lodi, & il suo amore degno d'honore.

E.

Voi mi predicate per vn mille, e l'altri mi condannano per vn zero.

A.

Fauellate giusto da animo nobile, che nelle prosperità, ri∣chezze, meriti & honori, et nelli abassamentisenza altera∣tion di mente, serua vn perpetuo tenore.

E.

Lasua cortesia mi fa arriuar doue non mi può condur il me∣rito.

A.

Non mene velete male, per che sete galante.

E.

Biasimar le persone è male, difficilmente lodar sipuosenza cader in colpa di falsià, ò adulatione.

A.

Si come l'ingiuria più offende chi la fa, che chi la riceue, cosi la lode via piu oda il lodante, che il lodato, però ella opran∣do insua lod, io mi acheto.

E.

Quasi ardiro dire con sua soportatione, bruto disegno sotto bei colori.

A.

Anzi inetto pittore a colorire vna bella faccia.

E.

V. S. si studia di rapresentar la statua d'vn gigante co la fi∣gura d'vn pigmeo, pur sia io, che che si voglia, son tutto suo.

A.

Prima chleicol farmi mio, mifacci suo, mifaccia grande, acciò degno io sia d'esser suo.

E.

Il sole ri••••rca luce, ed il mare arena, lei è cosi copiosa de me∣riti, che souerchio è ricercarne dalla parte mia.

A.

Con le vostre colorite lodi, mi atturate la bocca.

E.

Essendo i cosi gran parte di lei, stimo nel lodar, e riuerirla di h••••ar me stesso.

A.

Grand sp••••••o è tra vna formica, e vn monte, od alpe.

E.

Men e V.S. cerca farmi superiore, via più diuengo in∣feriore.

Page 394

A.

Si, ma quanto più la virtu si humilia, tanto p iù vien essal∣tata.

E.

S' io non conoscessi quel, ch' io sono, mi eccitaresti à fabri∣car torri senza fondamento.

A.

Quanto io dico, è pegno de quel amore, ch'io li deuo, e me∣rito delle sue virtù, che per più riuerirla, con tacere, esplicar le dourei.

E.

Se ben mi esaminate, conchiuderete la materia bassa richie∣der spiegatura facile, e popolare.

A.

V.S. cerca me far suo compagno, che mi preggiaua, e preg∣gio di essergli seruidore.

E.

In ciò mi tengo piú tosto da lei, più fauorito, che ben giudi∣cato.

A.

Se la volonta ha qualche merito, io non ritorno indietro.

E.

S' io valesse cosi di seruiggio, come vaglio di desiderio, ar∣direi di concorere con qual si voglia altro, che li sia piú vi∣cino.

A.

Il volere è in vece del porere, doue non si puote.

E.

Son rissoluto con buona pace di accettar ogni lode datami da V.S. ne rifiutarne pur vna sola, potendo di me quanto ella vuole, e farmi valere quanto li pare.

A.

Ne io altresi voglio contradire alle sue lodi, perche è vn prouocarla di vantaggio, dunque acetto senza contrasto, ma non senza rosore.

E.

Con l' amici anco il silentio ha prerogatiua di preghi.

A.

La difficultà ch' ho hauuto di cotal licenza, rende via più cara la gratia, più meriteuole l'offitio di chil' ha impetrata, e molto piu grato chi la concede.

E.

Le vostre parolle son aguisa di pane cotidiano, che mai ar∣recca fastidio, se non nel troppo.

A.

Nella souerchia lode più si conuien peccar honestamente, quando nasce da troppo amore, che nella riprensione, quan∣do euapora da radice d'odio.

Page 396

E.

Se le forze del corpo, e dell' intelletto corrispondessero in qualche parte alla volontà mia verso di lei, non dubitar ei punto di non corrispondere all' honorata opinione, quale ha di me la sua affettione.

A.

L' affittione, e gentilezza via più appar maggiore, quanto piu occasione c' è di adoprarla.

E.

La materia è da parte dell' animo suo virtuoso.

A.

Le mie parolle promettano mlo, per esser imagine dell' a∣nimo grande, benche souente poco attendan l' opre, per ap∣presentar la debolezza mia, à chi non la conosce.

E.

L' abondanza del viuo affetto supplisce al tutto: tuttauia nell' affetto, & effetto insieme, nell' opre, e nelle parolle tropo mi obliga, e se disobliga affatto.

A.

Fra li cumuli dell' oblighi malamente si puo disobligare.

E.

[ 7] Ʋ. S. non può meco hauer tanto debito, quanto credito, ne meno tanta libertà, quanta authorità.

A.

A me sta esser sollecito, & affettuoso ministro della sua vlontà in tutto quello, che la potrò seruire, e che lei si deg∣nara impiegarmi.

E.

Ed à me parera di valer qualche cosa, se si degnara di dar∣mi occasione d' essercitarmi in cosa disuo seruigiò.

A.

Il suo offerirmi, è fauorirmi, e'l mio rispondere, e riuerirlo.

E.

Sarami tanto soaue, quanto honorato poterla seruire.

A.

Et io tanto mi piacerò, quanto mi conoscero atto, e buono per seruirla.

E.

Ese V. S. non si degnasse di comandarmi, sarebbe vn coman∣darmi, ch'is taccia.

A.

A lei mi esibisco con la prontezza della vlontà, doue con le forze del corpo, ò dell' ingegno non vaglio.

E.

E se à me è tolto di poterla degnamente seruire, non m' è però tolto di saperla deuotamente amare, & osseruare.

Page 398

A.

Questo è l' vnico mezzo di piacer all' amici veri, quali al∣tro non cercano, che l' amore, e non poco piace, che amando, e riamando piace all'amico.

E.

[ 8] Tutti cotesti sono soauissimi pegni della rara sua bontà, & del gentilissimo animo suo, dello quale gli rendo milla gratie.

A.

Quanto piu cerca di sciogliermi, via più mi lega.

E.

Che gratioso modo di preparar gratie l'vna dopo l' altra, facendo, che la catena dell' oblighi via più s' allonghi, e mi ritenga, con più d' vna riuolta. Dolce catena quanto m' è cara. Non ci è liberta, che ci possi eguagliare.

A.

Le sue cortesie, ed i suoi meriti mi fanno restar più luogo d' ammirarla, che di ringratiarla.

E.

La ringratio di viuo, & ardentissimo affetto di cuore dell' honorata opinione conceputa di me.

A.

Il suo ringratiare, non è pagamento di debito, ma compi∣mento di ragione.

E.

Iscusatemi, più tosto signore, se non lirendo gemme per gem, me, ma rame per oro.

A.

Il dissimular le gratie, mentre si riceuano, è cosa d' animo ingrato, & sconoscente, onde sentendomi à lei debitore, mi sento anco à lei obligato di ringratiarla.

E.

La materia de suoi meriti datami da lei con tanta ragione di lodarla, toglie l' obligo di ringratiarmene.

A.

Soffrite per vita vostra, & per amor mio, di restar indebi∣to, non essendo men cortesia lasciarsi tai' hor obligare, che obligar altri.

E.

Non voglia la cortesia sua, ch' io perda il nome di cortese, ne la sua gratia, ch' io resti priuo di gratia.

A.

Vorrei poter far quelch' io non posso, per far parte di quel∣ch'io deuo, in corispondenza della molta deuotione, & dell' obligo infinito, ch' io li porto.

E.

V.S. non ha debito, se non di comandarmi.

A.

Non mi estendero molto in ringratiarla, non parendo di po∣ter pagar tal debito con parolle.

Page 400

E.

Dubito, che procurando con tante espresse, e tacite gratie dissobligarmi in tutto da lei, più non mi voglia per suo.

A.

Farò forsi io come quel di natura, di costumi, di fortuna dis∣gratiato, e di conscienza diablico plebeo, che con il bene∣fitio in mano si dimentica, d' hauer ij ringratiamenti nel cuo∣re, in bocca, & iriconoscimenti in opre.

E.

Segno è di licenza, saldar affatto con suoiseruidori.

A.

Il ringratiare non è saldar affatto, ma solo vn conoscermi inetto à corispondere con le forze del corpo, come mi confesso disseguale con quelle deli' inteletto.

E.

In magnis voluisse, sat est: non posso saldar questa partita, se non col restarli per sempre obligato.

A.

Anzi tanto Ʋ.S. mi obliga, & in tanti modi, che lieua la potenza di satissargli, la speranza, come io deuo, di ringra∣tiarla, onde in vece dell' vno, & l' altro seruiromi del silen∣tio, & desiderio, sin che missa concesso da Dio quella grati∣tudine di parolle, & opre, che m' ha conceduto d' animo, e di pensieri.

E.

Via più del debito mi ringratia, degnandosi d' vdir le mie parolle, & assai mi fauorisce, chi mi riama.

A.

Che altro potroli io rispondere? se non pregarla aggradir la tromba, à cui è dedicato il spirto.

E.

Li prieghi di superiori soglian esser comandamenti alli saggij inferiori.

A.

Iscusatemi, offendete l' amore.

E.

Et hor più m' accendete, perche quanto l'amor è maggiore, via più viene da lieue cagion offeso.

A.

[ 9] Le sue parolle, e risposte non men mi fanno chiaro della sua eloquenza, che del suo amore, dell' vno la lodo, dell' altro la ringratio.

E.

Hor, Dio merce, comencia mandar fuorifiamme d' amore, e fioridi eloquenza.

A.

Nella sue mani ogni cosa è bella, nella sua bocca ogni cosa lodeuole.

Page 402

E.

Come puo star questo, non hauendo gambe da rizarmi in piedi, meno posso ascendere in Parnaso, per hauer acque, d' onde voglia respondere alla sua facondia.

A.

V.S. non può con più chiari lumi, farmi vedere i rarifregi della sua affettione, che con la viua eloquenza, quale via più è grande, quanto più può aggradir le cose minime.

E.

Colpeggiando cosi legiadramente con l' eloquenza, si può, far gagliardo argomento quanto eccelente sia la virtù, e quale debba esser il frutto.

A.

Deh signor mio souenghaui, niun poter esser liberale con al∣tri, di quello, che la Natura è stata auara a con esso lui.

E.

Cosi copioso fiume di parolle, tanti raggi del vostro cortese amore, tanti fiori, fioretti, ghirlande, e rusceli di perle del vostro gentil ingegno, d'onde? se non perche sete tutto amo∣reuole, tutto ingegnoso, tutto facondo, & vn celato thesoro, qual più cercate con arte ricoprir, via più la natura, e vir∣tù lo scupre, e molto più s' allargano da alta eloquenza li soaui fiumi.

A.

So, che V.S. fauella di puro spirito di cortesia, non d' osten∣tatione, però il tutto riceuo in bene, & interpreto in me∣gliore.

E.

L' eloquenza è souente sospetta, come amica della bugia, ma in caso di virtù, e meriti tra gli veri, e non finti amici, cessa ogni sospitione.

A.

Io son farfalla, e voisete la luce, m' abagliate l' occhi, & m' otturate le labra.

E.

Anzi leico la sua eloquenza fauellando cose degne di lodi, e piene d' amore, da voi istesso riceuete il guidardone col rendermi percio amabile, & comendabile.

A.

Chi percuote vna pietra d' alto, non fa, che da maggior parte vscire maggiori scintille, che accendano maggior fiamma, cosi chi prouoca il dono della vostra eloquenza.

E.

La belleza delle figlie, è la gloria della madre: nelle mie mani, la luce diuenta offusca, & nelle vostre acquista mag∣gior lme.

Page 404

A.

Bel campo, ma mimanca vn Roman cauallo per tanto ar∣ringo.

E.

Il mio fauellar è pianura semplice, qual però souente più ef∣ficacemente imprime.

A.

In rincompensa, e guidardone altro per hora non so, se non me stesso di nouo dedicarmeli.

E.

Sicome V. S. è di gran cuore, & ancor di virtude, altresi sa far gran gratie, de quali io non son degno.

A.

A chi meglio posso sacrificar me stesso, che à lei, che già con l' infinita sua cortesia gran pezza fa, s' è fatta prima parte del mio cuore.

E.

Iscusatemi signore, è contra le leggi, ch' il longo vso frutto passi in libero possesso.

A,

[ 10] Tal' è il mio desio, che mi sia tanto liberale de suoi coman∣dementi, quanto m' è cortese del suo fauore.

E.

Se V. S. mirestorara col comandarmi talvolta, misàraseg∣nò, che mi ama, quanto io l' honoro.

A.

Ed io riputero, che facendo gratia di comandarmi, non possi aggrauarmi col fauorir mi.

E.

Ed io la prego, e la prego da douero, che occorendoli valer∣si dell' opra mia, faccialo in modo, che non dubiti, se m'habbi accetato per seruidore: vo dire, che liberamente mi co∣mandi.

A.

[ 11] Di tutto cuore infinitamente la ringratio.

E.

Non à lei, ma à me sta ringratiarla.

A.

Doue non è benefitio, è superfluo il ringratiare.

E.

Che più può obligare, che la sua cortesia?

A.

Non è mia cortesia, ma suo merito.

E.

Non è mio merito, ma sua buona opinione.

A.

Non faccio quanto io deuo, ed essa merita.

E.

Ella altro non mira, che vincermi di gentilezza.

A.

Come vinco io, se da lei sempre son vinto?

E.

L' esperienza proua il contrario.

Page 406

A.

Ed à me par tutto l' opposito.

E.

Mi confesso vinto, e conuinto, ma non gia d' amore.

A.

Ed io in tutto gli cedo, sol che in affettione.

E.

Gioisco d' esser confuso da vn mio Padrone.

A.

Io non son degno d' vn tal seruidore.

E.

Anzi io non merito vn tal Padrone.

A.

Per cortesia, lasciam le cerimonie.

E.

Chente, dico, non per compimenti, ma di viuo cuore io fa∣uello.

A.

Io la ringratio, non quanto io deuo, ma quanto io posso.

E.

Ed io altro tanto, e più, si come più mi sento obligato.

A.

Ed io non satisfalto de le frondi di nude parolle, altro non bramo, se non dimostrargli il mio affetto, con espresso testi∣monio di viui effetti.

E.

Altresi io megli offerò alla paraglia in cose, che à lei, & alli suoi amici aggradano.

A.

Reccando singolar amor, singolar fiducia, non manchero d' hauer in lei singular confidenza.

E.

Ne la prego di viuo cuore.

A.

Ed io quanto io posso, la supplico far il medemo.

E.

Si come non mancherà l' affettione, altresi non mancherà la confidentia.

A.

Quanto piu souente ciò farete, sarami tanto più grato, e maggiar fauore.

E.

Cosi ella facendo, riputerò gratia speciale.

A.

Achille contra Troilo: mi vedo inhabile à rintozzare la sua eloquenza, e politia.

E.

Conuien in qualche modo satisfar alla amore, e col mezzo del diletto partorire qualche benefitio al animi nostri.

A.

Egli è vero, pur al lungo camino ogni minuccia arrecca nota.

E.

Ma che debbiamo sempre parlar in vn medemo modo?

Page 408

A.

[ 12] Iddio non ci ha fatto cani, che sempre vsiamo l'istessa voce, ne siamo vccelli, che vestir ci conuenga sempre delle medeme piume.

E.

Voi dite il vero, quindi vorrei veder il Cortigiano qualche volta depor la spada, e col penacchio, e guanti profumati get∣ar il Galateone canti, e pieno di filosofia discorrere, & oprar come Filosofo.

A.

Pro virtute impetus, post vertutem ruina, corporibus animis{que} impetus vis est, parua eadem languescit mora: dopo la fiamma il fumo, aspettauae ben io, che appresso l'esser stato Cortigiano, non diuentasti Filosofo.

E.

Per dirgli il vero vedendo hoggi di quante false cerimonie s' vsano più tosto son discepolo di Platone in rifiutarle, e mi compono rozzo aguisa d' vn altro Isopo, ouero come vn Piouano in osseruarle.

A.

[ 13] Che Platone inimico fu delle cerimonie?

E.

O Dio egli tanto le fu contrario, ch' insino nella riuerenza delli Dei, e nel lor culto, volse che affatto affatto si lascias∣sero.

A.

Forsi ci aperse la strada à Puritani.

E.

Questo non io so, ne men io dico, ma sol ch' egli era di cotal pensiero.

A.

Hermete, ed Asclepio furno dell'istesso humore.

E.

Chi non conosce, non honora, e sdrusciolando facilmente cade nel dispreggio.

A.

Si dimanda pur il diuin Platone per sopra nome, per essersi più dell' altri accostato alla verità della prima causa.

E.

Nulla dimeno in tal materia scrisse molte follie.

A.

E chi fra di noi viue, che, ò in detti, ò in fatti, e spesso in scritto, in tal laccio tal uolta miseramente non trabocchi?

A.

Dite pur, gli più dotti, più souente errare, si come anco, ac∣cade per il tropo sale peggior esser il cibo.

E.

Egli è vero, pur saper douea, che chi non è cerimonioso esser vitioso.

Page 410

E.

Cosi ancor io confermo, però per il contrario vedemo per le cerimonie molti esser aggraditi.

A.

Quindi non sol fu lodato, ma (ancor che hauesse conceduto à Tarquinisi comodità di saccheggiar il campidoglio) con cento anni di pace altresi Cereto priuilegiato fu per le ceri∣monie osseruate in esso.

E.

Ma auertite, che quelle erano sacre, apartenenti al culto di Dei, è Deè di quel tempo.

A.

[ 14] Dunque già molti anni fanno, ci eran altri Dei, ch' hor non sono?

E.

Ʋi è forsi cosa noua, cosa commune? leggete l'auttori, e discorrete l'historie, e conoscerete che mille fiate in pocchè età ed huomini, e donne cancelan l'antiqui, e aguisa de Pettori compongan noui Dei, crean nouo culto, è forman noue rel∣ligioni.

A.

Costesto è assai strano.

E.

Si come v' è vn soliddio, et un vero batesimo, cosi soleuui vna sol relligione, e chiunque altra inuenta, ritroua setta, non religione.

A.

Iscusatemi di già mi dicea vn villano, che non capiamo il fondamento, iddio esser vn infinito spirito, e per dir cosi, d'vn, non grande, ma infinito cuore, però d'ogni cosa capace, ma l'huomo, si come di poco, è finito spirito, e picciol cuore, sol quello gli piace, che conforme è al suo spiritello, e diletta al suo composito, tutto il remanente rifiuta, e dana.

E.

Sia come si voglia, tante etadi, tante religioni.

A.

Se col tempo si mutan gli riti, e spesse con li riti ij Dei, e cie. li, che meraueglia fia se simuta l'huomo.

E.

Quel che ab aeterno fu, ed è, e sarà sempre vn vero, e solo iddio per esser di sua natura perfetissimo, non dir si puote es∣ser soggetto à mutation alcuna.

A.

S' egli come voi dite, è disua sostanza immutabile, donde auiene, che cotesti Dei si canghian come la luna, e con essi si muti cosi souente il rito?

Page 412

E.

Iddio come vi disse, non e mutabile, ma l' imperfettione, passione, e mutabilità, che scuote, e come canna, piega ad og∣ni parte l'huomo, et principalmente accieca l'inteletto, edil volere, à perpetuo danno suo lo fa parer mutabile.

A.

Dubito che per troppo diggressioni, non si leuiam dal nostro intento.

E.

Cosi facendo, seguirem Seneca, qual perè quanto più va∣rio, via più fu diletteuole, e molto più grato.

A.

[ 15] Ma ritorniamo al nostro proposito, non solo gli sudetti Filo∣sofi reprobaron le cerimonte, a inanti, che nel mondo mol∣tiplicasse o lefraudi, e cotanto cresessero li compimenti, quasi veruna effige c' era d'essi.

E.

Cosi io credo, per che essendo eglino ancor barbari, è poco men che bestie, nel parlar, nel procedere, ed in ogni lor attio∣ne boscaricci, materiali, e più che rozzi, non sapeuano, ne meno atti erano ad vsar costumi.

A.

Egli puote essere, ma ancor che rozzamente, tuttauia proce∣deuan con sincero amore.

E.

[ 16] Ma ditemi, come potean essi senza qualche forma di ceri∣monie dimostrar amore? al mio parere, non essendo la ceri∣monia, altro, ch' vna riforma del barbaresmo, vn termine vrbano, vn modo ciuile, vn proceder cortese, vn espresso segno d' amore, qual partorisce ancor, nell' esterno, atti d' amore, et essendo noi humani, effetti humani, è finalmente, essendo parte riuerènza, qual ancor è segno d' affetto, e con∣forme al stato, lo dimostra.

A.

Cotesto non si può biasimare, osseruandosi elle no per le sudet∣te cause, se non sian barbari, verso, e fra maggiori nella prattica signorile.

E.

Dunque che dir potete?

A.

Io parlo delle friuole del tutto vuote d' affettio∣ne, e piene d' affettatione, che d' ogni parte,

Page 414

e d'ogni canto d'vn falso cortigiano putano, e, che si come non procedan d'vn sincero, e riformato cuore, consistan solo in nude parolle, dette performa, et apparate a mente, come no∣uella, ò frotolè, e recitate come vna comedia, abondanti di false proferte, che in breue si transmutan in fumo, suaniscan col vento, e finalmente si rissoluano in vn vnquanquo, à Luca ti vidi.

E.

Iscusatemi signor mio, che per non esser io di ceruel Sco∣tesco non ben v'intendo.

A.

Di quelle io fauello, che non scatorendo da viuo, è vero amo∣re, lo voglian almen dimostrar con arte, però con gesti af∣fettati, che quanto più nudi, e poueri sono di sale, tanto più pieni di noiose parolle, che teste recano schiffo à chi le vede, non che à chiunque l'ode.

E.

Hor vi intendo, e mi souienne spesse fiate hauer veduto ne miei peregrinaggij molti di cotestivtri di vento, che col capo facendo la nina con mille basciamenti di mani, e di genocchia anchora, molte volte nati tra sterili sassi, e ne folti boschi, voglian subito, che escan dal stercoso nido dimostrarsi anti∣chissimi disciplinati, e più, che acostamati cortegiani; che ve ne pare, e che ne dite?

A.

Credetimi il mio signore, che altro non sono, che abelliti la∣uelli, ò colorite sepulture, e per dir meglio, nell' estrinseco più d'ogni fariseo superstitiosi.

E.

Se ben gli osseruasti, portan il cortigiano nelle scarpe fatte à mille foggie, come di ninfe, d'indi nelle mani, e nelli guanti han il Galatheo, misurano le parolle con le spane, discorrano con li semessi; fauellano per punti di dita, atorno souente giran il capo per veder, se niun li miri, come cosa rara nel mondo, compongano mille Castelli in aira, altre fiate de continuo

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muouano le labra come simie, ò pecoroni, masticando le in∣gegnose nouelle del esquisito Bocaccio, hor per imitar Or∣lando pazzo, in ogni canto recitan le piace uoli stanze del gentil Furioso, ò si stransforman, ahime, ne cordiali, & amo∣rosi sospiri dell' afflitto, & lacerato cuore del infiammato, è dolente amante della famosa, e fortunata Laura.

A.

Quando, che, con mia non men noia, che nausea, m' è oc∣corso di veder cotesti animalucci, souenendomi la sincera creanza dell' antiqui, non posso se non preggiarle.

E.

[ 18] Essendomi altresi io dilettato per mio diporto, di transco∣rere somiglianti cose: signor di quali intendete?

A.

Come dell' Idumei, che nel rincontrarsi in segno d' amore, creanza, e riuerenza diceuano. Il signor sia con voi.

E.

Cotesta in vero era salutation celeste, hauendola vsata l' An∣gelo con Gedeone, à cui egli rispose: Si dominus nobis∣cum, quomodo tot mala patimur.

A.

Gli veri hebrei. Iddio vi sia salute.

E.

Era ben detto, essendo iddio medico, e medicina insieme on∣de il Profeta, Sana me domine, & sanabor.

A.

Gli Thebani. Iddio vt Dia salute.

E.

Hauea molto del Christiano, dependendo da esso ogni nostro bene.

A.

Gliromani iddio vi Dia salute.

E.

Più d'ogn' altra mi piace la salutation Turchesca, e greca, che senza frustar il capello, o turbante, ne la beretta, ponen∣dosi la destra al petto, con vn po pò d'inchino, dicano Sala∣malech▪ e l'altro risponde, Malec salam.

A.

Tutte coteste cerimonie assai aggradisco, per hauer non men del religioso, che del sincero.

E.

Egli è vero, tutta via oltra li sudetti termini di salutarsi, vsauano altre cerimonie ancora.

Page 418

A.

Ma non affettate, parti de quali ancor s'vsa in Europa.

E.

Cosi è, come scoprir il capo, cauar la beretta ò capello à mag∣giori, come apresso di Plutarco leggiamo hauer fatto Silla à Pompeo.

A.

Si leuauan ancor in piedi nell' aparire de suoi maggiori.

E.

Descendeuan da Cauallo.

A.

Dite di più, che facean smontar l' altri per esser riuerito, come fece Fabio Massimo, qual essendo Console, rincontran∣do il padre per la Città, li mandò à dire, che valasse, e che gli portasse quel honore, e riuerenza, che al suo grado con∣ueniua.

E.

Fu assai ben fatto, non chiedendo tal riconoscimento dal padre, come figlio, ma come publica persona, e Magi∣strato.

A.

Di più, l'vltimo era il maggior in leuarsi da tauola, si come i minorii primi.

E.

Nel visitarsi à casa basciauan gli lor cognati, e lor amici, co∣me ancor hora noi osseruiamo.

A.

Si, in basciarsi, ma non le donne, qual par, saluo l' honor d' ogn' vno, hauer più del lasciuo, che dell' honesto.

E.

Di più nel supplicar abbracciauan i piedi, come testimonio ci rende la publica pecatrice.

A.

Non sol li piedi riueriuan, ma di più basciauano le mani al∣li' peradori, in segno di honorar la lor potenza.

E.

Quindi dicendo vn villano à Agricola, baccio la vostra gran mano, rispondendogli l' Imperadore, mira la mia mano all' altre somigliante, sogionse il sagace contradino, Messe∣re io intendo della vostra gran posanza.

A.

Si getauan ancor alle genocchia, come fece Tigrante al vin∣citor Pompeo.

E.

Porgeuansi altresi la mano in segno di fede.

A.

Cedeuan la strada à lor maggiori.

Page 420

E.

Prendeuan per la mano l'amici, nell' introdurgli in casa.

A.

Piegauan il capo nel riuerire.

E.

Non sedeuan alla presenza de genitori.

A.

[ 19] Ma tutte le sudette, con cento milla altre di gran pezza eccdano quelle de nostri semidei, come se fossero descesi dal cielo, per far stupir il mondo.

E.

Ma di che parlete?

A.

Imaginateuelo, de sudetti galanti d'Europa, quali rincon∣trando vno de suoi amici, subitò con la bocca piena di melle, aprano il bussolo de compimenti.

E.

E che di indi?

A.

Immediatamente con mille atti inusitati, e con riuolgimenti del corpo, come se fossero scrimaioli; l'improntano vn serui∣tor padron mio, con vn vi baccio le mani.

E.

Ah, ah, sta bene: ma l'altro stasene cheto?

A.

Queto ah? se à caso ei sia vno de suoi creati, e della mede∣ma liga, o lega, subito con vna lingna tagliente, gli rispon∣de, ed io amendue, indi segue infilzando vna miliaia di fila∣terie, con mille mascherate proferte, che mai han fine.

E.

Per driglisopra di cio il mio concetto, parmi conuenire à ta∣li, che in se non hauendo molti di loro, altro di bono, che far professione d'esser gentili, tali esser deuano ancor nel fauellar, ne costumi, et altresi nell' opre.

A.

Verò è, sè fossero vere cerimonie, ma al più delle volte, hano lo manna in bocca, ed il rasio sotto la cintola: ò sono della schiata del Napolitano; largo di bocca, e stretto di mano.

E.

Ma enui di peggio.

A.

Che cosa? dite di gratia, e non celate il vero.

E.

[ 20] Si come io mottegiai dinanti, parmi tutto il sudetto potersi tolerare ne gentil'huomini, e virtuosi, che concorano con essi, e spesse fiate gli precedano.

Page 422

A.

Questo non fa à proposito, cerco del peggio.

E.

Di già le cerimonie, e compimenti son diuenuti cosi com∣muni, e famigliari à ogn'vno, che i Ciabattini, i Sarti, i Bar∣bieri con lor figli, Calzolai, Legnaioli, Spaza camini, Fal∣conieri, et ogni garzonastro, con simil frotta del popolazzo, le strapazzano come il macellaio la carne di acha vecchia.

A.

Ci lasciate il diritto della medaglia, che vi par de fameglij di stalla, parafrenieri, seruidori, et d' altri, che seguan e viuan con altri?

E.

Ohime, che hormi souiene: nell' incontrarsi massime se hab∣bino la memoria della lor seruitù sopra le spalle, à cui sia ag∣gionto fodro di veluto, vsano le cerimonie con tanta inso∣lenza, che parte con la spada, parte con le gambe large in atto di partorire, parte con la mano distesa all' amico, e con l' altra tenendo in larga forma il capello ocupano tutto la strada; talche bisogna attendergli, fin che habbian rosicato tutto il Galatheo: è finalmente partendosi, si profumano con titolo dimessere, finendola col signore.

A.

Ma di quali intendete?

E.

Potreui farui vn longo discorso di schiatta, di sangue, di ca∣sata, di descendenza, di grado, di titolo, d'officio, ma per is∣pedire il tutto sommariamente, son seruidori.

A.

Iscusatemi signore, la ciuiltà adorna l'huomo, più fiorisce in vn ben nato, spesso pute nel villano.

E.

Ricalcitrar si può, ma vincer non si può già la natura: con∣fessiamo, e non arosciam del vero, cotesta mal herba di ceri∣monie finte, cotanto cresce in ogni luogo d' Europa, che quasi affatto essendosene ito il puro amore, per suo luogo tenente, resta il compimento.

A.

[ 21] Tanto è moltiplicato in vero, che non solamente in presen∣za, ma ancor in absenza dilatano la filatera: con titulo di messer, magnifico, molto magnifico, signore, eccelente molto ec∣celente, reuerendo, molto reuerendo, reuerendissimo, illustre,

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molto illustre, illustrissimo, serenissimo, V. Maestà, che si con∣uien à Dio: vostra santità, che è render tutto cio, che si de∣ue à Dio. Ʋostra beatitudiue, che aspetta in corpo, e in anima alfruire il sommo bene.

E.

Cotesti titoli lasciamòli à chi li merita, chi livuole, e a chi li puo hauere.

A.

Non ben Filosofate, dite, e ditela à bocca piena. Il mondo manca in virtù cresce in superbia, crescan le liti, e men vien la religione.

E.

Il mondo s'inuechia, e quantonque egli sia stato sempre nido d'ogni malitia, e colpa, nulla dimeno quanto più si discosta dal suo principio, tanto ei peggiora.

A.

Hor non parmi tempo de disputare, ma intorno alle ceri∣monie, e compimonti, e titoli cosi passa il negotio.

E.

[ 22] Ma che direte di quelli, che sono cosi rozzi, e cotanto in ci∣uili, che come brutti animali in nulla, nulla ne osseruano, al∣tri con alcuni sono assai vrbani, con l'altri, del tutto barba∣ri, e non men indescretti, che discortesi?

A.

Con pace de più sauij, tal effetto credo procedere dal diffet∣to, ciòe per debolezza di viua fede, e mancamento di vera religione, e parimente di conscienza, per che credendo l'huo∣mo esserui iddio, si sforza d'osseruare la sua legge, e suoi pre∣cetti, ne quali dopo il creatore, ci vien comandato come noi stessi, amar la creatura.

E.

Quindi mi scoprite nelle sacre lettere contenersi vna mistica politia, con la quale ben potiamo viuer nel mondo, e prepa∣rarci al cielo.

A.

Ella fal'huomo, à Dio, & alli huomini grato.

E.

Dubio non ci è, che amando l'vno l'altre, gli sarà cortese, lo trattera ciuilmente, seco parlera vrbanamente, et ancor, che fosse rozzo, l'amore lo fara amoreuole, dolce, e soaue, e l' amaestrera ne costumi, ed vna picciol arte lo farà com∣pito.

A.

[ 23] Ma come potrà ciò auenire tra quelle nationi,

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quali nel lor idioma dichiaran questo nome prossimo, ciòe vicino, donde il forestiero ne vien affatto escluso.

E.

Non so quali si siano, e se pur vi sono, per il vicino ponno intendere ogni animal della medema specie, che è l'huomo. ò dell' istessa religione, e culto, che è il Christiano, quali in∣sieme son vniti di maggior nodo, che della carne, quanto maggior è il spiito della carne.

A.

Talche conchiuderemo, vn discortese, e villano, trattando con vn altro, sia che si voglia, se senza vera cagione lo dispre∣giera, lo ingannera, non li seruara nulla di quanto li pro∣mette, & in conchiusione, si come nel cuore, cosi nelle parolle, ne gesti, ne fatti, in presenza, & in absenza, li vsera sol discortesie, e torti, taciti, ò espressi: tal inurbanita diremo scaturire da poca fede, da apparente religione, e marzida conscienza, & essere propriamente di quella razza, che per seguitorno, ligorno, battetero, insputorno, incoronorno, e Christo crucifissero.

E.

Cosi egli è, perche la virtù è verso l'altrui, no verso se stesso.

A.

Ma che diremo di quelli, che solamente amano per l' inte∣resse loro?

E.

Di gratia lasciamo, che si come seguano le norme, cosi se∣guano il fine, che fece il lor Maestro Giuda, dal quale ap∣parorno il lor cotidiano concetto, Quid vultis mihi dare, & ego vobis tradam illum?

A.

[ 24] Quanto s' è detto assai mi piace, nulla dimeno, se vogliamo consigliar co dotti, par che più tosto il sudetto errore proceda dall' errore del tempenamento, e complessione, secondo la quale l'huomo opra.

E.

Iscusatemi, non intendo questo termine, temperamento.

A.

[ 25] Sette sono le cose naturali (quali non conosciute) non si può delle infirmità, ne della natura del corpo giudicare, esse concorendo, e consentendo alla creatione compositione, e per∣fettione d'esso.

Page 428

E.

Ma quali sono?

A.

Elementi, temperamenti, humori, membri, facoltà, spirito, ed operatione, che è attion del spirito, ed à quali on nssi l'età, il sesso, la ragin del viuere, e di vitiosamente, ò vir∣tuosamente operare.

E.

Ma qual dimandate Elemento?

A.

Vn corpo semplice, che da per se nulla può generare, ne men nudrire, questi sono fuoco, aere, acqua, eerra, quali ben che sian di natura diuersi, fra di oro be••••ssimo s'accomodano, e scambieuolmente s' abbracciano, & ancor che tutti quat∣tro concorino nella creatione di ctaschedum corpo, nulla dimeno l' huomo partecipa più della terra, & morto, che egli è, ritorna altresi alla terra, e l'elementi ritornano alla lor propria natura.

E.

Dunch, se ben però Filosofo, secotesti principij siano insieme debitamente, e conuenientemente vnits, necessariamente seguita vn buon temperauento, e l' huomo cosi del spirito, come del corpo é ben disposto, e proportionato.

A.

Egli è verissimo, perche se vitiosamente sian detti elemen∣ti insieme mescolati, dindi procede la prima causa d' ogni nostra, chente ella si sia, indispositione.

E.

Ma che appellate temperamento?

A.

Vna commune, e somma corcordia, e consentimento delle sudette prime quattro qualità, che insieme confondendosi, e ciascheduna riducendosi ad vn certo moderame, per il quale si fa la creatione, ed vn certo temperamento, che abbrac∣cia tutta la massa sparsa per ogniparte.

E.

Dunque chiamaremo temperamento quello, nel quale è vna certa mediocrità de contrarij elementi, quale alle cose ani∣mate, & inanimate si conuiene, per la quale ogni cosa viue, si salua, e perseuera bona, e sana nella sua natura, ma dege∣nerando, e discostandosi, e partendosi da cotesta qualit à sime∣tria, e giusta proportione, seguita vn tēperamento intēperato, il che si conosce, più per coniettura, che per veder si presume,

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nulla dimeno si fa per il per il più, e meno, ciòe se abondi più di colera, che di malencolia; men di malencolia, che di flem∣ma, meno della pituita, che del sangue: dunque per ritorna∣re al nostro proposito, li costumi, e simiglianti più tosto pro∣cedan dal temperamento che d' altra ragione. E cio ma∣nifestamente apare, à chiunque varca diuerse Prouincie, Regni, e Paesi tra di lor remoti, che conoscera per la va∣rietà de luogi, de temperamenti, dell' anni, de tempi, dell' elementi, dell' etadi, e qualità della vita seguitar varij costumi,* 1.15 e diuerse perturbationi. Quindi il Filosofo agua∣gliando gli Greci all' Africani, ed à quelli dell' Europa, dimostra gli costumiesser diuersi per la distantia de luogi.

A.

Perciò ancor alcune nationi son dette di natura bellicose, alire effeminate, altre colleriche, altre mansuete, e miti, ciòe timids, altre ingegnose, ed altre di poco, ò nulla di senno.

E.

* 1.16Per tal raggione dicea Galeno tra li Scìti esser stato vn sol Filosofo Anarcarsi dimanato, ma in Atene molti, tra gli Abderiti quasi ogn' vno esser pazzo, o cioco affatto, e per il contrario, pochi in Athene.

A.

* 1.17In conformità di uesto altroue dice il Filosofo, ch' ogni gi∣orno vediamo nel medemo Regno, Ducato, Contado, r∣uincia, nelle Cittadi, Ville, e case anchora, si come varie complessioni a' huomini, cosi varie inclinationi, varij costu∣mi, ò più, ò men cortesi, fedeli, ò infedeli, liberali, ò auari, con∣forme ella varietà delle lor complessioni.

E.

Non volete già, credo, tacitamente inferire, quindi ancor nascere le diuersità di religioni, e culto, il spirito d'vna com∣plessione non potendo eleuarsi alla sottiglieza dell' altra, ne men esserne capace?

A.

* 1.18Non voglio metter la falce in co tal messe: ma diroui bene, al dir del sudetto, ivario e diuerso temperamento esser causa del sangue, d' onde

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inferisce l' animali di poco sangne di lor natura esser timo∣rosi, e per la constitution della lor natura le Pecchie, e le Formiche, si come più dell' altri sanguigne, cosi sono via più prudenti.

E.

* 1.19Il medemo Auttore aliroue afferma esserci in vn certo modo dalla Natura inestati i costumi, di doue si può adag∣giamente preuedere ne fanctuli il seme del lor futuro pro∣cedere, l' attioni, & in partes lor succssi.

A.

Quindi li Lacedemonij, e molti Romani impiegauano ij lor giouenetti à quello, al quale vedeuan naturalmente esser in∣clinati, conoscendo, che aggiutando la natura, ben poteuan in quello riuscire, e difficilmente nel contrario, d'onde dice∣uano;

Nihil inuita facies, dices ue Minerua.

E.

Saggiamente faceuano, essendo che non solamente gli co∣stumi, ma l' ingegno, e la sapientia segue il natural tempe∣ramento,* 1.20 per diceua Aristotile, gli molli di carne, esser di mente eleuata alla contemplatione,* 1.21 e di buon ingegno, ed altroue soggiogne l' attra bile rendere l' huomini eccelentis∣simi nelle scientie.

A.

D più prouiamo con l' età mutarsi il temperamento, e con esso in noi altresi li costumi.

E.

Par in vero, al commun parere delli antichi dal tempera∣mento prouenire li costumi,* 1.22 onde Tullio affermaua l'arte della fisonomia rendersi certa più d' ogni altra diuinatione, perciò Zephiro facea professione dicertamente cenoscere la natura, e li costumi dell' huomini dalla disposition del corpo, dell' occhi, del volto, e della fronte.

A.

[ 27] Et io più tosto dall' occhi, perche al dir san Thomaso, si come tutto il temperamento, complessione, habito, e stato del corpo si contempla nella faccia, cosi tutta la faccia nell' occhio, qualè vn sommario, vn indice, vn catalago di que∣sto picciolo viuerso.

E.

* 1.23Il nostro intento aggiuta altresi il Filosofo, dicendo la nobilità esser virtu del genere, e della schiata, quale

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vien da tutti lodata, e preggiata, ma sarebbe d' esser dispreg∣giata, se gli costumi non seguitassero il temperamento del corpo, essendo sol questo l' vnico fondamento della nobiltà, e con questo sol modo si concatena, & abbraccia la natura, donde i descendenti di quel Heroe si presuman essi ancor esser illustri.

A.

Voi dite il vero, lodandosi li nobili, e gentil' huomini per es∣ser (per causa del dono del temperamente, ò complessione) di lor natura attissimi à lodeuoli, & vrbani costumi,

E.

Si conferma l' istesso con la commune sentenza de dotti, e massime de Stoici, quali tengano non esser in nostro bene∣placito gli primi moti dell'animo, perturbandosi, alterandosi, mouendosi, operando, e procedendo l' huomo per vna certa necessità di natura.

A.

Dunque Galeno, & Hippocrito con giuditio giudicorno li costumi dell' animo seguir la complession dell' huomo, don∣de facean professione d' esser ottimi institutori, e precettori de, costumi, per conoscere, come ottimi medici, il medica∣mento, modo, & arte di viuere necessarie alle nature, con li quali li nostri temperamenti, e vicij loro si poteuan cor∣regere, e rendersi bone constitutioni dell' animo, & atte ad egregij costumi.

E.

[ 28] Per schietamente dirgli il mio intento, sin qui, non solamen∣te ho vdito, ma per vdir quanto potete dire, l' ho aggiuta∣to nella sudetta Galenista opinione, ma hora narrargli vo∣glio, se gli piace, in cio il mio parere.

A.

Che noua politia è questa? voi sete Guelfo, e vi mostrate d' esser Gibilino? spirate freddo, è caldo: Iddio c' aiuti.

E.

Non vi marauigliate, per non esser questo, vn mutare, ma vn secondar i venti, temporegiar ne casi, e per ciuiltà non contradir à chi si ama.

A.

Tutto aggradisco, e si come fomentato hauete il mio parere, cosi farò il suo.

Page 436

E.

Quelli che han abbracciatila suderta opinione, negar non si può (con vostra soportatione) come molte altre, hauer diffesi vna gran follia, volendo l'istessi l'anima essertemperamento, è nascere dal natural temperamento, donde fra amendue es∣serui vna indissolubile vnione, ma coroito il temperamen∣to nelle parti principali, dissoluer si il corpo, e l' anima, che d'esso si forma, & esso suauendo, essa suauire ancora.

A.

Si come falso è il fondamento, sopra quale cotal capricio si fonda, altresi essa è falsa. Olira di ciò consideriamo la natu∣ra, e la conditione de costumi, chiamandosi costumi, per non prouenir essi dalla natura, ma per l' vsanza, e consue∣tudine, nella quale col tempo, e con continui atti acostumato s'è l' huomo, donde seguita, chese detti costumi seguitassero il temperamento, non per costume, ma per natura si conue∣reban, come anco conuengan l'altre cose, che seguano il tem∣peramento.

E.

Di ciò non dubito, perche dando la forma, viene ancor à dar tutto ciò, che la forma segue, e cosi li costumi non sari∣an costumi.

A.

Perisperienza ancor il sudetto si proua, vedendo noi, che so∣uente la ragione predomina il temperamento, come prouia∣mo in quelli virtuosi, quali essendo di natura lussuriosi, nulla dimeno, ò per vertù, ò per viuer più longamente (Anima∣lia enim quae crebrius coeunt, citius pereunt) consuman∣dosi peril tropo coito l' humor radicale, ò per auaritia, ò per non hauer con chi, si conseruan casti.

E.

Altre ragioni, per mia maggior quiete, e breuità, tacendo, l' istesso si proua col essempio d' Isocrate, di Stilpone Me∣garense adotto da Alessandro, Aphosino, e Cicerone, che quelle virtù essi ottenuti non haurebban, se gli costumi pro∣uenessero dalla natura, e se il temperamento fosse quello, che ciregolasse.

A.

Questo medemo parmi dimostrarel'esperientia, e prattica del∣la legge in tutta l'Europa, ed altroue ancora, essendo che (al dir

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del diuin Filosofo) quando si vede alcuno esser incorigibile, ed aguisa di infistolita vulcera insanibile, come indegno di vita, ad essempio dell' altri, per sentenza del Magistrato vien condenato à morte.

E.

Galeno fauttore della contraria parte, ancor esortò l' istesso douersi asseguire, per refrenar la rapace, e diabolica Chiur∣ma, ed ogni altra natura peruersa, e se altrimente fosse di quello, che si è detto, non l'huomo, ma la natura farebbe di mistier corregere: à che fine, à che proposito pensate, che Dio nella sua legge prometesse premio à buoni, e pena à cattiui, se l' huomo non hauesse habilità d' operare liberamente?

A.

* 1.24Ed io per mottegiar come voi fate, diroui parimente à que∣sto risponder Galeno, che noi amiamo i buoni, & odiamo i cattiui, questi occidiamo, l' altri conseruiamo, non perche cotesti pecchino, e l' altri sian virtuosi di sua elettione, ma douendosi naturalmente amare, & conseruare il buono, e leuare, e se si può, annular i cattiui, quindi occidiamo le vi∣pere, Scorpioni, e falangi, qualida se tali non sono, ma dal∣la natura fatti, & Iddio istesso amiamo, ò debbiamo amare, nulla dimeno egli mai nacque buono, essendo bono ab aeterno, e non da se stesso, ne per sua elettione.

E.

Sapiate signor mio, che Galeno intento à medicar i corpi affatto affatto era cieco nelle cose apartinenti all'anime.

A.

[ 30] Oltra di cio parmi douersi considerare, che altro è parlar del bene, altro del male dell' animo, e de costumi, altro de l bene, e del male dellanatura.

E.

Li costumi si dimandan nostri boni, ò mali che siano, proce∣dendo dalla nostra volontà, & elettione, ma altrimente se∣gue da quelle cose, che procedan dalla natura, perciò ingiusta è la sudetta comparation dell' animo col veneno delle vi∣pere, e fimiglianti, essendo il veneno malo della natura, non peró assolutamente malo, ma per esser à noi contrario, quindi occidiamo le Vipere,* 1.25 non perche cattiue, ma per∣che nociue, e dicendo la Legge: Vim vi repellere

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licet: li nostri inimici occidiamo, non potendo noi altrimente saluarci, donde legitmamente à lor leuian la vita, non per occiderli, ma per diffender noi medemi, e nell' atto dell' occi∣derli,* 1.26 non habbiam intento d'occiderli, ma di saluarci.

A.

[ 31] Di più le leggi solamente giudi cano di quei casi, che aparten∣gan à costumi, il che fanno per giudicar quello, che è in no∣stro potere, ma non giudicano quei casi, che dependano da quelle cose, che apartengano alla natura.

E.

Ne parimente vediamo biasimare, come vitiosi li bianchi o neri, ó brutti, ò ciechi, ò gobbi, ò stropiati di naturà, cioe che cosi sian nati, quantuche (come dalla natura, e da Dio segnati) sian più vitiosi.

A.

Ne anco le leggi prohibiscan, che siano tali, ma li vitiosi, li scostumati riprendiamo, correggiamo, e castigiamo, per esser tali, non per natura, ma per lor volere.

E.

Ma che diremo à quello, che dice Galeno intorno alla di∣uina bonta?

A.

[ 32] Tutte le cose, che assolutamente dimostran perfetione in noi, sono più che in superlatiuo grado in esso Dio, quind parte per questo, parte ancor, per che da esso scaturisce, depende, e procede come da vnico, e viuo fonte, thesor, e mina, ogni nostro bene, che egli si sia, però ragioneuolmente solo degno è d'ogni honore, e finalmente non dependendo egli da nium altro, ma quanto ei ha, non ha da altra causa, ò ragione, ma ha da se stesso, per ottimo, e massimo d'ogn'vno in ogniluogho è celebrato, e solo detto immortale.

E.

Ma che risponderete all' altra ragione adotta, ciòe che l'huo∣mo cattiuo per esser indegno di vita, à morte vien cōdennato, per conseruar li boni, e per essempio, e sperone de cattiui?

A.

[ 33] Dicendo con Hipocrato, Galeno l'anima altro non esser, che vn temperamento, e per il temperamento, e dal tempera∣mento necessariamente nascer, et proceder il costume, & altri somiglianti, et il suo contrario, ciòe la barbara

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rozezza, inciuiltà, bestialità, chiaramente apare per la morte, non potersi mutar il temperamento, ò complessione dell'animo, e secondo li sudetti auttori generandosi l'anima dal temperamento, et niente altro essendo, che vn tempera∣mento, alla perfettione diessa conuerebbansol quelle cose, che conuengan al temperamento, ma la morte totalmente annulla il temperamento, d'onde appare, l'errore e la lorfalsia.

E.

Dice di più l'istesso Galeno la forza del desiderio, non obe∣dire alla ragione, ma la virtù dell' adirarsi esser gli soggetta.

A.

Come insieme può star tal varietade, se amendune concoran à far il temperamento, e la complessione?

E.

[ 34] Alcuni giudican, che quelli, che seguan tal opinione, e lieuan all'huomo il libero arbitrio, cōfondan se medemi, distrugan le leggi, sbandiscan le virtudi, gettan à terra le discipline, ani∣chilano le forze dell vsanza, sterpano la cōtinenza, espegnano la giustitia, somerghano l'vso del premio, e sopiscano la pena, con altri infiniti inconuenienti, che per breuit à tralascio, ma in ciò io non mi intrico, ma lascio la cura alla chiesa.

A.

[ 35] Parmi per certo tal Galenista opinione non meno dannabi∣le, che quell' altra de Stoici, che i pensieri, l'attioni, i costumi, & altri infiniti vogliano proceder dalfato.

E.

Che, da quella immutabile dispositione delle cose mutabili, ò diuina sentenza, per mezzo della quale ogni cosa con ordine, e con necessità ineuitabile son prodotte, ò come dicea Plu∣tarco,* 1.27 da quella ragione sempiterna, e quella eterna legge vniuersale, ò come Hermete da quella vnione delle cose, quale à ciascheduno al destinato tempo quanto dal decreto diuino ab aeterno fu ordinato, distribuisse?

A.

Di quella io intendo.

E.

Cotesta altresi chiaramente apare solamente osseruar il no∣me, ed il titolo del libero arbitrio, atterrando affatto la na∣tura, la vera, e natia sua conditione, il che per non inquie∣tar me stesso, ne molestar altri, á parte lascio.

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A.

[ 36] Ma parmi non solamente li sudetti, ma ancor li Astro∣lighi hauer errato, volendo dal flusso delle Stelle, e dalla re∣uolution de cieli proceder le nostre attioni, costumi, bona, ò rea fortuna.

E.

Non vi ricordate, che altre volte io vi dissi, che li più dotti, delli altri via più son pazzi? e più souente non pazzi seiochi, ma vitiosi pazzi?

A.

Cosi non fosse, come egli è pur tropo il vero.

E.

Con tutto questo pero, che sin qui habbian discorso, non à pieno mi vien negato, che li costumi non procedan dalla na∣tura, ne apertamente dimostrato, che ciaschedun non pro∣ceda conforme alla sua complessione.

A.

Acciò che lei si achetti, passerò più inanti, ma col suo a∣iuto.

E.

Quantunque gran pezza sia, che più non studi, è dopó le spalle scioccamente habbi getato ogni mia quiete, donde fa∣uellando mi conuien sol quel poco produre, che nelli teneri anni io raccolsi, chente egli sisia, e quanto mi socorre, ne ha∣uerete parte.

A.

Debbiamo auertire li costumi, non assolutamente esser per∣turbationi, ma perturbationi rettamente fatte, ò formate, ò più tosto certi modi d' esse, di più sappiate, questo nome co∣stume pigliarsi in due modi, ciòe, ò per costume interno, ò per l' esterno, che in parte dall' interno procede, onde il Sa∣uio:* 1.28 Gressus hominis nunciant de eo.

E.

Ma qual appellate costume esterno?

A.

Ʋna attione, che come effetto, è prodotta dalla causa inter∣na; & tal esterno è manifesto inditio del costume interno, si come il fumo delfoco.

E.

Ma di quante spetie giudicaremo noi, che egli sia?

A.

Di due, vna dalla natiuit à procede, l' altro col tempo s' ac∣quista, se dal nascimento scaturisce, può à tutti conueni∣re, & esser commune al genere humano, si come tutto

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è di ragione dottato; ò è solo di qualche natione, ouero di qualche huomo, ò huomini particolari.

E.

* 1.29L'istesso dice il Filosofo: Singulis mores quosdam per naturam competere, e Seneca afferma l'istesso.

A.

Ma il costume, che col progresso di tempo s' acquista, ò che è di poco momento, e breue tempo, e lo chiameremo vna cer∣ta dispositione; ò che egli constantemente perseuera, et tale sarà habito, che più propriamente si dimanda costume, ed Aristotile dicendo li costumi acquistarsi col vso, di tali fa∣uella.

E.

Ma qui bate il punto, giudicaremo tali costumi seguir la complessione, ò temperamento?

A.

Per satisfar in parte al mio desio, qual altro oggetto non mi∣ra, che satisfar al suo; virispondo il costume, ò altra attion humana in tre maniere seguir il temperamento, o come causa equale, ò non equale, ò simile, ma più eccelente, ò finalmen∣te come suo mezzo, ed instromento.

E.

Ma se noi parliamo della facilità, et inclinatione ad essi?

A.

Senza dubio veruno l'inclinatione de costumi segue il tem∣peramento, e con la sua mutatione, come chiaramente vedi∣amo nelle etadi, e nelle nationi essi ancor variano, quindi saggiamente dicea Hipocrate, e Galeno il digiuno, e l'asti∣nenza molto esser vtile per reformar li costumi.

E.

La cotidiana esperientia il prova, vedendosi quelli, che son mal eleuati, però mal creati, cola crapula, e riempimento ne lor gesti, atti, parolle e procedere diuentar tanto insolenti, e petulanti, che non solamente la forma perdan di Christiano, ma tramutandosi peggio che in brutti, diuentan come furie infernali: ma che direte se noi propriamente parliamo de co∣stumi?

A.

Eglino non seguan il temperamento, ne ciò gli con∣uien per natura, ma è in nostro potere, e per vsan∣za, e consuetudine s' acquista, quindi si dice il

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costume à ciascheduno esser demonio, e la cousuetudine vna altra natura.

E.

Egli è pero'd auertire, che quantunque li costumi propriamente come costumi, non necessariamente seguano il temperamento, nulla di meno l'huomini spesse fiate il seguano, viuendo eglino al più delle volte, secondo che dalla natura lor sono impiegati, il che di conti∣nuo vediamo osseruarsi nella moltitudine della scostumata, & in∣solente plebe.

A.

Ma quelche è più, l'istesso, e souente più che l'istesso, & altre volte poco meno miriamo in alcuni, che sol han divertù il vantarsi d'esser ben nati, e di sangue gentile, quali pur dicessimo, hauer il lor temperamento fauoreuole alla ciuiltà; e per il contrario prat∣tichiamo molti di bassa conditione nati, esser molto ciuili, nel lor proceder assai prudenti, et in ogni giesto, et attione pieni d'vrba∣nità.

E.

[ 37] Essendo l'huomo di sua natura ragioneuole, seguendo la sua natura, segue essa ragione, quale ò più, ò meno lo impiega alla virtù, & osseruando li buoni, ne caua essempio di rifor∣marsi, e csi a buoni costumi egli s' inuia: ma dall' altra par∣te ancor par, che comencia dopo l' vso della ragione, viuere secondo la vita del senso, conseruandesi con la medema, ne senza l'istessa potendo viuere, ne far cosa alcuna, via più re∣sta impigato à viuer secondo il senso, qual inuitandolo al be∣ne, e'd al bene delsuo grado, ciòe al ben del corpo, e più spesse fiate à cose, che sol hanno aparenza di bene, come di piaceri con suci anessi, e conessi, quali sono quasi infiniti, quindi vi∣ensi il misero a disuiare dal vero bene, al quale, la mente di sua natura l'inalza, e l'inuita: però vediamo l'huomo di sua natura per ogni suo grado desiderar, e ricercar il bene, ma per l'vnione delli due gradi, ciòe del senso, et della mente, accidentalmente vno leuandolo dal vero bene, quindi di∣cesi l' huomo naturalmente esser più al vitio, che alla virtù impiegato, qual inchinatione, ò iega, è corru∣tella, ignorantemente di proprio voler seguendo, segue,

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et si da in preda ad ogni male donde restaseruo del peccato, e reo di morte.

A.

Dunque seguendo il senso, e ricalcitrando alla ragione, e signoreggiando la sensitiua l'intellettiua, resta l'hucmo d'ogni virtù disarmato, di buone opre nudo, di lodeuoli costumi suestito, d'ogni buona qualità spellato, senza forma dell'amor fraterno, resta come vn monstro infernale, priuo d'ogni bonò costume, e senza alcuna vera vrbanità, & in ognicsa, non solamente imperfetto, ma più che vitioso apare, e non come figlio di Dio si scopre, ma come vero herede deli'inferno.

E.

Tal che volete dire, che Dio lo fece huomo, ed egli si fa be∣stia, il padre lo creò gentilhuomo, ed egli si fa mecanico, la schiata lo fece nobile, ed egli si rende ignobile, e per il con∣trario il plebeo con le virtù, e boni costumi si fa lodeuole, e si dispone à maggior stato.

A.

Tutta via quelli, che talison per inclinatione di natura, s'egli∣no saran ben eleuati, auerrà altrimente, che cosi amaestrati, e fatti ragioneuoli, e più sauij, pono superar i cieli, signore∣giar le stelle, e correger lor stessi.

E.

Nulla dimeno più adaggiamente ciò pule ottenere, se la na∣tura l' aiuti, e fauorisca; et il proprio composito l'impieghi, più che se glisara repugnante.

A.

[ 38] Cotesto io confermo, ma con questo auertimento, che se li co∣stumi seguan il temperamento, non lo seguano come causa a∣degata, ed guale, conuenendo altresi il temperamento alle piante, ed à metalli, à queli però non conuengan li costumi, ne come causa propria, essendo, che quello il quale è vitale, sifinisce, e si rende perfetto con la cognitione, come sono li co∣stumi.

E.

Quindi gli primi costumi, e le inclinationi ad essi, non se∣guan il temperamento, come causa principale, ma molto me∣no principale ordinata per seruir all'anima, quale seguita co∣me principale materia, sperone, & instromento, ma il giuditio di sensi, e la virtù imaginatiua saran come causa lor princi∣pale.

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A.

[ 39] Euui vn altra auertenza, che quelle cose, che seguan il tem∣peramento, sono di due sorti, alcune cosi necessariamente il seguan, che non si possam, corregere, come li sapori, odori, co∣lori, è simiglianti, quali seguan il temperamento, come cau∣sa principale, et adeguata, alte il seguano non cosi necessa∣riamente, ma sono di tal natura, che col studio, e l'sercitio, e l'vso si può corregere, e dital spetie sono le perturbationi, eli costumi.

E.

Egli è verisimile essendo, che la ragione della varietà tra loro prouene, perche esse ricchiedan cognitione, & in parte ad essa sisottopongano.

A.

[ 40] Non dimeno, se consideriao le perturbationi dell' animo, ritroueremo alcune d' esse necessariamente seguir qualche temperamento, come la pazzia, et il furore, essendo tali cosi vehementi, che non solo corregger, non si posson con la ragio∣ne, ma anco sotto metano l'vso suo, quindi li pazzi non sono soggetti alle pene leggali, non essendo in facultà del patiente il regolarsi, donde, ne di legge, ne d'ammonitione han di bi∣sogno, ma dell'Eleboro, ne tali (essendo non solamente per∣turbationi, ma più tosto infirmitàdi, che acciecan le parti superiori) si pono con vna bona disciplina, ne meno con bona educatione corregersi, ne emendarsi.

E.

Quindi dunque seguit à l' affettioni dell'animo più seguir il temperamento nelle bestie, ó nell'huomini à lor simili, ciòe di ragione incapaci, che nelli saggij, che si seruan delli doni della ragione.

A.

[ 41] Anzi non essendo le bestie soggette à ragione, ne à disci∣plina alcuna, totalmente seguan il temperamento, ma nelli animali, che correger si pono, e che sono di ammaestramento capaci, come li cani, vccelli, & altrisi puon mutar in parte, il che però si fa per mezzo della ragìone altrui.

E.

Si ma l'huomo si correge, & amaestra, se egli vuole, con ragion propria, e li animali per ragion dell'huomo.

A.

Ma hauete mai osseruato à cōfusione dell'huomo, spesso aue∣nire, che ei col suo dono ammaestra vccelli, e disciplina l'ani∣mali, ed egli istesso, mai resta ammaestrato, ne costumato, an∣zi sempre cresce via più dissoluto, come animalaccio?

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E.

Più di mille fiate, e nulla dimeno per causa della ragione, li costumi propriamente conuenghan all'huomo, perche se veri costumi sono, non sono dalla ragione separati, ma da essa pro∣cedan, come da suo proprio fonte.

A.

Ma che direte de primi ti, e costumi dell' amore, e d'altri, sono eglino forsi in nostro potere?

E.

[ 42] Essendo, che la ragion souertano, par che non sian in nostra facolià: pur io credo, che in parte siano nella nostro mano, perche l'huomini con li costumi, creanze, disciplina, & edu∣catione potrian disporsi, vsarsi, & habituarsi in tal virtù, che oltra il douere, tali passioni non regnarebbano, ne predo∣minarebbano in noi, ne eccederebbani termini della ragione, no corromperebbeno i buoni castumi, l'honesto, & honorato procedere, benche li Stoici sciocamente habbino tenuto il contrario.

A.

[ 43] Ma di nouo dubito, come sia vero, quanto s' è detto dispra, il temperamento esser instromento delle perturbationi e de costumi, essendo che dalla varietà dell' instrumenti non si muta l'instituto; ne il consiglio dell'artefici, ma dalla din∣stintione de temperamenti, segue vna varia inchinatione, & vn vario desio dell' animo, ò perturbatione.

E.

Li temperamenti non sono instrumenti materiali, come quelli dell'arte, ma sono instromenti con qualche ragione, d'onde vengano ad esser stimoli, eccitamenti, esperoni delle pertur∣baioni, essendo parte di colui, che viue, ma non separata da esso viuente, come sono l'instromenti dell'arti, d'onde à di∣uersis non fit illatio, non si fa buona consequenza da cose diuerse.

A.

[ 44] Dunque conchiuderemo, performar, e riformar li costumi d'vn huomo (sia egli barbaro, rozzo, ciuile, ò politico) l'in∣flusso dicieli, e delle stelle, come cause communi, il fatal de∣stino, per esser l'estesso con la natura, e solamente da essa distinto per la ragione, che per la naturaformano, e com∣pongano in varij modi otesto organico corpo, & il tempera∣mento come materia, eccitamento, ed instrumento, agiutarlo.

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E.

Egli è verò, perche essendo impiegati, e dalla natura aggiu∣tati,* 1.30 han maggior forza à felicemente ottenerli, onde Aisto∣tile diceua l'huomini esser buoni per dono della natura, per virtù della ragione, e per l'vsanza.

A.

Ma come puó star questo, essendo tutti l'huomini della me∣dema massa, e delle medeme facoltà dotati dalla natura?

E.

Tutte le pietre, l'arbori, et animali sono della istessa mate∣ria della lor speti, non dimeno per esser differenti nel tempe∣ramento, diuerse foglie, varij fiori, differenti frutti, e par∣ticulari virtù hanno, non altrimente l'huomo per la diuersi∣tà del temperamento, e constitution del corpo, alcuni più al∣le virtudi, altri più alli vitij sono impiegati, quindi altri ve∣diamo via più edaci, altri più miccidiali, altri più venerei, con simiglianti; per il contrario altri più inclinati alla giu∣stitia, temperanza, fortezza, creanze, costumi, ed altre lodeuoli attioni.

A.

Del medemo parere son ancor io, non dimeno cotesto nostro temperaento, et ogni nostro dono per il dono della libertà di volere, ciò che noi vogliamo, si può impiegare à diuersi fi∣ni, e per essi si può eccitare ad operare.

E.

Ʋoi dite il vero, onde circa al nostro proposito (se però non ho nel giudicar, errato) parmi ne miei peregrinagij hauer osseruato, altri esser ben accostumati, creati, ciuili, e nelle lor politi che attioni quasi compiti, per lor natural cortesia, altri per religione, altri per pompa, altri per affettione, atri per esser stati cosi eleuati, altri per otio, altri per acquistar credito, e lode, altri per esser tenuti, e dar ad intendere, più spesso per ambitione d'honore, è riuerenza, et altri final∣mente per acquistar amici.

A.

[ 45] Ma come per nathia cortesia?

E.

Che (come leggiamo nelle vite dell' imperatori, e nell' historie d' altri eccelenti, è rari huomini) molti son stati di natura trattabile, amabile, vrbana, e tutta ciuile, che ancor in molti cittini, e citelle vediam, il che

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può, esser per hauer eglino il spirito più purificato.

A.

Non mi par ragion fuor di proposito, perche douendosi il cur nudrir di sangue, primo nel suo destro ventricolo l'as∣soglia, e lo fa liquido, a' oi lo manda alla buca dimezzo, doue lo cuoce, digerisce, distilla, e purifica, da poi (come otti∣mo Alchimista, traghetalo nel sinistro ventricolo, doue di cosi puro, come è, ne lo sublima, e conuerte in spirito, il qual ai certo, e via più chiaro, sottile, e puro di qual si vo∣glia corpo, che possan far l' element, donde (secondo alcuni) ne nasce la ragione, quale maggior lume possiede, come maggior è la purificatione, & eccelentia del sudetto sangue, qual si presume assai ben perfettionato nelle sudete ciuili, è cortese nature.

E.

Ma quali giudicarete esser ben creati per la religione?

A.

Per osseruanza, come gia dissi, del diuin precetto, che con∣templando nella creatura il Creatore, non lo può se non a∣mare, rispettare, & honorare, anzi transformarsi in esso, come fa vn diligente, e fedel seruo nell'osseruar con ogni di∣ligenza, & ogni affetto le vesti del suo Parone, per il con∣trario il transcurato & infedele, voltate che li ha le spalle il suo Patrone, non solamente non le preggia, ma le vilipen∣de, e conculca, e se con frude può, più volentieri le rubba.

E.

Ma come diresti voi, vn esser per pompa accostumato?

A

Non lo sapete? varcate il mondo, visitate le corti d' Europa, mirate li Prencipi, attendete li personaggi, meditate li gran Signori, e vi amaestraran benissimo.

E.

Oh, oh, hora vi intendo. Ma come pr affettione?

A.

Può auenire per benefitij preceduti, ò che si speran, e simi∣glianti mezzi, ò per longa amista, ma pi souente per sim∣pathi.

E.

Ma come per esser stati cosi aleuati, difficilmente potendosi riformar vna rea natura?

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A.

La vita dell' huomo nelle cose polituhe, è aguisa del Ipsi∣lonne greco, che prima che sia di ragion capace, nulla può operare, ne pecca, ne demerita, ma venendo all' vso della ragione, si può impiegare alla destra, ò alla sinistra mano; però essendo in nostro potere il principio, cosi del mle, come del bene, comenciando l'huomo da fanciulo esser indrizzato alle virtù, & esser virtuoso, non si guastarebbe il giudiio, qual guastandosi per nostra colpa, chi fa male degno non è di perdono, ne men di scusa.

E.

Ma come per otio?

A.

Perche essendo molti veri ritratti dell' otio, e del tutto priui d' essercitij d' ogni vera virtù, di cui, è proprio, operare: tali, come rispose Thessalia, sono i piu ciuili, che si ritroua∣no, tutto il lor studio, parte com Filomelle per compiacere alle donne, che speialmente di ciò scioccamente si pascano, parte per adescar l' occhi, e rubar l' ingegno d' ogn' vno, acciò che altro non miran, ne ammirrin, se non d' essi, come cose vniche al mondo, il remanente del tempo, passan con vn delicato sapor di cerimonie, compimenti, de quali essi si nudriscan, e se ne gloriano, come a'vna delle più illustri cose di Roma trionfante.

E.

Ma come per acquistar credito, ò lode?

A.

Acciò vsando eglino vrbani, ciuili, e bei costumi, appresso l' huomiui acquistan nome, e credito d'esser più a' ogni altro politico, ciuile, e gentil' huomo compito, giudicandosi hoggi∣di, quasi in ogni stato, la perfettione consister sol nel esterno.

E.

Come intenderete per esser tenuto?

A.

Huomo di giuditio qual si sa accomodar con tutti, ben trattar con qual si voglia, dar satisfattion à ciascheduno, conforme al stato loro, temporeggiar in qual si voglia cosa, e caso, e con vna sottile sagace, e furbesca prudenza humana acquistarsi fama d' esser vn gazzofilatio di sapientia, e conse∣quentemente degno d' ogni gran maneggio, e meritar qual si voglia preminenza, e grado, e dignitade, e se possibil fosse,

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come vn altro Cesar, non però in opre, ma sol in in tiri, e presontione, adornarsi di titolo d' vn Dittator perpetuo.

E.

Iscusatemi, questa mi pare la quinta essentia d'ogni forbaria mondana.

A.

Chi ne dubita? abagliando l' occhi delle nottule, souente sormontan ogni altro in honore apresso il mondo, che d' in∣ganni sol si nudrisce, ma spesse accade, che entrano come Volpi, regnano come Lupi, e se ne partano come Cani. Tut∣ta via sia come si voglia, negar non si può tali hauer la lor natura, le stelle, ed il composito fauoreuole.

E.

Ma come esporremo per dar ad intendere?

A.

Ciòe per ingannare, come per dissimular vna ira, odio, & ini∣micitia, e desiderio di vendetta, col aparenza di mille atti estrnsechi di cortesia, & hipocrità ciuiltà ne gesti, e nelle parolle, cosi celando il pestifero veneno nel cuor rinchiuso, che luogho sol, e tempo aspetta perfar vendetta, qual sono veri discepuli del traditor discepolo; del quale è scritto, os∣culo hominis filium tradis: e se pur non espressamente, al∣men tacitamente lo tradiscano, cercandogli con ogni mali∣tioso artificio di leuarli la fama, & il credito: con ogni possi∣bil mezzo di troncargli ogni suo disegno: d' incrociare og∣ni suo importante affare, & ad essempio de cortegiani d'Eu∣ropa, co la sua esaltatione, fabricargli vna perpetua rouina.

E.

Come intenderò, per esser riuerito?

A.

Facendo honore ad altri per esser honorato, e riuerito, quale in vero è gran politia; non solamente mostrando d' amare, ma ancor temendo il popolo quello, il quale vede d' ogn'vn esser stimato, donde pochi ardiscano di fargli torto, ne in qual si voglia modo prouocarlo; al qual stato l'huomo peruiene col vlore, benefitij, & col rispettar ogn' vno conforme al stato, il che è più facile, come l' altro non è sempre in nostro po∣tere.

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E.

Ma come per moltiplicar amici?

A.

Perche l' huomo come letame coperto di neue, cotanto è peruerso, che sol si ciba di fruda, Obsequium amicos, veri∣tas odium parit: bisogna, che con false lodi lo lusinghi, con mellate parolle, ul' imbalsami, con finte crimorie tu lo a∣lacci, altrmente mai acquisterai il suo cuore, ne mai sarai delli suoi inmi: Mendo scelerato chi ti fece?

E.

Quentunque l' huomo disciocco, spsso si facci indouino, e nel giudicar male piu souente s' accoglia il vero, nula dime∣no, se giudicar vogliamo, giudichian not stessi, che metten∣dosi la mano in senno, la cauaren tutta leprosa.

A

Lasciamo, per cortesia, cotesto, per antipasto à semplici.

E.

Iscusatemi signore, che la humana mente è cosi nobile, che nell' istsso momento può intendere à diuersi oggetti senza leuarsi dal più perfetto scopo.

A.

Talche volete inferire, che vno potrà esser ciuile, costumato, e tutto politico principalmente per osseruar il diuin precetto in amar il prossimo, secondamente per secondar il mondo, nel quale Iddio di carne l' ha creato, e volendo conuersar, e vi∣uere tra li altri, gli è di mistieri con nociue cose cibar gli guasti, & infermi palati.

E.

Voi dite il vero, perche bisogna, ò morir al mondo, ò viuen∣do nel mondo, esser mondano, altrimente il mondo come suo capital nimico lo perseguitera sino alle ceneri.

A.

Di natura tutti siamo auidi, via più, che non si deueria, d' honore, quindi più amano l' orecchie nostre le melodie delle parolle, che si laudano, che qual si voglia altro soauissimo canto, ò suono; e però spesso, come voci di Sirene, sono causa di sommergere, chi à tal fallace harmonia bene non se l' ot∣tura, qual pericolo conoscendo l' antiqui sapienti, han scritto il modo, con quale l'huomo possa conoscere il vero amico dull' adulatore: ma pur cotesto nulla gioua, ritrouandosi inf iti, che chiaramēte discernano esser adulat, nulla dimeno amano,

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& gradisean l'adulatori, & con odio eccessiuo perseguitan chi lor dice il vero: e quelche sopramona ogni pazzia mondana, souente parendogli, che, chi li lauda, sia troppo parco, ristretto, e sugellato nel dire, essi medesimi l' aiuta∣no, e di se stessi dicano tali cose, che l' impudentissimo adu∣latore di dirle s'arrossa.

E.

Lasciamo, ch' ogn' vno nel proprio errore, se non sommerso, almen resta confuso.

A.

Ilsaggio, e giuditioso di leggieri conoscera dal nerro il bian∣co, ne per false cerimonie vsate, si presumera di se stesso, se non quanto ben chiaramente discernera esser vero.

E.

Ma con licenza Signore, io vado, ed à lei hora ritorno,

A.

Con mille auttorità.

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DIALOGO II.

Nel quale il Signor Eutrapele, e Signor Alatheo, spasseggiando per la Città, di varie cose insieme discorrano, e primo delle Corti.
Eutrapele.

[ 1] EBene Patron mio, vi piace, che ce n'andiamo?

A.

Hora fra di me stesso apponto pensauo doue potiamo andare con maggior nostro gusto, e sen∣za colpa, per passar il tempo.

E.

Andiancine alla Corte, che costi rincontre∣remo gli nostri amici, Signori, e Padroni, che ci riferiran qualche cosa di nouo.

A.

Dio voglia che più tosto non vediamo foggie nuoue, che vdiamo veruna cosa di nuouo.

E.

Desiderarei, se gli aggrada, ch' issimo in luogo, doue potessimo, non men vdir, che veder, e contemplar qualche cosa di raro.

A.

Cotesto è' l mio, e commun, credo, desio, perche mirar cose coti∣diane, pocca satisfattion all' occhi arrecca, e men al spirito.

E.

Vosignoria dice il vero, che il veder palazzi de Corti con pocca archittetura fabricati, non molto dilettan l' occhi di quelli, che altroue vedutihanno corpi di fabriche veramente illustri, e rare, con ogni compimento di magnificenza, stato, ordine, & arte edi∣ficati, quasi quanto l' humana mente possa qui giù bramare.

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A.

[ 2] Auertite signor mio, può auenire, che qualche palaggio, non sia (come voi dite) cosi alla vista bello nell' estrinseco, come è il reale di Londra, ma à cio supplisce, si la sua anti∣chità, per cui è via più nobile, si il numero delli apartamen∣ti, e delle camere, donde molto è più commodo, si ancor (per commune fama) essendo egli, non solamente di rare tapez∣zarie, e quasi d' infinito numero de vasi d' oro, e d' argen∣to, ma ancor di qual si voglia cosa, al real decoro aparte∣nente, di dentro cosi ben fornito, che à niun altro cede: oltra che, l' esterna prospettiua à che può seruire?

E.

Vna cosa perfetta, perfetta è in ogni circonstanza: di più sa∣tisfan à lor genij, e pascan l'occhi altrui, nel remanente, chi si contenta gode.

A.

Ma qui sta il punto, bisogna mirar più inanti; che la mag∣nificenza d' vna Corte, non sol consiste nella corporal pom∣pa d' edifitij, e d'altre cose simiglianti (si come ne anco i Du∣chi, ne Principi, ne Refurno sol creati per boria) ma nell' ordine, politia, ciuiltà, costumi, virtù, nell'amministratione d' vna intatta giustitia, e bilanciata equità in ogni cosa, che cosi ella vien, quasi á rapresentarci vna altra, ma in ver rittrato della celeste Hierarchia; parte ancor nell' honorato seguitò, & illustre concorso d' ogni stato di persone, massime de ricchi Gentil' huomini, valorosi soldati, giudiciosi capi∣tani, honorati cauaglieri, esperti colonelli, antichi Baroni, dotti e vertuosi Prelati, gran Conti, potenti Marchefi, obedienti Ducchi, e diuersi ambasciadori de gran signori.

E.

Quanto à tutto cotesto, la nobilissima Corte d'Inghilterra∣aguisa d'un soauissimo giardino, parmi risplendere.

A.

Dubitò che siate, altre volte, stato Cartegiano.

E.

Ho veduto nella mia giuuentú varie, e diuerse Corti, e pratticato ho co Cortigiani: ma giá mai cortegiano io fui, e voi Signore?

A.

[ 3] Per dirgli il vero, il non hauer hauto sofficiente isperienza, ne men assai dottrina, di cotesto non mi son troppo curato.

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E.

Quantunque l' arte abbellisca il tutto, nulla dimeno, spesso interuiene, che doue peraduentura manca l' esperienza, ed il sapere, soprabonda la dispositione della natura, e dell' ingegno.

A.

Sia come si voglia, ho lasciato l'impresa à quelli, obesano acquistare la gratia de Prencipi, e schermirsi dall' inuidia, e maleuolonza de Cortigiani.

E.

In cotesti duepni consiste il tutto.

A.

Egli è pur troppo vero, nulla dimeno il studio, le lettere, il caualcare, il correre alla quintana, & all'annello, il combat∣tre alla sbarra, & il torneamento son gli veri freggi d' vn cauagliere, e cortigiano.

E.

Parmi gran decoro la liberalità, e dar caparra d' vn nobil, & elleuato spirito, cosi la magnificenza, il teir honorata tauola, l' edificare, & in ogni degna occorrenza dimostrar∣si valoroso sauio, e giudicioso soldato.

A.

Ma non sempre, ne ogn' vno puote esser liberale, ne men ro∣busto, ma si cortese, e ciuile, però parmi la cortesia, via più poter, e douer de corar vn Cortegiano, ma quando ei vale, l' essercitij del corpo, e' l valor dell' animo insieme co le vir∣tù de costumi meglio lo forman, e lo rendan, non solo al prin∣cipe, ma ancor grato ad ogn' vno.

E.

Pure sopra ogn' altra cosa, la fortezza & il valore, e libe∣ralit à lo ssalta: essendo più all' altre gioueuole, e più esti∣mate qualità son quelle, che sogliano impiegre, & allacciar l'animo d' vn Principe, essendo ragioneuole, che egli via più quelli ama, che per le virtù più son istimati.

A.

Ed io oltra di ciò, giudico, che douendo vn cortegiano, co∣me virtuoso, non sl essrcitar il corpo, ma etiamdio i' in∣telletto; acciò non poss esser tassato per rozzo, & ignoran∣te, douer hauer buona cognitione della Filosofia naturale, diuina, dell' Historie, poesia, e della facoltà oratoria, e dell' arti più nobili, oome della scoltura, pittura, archittetura, che

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ritrouandosi di cotante buone qualità dotato, sarà honorato dal suo signore, e la beneuolenza seguira li honore.

E.

Cotesto parmi verissimo, poscia che l'amar quello, che sol per natural affettione stimiamo, e promouiamo senza verun suo merito, più tosto da manifesta passione procede, che da san giuditio.

A.

[ 4] Ma qui m'occorr'vn dubio, che l'inuidia sempre la virtù seguendo, co quei medemi mezzi, co quali vn cortegiano ac∣quista la beneuolenza d'vn suo signore, co l'istessi mezzi al∣tresi incorre nella perfida inuidia de cortegiani, et hoc est mare magnum peruersis linguis spatiosum.

E.

Si come vn medico, ò chirurgo volendo sauar vn membro, ò corpo da due graui passioni agrauato, principalmente og∣ni sua industria indrizza alla cura del più pericoloso, fra tanto mitigando, se può, l'altro minore, cosi il cortegiano, non potendo quasi insieme ottenere, co le sue virtù, la gra∣tia del Principe, et la beneuolenza dell' altri, con ogni studio debbe attender alla più importante, senza però dal canto suo reccar ansa di veruna inuidia: ma perche sospirando trauolgete l'occhi?

A.

[ 5] Non vorrei dir, ma pur conuien ch'io dica, quinci scorprirsi, che il cortigeano altro non è, che vna creatura via più che infelice, peròsaggiamente, non men che veracemente, disse il Guirino:

* 1.31Hor chi dirà d'esser felice in corte, Se tanto alla virtù nuoce l'inuidia?

E.

Sappiate signor, che le cose per lor natura disgiunte, con l' arte si pon congiongnere, et insieme aguolmente vnire: però essendo la corte vna adunanza, ò compagnia, e delle adu∣nanz alcune facendosi per diletto, altre per vtilita, quella della corte per esser ad vno vtile, all' altro rouina, à questo palazzo, a quello carcere, ad alcuni gratia, & ad altri dis∣gratia, quindi non la potiamo simplicimente dimandar con∣gregation per vtilità, ne per sol diletto, ma per altra causa, qual vnica sarà l'honore, ò il seruitio del Principe, che sarà

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quasi l'istesso, donde il cortegiano dimandar non si può in∣felice, anzi seruendo a vn giuditioso, sauio, grande, è giusto Principe, più che felice.

A.

[ 6] Cosi io penso, che sia, donde dicendo vn gentil huomo, io so∣no al seruitio d'vn Principe, tanto vale, come se egli riferisse son seruo d'honore.

E.

Parmi l'honor esser il fumo, ma la sernitù la sostanza.

A.

Essendo, la corte vna congregation d'huomini raccolti per honore, egliè (come vi disse) seruo d'honore, benche l'honor ricercar ancor si possi (se non vi è il tacito interesse del gua∣dagno) nel far osseruar le leggi della republica.

E.

Serua vno, ò alla communità, ò al Principe, al fine essendo seruo, parmi non sia degno di tanto honore, come voi dite.

A.

Quantunque habbia qualche simiglianza di seruitù, non è però in tutto giogo di seruitù, essendo tali per splendore del Principe, e della corte, tuttauia per compartir il tutto giu∣stamente, dicògli esser degni di maggior honore quelli, che all' altri commandan.

E.

Commanda altre si il cittadino, ma chi, di lor sia il maggiore, ancor si disputa.

A.

Si come la moneta si conosce dalla marca, cosi l'uno, dalli'altro honore, dal grado, e dal fine si discerne; il cittadino dalla fortezza, e liberalità acquista honore, cosi anco il cauaglie∣ro, e'l cortegi o, ma sol si distingue peri gradi maggiori, ò minori: ma pel fine vno dall'altro è differente; il ver cor∣tegiano ha per fine la riputatione, & honor del Principe dal qual derriua il propri, come riuo dal foute, per honor di cui, per la libertà della sua patria, e ben commune, per su prprio honore debbe adoprar l'armi, e'l Principe per i sudditi; e per la republica, e'l Principe deue esser architteto in ben vsar la fortezza del suo velroso suddito, acciò aguisa diferoce corsiero, ò destriero mal regolato, o non disciplinato,

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non precipiti, et il cortegiano con humiltà, à quel che co∣nosce esser al Principe grato, obedir dee, donde acquisterà la sua gratia.

E.

[ 7] La gratia con le virtù, s'acquista appo i virtuosi, e lvitio tragli vitiosi: come seguirà che vn virtuoso sol con la vir∣tù, acquista gratia, se nellè corti la virtú è odiata? e se è odi∣ata mai può aggradire?

A.

Il cortegiano, che desidera di gradire; debbe auertire, più d'occultare, che aparere, si per schifar l' altrui maleuolen∣za, e tacita persecutione, si perche quello è per Natura signo∣re, à cui è concesso il principato dell' inteletto, e di prudenza, donde se à caso egli di spirito, d'ingegno, e di sapere natu∣ralmente preualesse il Principe, lo eccitaria a degno, et odio contra di se stesso per causa della naturale superiorità, qual esser suole via più, che odiosa in vn gran signore.

E.

Ma parmi cosi difficil l' aparere quello, che non é, come ce∣lare quello che è in vero.

A.

Celandò ei celara molte imperfettioni, e discoprendo, non discoprirà alcuna sua imperfettione, e però gli sarà partito più tosto di nascondersi, che di manifestarsi: vero è che'l pru∣dente ciò farà con tal arte, che la picciola parte, che dimo∣stra, partorisca desiderio de quello, che si ricopre generando vna stima negli huomini, e nel Principe ancora, che seco porti nascosto non picciol tesoro.

E.

Tal via mi piace, ma pur secondo l'esperienza, vediamo, quella gradire, che più se gli conuiene secondo il senno, ha∣uendo risguardo alla nobiltà, richezze, industria, valore, & altre conditioni dalla Natura, e dalla fortuna datè gli.

A.

Tutto è, ch'l cortigeano se stesso conosca, & habbi giuditio per sapersi regolare, e penetri l'humor del Principe, per poterlo secondare, che in ver conoscendo se stesso, e'l Principe

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non potrà errare, à niun però riuelando il suo secreto: che quantunque il nascondersi al suo signore, habbi sembianza di diffetto di beneuolenza, nulla dimeno è segno di riue∣renza; che il manifestar le proprie passioni è manifesto segno di domestichezza, qual inconueniente è al sauio, e graue, oltra che scoprendosi al Principe, dindi il Principe conoscen∣do quanto egli sia cupo, ò partorisce inuidia, ò per altri ri∣spetti, si recca manifesto danno.

E.

[ 8] Ma possibile è, che vn degno aggradito cortigiano, viuer non possa senza inuidia de cortegiani? non dirò del Prin∣cipe, non hauendo inuidia à sudditi, se non essendo 'animo heroico, alle virtù; ne men fauello d'vn cortegiano al Prin∣cipe, vn vero ciòe fidele cortegiano, non portando inuidia al Principe, anzi gioiendo d'ogni ben del Principe.

A.

Si come di sopra s'è accennato, il fuggir iscogli in corte, al∣tro non è, ch'l ricoprire, et imitar Cesare, et Annibale, co∣me nel dialogo quarto s'è detto col diuin Petrarca, ne se∣guir Pompeo, che si attristaua alla presenza di Catone, ne men fauellare contra alcuno in publico, e più sauio sarà, se ne anco in priuato, essendo ognicorte piena di bifronti Gianni, guardandosi dipiù di ecceder l'altri in pompa, ne in liberali∣tà, ne in ogni altra cosa, che dimostra fausto, & ambitione.

E.

Ma volendo voi, che per scansar ogni inuidia, il cortegia∣no s' astenga d'ogni cosa, con che ecceda l'altri, venendo l'oc∣casione, gli concederete che possi disputare?

A.

Debbe fuggir le contese, e le questieni, più stimando d'esser tenuto buon cortegiano, che buon loico.

E.

Ma di già s'è detto, non conuenirsi al corte∣giano esser ignorante, anzi in ogni nobil, e liberal Arte esperto, e se egli sa, alla

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occorenza al più dotto apartiene rispondere, decidere, e sa∣tisfare.

E.

Debbe chetamente, e con ogni ciuiltà palesar il suo parere, non come quello, che voglia l'altri d'ignoranza confondere, [ 9] ma sol famigliarmente discorrere, & appagar ogn'vno.

E.

Parmi dunque in cōchiusione, che la prudenz ogni difficul∣tà rintozza, e sopramonti ogni altra virtù, quali tutte, come schiere, essa come lor capitano, guida, lume e quasi impe∣ratrice seguan, & non hauendo la nobiltà peggior compag∣nia della superbia, altresi seco hauera la virtù del conuer∣sare, qual sarà la verità, affabilità, piaceuolezza, hauendo vna continua ambitione più di l'altri preuenire col sberetta∣re, che l'esser sberrettato, come pittre però adombrando og∣ni altra parte, come la fortezza, la liberalità, e magnifi∣cenza; ma con viui colori sempre facendo aparire la mode∣stia; che altrimente facendo, più tosto si dimostrarebbe fi∣tibondo di gloria, che desideroso d' esser ver cortegiano, il cui principal oggetto, è (quanto al suo stato apartiene) il tutto far in honor del Principe.

A.

[ 10] Cosi pian piano vaddo scoprendo, la corte non esser luogo per ogn'vno.

E.

Per ogn'vno ah? ella e'vna adunanza, ò raccolta di tutte l' eccelenze, la quinta essenta di tutte l'arti, vna scielta di tutti l'ingienosi spiriti, vna gloriosa, & honorata scola di tutte l'attioni, e vn essercitio a'ogni opra virtuosa.

A.

Nobilissima adunanza, bellissima raccolta veramente è questa: ma pure qual propriamente dimandarete corti∣giano?

E.

Quello ch'attende all' attione, & al negotio, e tale è'l pru∣dente, che si come il ciuile nella citta comanda, cosi cotesto nella corte, & il prudente implicato nelli maggiori affari della

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republica, ben che attualmente non sia cortegiano, debbe nulla dimeno communicar della prudenza, et esser partecipe delle lodeuoli maniere della corte, in quanto bastasse d farlo più caro al Principe, d ad ogn' altro.

A.

Habbiamo, parmi, succintamente più detto del cortegiano, che non prolissamente il Castiglione, oltra ch'egli fauellò de cortegiani della sua et à, e segui l'idea della corte d'Vrbi∣no, e noi de cortegiani de nostri tempi, ma dopo tanto inanti sian sdrusciolati, parmi, conuien appresso le membra, far annotomia del capo.

E.

[ 11] Il capo è membro principale, parte nobile del corpo, non in∣tegrale, ma essentiale, senza esso non potendo viuer il rima∣nente; di sua natura, essendo molto delicato, delicatamente fa di mestier trattarlo: le Religione circa le cose diuine, & ecclesiastiche, l'honestà de costumi, la verità, e fede ne detti, la magnininimità ne gesti, la costanza ne fatti, l'osseruanza delle leggi, la cura ne studij, l'odienza dell'oppressi, l'espedi∣tion delle lor cause, il zelo de priuati, le gentili maniere, le graui amoreuolezze, la pietà, cortesia, la liberalità verso i virtuosi, e meriteuoli, la discreta prudenza nel regere, la giustitia nelle discordie, liti, e sentenze, rendan vn perfetto Principe, quale se accompagnato fosse dalla bellezza corpo∣rale, del tutto sarebbe Principe via più che honorato, e per∣seuerando sino alla morte, per suo epitafio si potrebbe, col di∣uin Petrarca dire.

* 1.32Ecco, ch'vn huom famoso visse, E di sua fama per morir non esce.
E.

In vero mi fate conoscere, (essendo vn Principe qual esser deue, eco le sue opre tendendo al fine, per cui egli è eletto, ò succedendo, confirmato; e'l cortegiano non per ambitione, ne per guadagno, ma per honor, come cortegia∣no, ciòe, come virtuoso, seguendo il suo signore) la corte

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esser il ver protipo della futura corte.

E.

Si, ma ci lasciate l'inuidia, che fa ogni corte, vn inferno?

A.

Al tutto c' è prouisione, il giouane co la beneuolenza, il vecchio con grauita & arte, aguisa di volpe, va preueden∣do, e prouedendo a quanto possi di mal succedere, e co la speranza del dolce futuro, va temperando il presente amaro.

E.
* 1.33O mille volte fortunato, e mille Chi sa por meta à suci pensieri in tanto, Che per vana speranza immoderata, Di moderato ben non perda il tutto.
A.

[ 12] Parmi, per dirui il mio concetto, molto giuditiosi que padri, che desiderando di por al seruitto d' vn Principe i suoi fi∣gliuoli, prima li fan attender alle lettere, & essercitij con∣uenienti à vn cortegiano, d••••••i pratticar in corte, acciò ap∣parano i modi, vedano le maniere, e diuentan esperti ne luoghi, e fra le genti, con quali han da conuersare, e viuere, e fra tanto diuentano di proportionato corpo, di graui, e ci∣uili costumi, e maturi disenno, che in vero la corte non è luogho per fanciuli, ne scola per bamboli, ne piazza di gio∣co per correrie de ragazzi, ma luogo di Ʋirtu, senno, e prudenza.

E.

Egli è vero, pur ho conosciuti molti signori in Italia, quali mai in lor vita han voluto conceder à lor figliuoli frequen∣tar la corte.

A.

Forsi perche erano rozzi, e d'ogni ciuiltà incapaci.

E.

Dite più testo, molte corti hoggi di esser più tosto corrotte che corti, che nulla di buono si vi ritroui, ma sol falsità, vanità, pompe, & inganni.

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A.

[ 14] Non visouien di ciò, che il diuin Poeta diuinamente canta di quella corte, che professa, ch'ogni altra corte sia à lei sog∣getta?

* 1.34Fontana di dolore, albergo d'ira, Schola d'errori, e tempio d'heresia, Già Roma, hor Babilonia falsa, e ria, Per cui tanto si piagne, e si sospira. O Fucina d'inganni, o pregion d'ira, Oue'l ben muore, e'l mal si nutre, e cria, Di viui inferno, vn gran miracol fia, Se christo teco al fine non s' adira. Fondata in casta, & humil pouertate, Contra tuoifondatori alzi le corna, Putana ingorda e dou' hai posto spene? Ne gli adulteri, ne le mal nate Richezze tante? hor constantin non torna: Ma tolga il mondo tristo, che'l sostiene. * 1.35I quindi con ragion ben posso dire Quel che'l medemo altroue lascio scritto. * 1.36Da empia Babilonia, onde è fuggita Ogni vergogna, ond'ogni bene è fuori, Albergo di dolor, Madre d' errori Sonfugitt'io per allungar la vita, &c.

E.

Tutta via l'ingegnoso Guirino d'altre corti parlando, o for∣si alludendo à l'stessa sinceramente ne fauellò.

A.

[ 15] So che egli in tal maniera ciaschedun, auisa: Ma chi creduto hauria di venir meno tra la grandezze, e'im∣pouerir ne l'oro?* 1.37 I mi pensai, che ne reali alberghi fosse∣ro tanto più le genti humane, quant' esse han più di tutto quel douizia, ond' è l'humanità si nobil fregio: Ma vi trouaitutto il contrario certo. Gente di nome, e di par∣lar cortese, ma d'oprescarsa, e di pietà nimica: Gente pla∣cida in vista, e mansueta, ma più del cupo mar tumi∣da e fera, gente sol d'apparenza, in cuise miri viso di carità, mente d'inuidia poi troui, e'n dritto sguardo ani∣mo bieco, e minor fede all'hor, che più lusinga. Quel

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ch' altroue è virtù, quiui è diffetto, dir vero, oprar non torto, amar non finto, pietà sincera, inuiolabil fede, e di co∣re, e di man vita innocente stiman d' animo vil, di basso ingegno, sciocchezza, e vanità degna di riso: l'ingannare, il menrir, la frode, il furto, e la rapina di pietà vestita, crescer col danno, e precipitio altrui, e far à se del altrui biasmo, honore, son le virtù di quella gente infida; non mer∣to, non valor, non reuerenza, ne d' età, ne di grado, ne di legge, non freno di vergogna; non rispetto, ne d' amor, ne di sangue; non memoria di riceuto ben, ne sinalmente cosa è si venerabile, è si santa, ò si giusta esser può, che à questa vasta cupidigia d' honori, à quella ingorda fame d' hauere inuiolabil sia. Chiunqe incauto, e di lor arti ignaro colà si viue, ouero ha scritto in fronte il suo pensiero, e disuelato il core, pensate s'vn tal à non sospetti strali d' inuida gente, è vn scoperto segno.

E.

Auertite signore mio, hor misouiene, che il Guirino, non apieno riconosciuto dal Duca di Ferrara, disgustato si ri∣tirò alla corte del Duca di Piamonte, e Sauoia, e per le nozze di quel serenissimo Principe (sotto la cui protettione egli viueua) componendo la sua pastoral tragicomedia, gli parse in cotesto, & in altri luoghi, souente dar qualche sbarbocciata alla corte, e consequentemente all' istesso Du∣cha di Ferrara, ma se voi leggete, trouerete molti altri attori prezzar la corte.

A

A punto à punto hor mi souienne il Tasso, che con mirabil arte ci la pinge, ciòe la corte, Cauaglier, e Damme, cosi egli dicendo nella sua Aminia.

* 1.38 [ 15] Sta su l' auiso, e non t' appressar tropo oue sian drappi colo∣rati, ò d' oro, e pennachi, e diuise, e foggie noue, ma so∣pra il tutto guarda, che ml fatto, ò giouenil vaghezza, non ti meni l magazzino delle ciancie; ah fuggi, fuggi quel incantato alloggiamento; che luogo è questo io chiesi, & ei soggionse, quiui habitan le maghe, che incantando, fan

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traueder, e traudir ciascuno, ciò che diamante sembra, & oro fino, è vetro, e ame, e quelle arche d' argento, che stima∣resti piene di thesoro, forse son piene di vessiche buggie, quiui le mura son fatte con arte, che parlano, e rispondano ai parlanti, ne già rispondan vna parolla mezza, come Echo suole nelle vostre selue, ma la replican tutta intiera, intiera, con gionta anco di quel ch' altro non disse, i trepoli, le tano∣le, e le banche, le scaranne, le lettieri, le cortine, egli arne∣si di camera, e di sala, han tutti lingua, e voce, e gridan sempre, quiui le ciancie in forma di bambine, vanuo tres∣cando, e s'vn muto v'intrasse, vn muto ciancerebbe à suo dispetto: ma questo è'l minor mal, che ti potesse incontrar, tu potresti iuirestarne conuerso in salse, in fera, in acqua, ò in foco, acqua di pianto, e fuoco disospiri.

E.

Il Tasso nel sudetto luogo alludeua alla corte altresi di Fer∣rara, doue egli in S. Anna per molti mesi, come pazzò dimo∣rò, nella carcere dipazzi (che pazzo è appo il scioceo mōdo, chi vuol dir il vero) del che a pieno testificàl' Abbate Grilli nelle sue lettere, souente facendo mentione della liberatione d'esso Tasso, & io lo vidi in tal misero stato, costi ritro∣uandomi in quella Vniuersità (si di professori, come de stu∣denti, assai all' hora florida) per vdire il Signor Hippolito Riminaldi, come testifican le sue opre, famosissimo leggista, benche all' vltimo conoscesse, che quanto più fosse felice di penna, via più in catedra, pouero, & arido di loquella.

A.

Puol essere, che per giusta vendetta spillettasse quella corte, e co le membra il capo, pur altrone ancor ci canta, cosi di∣cendo.

Pur lusingato da speranza ardita, Soffri longa stagion ciò, che più spiace. Ma poi ch'insieme co l'età fiorita

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Manò la speme, e la baldanza audace, Piansi i riposi di questa humil vita, E suspirai la mia perduta pace, E dissi, ò Corte à dio, cosi à gli amici Boschi tornando, ho tratto i di felici.
E

Forsi ei fauella di quelli, che sperando di molio aggradir, nulla aggradendo, lasciando il lor proprio interesse, lascian la corte, & hauendo il palato amaro, dolce sputar non ponno.

A.

Diciamo più tosto, che conoscendo la mala qualità di molte corti, cosi ei di lor dicesse, e però altroue sogiogne.

* 1.39E ben che fossi guardian de gli horti, Vidi, e conobbi pur l'inique corti.
E.

[ 16] Per dirgli quanto ne sento, come cauian da buoni libri, tut∣ti i cominciamenti (quantunque ardui) via più però feruen∣ti, & altresi son vertuosi. Quando le corti principiorno, essendo all' hor il cortegiano, come il suo Principe, vn viuo essempio del popolo solamente erano eletti li più meriteuoli di seruire, e di seguitar il Principe, ma il tempo deuorando il tutto, e l'humana superbia, auaritia, e càrnalita amac∣chiando, e deprauando qual si voglia cosa, conoscendo il mondo quanto rispettato fosse vn cortegiano, come all' altri prcedesse, quanto souente s'arricchisse, e la sua famiglia spesso anco nobilitasse; quinci molti aprendo l'occhi, comin∣ciorno bramare di seguir la corte, e conoscendo, ò per esser priui di virtù, ò pel gran numero di quelli, ch'ambiuano, difficile ottenerla, co fauori, e non sol co preghi, ma via più ancor con pretij apparorono di facilitar, & allagar la stada à lor pensiero: tali al'vltimo fatti cortegiani, non solamente per honor seguendo il Signore, ma sol per la fame del lor interesse, à fine a' ottenere il secondo pun∣to, e giognere al secondo grado, ciòe per ascendere, si come non tralasciorno di tentare ogni via alla lor malitia

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possibile per intrarci, niun mezzo altresi non pretermettano per in colpir il secondo, che'l regnare. Quindi ogni colpa, ogni errore, ogni diffetto, ogni strataggema, ogni mina, e contramina, e sopra il tutto la scelerata adulatione, e ma∣ledicenza con li lor vitij seguaci, nelle corti, pure Christia∣ne, hoggidi cotanto abondano.

A.

Tutto ciò parmi autenticar (come verità) ogni buon auttore, & hormaitanto esser, quasi commun vitio, e come le tenehre dell' Egitto, cosi palpabile, che ancor li ciechi le conoscano, e chiaramente le depingano à quelli, che co 'l oc∣chi aperti non le vedano.

E.

[ 17] Egli è pur vero, che la più cruda fiera tra i salaggi anima∣li è' l maldicente, tra i domestici poi l' adultore, questi non drizza ad altro oggetto gli occhi, che mrare in qual parte il Signor piegh, non già per sstenerl che non cada, ma per dargli la spinta onde più tosto, e' in precipitio via maggior trabocchi.

A.

E perche non s' accorga del periglio, di gratissime fil innan∣zi l' occhi sottilissimo vel li viene ordendo.

E.

E perche solleuarsi mai non pensi, di piuma leue, e di bam∣bagio molle sotto gli stende vn diletteuol let to, Egli erra, e nell' error gli altri conferma.

A.

Di finte lodi artefice eccelente con magnifica tremba il tutto approua, e concetra, non mai discorde molce, le troppo del Signor credule orecchi.

E.

E di quel dolce intorbito vino (spremuto dalla lingua frau∣dulente fatto di glorie indegne, e approue inguste) di cui bi∣baci sono, ebre le rende.

A.

Delle virtuti i nomi à vitij pone, e qual l' mbra s' accor∣da in ogni gesto al corpo, e si conforma il suo Signore, so∣pra cui versa gran copia di melle▪

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E.

Ma mel, che mista tien tenace cera, qual meretrice al fin, che al suo Signore brama ogni ben, fuor che la mente sag∣gia.

A.

O infame Adulator, tu pur la peste sei d' ogni corte: sei pur il veleno giocondo, che respinto anchor diletti; rifiutato più volte, al sin sei preso.

E.

Anzi colui, da cui vien preso, prende, e le menti de Prin∣cipi auuelena, tu dalle corti in bando eterno spingi la veri∣tà paurosa, e la rilega nell piú tenebrose eterne grotte.

A

Egli vn oglio, per aggionger forza sopra non bene accesa fiamma sparso.

E.

O cieca ambition, che crede à gli altri di te, più che à te stessa, se ti prende la praua adulation, non farne scusa, ch'al suo, quantunque assai tenace vischio, preso alcun non è mai, se non chi vuole.

A.

Rinchiuder conuerra l' occhi, e l' orecchie, quale il proui∣do Perseo, e'l cauto Vlisse alla piaceuol faccia di Medusa, e al soae cantar delle Sirene.

E.

Ma questo è' l mal, che alle sue glorie, l'alma dentro gode, se ben fuor la rifiuta, e di giusto rossor la faccia tinge, e le fallaci lode, com' el sangue caldo de gli animali, che han tal virtute, spezzan del vero il rigido diamante.

A.

O sfortunati Principi, dinanzi à cui la verità venir non osa.

E.

E se pur vuol venirui con mell'arti l' hoste delle bugie le da la caccia, lasciate alzarui à le longsinghe insani, l'oro che nella fornace ascende in alto, è il riprouato, e' in fumo si dilegua, la polue, che leuar si lascia al vento, a uolo và: poi nel pro∣fondo cade. Vi fidate di qei▪ che accordan sempre al voler vostro il lor, pur l' augel deue guardarsi all' hor, che me∣glio ode imitata da infido vcellator la voce sua, amate le lusinghe, non sapete che all' hor liscian la groppa, il

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collo, il petto al corsier, che voglian mettergli il freno, La dolcezza di mele in troppo copia, gustata, addoglia, e lo sto∣maco offende, Il dolce inebria, il vino aspro non ma, quando il Chirurgo più frega l' infermo, à pungerlo, & à ferirlo s' apparecchia, poi quando il fere, e punge, vuol sanarlo, quel∣lo è'l consilier falso, questo è' il vero. Aspra è la verita, la bugia dolce; quella al sale s' uguaglia, al melle questa, quin∣ci li Dei ne sacrificij loro han riprouato il mel, graditto il sale.

A.

Già longa pezzafa, che tutto ciò via ben conosco, so ben, che è meglio abbattersi ne corbi, i quai cauan col rostro gli oc∣chi à morti, che ne profani, falsi adulatori, che acciecan col mentir la vista à viui, e che del losinghier la lingua nuoce più, che la man del fier nemico armato, poiche questo bia∣simando ne corregge, quel, lodando, nel vitio ogn' hor ne lega, da questo ci guardian, crediamo à quelli.

E.

Questi consilier falsi venditori di fumo, che la lingua dalla mente, e' l volto dal volere han più diuerso, che dalla notte il di, dall' ombra il sole, questi Polipi varij, ch' ogni punto cangian color, questi varij Scorpioni rei, che palan, e poi mordan con la coda, hanno sempre del Signor l'orecchie, e' l core: dispensan l' vfficij, e i magistrati, e le suppliche seg∣nan di lor mano, e chi adolar non sa, non puo, ò non vuole è stimato superbo, ò inuidioso, e sempre in sorte humil neg∣letto giace.

A.

Questi consiglier falsi, questi occhiali, torti del lor Signor, ond' ei trauede, gli fermano, ò forse pongon in mente, vn tal parer, da cui forse era lungi, per esser fuor d' ogni douer, contra ogni legge, e creder gli fan contra ogni ragione ciò douer, e potere, e pur non può, ne deue.

E.

Tanto è dalla corte sbandito il vero, che chi con bugie ap∣plaudan, sempre son dal Signor con lieto viso accolti e, chi

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à sua rea sorte, che dice il vero guatato è di mal occhio, e fuor gittato.

A.

O nouo caso? puot' esser, che'l mondo, possa più impeggiorar? ma succeda che vuol questa mia lingua, non soffrirà giá mai che la guistitia resti celata, e dira sempre il vero, che senza colpa esser non può colui, che tacendo, à la colpa altrui con∣sente.

E.

Che non sa, che tanto pecca costui, quanto quasi colui, ch'l falso dice, poi che, se noce l' vn, l' altro non gioua.

A.

[ 18] Ma diciamo di piú, che di rado, e non merito, non virtù, ne men valore, ma l' oro, l' oro sol ottien il tutto, tal che egli è sol l' vnica chiaue per entrare, e perfar chiuder la porta in faccia à ogn' un che merita.

E.
Eueramente il secol d' oro questo, Poiche sol l' oro vinc, e regna l'oro.
A.

[ 19] Ma ecco alcuni gentil' huomini, che colà passano.

E.

Hor osseruate per cortesia, di qual bel sangue siano, di che vaga dispositione, gratiosa constitution di corpo, come sian ben vestiti, nell' andar leggiadri, e nell' attion ciuili.

A.

Cosi eglino in vero sono; ma mirate quello, che con la varie∣tà facendo la natura bella, assai compiace all' occhio, fauello di quel galante, che aguisa di prima vera, è d' ogni color adorno, per esser d'ogni vn mirato, e dalle donne vagheggia∣to, come vn dio d' amor bello risplende.

E.

Ben dicesti galante, per esser forsi egli tondo, ritondo, leggiero, e vano più che vna galla.

A.

Gallante lo chiamai da galla, non inquanto, che ella è cosa leggiera, e vana, donde egli altresi sia tale, ma per parermi d' esser accorto, & agile come la galla, qual essendo gettata nell' acqua si muoue, e ragira secondo il mouimento dell' onde, ne però mai si sommerge, non altrimente il galant' huomo, cosi bene si gouerna, che sempre sta à sommo, tal∣che in lui si verificchi quel detto de Latini: Totus teres,

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atque rotondus, e ne suoi affarisi diporta come il dado, qual getato sempre stain quadro.

E.

Ragioneuolmente lo parangonasti al dado, che gettato, di duodoci fa sci, di si fa quattro, e di quartro souente fa due assi, cosiil galante spesso di assai hoggi fa vn poco, dimani meno, e post dimani nulla.

A.

Anzi chiamandolo galante, volsi acennare cotesto nome galant' huomo conuenirsi ad ogni grado, conditione, e stato di persoua, non intendendo con questo nome, ò titlo di ga∣lante altro dimostrare, se non huomo, che sappia come prudente, secondo il tempo, prudentemente tacere, ò col modesto fauellare mostrarsi ad ogn' vno galani' buomo, dis∣cretamente discorrendo, e ragionando con vguali, e superio∣ri, famigliarmente co mezzani, e benignamente con infe∣riori, elegendo sempre, pi tosto il sobrio, che 'l prolisso fa∣uellare. 'Di più presuponendo, che ei sappia dimostrar sen∣no nelle sue attioni, che non dipendano affatto dal suo consi∣glio, ne suo valore, ma dal caso, ò dalla fortuna: che sappta scoprirsi discretto, giudicioso, e prudente, ne detti, ne fatti, e patientemente tolerar ciò, che smistramente snza sua col∣pa, ò picciola causa gli suol auenire, pietoso nel condolersi dell' altrui affanni, sauio in schiffare le persecutioni de ma∣ligni, forte in tolerare, giudicando maggior virtù, e mag∣gior gloria vincer se stesso, che vendicar l'ingiuria, e stan∣do à sommo come Galla, con la patienza rimaner vinci∣tore; come huomo dotato di perspicacit à nelle cose ambigue, e dubiose pigliar partito di ben risoluersi, e liberarsi da im∣minenti pericoli: di più intendo che sappia ragionar delle qualità d'amore, e della prudenza delli amanti: finalmente sia buon compositor di lettere, spiegando l' intento suo non in furia, ma con gran cautela, & essendo che la parolla vo∣la, e la scrittura resta, scriuera con ogni debita circonstan∣za, mai pigliando la pena, sinche l' alteratione affatto non sia cheta, & all' occasione alla Laconia con concetti breui, graui, e diletteuoli, succintamente esporra molti concetti.

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A.

Io confesso travostri galanti molti esser tali, et esser oltra di cio dotati di ceruello cheto, e ripossato, altri braui, & armigeri, ne men prudenti, altri giouiali, faceti, arguti, accorti, astuti, trincati, viuaci, prudenti, intelligenti, virtuosi, nobili; nulla di meno molto più ne prouarete, vani, volubili, instabili, leggieri, lunatici, ceruellini, curiosi, spuz∣zetti, sdegnosi, dispetosi, capriceosi, strani, appassionati, cer∣uelluzi otiosi, pegri, morti, stupidi, insensati, balordi, goffi, insipidi, sgratiati, timidi, irresoluti, inuilupati, di senno de∣bili, bassi, è rozzi, smemorati, transcurati, schiochi, scemi, busi, e vuoti di ceruello, ciarlieri, linguacciuti, mordaci, pendateschi, gloriosi, sauioli, e dotati più tosto di ceruelletto, che di ceruello, inciuili, ignoranti; altre fiate doppij, e ma∣litiosi, adulatori, non men in giocchi, che nelle tauerne in crapole, e dishonestà del mondo, dissoluti, ò immoderati nell' auaritia, ò nel spender prodighi, ambitiosi, superbi, altieri, temerarij, e sfacciati, vitiosi, fantastici, incheti, rotti, stra∣ni, litigiosi, contentiosi, sempre in mille querele immersi, al∣tri maligni, peruersi, imperfidi, spergiuri, malaicenti, inui∣dièsi, duri, protrerui, è come asini ostinati, ingrati, perti∣naci, rigidi, e seueri, e di natura crudeli▪ malenconici, sal∣uatici, che sempre chimeregiando, e fantasticando se ne va∣no soli, altri affatto matti, del tutto strauanganti, e nelle lor strauaganze gloriosi; e vani, e di cotai c'e ne vna gran troppa, non che tropello, altrifuribondi, e bestiali, sciocca∣mente persuadendosi (come huomini virili, e forti) la lor bestialità esser degna di historia, non s'accorgendo (come diremo nel nostro duello) cio esser nell huomo gran vitu∣perio, altri non solo à se stessi, man ancor nociui, all' al∣tri, terribili, indomiti, diabolici, intrauersati, precipitosi, bizzarri, bissachi, balzani, hetteroclitici, gente da statuti, tutti fatti à lor modo, che ne legge, ne verun buon ordine, ne ragione curano, co quali ne il demonio istesso i vuole ha∣uer alcun affare.

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E.

[ 20] In ogni parte dell' vniuerso ritrouarete diuersit à in ogni co∣sa: nulla dimeno tra gli mici honorati galanti, contempla∣rete molti d'essi pratticoni, maschi, con prudenza in degna occasione risensiti, vniuersali ne lor discorsi, ingegnosi, sagij, e rissoluti.

A.

Quanto à me in vero, quantunque paia, che souente morda, tal pero non è il mio intento: che niun creando se stesso, ma essendo creato, non oso da douero reprouar alcuno, vedendosi la natura, e le seconde cause operar in qual si voglia crea∣tura; tal che nel feruor del sangue gioue nile regolar vno fuori del suo naturale temperamento, è (voglio dir) quasi impossibile, si che ne busse, ne ceppi, ne catene, ne manette, ne frusta, ne attroci tormenti, ne anco il timore d'vna attro∣ce morte, se non palliatamente, ma sol col anni, proian po∣tersi corregergli.

E.

Egli è vero, ma la ragion c'è data come auriga, per rego∣larci.

A.

La ragion nascendo dal senno, il senno dall' intelletto, l'in∣teletto, dal temperamento del cerebro; qual temperamento, tal inteletto, e ingegno, e qual ingegno, tal capacità di ragio∣ne; qual puosi illuminar co studij, ma vincer, e dominar se stesso, mai, ò più che rade volte, come prouiam, accade.

A.
[ 21] O Giouanetti mentre Aprile, e Maggio * 1.40V'ammantan difiorite, e verde spoglie Di gloria, e di Ʋirtù fallace raggio, La tenerella mente, ah non v'inuoglie? Solo chi segue ciò, che piace, e saggio, E in sua stagione de gli anni il frutto coglie, Questo grida Natura; hor dunque voi Indurate l'alma ai detti suoi. Folli, perche gitate il caro dono, Che breue è si, di vostra et à nouella? Nome, e senza soggetto Idoli sono

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Ciò, che pregio, e valore il mondo appella, La pompa, che inuaghisce ogni cor vano A superbi mortali, e par si bella, E'vn Echo, vn sogno, anzi del sogno vn vmbra Che ad ogni vento si delegua, e sgombra.
E.
* 1.41Cieco è chi in vanità pone sua cura. * 1.42Ma felice colui, che troua il guado Di questo alpestro, e rapido torrente, Che nome ha vita, e à molti è si a grado.
A.
* 1.43Cieco è chi di cose basse sol si trastulla * 1.44S'alcun brama d'hauer in ver la mente Anzi l'stremo di queta, già mai Imiti i pocbi, e non la vana gente.
E.

[ 22] Ma ecco qui vn cittadino, che fabrica vn bel casone.

A.

Comenciammi à piaceee cotesti moderni edificij, che lasci∣ando la cretta co le paglie, elegnami, et alquanto l'antica forma, principiano più sonente vsar calcina, matoni, e la pietra viua, et con meglior archittettura d'altezza, e leggi∣adria, vano adornando la citta di mano in mano.

E.

Nido fatto gazza morta, il tutto sta fabricar nel cielo.

A.

Lascio tal cura alli archittetti del pulpito: ma hauete ve∣dute le illustre case de nostri ricchi nel contado?

E.

Le ho certo mirato, ma donde hauete apparato di fabricar ne boschi?

A.

Egli è costume antico, & antiqua vsanza serue per legge.

E.

Non vi auedete ciò vn popò putire, et ancor hauer vna scin∣tilla del modo di quella etade, nella quale viuendo l'huomini tra le fiere nelle frondose selue, non sapean, che fosse human comercio, politia, ne men veruna legge?

A.

Intendete dell' aurea etade, nella quale non ancor regnando l'oro, l'huomo non era soggetto alla rabiosa fame dell'inganno▪ sapiate, si come gli ricchi fan da per tutto l' vniuerso, altresi quifanno, cotesto fan per la lor comoditate, e lor piacere, e doue al suo aggio vnito hanno il lor porfitto, colà, ne à spese perdonan, ne

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fatiche sparagnano, ne si curan di trauaglio alcuno, accio, come se fosser qui sempre per viuere, in ogni cosa sian adag∣giati.

E.

[ 23] L'istesso vi confermo, hauendo veduto in diuerse prouincie di questo nobil reame palagij in vero con molta arte, ne mi∣nor pompa edificati, e tralasciando molti altri, hot'hotta mi souiene quello del molto illustre e dignissimo S. Barone Canwandis, quale posto è in luogo mediocramente rileuato, fabricato di marmo, intagliato in forma quadra, & in bell'ordine con assai bella, e vaga architettura colocato, qual adorna vn nobile, e leggiadro frontispicio, à cui vna hono∣rata intrata corisponde; di dentro altresifornito è di com∣mode officine, scale assai ample, sale spatiose, di belli corri∣dori, di molte, e diuerse camere di sotto, e disopra ordina∣tamente distribuite in varij apartamenti, à quali si aggi∣ogne vna longa, alta, vistosa, e nobile gallaria.

A.

Cosi ogn' vn mi dice.

E.

Di più, si come bel corpo senza cuore, certo val nulla, cosi non bastando, che il sudetto palazzo per le sudette, & altre cause (che per breuità io taccio) sia lodeuole, per cōpirlo in tutto, via più illustre si rende per l'adobamento, essendo for∣nito di varij, e preciosi vasi d'oro, e d'argento, di ricchissime tapezzarie, e d'altri drappi d'argento, e seta, di letti regali e d'ogni cosa decente, necessaria, e conueniente, non men riccamente, che giuditiosamente guarnito, talche non vi sia vn minimo luogho, ne del sudetto, ne dell' altro palazzo vi∣cino men d'vn tir di mano, che non sia presto, e ben fornito conforme alla qualità di ciaschedun luogo; si che non vn Barone, non vn Conte, ma qual si voglia gran Precipe all' improuiso può honoratamente esser riceuuto, e che di gran pezza eccede, e sopra monta il tutto, dalla bontà, ciuiltà, & honestà di quel signore, e dalla prudenza, et acortezza del∣la sua signora in ogni rispetto magnificamente, e nobilmente intratenuto.

A.

So certo, come certo è, che senza passione fauellate con sincero cuore, però via più vi credo.

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E,

Nulla dimeno signor mio hoggidij il Christianesmo come in opre non si cura d'imitar li gentili, ne cosi in fabricar cose di grande merauiglia. Però doue è vn teatro di Marco Aurelio d'altezza di trecento sessanta colonne? la cui caua era capace di settanta mille persone? doue è l'obelisco di quaranta cubiti fatto da Ramise Re dell' Egitto? l'altro di Humuccureo figlio di Sestore di mille? e doue, è quello del Re senenserteo di cento venti cinque piedi? doue il famo∣so laberinto di Dedalo fatto in cretta? doue l'altro d'Egit∣to? doue l'altro d'Italia dal Re Porsena edificato? doue l'vltimo marauiglioso in Lenon? doue è vn Circo di Ce∣sare, di longezza, di tre stadij, e d'vne di largezza? doue l' Amphiteatro di Pompeo in Roma, qual capiua quaran∣ta mille hnomini? doue son altre muraglie di Troia, di qua∣ranta millia di in circuito? doue è il ponte di Traiano sopra il Danubio? doue vn simile à quello di Cesare disopra il Rhe∣no? Doue è vn Colosso Tarentiano in Lisippo? doue vn altro simigliante à quello del sole fabricato in Rhodi da Lindio molto più superbo? Doue è vn simulacro di Gioue Olimpio fatto da Fidia? doue altre mura, come quelle del∣la famosa Babilonia composte di bittume di ducento, e cin∣quanta piedi di largezza da Semiramis ordinate? doue la miraculosa Piramide dell' Egitto? doue è vn tempio di Diana Ephesia da tutta l' Asia inspacio di ducento, e venti anni edificato? doue è la marauigliosa sphinge del Re Ama∣si, c'hauea il circuito del cap per fronte di cento, e due pie∣di, et in longezza era cento quaranta tre? doue è vn ric∣chissimo tempio di Salamone? doue l'effigie di Semiramis in Media; che era grande di diecisette stadij, che fanno due miglia con vn ottauo? doue è vna statua d'oro di Nabuc∣donosor in Assiria longa di sessanta braccia?

A.

La legge de Gentili più inanimiua l'huomo all'opre huma∣ne illustri hor la legge Christiana alla pace, e più tosto à dis∣pregiar, che apregiar il mondo, impiega l'huomo.

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A.

Dite più tosto, che anticamente erano alcune fabriche, & edificij particulari veramnte degni di lode, ma non cosi nell' altri, ma horapel contrario di tali non si curano, e d' altre si compiaciano.

E.

Egli è verò, nulla dimeno in famose opre più splendidamente l'antichi consumauan le lor intrate, ma hor il maggior nu∣mero spende nella cuccina, nella sartaria, e nell'otio, et es∣sendo tutte cose di pocho relieuo, al fine non apare come con il dominio, suanito sia l'vso frutto.

A.

Il proprio volere, è il più delicato cibo, che diletta all'huomo, faccian ciò, che gli piace.

E.

[ 25] Piaciaui per vita vostra rimirar quella bella barba ribu fatta, che mai conobbe pettine, con quella toga, che essendo santificata con venti cinque giubilei, non ha pur vn sol pello per testimonio.

A.

Dite forsi di quello, che come tribunale, pro tribunali sta so∣pra la porta?

E.

Giusto, di quell'animal intendo.

A.

Egli è mio gran de amico.

E.

Molto più mio.

A.

Ei è assai litteratto.

E.

Che litteratto? litteratissimo, tutto è pieno di lettere, viue di lettere, spira lettere, ne altro non fa, che sputar lettere.

A.

Pedante fu suo padre, pedante col auo il suo bisauolo, pedan∣te suo fratello, tutta la sua schiata nata è sotto la constella∣tione della pedanteria, et egli è pedantissimo.

E.

Rara cosa cert è vdirlo a discrrere delle questioni di Pris∣ciano, che per fauellar con maggior enfesi, ragiona per pun∣ta del Naso, scuote l'orecchie, e mena le calcagna.

A.

Si, pur per aggiogner gratia à virtude, parla per punti de ditti, ed ogni sua parolla canoniza con sentenze, et

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auttentica con graui auttori, et per apparir più graue, alla sua materna meschia, e spesso parolle latine aggiogne.

E.

In vero ei ci vien incontro, ricordateni per cortesia d'osser∣uar le sue maniere, che cofi farò ancor ic.

P.

Saluete Flores plusquam amantissimi, Diovi salui sig∣nori miei osseruandissimi.

A.

Molto ben rincontrato signor Castruccio, che bel libro è quello, che tenete ne sotto scagli?

P.

Vos nescitis quicquam, e sete pur tutte due dotti, dicebat il padre Sant' Agostino. Nemo te inueniat, nisi aut studen∣tem aut orantem.

E.

V.S. aguisa è d'vn gazofilatio d'ogni scienza, ci rintuzza con risposte da Delfo.

P.

Ameis teneris annis, nil aliud feci, che di giorno, e di notte musis insudare.

E.

Cotanto sudando non c'è pericolò del mal delle bolle; la na∣tura assai vi ha fauorito, in farui picciolo, che perciò meglio potete vnir i spiriti, & adattarui à tal fatia.

P.

V.S, parla per optimè, essendo scritto apud Homerum di Tideo, che, ingenio pugnax corpore paruus erat, meglio forsi sapete quell'altro, Maior in exigno regnabat cor∣pore virtus.

E.

Voi sete nato per seminar dottrina ne cuor humani, molte cose naturali vi giustifican.

P.

In lapidibus preciosis hoc facile cognoscimus, mirate il diamante, il carboncio, il Giacinto, nil illis paruius equi∣dem, nulla diemo niente è più di lor precioso.

A.

Sete vn Pithagora riscussitato, più ingenioso, che vno Es∣culapio, quale vi trouiamo, tal vi lasciamo, à riuederci signor mio.

P.

Con ogni plena aucthoritate domini obseruandissimi, andate cū vestro bene placito, et conseruateci in vestra bona gratia.

E.

Euoi nella vostra signor Castruccio.

A.

E che vi pare di costesto Castrone?

E.

Egli parla più sottilmente, ch'l Dottor Gratiano.

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A.

Trouarete niun pedante nell' vniuerso, che non puta da sci∣occo, e di sua natura non sia vn ver rittratto della sciocchez∣za.

A.

Per che mio padre sommamente desideraua, che vn mio fratello, et io (per fugir l' armi, che souente sono inquiete) et Schiffar l' otio inimico dell' anima, s'impiegassimò ne studij, dopo alcuni Maestri da scola, finalmente n'hebbi vno certo eccelente humanista, e buon Poeta.

A.

Ma era egli saputo, e sauio?

E.

Sauio, e saputo, ne più, nemeno come vn Pedante; egli vole∣ua solamente insegnare a figliuoli di buone casate, e riche, hauerne trenta, e non più, ed in capo d'ogni mese (oltra li presenti, co quali bisognaua spesso bagnargli il becco) volea esser pagato da ciascheduno con vn scudo d'oro, e chi trapas∣saua il giorno prefisso, subito li intimaua, (fosse egli illustre ò molto illùstre) che più non gli venisse in scola, ne men gli ponesse piede in casa; in breuissimo tempo comprò campi, è finalmente edificò vn bel palagio, doue potea honoratamente intratenere con suo gran profitto, molti dozzenanti.

A.

A bona fortuna, poco ceruello basta.

E.

Per ispedirmi, in qual si voglia parte della sua casa, hauea fatto, ò scriuere, ò intagliare in gran carratteri, sentenze, e motti, parte dequali eran latini, altri greci, & altri hebrai∣ci.

A.

Cotesto è il lor genio, aguisa di cortegiano, di voler far bel∣la mostra.

E.

Per breuitá l'altri tacendo sopra il bataglio della porta con mezo d' acqua forte, hauèa fatto cauare queste due parolle. Pax tècum: et alcuni giouani di notte, leuato, per forza di ferro, il detto bataglio, per suo luogho tenente, gli inchio∣dorno vn brachettone alla suizzera, longo vn braccio, che sarebbe staio à proposito per il meglior stallone della razza di Mantoua, e sopra esso eran à lettre grandi ricamate que∣ste parolle. Et cum spiritu tuo.

Page 522

A.

Qual carne, tal cotello.

E.

Sopra il limitale, qual era di marmo: Foelici vertumno.

A.

Desideraua forsi, che chi entrasse recasse molto, e chine vs∣cisse, portasse nulla.

E.

Nl frontispicio della casa, con belli, e vaghi freggij in vn spacioso quadro depinto sopra i mattoni, che eran tagliati, e lisci come il matonato delle camere, eran scritte quattro D. grandi, per dichiarar li quali ogn' vn si fantasti∣caua.

A.

Vn fatastico, è atto à far fantasticar ogn' vno.

E.

Altri interpretauano, Domus dono dei data: altri, Do∣mus discipulorum denarijs data: ma per esser tropo roz∣so senso, di ciò non si contentauano, finalmente nel tempo del carnasale facendosi le maschere, essendo il buon Pedante alla fenestra, si affermò vn mascherato à notar le sudette quattro lettere, e dopo vn popò essendo la via piena, disse: Domine scriuette à lettere ' oro la mia espositione, per sopramontar ogni altra: quelli quattro D. altro non vogli∣an dire, se non che quattro mille volte voi sete vn geffo, del che confuso il sciocco litterato, con rossore senza risponder nulla, si ritirò dentro, e nel giorno seguente fece scancellar le lettere.

A.

Vna giusta sentenza non merita appellatione, ma pentimento, di chi mal comenciò la lite: ma dubito, che per vendicarui di qualche ingiuria habbiate poetato.

E.

Questo non già, anzi che mi portaua maggior affettione, che à niun altro, talche aciecato più dalla affetto, che illuminato dal mio merito, mostrādolgi io in vn Sabbato vn Epigrama da me composto, con voce chiara, & alta presenti tutti i suoi scolari, falsamente disse, questo à quello, che far à honore alla sua patria, ed egli pur non è vero.

A.

Douea in vero ne suoi moti, e sertenze esser come gli altri Pedanti sono, e massime quello di S. Quintino, qual facendo professione sol difauellare per sentenze, e termini d'allegātia,

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in vn giorno comandò alla sua serua, che per acarezzare al∣cuni suoi inuitati, sopra ogni altra cosa facesse vna minestra elegantissima.

E.

Pensaua forsi con essa di adottorare li conuitati al pranso.

A.

La fante instrutta da vn Filosofo secratamente, forsi suo amico, minutamente taglio l' opre di Tullio, Salustio, e di Demosthene, e tutte insieme ben ben bollite le compose con frescho buro, e le condite con varie spetiarte in vna pentola, e nel principio del discinare con galanteria le pose in tauola, e già comenciando il pedante co suoi amici manucarne, teste teste ritrouorno tal intrico, che non lo poteuano dalli lor denti sciogliere, e chiamando il padrone la massara sozza, ella gli rispose, che immonditia ci può trouare, essendoui conforme al vostro desiderio tutta l' eleganza dell' vni∣uerso?

E.

Ma che vi pare di que tre golosi Pedagogi, quali alla tauo∣la venendo in riscia sopra vna gallina, finalmente si compo∣sero, che di quello la gallina fosse, che più elegantamente in in latino fauellasse.

A.

Bella poposta pendatesca: e che ne segui?

E.

Vno voltandosi alla Luna, che lucea, disse: O luna, Luna, quantum distas ab ego, l'altro girando il capo al Sole, disse: O sol, O sol, quantum ego distar abst tu? il terzo più de∣stro, che dotto, mentre l'vno dell' altri due pedantescamen∣te filosofaua sopra la Luna, ed il compagno intorno il sole astrologaua, in men che d' un baleno pigliando per se la gal∣lina, disse: Haec solum pro latinorum meorum sufficiat elegantia.

A.

Meritamente fece, poscia che non sol nel latino, ma anco gli sopramontò nel tiro.

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E.

Ma che vi par di quell' altro testa di cauallo, che volendo dar nuoua ad vn suo amico, che nella patria sua eran molti banditi, & che pericolo, c' era, che non occidessero il Podesta, disse: Io vereo che per la copia di cotesti esuli, vn gi∣orno non venga necato il nostro antistite.

A.

E quell' alto stiualo, qual scriuendo à Padua, su la piaza del vino all' insegna della Luna, fece tal sopra scritto: nella Città Antenorea, in su' l foro di baccho all' aromata∣ria della dea triforme.

E.

A cotesto non parmi, che cedesse quell' altro bufalo, che essendo disparere tra vna villana gente à vna communità d' vn vilaggio, come per maggior lor credito dettar si potesse vna lettera in latino, qual mandar doueuano con vn dona∣tiuo de mattoni, per matonar la pescaria del lor Signore, di∣cendo il lor Pedante, che nella varietâ de vocaboli consisteua la bellezza di cotesta lingua, gli diede consiglio, che cosi scriuessero: Nos, nis, nus mittimus, & mandamus mat∣toni à V. S. per mattonarla pescaria.

A.

Parmi che di colui non fosse minor quell' altro nostro Italiano, qual pieno della quinta essentia della pedanteria salutando vn hosto suo amico, disse: Aue pincerna deifico, salue ma∣estro de condimenti lautissimi, dij te audiuuent sacrario di tutti ij fercoli opiperi.

E.

Nen men era quell' altro, qual volendo ingiuriare vna me∣retrice, disse: Questa lupa romulea ha sempre l' occhio ne loculi, ne mai si vede col viso cithereo, fin tanto che non é della sua ingluuie omninamente satia.

A.

Ma che direte di quell'altro simile, che ritrouandosi con vna spellata tonica, & in pantofole cole calzette à campanella nel mercato di Faenze di Romagna, per cōprarare alcune cose necassarie, saltatogli il grillo nel capo, di subito andarsene à piedi cosicaldo caldo à Roma discosta almen otto buone gior∣nate per vn pedone, postosi in viaggio dimndando la via, di∣ceua: ditemi elegante viatore, qual é il germanico itinere, di peruenire alla città di Romulo?

E.

Credetemi, son tutti Esopi, non per compor fabule, ma per arecar materia da farne.

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E.

Dite piú tosto, comenciano come sauij, e finiscano come pazzi.

A.

Si persuadano d' esser vn gran rocco, ma riusciscano vna ridiculosa pedina in fatti.

E.

Auertete che quanto piú apaian goffi, via più son destri.

A.

[ 26] Con licenza padrone mio, chi è quel togato, che ci vien all' incontro tutto à pettato, come se pescasse l' anima dall' in∣ferno.

E.

Oh non lo conoscete alla fama, e alla persona? è come vn al∣tro Tullio, ò Demosthene susciato, arringa dinanti al tribunal di giudici, con scientia, ragione, e per maggior suo profitto, con maggior arte deffendendo le cause, e come vn valoroso soldato, non con la targa, ne semitara, ma con la lingua fatta dalla natura á tal proposito, audacemente bat∣te, e ribatte ogni, ò vera, ò falsa ragion contraria.

A.

Dunche è soldato senza sangue? ma auertite Signore, che (come disse Beda) la giustitia senza dubio perirebbe, se non ci fosse chi l' allegasse, e voi sapete che ogni fatica, di ragione, ricchiede il premio.

E.

Quanto à me tal professione io lodo, essendo nel Codice l'auo∣cato dimdndato honorato, ed il suo stipendio honorario, e di più lo prezzo, essendo tal officio cosi nobile, che S. Ambrogio per ondeci anni fu parimente auocato in Roma, e S. Ger¦mano, e molti altri.

A.

Ma di gratia lasciamo à parte le cose remote; al cauallo, alla valdrapa, à serui con la liurea, alla ricca gona con la copiosa tauola, & honorata casa, che tiene, e mantiene, & con l' intrate l' accresce, non senza ragione penso, che eimol∣to guadagna all'anno.

E.

Pensate, egli è gallo che non dorme, ruspa da douero.

A.

Mal guai à quella borsa doue egli ruspa: nulla dimeno l'ho∣norate vesti, si conuengano alla honorata sua professione, si anco per acquistar riputatione a prosso il popclo e dinanti, i giudici.

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E.

Non è poco politia, & è grande arte; quindi Demosthene prima, che ei acquistasse credito, andaua assai ben vestito.

A.

Io confesso, che al cuor huomano, à cui assai piace il vento, e con esso conforta il cuore, molto satisfan le vesti, & altre∣si all' occhi, e partorisce in noi vna certa riuerenza verso li ben vestiti, donde Giustiniano nel suo prohemio lodò Papi∣niano, perche andaua ben vestito.

E.

Di piû ció ci conferma quel prouerbio:

Hunc homines honorant, quēvestimenta decorant. Vir bene vestitus pro vestibus esse peritus Creditur à multis, quamuis idiota sit ille. Si careas veste, necsis vestitus honeste, Nullius es laudis, quamuis sis omne quod audis.

A.

Ma quista il punto, quando il corpo risplende, l'anima souen∣te si lagna.

E.

Non vi ricordate di quello, che pigliò vn orna d' oglio, con promessa di fauorire, e defendere vna causa, dindi acce∣tando dall' altra parte vn porco grasso, lasciò perire la lite in pregiuditio del primo, del che ei querelandosi, il buon auocato rispose, iscusatemi Signore, entrò nella casa vn porco cosi grasso, che sparse l'oglio, che mi donasti.

A.

Mercatante caro, cosi vendendo il tacere, come il gridare, e schiamazzare.

E.

Ma che vi pare de suoi termini, dilationi, negatiui, su∣spensioni, testomonij, Iddio sa come, appellationi, e con mille altre inuentioni veschio, trapole, e frodolentiretti'.

A.

Aggiogneteui, che con vna conscienza di Pilato prosse∣guendo vna lite, mai si riduce al sine, sin che non intonino vn requien aeternam sopra le spalle di quel sfortunato, che aguisa di pollo, capita sotto del Nimbio, per esser deuo∣rato.

E.

Aiene ancor souente, che con vna galante prolon∣gatione mendicata con false ragioni l' imbarcano

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per Hospitale, inuiando tutti i descendenti, del litigante alla calcosa.

E.

* 1.45In vro di cotesti assai ben, parmi, fauellò Sidonio, dicendo; eglno nell' accettar doni, esser vere Arpie, nell' arringar per lor clienti, peggio che statue, nel litigar, bestie infernali, nel capir più incapaci che scoglij, ò sassi, nel giudicar statue di legno, in allegar le ragioni per comenciar la picca, & ec∣citar vn grande incendio, ecceder il mongi bello, nel perdo∣nare hauer cuor di diamante, Pardi all' amicitia, Orsinel∣le facetie, Volpi nelli inganni, alla superbia Tori, e nel distrugger, e rouinar i lor Clienti, peggio d' ogni Mino∣tauro.

E.

Mi fate ammentar ciò, che già mi disse vn honesto amico mio in Italia, che per sua mala fortuna hauea vna lite, sopra la quale, dopo molti anni finalmente essendo matura la sen∣tenza, pose tutte le scritture apartenenti alla causa in vna tasca, e la diede al fante, gionto, che fu alla casa del' Auo∣cato, e dimandato noua di esso alla moglie, che era, come mi disse, quanto più bella, molto men di buona fama, con molta gratia, piaceuolmente gli rispose che egli era sortito, il Gen∣til huomo da bene consegnò le scritture alla Madona, hu∣milmente.

A.

Humilmente ah? doue non è virtù, l' humilta è pecca∣trice.

E.

Pregandola, che in suo nome si degnasse di dar al marito quella tasca di scritti, quali tutti ran necessarij à la sua causa, e che desideraua il Dottore suo marito, gli compo∣nesse vn consiglio, per dimostrar al giudice le sue ragioni, e che lisarebbe grato.

A.

Proposito: che non ha fede, non da fede.

E.

La donna promisse di far l'ambasciata, e cosi fece, ma il Leggista vdite le parolle, veduti li scritti, ne riceuendo ariento, le geò in vn canto, dicendo, c'è

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tempo, c' è tempo, la man seguente l' amico mio rincontrò l' Auocato, quale parte per naturale cortesia, parte per ci∣uiltà, e parte ancor per il bisogno debitamente salutatolo, incontinente gli dimandò, che gli pareua delle scritture, à ui il Leggista mezzo sospirando, e con l' occhi da morto prco in testa li rispose, che ancor non hauea potuto ritro∣uar verun buon fondamento, col quale in conscienza sua po∣tesse scriuer cosa alcuna; che la cosa staua in bilancia, e vo∣lesse dio, che il caso non putisse da desperato.

A.

Dio voglia ah? Iddio nella labra, il fistolo nel cuore.

E.

Il Gentil'huomo, qual era assai acorto, e sapea di qualla gam∣ba zopicaua l' Asino, e doue li effendeua la scarpa, inteso il tutto se n'andò à casa, e perche la causa era assi impor∣tante pose trecento scudi d' oro nel fondo d'vna sacchetta, e di sopra gionse altre scritture affatto affatto fuori di pro∣posito, e logata la tasca col seruo ritornòseue alla casa del Legista.

A.

Cerca di farlo piagnere per alegrezza.

E.

Ritrouandolo fuori di casa come di prima, consegnò il sac∣chetto alla dottoressa, pregandola come di prima, soggiog∣nendo, che pregasse il suo consorte di veder coteste altre scritture, e scotesse ben la sacca, che ritrouarebbe sufficienti ragioni per sua diffesa: venuto il Dottore, odita la nouella, più persdegne, che per altro bon rispetto vuotò la tasca, doue trouò quello, senza il quale giurato hauea di far nulla.

A.

Ma tutto, che l' affamato Lupo trouata la pecora, li ser∣ua all' ingordigia.

E.

Dopo non guari di tempo rincontratosi ambi due insieme, subito l' Auocato con molte acoglienze preuenendo la parte, disse, state di bona voglia, che ho trouato tal fondamen∣to, che di certo io spero il tutto douer ben riuscir per voi, indi gli formò vn tal consulio, con tante ragioni, aut∣torità, chiose, communi opinioni, allegationi de caesi successi, e giudicati, che haurebbe abbaccinato vn Senato di Milato,

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fatto strauedere li professori di Padoua, & impazire tutti li mastri di Parigi.

A.

L' oro fa lingua, e la sententia d'oro: che vi pare di cotesti oracoli di Belzebub?

E.

Vi dico in vero, che quando era giouanetto, lesse in vn libro tenuto assai auttentico in Italia, che ritrouandosi in vna state circa il tramontar del sole, vn Auocato, procuratore, sollecitatore, ò notaio, che fosse alla fenestra, vide vn villa∣nello, che non solo con la voce, e gridi, ma con le busse anco∣ra, si ingegnaua di far entrare in vna stala vn armento di varie bestie, e non potendo, tutto adirato disse, entrate nel nome del diauolo, si come tutti li auocati, procuratori, e leg∣gisti entrano nell' inferno, il che detto, subito le bestie entror∣no, per il che il bon Leggista lasciato il mondo, si fece vn de più poueri, e disperati frati, che siano in quel paese.

A.

Per dirui il mio parere, negar non si può, che in parte non fosse lecita la legge Cinthia de Romani, nella quale prohibi∣uano á leggisti, di pigliar salari, qual legge fu luata per le ragioni, e preghi di Appio Claudio, accioche leuata la spe∣me del guadagno, la giouentù da tal essercitio non si leuasse, ouero non arringassero con negligenza.

E.

A cotesto si potria rispondere, che se leggisti fossero negli∣genti à procedere, altresi li clienti al litigare.

A.

Lasciamo, che'l mondo se ne vola con il suo peso, e corra co suoi piedi: la lite è vna penitenza di alcuni, che sono aguisa d' Hiperbolo Procle, di natura sempre cotanto litigiosa, che mai s'achietano di giognere lite, à liti, e di picchiar que∣relle con lor vicini, e se potessero, vorebbano, come sanguisuge, socchiar la sostanza d'ogn'vno, & ogn'vn spogliare, per ado∣bar se stessi.

E.

Tali Iddio l' inuia, come vittime, alli notai, solecitatori, pro∣curatori, & auocati, acciò con il pello li leuan la pelle, la pelle la carne, e co la carne li deuorio l' interiora,

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e contal artificio, che'l pecorone senzo lamentarsi, vien non scorticato, ma come offert in sacrificio, dal foco deuorato, ne, quel ch' è peggio (essendo sotto color di ispidir vna lite, viciosamente tiratto in molte altre) non se ne auede, se non al fine. Pero in verò

* 1.46A questi si può dir sia data l'arte, De vendr parolle, anzi menzogne.
A.

[ 27] Nulla dimeno moli n'ho conosciuti, che furno, e sono in ve∣ro aguisa d'vna bellissima imagine, d'vna vaghissima, can∣dida, e pura vergine, di real'aspetto co l'occhi scintillanti dolcissime fiamme difuoco, in vestimento honorato, miste∣rioso, e ciuile, con portamento regale, e raro alla sua rara beltà conforme▪ tra quali hor mi ammento il molto illustre signor Christoforo Yeluerton, meritissimo Giudice altri▪ bunal regio, e dignissimo cauagliere, d'animo virtuoso, can∣dido, e puro, e non men pio, e clemente nell'equità, che ve∣hemente in ministrar vn'incorrotta giustitia, in tutto per∣spicace, eloquente, saggio, e graue, in espresso argomento de la Maiestà, che ci rapresenta, di cui, e de suoi pari, parmi fauellasse S. Gieronimo dicendo.* 1.47 Non est omnium iudi∣care, sed eorum qui sunt prudentes. Qual però merita∣mente riuerisco, e degnamente honorerò in perpetuo, ma non già quelli à fe,* 1.48 appo de quali si verifica il detto. Pauper dum non habet quod offerat, non solum audiri con∣temnitur, sed etiam contra iustitiam opprimitur, e da ta∣li.* 1.49 Cito auro violatur iustitia eiustificatur impius pro muneribus, et Iustitia iusti aufertur ab eo; e tutto questo auenne,* 1.50 non osseruandosi il precetto dell'Essodo. Non ac∣cipietis munera, quae excaecant oculos sapientium, et peruertunt verba iustorum, e tali in vero indegna∣mente comenciorno a studiar leggi, et seder fra l' altri, dicendo il testo.* 1.51 Noli quaerere fieri Iudex, nisi vale∣as virtute irrumpere iniquitates, ne forte extimes∣cas faciem potentis, o se pur non tman il potente, ne sian corrotti dal oro, dall' affettione souente restano

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aciecati,* 1.52 posciache. Personam iudicis exuit, qui amicum iuduit, il che in vero è capital delitto, preponendo il suo parti∣cular guadagno al ben commune, l'interesse proprio, al scan∣dalo, l'ingiusti al giusto, et l'vtile all'honesto.

E.

[ 28] Ma osseruate come andiam di mal in peggio, passata è quel∣lo, che co la gona, ciòe sotto pretesto di diffender, via più so∣uente confonde le leggi, etecco soprauien quella, che prima rompendo, fece, e fa violar, e trasgredir qual si voglia legge, vo dire vna bella donna, che ci vian incontro.

A.

Tanta spesso peggior, quanto più bella, da cosa cattiua mal augurio segue, iddio c'aiuti.

E.

Che temete forse cotanto gratioso incontro?

A.

Qual fedel anima non si sbigotirebbe, sentendosi titilar il sangue in ogni fibra: però Dauid, Auerte aculos meosa va∣nitate, e'l sauio. Auerte oculos a muliere compta.

E:

Mortifican i viui, e fan suscitar i morti: ma stiamo di buo∣na voglia, che non è men bella, che cortese: ah ah voi la mi∣rate?

A.

La miro si, ma co'l cuor honesto, e le sto lontano.

Per star lontano da mia estrema sorte.
E.

[ 29] Come? hauesti pur sempre, credo, vn amoroso petto, e per∣suadendomi, che non sol in theorica, ma più in prattica, sa∣piate che cosa sia amore, hauea fra di me determinato di di∣mandarui, che cosa egli sia, acció ne'l suo laberinto mi sa∣pia moderare.

A.

Difficilmente si può aspettar vera diffinition d'amore, da vn falso amante, nelle mondane angoscie, e no nel fe∣minil amore, di già canuto; uulla dimeno vi dirò (se∣condo Horseo, e molti altri) Amor esser vn gran Dio, anzi (come il diuin Petrarca ci mostrò) de gl' altri

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Dei trionfando, Dio sopra ogn'altro Dio, quindi l'ingeg∣noso Tasso nel suo Aminta.

Non mica vn Dio Seluaggio, o de la plebe di Dei, Ma tra grandi, e celesti il più potente, Che fa spesso cader di mano a Marte La sanguinosa spada, & a Nettuno Scuotitor de la terra il gran tridente, E i folgori eterni al sommo Gioue. Et altri per breuit à tralascio.
E.

Soggionse ancor Euripide, Amor esser vn Dio d'ogn'altro antichissimo, e giocondissimo à mortali, però altri lo diman∣dorno giouenissimo, tenero, è delicato▪

A.

Et Ansimaco rispose, l'amor buono esser la concordia, e'l reo la discordia; Zenone chiamòlo iddio di pace, e di con∣cordia, e Pico Atheneo afferma l'antichi hauerlo formato vn Dio grande, è d'ogni brutezza molto lontano.

E.

Mi souien d'hauer anchora letto l'Atheniesi hauer eretti la statua d'amore ne l'Academia dedicata à Pallade, per denotarci, ch'eglifosse vn Dio sapientisso, e gl Samij, ha∣uergli consecrato vna Scuola, e la sua festa la dimondorno la festa de la libertà.

A.

Theofrasto depigneua Amore con due Archi, vno de qua∣li dice, ad oprare nella felice fortuna, e l'altro vsar ne l'oc∣cider gli in felici, e sfortunati amanti.

E.

Socrate, e Platone conchiuse l'amore esser pi tosto vn gran Demone, che vn gran Dio, ne esser bello, come li altri Dei, ne men eterno, ma mezzo tra le cose belle, e brutte, e fra le mortali & immortali, donde l'altri lo diffiniron desiderio di bellezza, e percioche ogni desiderio presuppone priuatione, dir si potrà esso esser priuo delle cose belle.

A.

Parmi ch'Aristofane nel suo Pithagorista molto ben di∣cesse, amaestrandoci amor esser stato cacciato dal cōcilio dell'

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altri Dei, come seditioso, & perturbatore della pace, e che per scherno glifu tagliate l'ale, acciò più non ritornasse in cielo, ma sforzato fosse d'habitar fra le genti del mondo d'improbità, e maluegità simile à lui.

E.

Li Medici lo dimandorno vna certa infirmità, quale, co∣me l' altre, con diggiuno, co l'vbriachezza, e col trar sangue souente vien curata.

A.

Li Filosofi naturali l'appellaron prima affettione della ma∣teria, quale essendo imperfetta, & informe, desidera la per∣fettione, e forma.

E.

Aristofane nelle sue fauole recita, che gli huomini pel ira di Gioue furno disiunti, e ciascheduno rimasto mezzo, ad opra per vnirfi all' altro mezzo, e cosi diuenir perfetto.

A.

Se imitar vogliam Lucretio, lo dimanderemo vn desiderio di trasportamento, desiderando l' amante di trapassar nella cosa amata, et Hiorotheo l' appello vna certa Ʋirtù ine∣stata, per la quale le cose superiori hanno la prouidenza dell' inferiori, e l'inferiori si volgano à svperiori, e l'vguali si congiungano.

E.

Giudican alcuni l'amor esser vn distendimento, pel quale la volontà si distende verso la cosa amata, e desiderata.

A.

Et altri lo dimandorno quella prima patienza, e quel primo piacere, ch'habbiamo, quando la cosa desiderabile c' occorre alla vista, e si diletta.

E.

Plotinio disse esser vn atto dell' anima, che desidera il bene, e Dante vn cuor gentile, et amor diremo esser il medemo; il Petrarca hor foco, hor vna cosa, hor l' altra.

A.

Il Bembo vna gratiosa, c dolce voglia, et Hannibal Fer∣rarose vna grandissima perturbation dell' animo, eccitata da conosciuta bellezza per vna occulta conformità di natura

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ch' ha l' amante co la persona amata, risoluendosi in deside∣rio, d'vnirsi col bello con amor perfetto.

E.

Non fuori di proposito lo dipinse il Cauaglier Guirino, coss dicendo:

* 1.53Raro mostro, e mirabile, d'humano, E di diuino aspetto, E veder cieco, e di sauer insano, Disenso, e d' intelletto, Di ragion, e desio, confuso aspetto.
Pur per non passar più auanti, si contentaremo della Platonica sentenza, e de suoi seguaci, essi tenendo A∣mor esser vn Dio marauiglioso, bello, amatore del be∣ne, & dell' honesto per sua natura, et vn altro soggi∣onse, amor esser quello, che ci da la pace, la tranquillità al mare, la chete a venti, letto sicuro all' animali, ri∣moue la rustichezza, concilia la discordia, vnisce l'a∣micitia, induce beneuolenza, estermina laferità, l' ani∣mi morti auiua, gli spiriti lassi consola, l'affanate menti ristora, e la vita vniuersale, non sol felicita, ma ancor perfettamente beatifica; donde con Dionigio, Areo∣pagita conchiuderemo. Quod Amor est circulus bonus a bono in bonum perpetuo riuolutus. Ma per vdir vna noua, e moderna diffinitione, che lo di∣mandate voi?

A.

[ 30] Quantunque già nella mia incauta età, certo sol vna volta, con tal ardente nodo mi ligasse, e con cupa feri∣ta via più, che crudelmente mi saetasse amore, che m' hauesse posto per segno allo strale, come neue al sol estiuo, o come cera al fuoco, et aguisa di nebbia a rimpetto d' vn impetuoso vento, talch' era diuenuto non men lasso, che rocco, amando, ardendo,

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sperando, pietà, e chiedendo vita da donna, che si fin∣geua crudele, in cui di fuori alcuna pietà non apariua, hauendo di sua natura ogni ben nata femina vergogna si, ma non crudeltate, donde se l'huom per sua beltà si strugge, ella aguisa d' ape, ferendo muore, e s'al na∣tural timore congionti siam buoni costumi, & honestate, arroscendo di dar certezza, desidera che l'amente più tosto, si elegga di ardito morir, che in vili finir sua vita.

Et vsi a maggior proua, ardir più grande. Che La vergogna ritien debil amore, Ma debil freno è di potente amore.

La donna bramando, che il nostro diletto altresi nostro furto, nostra rapina, e non suo dono sia; e se gentil fe∣mina amante veddi fuggire, sappia, che non come da∣ma, ma come, donna fugge, à fine à più oportuno tempo, a maggior aggio, et à più commodo luogo ella sia aggi∣unta, et abbracciata insieme; qual arte feminile an∣cor io non conoscendo, in tal mio tirocinio cosi incau∣tamente d' amor restai confitto, che col Poeta in ver i dir poteua.

* 1.54Pace non trouo, e non ho da far guerra, E temo, espero, & ardo, e son ghiaccio, E volo sopra il cielo, e giaccio in terra E nulla stringo, e tutto l mondo abbraccio Tal m'ha in pregion, che non m'apre, ne sera, Ne per suo mi ritien, ne scioglie il laccio E non m'ancide amore, e non mi sferra, Ne mi vuol viuo, ne me trahe d'impaccio. Ʋeggio senz'occhi, e non ho lingua, e grido E bramo di perir, e chieggio aita, Et ho in odio me stesso, e bramo altrui,

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Pascomi di dolor, piangendo rido, E gualmente mispiace morte, e vita, In questo stato fui donna per voi.

Nel qual stato per gran pezza di tempo perseuerando, et essendo, che la pena sotiglia l'inteletto, diuentai nell' amorosi giochi cosi scaltrito, che fra me stesso amorosamente Filoso∣fando, miserabilmente mi gloriaua, souente col Poeta cosi meco dicendo.

* 1.55So come da se il core si disiunge, E coprir il suo dolor, quando altri il punge; So come sta tra fiori ascoso l'angue, Come serpe fra due si veggia, e dorme, Come senza languir, simuore e langue; So trouar l' amica, & in qual guisa L'amante ne l'amato si transforme. So fra longhi sospiri, e breuirisa Stato, voglia, color cangiare, spesso Ʋiuer stando co'l cor Palma diuisa; So mille volte il di cangiar me stesso, So seguendo il mio foco douunque fugge, Arder da longe, & aggliacciar da presso. So in poco dolce molto amaro appaga Amore, &c.

Ma finalmente aprendo l' occhi, e conoscendo (se ben tardi) il tutto; vnita la virtu ael cuore, e sott∣posto il senso al spirito, e alla retta ragione, dall' in∣terno ogni mal regolato feminil affetto, e dal collo scu∣ossi l' infelice giogo a' amore. E dissi, cor mio di seruo, sei libertino; gia mai piu fia, che sij di cieco amor vasal∣lo, ne men seruo d'instabil donna nell'auenire; eleggiti di

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morir inanzi, che seruitù prouaro, tal che io posso dire, che m' agiognesse, ma non mi congiongnese amore: quindi inuecchiato nell' odio, esso più tosto, che amor diffinir i posso; pur diroui, per satisfarui. Amor altro non esser, ch'vna passione, che signoreggia il cuore; e per quel, che v' ho con∣chiuso; Amor è' l tutto, ma in verè nulla, non potendo al∣cun esser legato, s'egli non vuole: donde il Poeta.

* 1.56Ch'l fren della ragion amor non prezza; E chi discerne, è vinto da chi vuole:
E.

Mase amor non è, come voi dite, che dunque sarà quello, che pugne il cor humano? e s'eglo è pur amore, che cosa, e quale è egli? ò che buona, ò che rea, se buona, onde egli è cosi aspro, e mortale? e s'e è cattiua, onde, e si dolce ogni suo tormento? e se è in nostro poter, e à nostra voglia ardia∣m, onde prouien il pianto & il lamento? e s'e a mal suo gra∣do l'amante si lamenta, il querelar che vale?

A.

Quindi conoscete amor esser vna viua morte, & vn di∣dilettoso, volontario, & inuolontario male che pel primo consentimento pascendosi l'amante di vaue speranze, per∣seuerando nel consentire, volontariamente patisce, e con∣tral' aspettato potendo, sfre contra il proprio volere, donde se si duole, si duole a torto: nulla dimeno per non lasciarui sospeso affatto, soggiogno si come varie sono le spetie d'amo∣re da lor mezzi, e fini ageuolmente potiam conoscere, che sia ciaschedun in particlare, lascio à theologhi, e Canonisti la diffinitione dell' amor diuino, e dell'amor del pressimo, auenga che breuemente dir vi potrei, l' vno esser Amor d' honore, l' altro amor, o desiderio di bene; mal'amor dell' amanti esser vna passione, che impiega l'amante alla persona amata, o vn interno affetto, che sempre produce diuersi effetti verso l'oggetto: donde dicea vn dotto. Iactor,

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crucior,* 1.57 agitor, stimulor in amoris rota; nullam men∣tem animi habeo: vbi sum, ibi non sum. Equell' altro, mai l'amante è enza le dolorose passioni d'amore, i desi∣derij vani, le speranze incerte, i pensieri sciocci, le mestitie vrgenti, l'ire, i sdegni, i furori, le lagrime, i despetti, le folle, i sfogamnti, le gelosie, le vendette, e mille vanitadi, perciò non senzaragione Amor fu depinto in forma d' vn vano, e pazzarello putto, ignudo nella simplicita, alato nella fuga de bei piaceri, imbendato vella vergognosa conuersa∣tione, e per ispedo la, er vn Dio, non ch'in ver egli siatale, essendo vn sol Iddio, ma perche l' huomo lasciandosi affatto regolare dalla passione, ad essa si sottopone in tutto, & à lei obedisce come à vn suo Dio, quale à suo mal grado lo regge, e gouerna come gli pare, e piace: quindi il Poeta nel suo trionfo d' Amore finge tal' esser legati, & l' Amor esser lor [ 31] Duce, anzi lor Dio, & essendo maggior il numero di quelli, che seguan il senso, che la ragione, e' l spirito, perche

* 1.58Virtù non vince, doue trionfa amore.
Tali non potendo all' amorosa fiamma resistere co le estrin∣seche forze, se mancala virtù interna, e'l senno, soggionse il Poeta:
* 1.59Contra le quali non vale elmo, ne scudo. E dindi per mostrar il lor gran numero. D' intorno innumerabili mortali. E quali sian cotesti, imitando l' amoroso Ouido. Otia si tollas periere Cupidinis artes. * 1.60Ci li dipinse cosi dinendo: —Amor Che sol nacque d'otio, e di lasciuia humana, Nudrito di pensieri dolci, e soaui, Fatto signore sol è di gente vana. * 1.61E'l Tasso: — Contento viui, Più che mai fossi ô Thirsi, in otio viui, E ne l'otio l' amor smpre germoglia. * 1.62Et il Cauaglier Guirino: O Dea, che non sei Dea, se non di gente

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Vana, oziosa, e cieca, Che con impura mente, E con religion stolta, e profana Tisacra altari, e tempi.

E.

[ 32] Quantunque tutto cotesto sia più che vero, nulla dimeno par∣mi l' huomo esser degno di scusa; perche osseruate quanto ecita la vista di quest' altra bella donna, che ci vien incon∣tro, in ver ch' è bella, anzi

* 1.63Parmi, che sia piú bella assaiche 'l Sole, E piú lucente d' altre tante etadi: * 1.64E non parmi donna, Anzi Ninfa si bella, e si gentile, Ma che dico vna Ninfa? anzi vna Dea, Più fresca, e più vezzosa di matutina Rosa, E più molle, e più candida d'un Cigno.

A.

Tanto più noiosa inesacrabile, e suberba, e donna tanto sci∣occa, è quanto bella.

E.

Chi vuol veder quanto può far Natura, e'l Ciel tra noi, venga á mirar costei: Ah dolce vista di bel viso adorno, in qual parte del Ciel, in qual Idea era l'essempio, onde Natura tolse quel bel viso leggiadro, in che ella volse mo∣strar qua giú, quanto là su potea?

A.

Amor con sue promesse lusigando, vi condurà alla prigion antica, e darà le chiaui à la vostra nemica: e chi' l suo cor in cuore di donna pone, al fin troua pietà sorda come Aspe, Misero onde speraua esser felice, di duol si strugge, e di fuggir si stanca, e si consuma doue si diletta, cosi passa lae vita sua infelice con vana speranza d'vn di esser felice.

E.

Ah occhi sereni, ô che stillauti ciglia, che bella bocca ange∣lica di perle, Pena di rose, e di dolci parole, la fronte, e le chiome sol á mirarle da state à mezzo di vincano il Sole. ò bella man, che mi distrugge il core, man, ou'ogn' arte, e tutto loro studij poser Natura, e' l Ciel per farsi honore.

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A.

Seuera man, che da l'ultimo colpo, à cui già diede il primo, e fa marmo diuentar che tocca: lampeggiar l' occhi, è folgo∣rar i guardi; occhi maluaggi, che non dan luce, à chili mi∣ra, ma d' alta cecita cagione, e fonte, se sospira, ò fauella, come irato Leon rugge, e spauenta, e non più ciel, ma cam∣po di tempestuosa, & horrida procella col fiero lampeggiar folgori auenta.

E.

O che dolce vista, ò che guardo soaue, ô spirito gentile, che si dolcemente volgi quei occhi, piú chiari del Sole, l' occhi suoi, non son occhi, ma due Stelle, e nel suo viso apa∣re quanto in questa vita Arte, Ingegno, e Natura, e'l Ciel può fare.

A.

All' hor errate, quando l' antica strada di libertà v' è pre∣cisa, e tolta, che mal si segue ciò, ch' all' occhi aggrada, e debile è in ver, e piû ch' infelice, chi resta vinto nel primie∣ro assalto.

E.
* 1.65O creatura fatta nel Paradiso, O spirito gentil, che quelle membra regi, Non ti s' apareggia, qual più s' apprezza, Natura' l luogo si ringratia, * 1.66Onde si bella donna al mondo nacque. O giorno pien di merauiglia, ô giorno Tutto amor, tutta grazie, e tutta gioia, O Terra auenturosa, ò ciel cortese, Nel qual, in cui al mondo si bella donna Concesse la natura,
A.
Il vostro lodar troppo alto sale, Ne tanto insuso il suo merto arriua. Di donna, e sua beltà poco mi curo, Che non contiense non cosa mortale.
E.
Ohime bel viso, ohime soaue sguardo, Ohime il leggiadro, portamento altiero, Ohime il parlare, ch' ogni aspro ingegno, e fiero Fa humile & ogn' huom vil fa gagliardo;

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L' ombra sua sola fa il mio cor vn ghiaccio, E di bianca paura il viso tinge; Ma l' occhi han virtú di farmi vn marmo.
A.
* 1.67Anima infelice ch' ad hora, ad hora, Di pensier in pensier, di mal in peggio, Vai, e del suo seggio Non samai ritrouar la parte ancora.
E.
La riconosco al volto, e à la fauella, Che spesso ha già ha il mio cor raconsolato, In riuederla il cor mi rende il spirto. E lo riempe di soauissima dolcezza: Se Vigilio & Homero hauessin visto, Quel sole, in qual veggio co l' occhimiei, Tutte le forze in dar fama â costei, Haurian posti, e l' un stil con l' altro misto.
A.
Aspro core, e seluaggia, e cruda voglia, In dolce humile, angelica figura Hauran di me poco honorata spoglia.
E.
Si come eterna vita è veder Dio, Ne piú brama, ne bramar piú lice, Cofi mi fa veder donna felice: * 1.68Dunche ti prego alma felice volgi, A me quel occhi, onde beata bei, Che son, se tu no' l sai, ritratto vero, De le bellezze tue gl'incendi miei, Laforma lor, le merauiglie à pieno, Piú ch'l christallo tuo, mosta il mio senno.
A.
* 1.69Regnan i sensi in voi, ragion è morta, Del vn vago desio, l' altro risorge: Passa la naue vestra colma d' oblio Per aspro mare à mezza notte il verno Infra Scilla, e Caribde, & algouerno Siede' l signor, anzi inimico vostro. Morte fra l' ond? è la ragion, e l' arte.
E.

Non despero, ma spero, perch' io veggio nel mouer de suoi occhi vn dolce lume, che mi mostra la vita, ch' al ceil in∣duce.

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A.

Aspettate la vita da cuisol morte nacque?

E.

Ʋoglia mi sprona, amor mi guida, e scorge, piacer mi tira, vzanza mi transporta, e la man destra al cor già stanco porge.

A.

[ 33] Pasce l' Agna l' herbe, e'l Lupo l' Agno, ma bella donna di lagrime mai si pasce, ne men è mai sattolla di vane spe∣ranze pascer l' amanti.

E.

Che di donna disprezza amore, non dirò ch 'l core habbi di ferro, anzi di ferro il petto.

A.

Se non hauer amore è crudeltade, crudeltate è virtú, e non mi pento, ch' ella sia nel mio core, ma ne preggio, poi che so∣lo con questo ho vinto amore, fera di lei peggiore, che vuol d' ogn' vn esser signore.

E.

Mal chi contra amor s' arma, e si nasconde, ch' ogni dur rompe, & ogni altezza inchina: ed al fin' ogni cor seru' al amore, che voglia, ò non voglia l' huomo, vuol vna volta amor ne vostri cori, mostrar quant' egli vaglia; & la gio∣uentis d' amor nemica, contrasta al Cielo, e la Natura of∣fende.

A.

Narrate sogni, ò pur sognand' ascolto? trauagli solo per amor s' acquista: cieco è l' amor, non gli cred' io, che fa cieco de∣sio di chi li credo, che s' ha pur poca vista, ha minor fede, e sempre martirizza, chigli crede.

E.

Semina pianto amor, e riso accoglie, e dopo l' infinit' amare doglie, radolcisce tutti l' affetti suoi.

A.

Amor amaro pien d' ogni cordoglio, mansueto fanciulo, e fiero veglio: e ben sa chi lo proua, gioco dolce tra pania amara, e ben l' impara l' vccel che vi s' inueschia.

E.

La Natura sormonta ogni ragione, quanto si porta nel core in van sifugge, legge d' amor è impressa ne no∣stri petti, ne s' apprende, ò s' insegna, ma ne

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li humani cori, senza maestro, Natura stessa di propria man l'imprime, e dou' ella commanda, vbbidisce anco il Ciel, non che la terra: seguian dunque Natura, amiam, ch' il sol si muore, e poi rinasce, anzi si breue luce s' asconde, il sonno eterna notte adce; e l' huom non può gioir se non amando.

A.

Altri seguan i diletti de l'amore, se pur v'è ne l' amor qualche diletto, non temo à me manchin miglior deporti.

E.

Deh signor mio, voi nonsapete ancora quanto il foco d'amor possi in vn petto, che petto sia di carne, e non di pietra, come parmi, il vostro tanto crudele.

A.

Pur tropo lo prouai, però vi dico, pietà l'esser crudele ad vn, ch' è piú d' ogn'altro crudele.

E.

Giogo di seruitù dolce, e crudele, cert' è l' amore. A l' a∣mante l' affani scorsi & iperigli fanno soaue, e dolce condi∣mento.

A.

Dura è la condition de l' amante, non ode alcuna cosa, on∣de si volga, la qual non lo spauenta, e non l' affanna, e la spe∣ranza de l'amante, è l' aspettar dal mal, vn mal peggiore.

E.

Volete viuer neghitoso, e senza gioia, che sol amondo l'hu∣mosa, che sia diletto?

A.

De l' amanti l' vna salute, e'l desperare, poi che sol le spe∣ranze son lor rouine, donde viuan miseri ne lor miseria, le speranze dubiose il dolor certo, sue promesse di fe sempre son dubiose, ne c' è alcuno, che del amante sciocco, arrecca aita à l' affannato ingegno.

E.

Pace tranquilla senz'alcun affanno, e sol l' amore. Amor sana & ancide, amor con tal dolcezza onge, & ponge sana piaga di strale, piaga d' amore.

A.

Sol è la morte medicina al cuore: è pur viuace amore, che ne l' affanni cresce: mai si potrà auantar, ch'io sia de suoi, ne signoria haurà fuor del suo regno.

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E.

Amor fa l' amar dolce, e' l pianger gioco, dolci ire, dolci sdegni, e dolci paci, dolce mal, dolce affanno, dolce peso, dol∣ce parlar, e dolcemente inteso, hor di dolce ora, hor di dol∣ci faci.

A.

Ogn' vn dal ben amar porta tormento, & ha per pena amor, se non la morte, peste de l' huomo fu sempre amore, quindi disse il Poeta:* 1.70 felice me, se nel morir non recco, que∣sta mia peste ad infettar l' inferno, restine amor vengna sol sdegno meco.

E.

Non vi lagnate, il dolce tempra l' amaro, piaga d' amor guarisce l' istesso amore, di piùse uoi gustasti sol vna volta la millessima parte delle gioie, che gusta vn cor riamato amando, diresti ripentito sospirando; perduto è tutto il tem∣po, ch'in amor non si spende, ô mia fuggita etate, quante ve∣doue notte, quanti di solitarij ho consumato indarno, che impiegar si poteua (lasso) in quest' vso, il qual replicato è più soaue.

A.

Quando per amor sospireran, e torneran i fiumi à le lor fonti, e i Lupi fuggirano da l' Agni, e' l Veltro le timide Lepri, amra l' Orso il mare, e' l Delphin l' Alpi; ouer qando i sospiri vdirò de le piante, io son contento all' hor d' esser amante.

E.

Volete esser in voi tanto crudele, di negar â voi stesso vn gran piacere, per torr' à lei fatica di negarlo?

A.

Quella, che dimandate amante, & io nimica, & il breue piacer, vna gran colpa.

E.

Necessità d' amor legge non haue, me la mia donna acco∣glia dopo breui preghiere, e seruir breue; reintegrando i cori, ò pace, ô treuga.

A.
* 1.71Deh, ch' ei è falso dolce fuggitiuo Che' l mondo traditor può dar altrui, A chi ripon più le speranze in lui, Che d'ogni pace, e difermezza priuo.
E.

Prouerbio, ama chi t' ama, è fatto antico.

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A.
Vn giouinetto inamorato cuore, Hor ride, hor piange, hor teme, bor s' assicura, E del suo error, quando non vuol si pente, Lontan d' amor, lontan d' ogni tormento.
E.

[ 34] Dubito, che tento siate di qualche dolce inuidia.

A.

Non potiam pensar cotesto esser caso d' inuidia, posciache ca∣ro è l' amor, ch' l' or, co'lcor cirobba: e non visouien il detto? senza denari inamorato parme, senza libro scolar, nocchier senz' arte, senz' occhischermitor, guerrier senz' arme.

E.

Se neua à l' hospedale quella fregna, che si lascia sdruscir, e non grafigna, ha per poco piacer gran penitenza, chila zam. poguasua presta credenza. O chiunque tu fosti, ch' insegna∣sti primo à vender l' amor, sia maledetto il tuo cener se∣polto, e l' ossa fredde, e verso d'esse ogn' un fia si inhumano, che lor non dica passando. Habbiate pace, ma le bagni di pioggia, e muoua il vento, e con pie immondo la greggia il calpestri e'l peregrin. Tu prima suergognasti la nobiltà d' amor, tu le sue liete dolcezze inamarasti. Amor vena∣le, Amor seruo de l' oro, e' l maggior mostro, e' l più abomi∣neuol, e'l piùzozzo, che produca la terra, e'l mar fral'on∣de. Ma perche in van mi lagno? vsa ciascuno, quell' arme, che gli ha date la Natura per sua salute: il ceruo adopri il corso, il Leone l' artigli & il bauoso cinghiale il dente, e son potenza, & arme ne la donna la bellezza, e leggiadria, noi perche, non vsiam in nostro bene la violenza, se ci fe na∣tura atti à far violenza, & à rapire.

A.

Ma se la donna fosse, e vn visibil inferno, e fiamma, e foco, vorrete voi auentarui à tal periglio?

E.

Sia che si voglia, pur, ehe gentil, e bella v'andrei in vero più ardito, e pronto, che l'assaetato Ceruo alla fontana, ne teme∣ria l'andar tra fiamma, e ferro, e ne'l inferno, e viuer ne'l inferno (s' esser inferno può, oue e cosa bella) per gustar ciò, che gustato à gustar sempre n' inuoglia, e possedere si quel che mi piace, che l' habbia sempre presta à la mia vogla.

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A.

Ma chi ritroua il ben, s'egli no'l cerca? Che perigliso è cercar quel, che trouato trastulla si, ma tormenta assas, e ha dentro assai dolor con breuè gioco. Donde non so, se'l molto amaro, che proua l'huom seruendo, amando piangendo, e de∣sperando, radolcito esser puote pienamente à vn dolce pre∣sente, ma se piu caro viene, e piu si gusta dopo il male il be∣ne, già mas chieggio d' amore questa beatitudine maggiore, bea pur altri in tal guisa, abastanza di già io piansi, & arsi faccian l' altri lasua parte, ne desio piu di goder quel, ch' à l'alma si costa.

E.

Farà forza l' amor, à chi non vuole.

A.

Ma forzar non si puo, chi stalontano, che lontananza ogni gran piagasalda.

E.

Ma chi langue d'amor?

A.

Ma chi teme, e fugge?

E.

Che gioua fuggir dalui, ch' hal' ali?

A.

Amor nascente ha corte l' ali, e a pena può su tenerle, e non le spiega a volo.

E.

Ma non s'accorge l'huomo, quand'amor nasce, e quando ei sen' accorge l' huomo grand' è vola.

A.

Non s' altra volta nascer non l' ha visto. Deh, che consa∣ma il tempo finalmente amore, o prima il crudo amor l' al∣ma consuma, cosi dunque i vostri mal non han rimedio, se non dopo martiri vna cruda morte.

E.

Poiche vn corridore, ed vn ceruiero vi depingete, di cor io vi protesto, che quando vi vedrò chieder aita, non, non mo∣uerei per aiutarui vn passo, vn dito, vn detto, vna palpebra sla.

A.

Fate quanto vi piace, vsi ogni sua arte amore, che mai vi giuro ei ttera il mio core.

E.

Sete più di pità, che d' inuidia degno, pigliate a gabbo, i ve∣do, i miei consigli, e burle le mie ragioni, ma verra tempò, che vi pentirete, di non hauergli' seguiti, & ali' or sarà, quando fuggiret li cristalli, oue-hor vi specchiate, per tema di veder•••• crespo, e deforme.

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A.

[ 36] Più non è per tormentarmi amore. Che io vdi mai, mai io viddi più strana, e più folle, e più fera, e più importuna passione, che quella de l'amore. Come il gielo a le piante, ai fior l'arsura, la grandine a le spicche, aisemi il verme, le reti ai cerui, ed a gl'ugell il visco, cosi nemico à l'huom fu sempre amore, e chi foco chiamolo, intese molto la sua Na∣tura perfida, e maluaggia, che se'l fuoco si mira, o come è vago, ma se si tocca, e come crudo. Il mondo non ha di lui più spauenteuol monstro, come fera diuora, e come foco pugne, e trapassa, e come vento vola, e doue il piede impe∣rioso forma, cede ogni forza, & ogni poter da loco, non al∣trimente amor, che se tu'l miri in duo begl' occhi, in vna tre∣cia bronda, o come alletta, e piace, o come pare, che gioia spiri, e pace altrui prometta, mase troppo t' accosti, e trop∣po il tenti, si che serper cominci, e forza acquisti, non ha Tigre l' Hircania, & non non la Libia Leon si fero, e si pe∣stifero angue, che la sua ferità vinca, o pareggi, crudo più, che l'inferno, e che la morte, nemico di pietà, ministro d'ira. E finalmente amor priuo d' amore.

E.

Amor è come'l coltel, che se tu'l prendi in quella parte, oue per vso humano, la man s' adatta, a chil' adopra, è buo∣no, ma chi'l prende nel farro, è spesso morte.

A.

Picciola è l'ape, e fa col picciol morso pur graui, e pur mo∣leste le ferite, ma qual cosa è più picciola d' Amore? S' in ogni breue spatio entra, e s' asconde in ogni breue spatio? hor sotto al'ombra de le palpebre, hor trà minuti ricci d'vn biondo crine, hor dentro a le pozzete, che forma vn dolce riso in bella guancia, e pur fa tanto grandi, e si mortali, e cosi immedicabili le piaghe; ohime, che tutta piaga, e tutte sangue sono le viscere d'vn ver amante: Crudel amor, più che crudele, & empio.

E.
Deh, che spesso l'huom non discerne il tutto Ʋeramente la legge con che amore Il suo Imperio gouerna eternamente,

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Non è dura, ne obliqua, e l' opre sue Piene di prouidenza, e di misterio, Altri à torto condanna, e con quanta arte, E per ignote strade egli conduce L'huom ad esser beato, e fra le gioie Al colmo, al sommo d'ogni contentezza Del suo Paradiso il pone, Quando ei pur crede, al fondo esser de mali: Dunque da l' amor non prouien l' errore.
A.

[ 37] O bella età de l' oro, non già perche di latte se'n corse il fiume, e stillò mell il bosco, non perche ifrutti loro dier, da l' aratro intatte le terre, e l' angui eran senza ira, e tosco, ne temea il mondo ancor ferro ne tosco, non per∣che nuuol fosco non spiegò all'hor suo volo, e'n prima∣uera eterna, ch' hora s' accende, e verna rise diluce, e disereno il cielo, ne portò peregrino, o guerra, o merce a gli altri lidi il Pino; Ma sol perche quel vano nome senza soggetto; quel Idol d' error, Idol d'inganno, quel suon fastoso, e vano quell' inutil soggetto di lu∣singhe, di titoli, e d' inganni, quel, che dal volgo insano honor poscia fu detto, non era ancor de gl' animi ti∣tranno. Ma poi che di nostra Natura il feo tiranno, non meschiaua il suo affanno fra le liete dolcezze de l'amo∣rose gregge, non fu sua dura legge nota à quell' alme in libertate auezze, ma legge aurea, e felice, che Natura scolpi, s'ei piace, ei lice; la fede hauean per legge. All' hor tra fiori, e linfe meschiando a le parolle vezzi, e su∣surri, & a susurri i bacci strettamente tenaci hauean all' hor l' amanti il cor ne le parolle, la Ʋerginella ig∣nuda scopria le fresche rose, ch' hor tien nel vel as∣cote: Tu prima honer velasti la fonte di diletti ne∣gando l' onde a l' amorosa sete: Tu a bel gli oc∣chi in segnasti di stare in se ristretti, e tener lor

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bellezze altrui secrete, tu raccogliesti in rete le chiome a l'aura sparse, tu i dolci atti lasciui festi ritrosi, e schiui, a detti il fren ponesti, a passi l' arte, hor la tua falsa ragion, che verna, fra le nubi del senso ha chiuso il cielo, di più tu rio velasti con tuoi sozzi diletti il bel de l'alma; et a nudrir la sete de i desiri insegnasti cò sembianti ristretei sfrenando poi l'impurità segrete, cosi qual tesa rete trafiori, e fronde sparte, celi pensier lasciui con atti santi, eschiui, bontàstimi il parer, la vita vn arte ne, curi (e par ti honore) che fur∣to sia, pur che s' asconda amore. Opra tua dunque honore, che furto sia, quelche fu don d' amore: E son tuoi fatti e∣gregij le pene, pianti nostri, e per finirla. Egli è pur troppo vero, ch' altro al fin l' honestà non è, ch' vn arte di parer honesto, et honestate è sottigliezza humana, che non è furto d' amor tanto sicuro, ne di tanta finezza quanto, quel, che s' asconde sotto'l vel d' honestate, e troppo frale scher∣mo a giouenetto core, e donna scompagnata, è sempre mal guardata.

E.

Sdegna alma ben nata, più fido guardatore hauer del pro∣prio honore: e fama d' honestate e'n mortal sangue nobiltà celeste.

A.

[ 38] Dunque incolpar non si debbe honore, non essendo ca∣gion di cio, ch'l mondo amando no, ma vaneggiando pec∣ca; a feminil perfidia, à lei si rechi la cagion pur d' ogn' amorosa fiamma: ò feminil perfidia, a te si recchi, la cagion pur d'ogn' amorosainfamia, da te sola derriua, e non da lui quato hà di crudo, e di maluagio amore, che'n sua na∣tura placido è benigno, teco ogni sua bontà subito perde.

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Tutte le vie di penetrar nel seno, e di passar al cor tosto gli chiudi, sol di fuor il lusinghi, e fai suo nido, e tua cura, e tua pompa, e tuo diletto, la scorza sol d'vn mintato volto, ne già son l'opre tue, gradir con fede lafede di chi t'ama, conten∣der ne l'arme, ed in duo petti stringer vn core, e'n duo vo∣ler vn'alma; ma tinger d' oro vn'insensata chioma, e d'vna parte in mille nodi attorta, infrascarne la fronte, indico'l al∣tra tessuta in rete, e'n quelle frasche inuolta prender'il cor di mille in cauti amanti, ò come è indegna, e stomacheuol co∣sa, il vederla tall'hor con vn pennello, pigner le guancie, & oc∣cultar le mende di Natura, e del tempo, e veder come il li∣uido fa parer d'ostro, le rughe appiani, e'l bruo imbianchi, e togli co'l diffetto il diffetto, anzi l'accresce. Spesso vn filo incrochia, e l'vn de capi co denti afferra, e con la man sini∣stra l'altro sostiene, e del corrente nodo co la destra fa giro, e l'apre, e stringe, quasi radente forfice, e l'adatti su'l ine∣qual lanuginosa fronte, indi rade ogni piuma, e suelle insieme il mal crescente, e temerario pelo, con tal dolor, ch' è peni∣tenza il fallo: Ma questo è nulla ancor, che tanto a l'opre sono i costumi somiglianti, e i vezzi, qual cosa ha donua, che non sia tutto finta? S'apre la bocca, la mente, se sospira son mentiti i sospiri, se moue l'occhi, simulato è'l guardo, in somma ogn'atto, ogni sembiante, e ciò, ch' in lei si vede, e ciò, che non si vede, o parla, o pensa, ò vada, ò mira, o pi∣anga, or rida, o canta, tutto è menzogna, e questo ancorè poco: Ingannar più, chi più si fida, e meno amar chi più ne degno, o••••ar lafede più de la morte assai, queste son arti, che fan si crudo, e si peruerso amore; dunque non dell' amore, ma sol della donna è ogni colpa, o più tosto di chi gli crede, las∣ciandosi acciecar da vn falso nome di finta honestate: però il folle amante non faccia, di donna vn idolo, che peggior è d'ogni nume dell' inferno, el in superbita sdegna gia l'huomo,

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Che d'esser tal per suo valor si vanta, qual tu per tua viltà la fingi, ed orni: dimi pouero, & infeli e amante, che tanta seruitù? che tanti preghi, tanti pianti, e sospiri? vsin que∣ste arme le femine, i fanciulli, e i nostri petti sian anco ne l'amar virili, e forti. Vn tempo anc' io credei, che sospiran∣do, e piangendo, e pregando in cor di donna si potesse destar fiamma d' amore.

E.

Pur sia come si voglia, l' huom amar debbe la donna, e vi più, quanto è più frefca, però disse il poeta:

Deh mira (ella cantò) spuntar la rosa * 1.72Del verde suo modesta, e verginella, Che mezzo aperta anchora, e mezzo ascosa, Quanto si mostra men, tanto è più bella, Ecco poi nudo il sen già baldanzosa Dispiega, ecco poi langue, e non par quella, Quella non par, che desiata inanti Fu da mille donzelle, e mille amanti. Cosi trapassa il trapassar d'vn giorno De la vita mortale, il fiore, il verde, Ne perche faccia indietro April ritorno Si infiora ella giá mai, ne si rinuerde: Coglian la rosa in su' l mattino adorno Di questo di, che tosto il seren perde, Coglian d'amore la rosa, amiamo hor quando Esser si puote riamato amando.

A.

Degna è la rosa d' ogn'un esser raccolia, ma la donna rosa non è, ma tutta spina: O femina ingannatrice, e senza fede, Ella nel mal troppo verace, nel ben troppo buggiarda, morta à le virtu, viua à l' inganni, e sol la gloria feminesca l' esser guardata, amata, e desiderata.

E.

E colpa, o onta, & à la donna scorno, fuggir d'esser guar∣data, amata, desiata, ch' à tal fine fu da la Naturafatta.

A.

Sol crudeltate estrema, ingrato core in donna ingrata è, ben tre fiate, e quattro ingratissimo sesso, e la Natura negligente maestra sol sol fù à le donne nel volto, e in quel di fuori

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sol pose in loro, e di gentile, e di mansueto, e di cortese, e tutte l'altri parti dimentico: l'amar troppo vna donna, è l'esser troppo odiato da lei, che solo orgoglio alberga in cor di donna, e d'opra gratiosa ingrato merto.

E.

Anzi che donna co'l soaue lampo, e con la vista angelica, amorosa di duo soli visibili, e sereni l'anima tempestuosa di chi la mira, achetta, e rasserena, e suono, e moto, e lume, e valor, e bellezza, e leggiadria fansi dolce armonia nel suo bel viso, donde ogn'vn d'amore resta trafisso.

A.

S'acquisto far de la tua donna vuoi, e s'ardi pur d'inestin∣guibil foco, nel centro del tuo cor quanto più sai, chiudi l'af∣fetto, e poi secondo il tempo fa quel, ch'amore, e la natura insegna, però che la modestia, è nel sembiante sol virtù de la donna, e però seco il trattar con modestia è gran diffetto, ed ella, che si ben con l'altri l'vsa, seco vsata l'ha in odio, e vuol, ch'n lei la miri si, ma non l'adopri il vago.

E;

Anzi ch' essendo essa cosa diuina, ha ben gran ragione quell' altiero animal, ch' huom s'appella, ed a lui pur s'in china ogni cosa mortale, se mirando di lei alta cagione s'in∣china, e cede, e s'ei trionfa, e regna, non è, perche di scetro, o di vittoriasij lei di lui men degna, ma per maggior gloria feminile, che quanto il vinto è di più preggio, tanto più glo∣rioso è di chi vince il vanto: oltra che. Chi ama in vero, degno è d'esser amato, e corpo senza alma, e fonte senza humore è quella donna, che non sente amore, c'ama, arde, ancor, che a noi no'l si di mostra, e nudrisce nelsen l'occulto foco, e nel desiar è ben di noi più frale, ma nel celar il suo defio più scaltra.

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A.

Ama d'esser amata, odia l'amanti, prima lusingba, e poi muoue ne petti humani tante fiere procelle d'impetuosi, e torbidi desiri, di pianti, e di sospiri, che madre, di tempesta, e di furore douria chiamarla il mondo, e non donna, o vita de l'huomo. Ha nella lingua parollete, e ne le labra vn ami∣cheuol gigno, ma la frode nel seno, & il rasoio, e fa co l' atti dolci, e co'l bel viso più, che con l' arti lor Circe, o Medea, Et in voce Sirena, ai suoi concenti addormentar le più sue∣gliate menti;

* 1.73Ʋsa ogni arte donna ende sia colto Ne la sua rete alcun nouello amante, Ne con tutti, ne sempre vn stesso volto Serba, ma cangia a tempo atto, e sembiante; Hor tien pudica il guardo ase raccolto, Hor lo riuolge cupido, o vagante La sferza in quegli, il freno adpra in questi Come lor vedi in amar lenti, e presti. Se corge alcun, che dalsuo amor ritiri L'alma, e i pensier per diffienza affrette Gli apre vn benigno riso, e in dolci giri Ʋolge le luci in lui liete, e Serene E cosi i pigri, e i timidi desiri Sprona, & affida la dubiosa spene, Et infiammando l'amorose voglie Sgombra quel gel, che la paura accoglie. Ad altri poi, che audace il sdegno varca Scorto da cieco, e temerario duce De cari detti, e de begli occhi è parca, E in lor timore, e riuerenza induce, Ma fra losdegno, onde la fronte é carca, Pur anco vn raggio di pietà riluce, Si che altriteme ben, ma non despera E pis'inuoglia, quanto più par altera: Stassi, al volta in disparte al quanto E'l volto, e l'atti suoi comparte, e finge

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Quasi dogliosa, e in fin su gl'occhi il pianto Tragger souente, e poi dentro il respinge, E conquest' arti à lagrimar in tanto Seco mill' alme simplicete astringe, E in foco di pietà, strali d'amore Tempra, onde pera à sifort' arme'l core. Poi, si come ella à quei pensier s'inuol, E nouella speranza à lei si deste, Ver gli amanti il pie drizza, e le parolle, E di gioia la fronte adorna, e veste, E lampeggiar fa quasi vn doppio sole, Il chiaro sguardo, e'l bel riso celeste, Su le nebbie duolo oscure, e folte, Ch' hauealor prima intorno al petto accolte. Ma mentre dolce parla, e dolce ride, E di doppia dolcezza inebria i sensi, Quasi dal petto lor l'alma diuide, Non prima vsata, à quei diletti immensi; Ahi crudo amore, ch' egualmente n'ancide, L' assentio e'l mel, che tu fra noi dispensi, E d'ogni tempo egualmente mortali Vengon da te le medicine, e i mali. Fra si contrarie tempre in ghiaccio, e in foco, In riso, e in pianto, e fra paura, e spene, Inforza ogni suo stato, e dilor gioco. L' inganatrice donna à prender viene: E s' alcun mai con suon tremante, e fioco Osaparlando d'accennar sue pene, Finge quasi in amor rozza, e inesperta, Non veder l'alma ne suoi detti aperta. O pur le luci vergognose, e chine Tenendo, d'honestà s' orna, e colora; Si che viene à celar le fresche brine Sottile rose, onde il bel viso infiora, Qual ne l' hore più fresche, e matutine Del primo nascer suo veggiam l' aurora, E'l rossor de lo sdegno insieme n' esce

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Co la vergogna, e si confonde, e mesce. Mase prima ne l' atti ella s' accorge D' huom, che tenti scoprir l' accese voglie, Hor gli s' inuola, e fugge, & hor gli porge M do onde parli, & in vn tempo il ritoglie, Cosi il di tutto in vano eror lo scorge Stanco, e deluso poi di speme il toglie, E si riman qual eacciator, ch' à sera Perda al fin l' orme de la seguita fera. Queste fur l' arti, onde mill' alme, e mille Prender furtiuamente ella poteo, Anzi pur furon l' orme, onde rapille, Et à forza d' amor serue le feo: Qual marauiglia hor fia se' l fiero Achile D' Amorfu preda, & Hercole & Theseo, E quel che per Giesú la spada cinse, L'empia ne lacci suoi tal hora astrinse.

E.

Sia come si voglia, ama lo donna, e vuol esser amata: ese ne l' amar è giotta, & arte congionga à Amore, fa ciò per suo natural instinto.

A.

Amasi, ma come? In vn tempo ama, e disama, e sapiate non è fanciul si pronto, à cangiar voglia, ne cosi incerta pol∣ue, ô piuma lieue, prima vera non è tanto inconstante, come donna instabil vorso l' amante. Femina è cosa garrula, e fal∣lace, vole, e disuole, e folle huom, che se ne fida, che donna certo sol è empia lusinga, frode, iniquo inganno, sempre fu cosa mobil per Natura: onde io so ben, ch' vn amoroso sta∣to, in cor di donna picciol tempo dura. E se par che dura, e per ingannare: crudel amore, donna crudel & empia, piú che fiere, ò come à lei si cenfassi di donna il nome, nata sol per danno, quanto viddi, e seppe chi le l' impose, ce∣lan le selue angui, Leoni, & Orsi dentro il lor verde, e lei dentro il bel petto nasconde odio, disdegno, & impietate, e come dissi, è cosi mobil per Natura, più che frasca al vento, e più che cima di piagheuol

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spica: torrei più tosto impresa à domar vn giuuenco, vn Orso, vn Tigre, ch' amar vn vario, & ostinato feminil in∣gegno.

E.

In breue spatio, s' adira, & in breue spacio ancor si placa.

A.

* 1.74Arda, è gela à sua voglia, perfida, & impudica, hor aman∣te, hor nemica, che d' inconstante ingegno, poco l' amor io stimo, e men lo sdegno, e se' l suo fu vano, van fia lo sdegno del suo cor insano;* 1.75 Donna inimica di ragione, machina∣trice sol d' opre furtiue, corrutela de l' alme, Calamità de l' huomini, e del mondo. E tutto ciô donde auiene? se non per esser tutta buggia dalla cima al piede? e perche tutta bug∣gia? se non per esser vna voracità senza alcunfondo, ne mai satiarsi.

E.

Pietà per chi merta pietá, per cortesia: troppo breue è la vita da trapassar con vn sol amore: troppo gli huomini auari (ò sia diffetto, ó sia fierezza loro) à le donne son de le lor grazzie; donne tanto son care, tanto gradite altrui, quanto sian fresche: leuale la beltà, la grouinezza, come alberghi di pecchie restan senza faui, e senza mele negletti aridi tronchi: e gli altri non sano, ne senteno i molti loro disag∣gi, e troppo differente da la condition de l'huom, e quella della misera donna: quanto piú inuecchia l'huomo diuenta più perfetto, e se perde la bellezza, acquista senno, ma in lor con la beltate, e con la giouentù, da cui si spesso il viil senno, e la possanza è vinta, manca ogni loro ben: ne si può dire, ne pensar la più sozza cosa, ne la più vil di donno vecchia; hor prima ch' ella gionga, à quella lor vniuersal miseria, conoscer debbe i preghi suei, e se l' è la vita destra, non vsar deue à la sinistra: che giouarebbe al Leone la sua ferocità, se non l' vsasse? che gioua∣rebbe à l' huomo l' ingegno suo, se non l' vsasse à tem∣po? cosi lei la ballezza, ch' è virtù sua cosi propria,

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come la forza del Leone, e l' ingegno de l' huomo, vsan mentre esse l' hanno, godan mentre che ponno, godan, che'l tempo vola, e possan gl' anni ben ristorar i danni de la pas∣sata lor fredda vecchiezza. Ma s'in esse giouenezza vna volta si perde, mai più si rinuerde, ed à canuto, e liuido sem∣biante può ben tronar amor, ma non amante, però, vi prego compatiam ad esse: hor pur dite mi, mache faresti, quan∣do voi sapesti, esser da donna grandemente amato?

A.

Essend' ella tiranno, empio monarca, oracol di menzogna, albergo d' ira, certo che nulla fe le prestaria.

E.

Dunque per quel ch' io veggio, voi non prouasti mai, il giog∣ner le labra à labri, il dolce vscir di vita, ma sol mendace, ouer sdegnosa donna; deh che s' vna volta sola, la gustusti soaue, e cortese, e gentile, quanto dolce gioire per gratissima donna, che v' adori, tanto goder, quanto ami, tanto hauer, quanto brami, O mille volte, fortunato, ô mille chi nasce in tale Stella; ma perche sete adirato, corrotto gusto ogni dolcezza aborre.

A.

Come va il mondo, vi diletta, e piace quel, che piú mi dis∣piace. O vera vita, che non sa, che sia morire inanzi morte, che ha dentro assai dolor quel breue gioco, donde agraua l' alma d' vna graue salma.

E.

Doue manca virtú, manca il potere: e chi nulla può, di nulla si cura.

A.

* 1.76Quel foco, qual l' huom pensa, che sia spento del freddo [ 39] tempo, e del età men fresca, fiamma, e martir ne l' animo rinfresca, e per età il suo desir non varia, anzi quanto più manca il potere, più cresce la voglia. Ma tutto ciò io dico per virtute.

E.

Io prezzo tal Ʋirtú, i prezzo tal Arte, che ben si castra, ben si mugne vecchio matto, ch' Amor

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pugne, tempo è all' hor di menar l' vgne, e tagliarli su le sugne,

A.

O vecchi, ò gioueni, ò richi, ò poueri, ò presenti, ò assenti, ò sciocco, ò sauio, parmi ogn' vno esser soggetto all' nflusso di questa infelice stella, e per cortesia non scopriamo le vergog∣ne de morti, senza fauellar de viui, quanti sono, che altro non fanno, che fra le donne passar il tempo, non si aroscendo d' esser emoli de l' infelicita d' Hercole, quando che tosto il suo honore in bando, fu trouato all' improuiso da gl' am∣biasciadori de Lidinel grembo della sua amata, la qual gli tiraua certi annelli dalle dita, & egli hauea vna scarpa an mano, & ella la corona di lui, e altri l' infortunio di Dio∣nisio Siracusano, quale essendo di cor più ferino di qual si voglia fera, per amor della sua impudica Mirta, diuenne tan∣to molle, e placido, che à lei làsciaua la cura de l'espeditioni del suo Regno, & il tutto era ispedito per mano della mere∣rrice, ouero non si arrosiscan d' esser aguisa d' vn altro A∣thenearico famasissimo Re de Gotti, ch'acciecato dalamor di Pintial sua amica, mentre ella si pettinaua, il buon Re le nettaua le scarpe.

E.

In nome, Re, e più vil, che donna in fatti, Altri ancor parmi dell' Idolo donnesco cosi inuaghiti, che eccedan Themistocle famosissimo capitan de Greci, che preso dall' affettione pur d' vna donna, mentre ella si purgaua. & egli aliresi sipurga∣ua, se ella si faceua cauar sangue, ancor egli facea il mede∣mo, mostrando ella esser madonna, e lui il seruo.

A.

Ma c' è di peggio, infiniti altri tutti di sopramontun la scio∣chezza, & infideltà di Caligola Imperatore, che s' egli so∣lamente diede sei milla Sestertij per reparare le Romane mura, & cento milla per frodrare la veste d' vna sua Concubina, poco, ò nulla voglian dar à poueri, ma la lor parte, e de lor descendenti consumar nelle meretrici, & al∣la casa di Gnisippo, doue diuentan non men immondi, che siacchi.

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[ 40] Contra il bon Sire, che l' humana speme * 1.77Alzò, ponendo l' anima sua immortale, S' armò Epicuro, onde sua fama geme.
E.

Ma che diremo de Greci, appo quali coteste ciuette, sol na∣te per impaniarci, eran in tanta veneratione, che dalle leg∣gi, ad elleno era deputato supplicar per la commun salute.

A.

O che caldi preghi, ô che deuoti orationi, ò che feruenti di∣mande? mostrauan bene, che non credeuan, ne sperauan nulla di ben dal Cielo: cosi so, che fecero, quando Serse Re de Persiani voleua contra d' essi guereggiare, che alle pub∣liche meretrici fu dato caricò di supplicar li Dei.

E.

Il pensier dell' huomo altro non è, che vna espressa follia, della cui più spesso son tributarij i piú sauij, non ci meraui∣gliamo, s' hor Dio castigi i Greci, essendo essi piú infelic d'ogn' altro nell' vniuerso.

A.

Mi fate ammentar l' essempio d' Aristotile, qual andando à chiapone à guisa di cane, fu come pazzo caualcato dalla moglie d' Alessandro magno, qual donna (per vendicarsi di lui, che hauea dissuaso Alessandro ogni notte di coricar con essa) con inganno, gli hauea promesso d'indi di compiacergli, nel qual fatto, dal marito di già dalla Riena auertito, rit∣trouato, e cauata la targa, per occiderlo, il malitioso Filoso∣fo lo chettò con sottiglieza, dicendogli. Sappi Alessandro, che ciò io feci, acciò tu apari con mio viuo essempio, quanto piú puoi à schifar le donne, che se hanno inganato me Filo∣sofo, via più di leggieri inganerante Alessandro.

E.

Ma che vi par del medemo Filosofo, che sacrificó i diuini honori ad Hermia sua meretrice?

A.

E qual è quello, che souente non lo sgua, men curandosi d'of∣fenderiddio, che di compiacer al senso?

E.

Par che Gogge Re de Lidi eccedesse ogn' vno, che depo hauer consumato molti giorni in pianger,

Page 598

e sospirare la morte della sua amica, non di cio satio le edi∣ficò vn sepolcho di tal altezza, e cosi rileuato, che per ogni parte di Lidia poteuansi vedere le vituperose orne, doue eran poste l'impudiche ceneri dell' infame meretrice.

A.

Ma chi fece più di Sardanapalo, qual del suo palazzo fece vn commun bordello, ed il scioco si vestiua da meretrice, dinanti, e di dietro vsaua specchij, per compitamente mirar tutti l' atti venerei.

E.

Forse la bestia si douea esercitar nel maneggio dell' infami foggie, e pratticar li rittratti di quella pouera anima dell' Aretino.

A.

In tante ceremonie non perse tempo Proculo Imperatore, quale in quindeci di ingrauidò cento donne Sarmatiche.

E.

Che direte di Circo massimo, qual oltra l' hauer ritrouato dodici modi di vsar con donne, diede alle putanne priuileg∣gij, essentioni, e stipendio dal tesor publico.

A.

Ma chi fu mai cofi da cotal insania vinto, come li piú buoni, saggi, e perfetti, riputati, & honorati per Dei dall'huo∣mo scioco?

E.

Intendete di quello, che è detto Gioue per giouar in ogni co∣sa, con Europa, di Marte con Venere, e mille altri più che pieni dell' istesso vitio, à quali pur edificorno grandissimi tempij, drizorno statue, fabricorno altari, e sacrificorno quasi infintite vittime.

A.

Di cotesti io parlo, quali parmi però, che eccedae la legge macometana, concedendo à ciascheduno nell' issesto tempo molte moglie.

E.

Ma agiogneteui, che le sue donne hauendo desiderio di congiognersi co'l huomo, coprendosi con vn velo la faccia, e copa, pigliata vna verga in mano, se ne vano al foro, ò ad altro lnogho publico, doue auisato

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& addocchiato vno, che di natura robusta, e d' altre circon∣stanze, possi satisfare in parte al sou apetito, percossolo sopra la spalla, indi tosto partendosi egli la segue, et seco entra in casa, Egli è ben stupido, chi non discerne il resto.

A.

Legge non men carnale, che sozza in vero, qual di più non si arosisse di persuadere, che la gloria de suoi osseruatori sa∣rà, che fatti immortali & incorruttibili nudi huomini, e do∣ne ordinamente posti ad vna tauola tutta d'vn pezzo di fi∣nissimo diamante longa senza fine nella più eccelente parte sopra di cieli, iui abbracciati, come se nell'vltimo atto del coi∣to sempre fossero, goderano d' vnasempiterna gioia.

E.

Li termini di cotal religione, non compisse ne termini di po∣litia, essendo tal opinione direttamente contraria ad ogni scientia, e reprouata da ogni viua, e veraragione, e dot∣trina.

A.

Ma che direte della vostra Italia, a cui per commun pa∣rere s' attribuisce la corona delle cortegiane, per modestia tacendo il resto, che forsi via più pute?

E.

Temerario è osseruar l'altri, e lasciar se stesso, condenar l' al∣trui diffetti, giustificar le proprie colpe, siam tutti dell'istessa massa, trottin tutti d'vn passo, e circa il più e meno, hauendo sententiato ij cieli, e sopra di noi Gioue, e sopra di voi reg∣nando Venere, van è disputare.

A.

Egli è vero, ma costi le donne son cosi auide dell'huomo, che temendo, che non li manca, si studiam con ogni arte di liscij adescar ogn'vno.

E.

Doue regna maggior ingegno, costi ancor regnamaggior ar∣te: non vi dubitate, che hanno li armarij, e studioli pieni di profumi, scatole, bossoli, albarelli, ampolle, amole, amo∣luze, scutelle, scultelini, pignate, pignatini, guscij d'oua pie∣ni di diuersi olij, varij impiastri, e liquori con biaca di soli mato, di lume, di scaiolo, zuccarina di fior di christallo, bora∣zo rafinato, mollica di pane, acetto distillato, acqua difaua,

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succo di limoni fatto in pomata con chiara d'oua, olio di tartaro, olio di talco, reobarbaro, solfo, acqua di perle, lis∣ciuia di calcina viua, per colorir i capelli, con mille altre pol∣ueri, et artiper faririzzi, l'auelletti alle tempie & adornar la fronte.

A.

Ma non vi acorgete dell' errore, che mentre schiamazzia∣mo contra l'Italia, si siamo dimenticati di noi stessi, doue è la nostra semidea? certo l'habbian smarita?

E.

Se noi parliamo, certo ella non tace, eccòla che già longa peza fa fauella con quel cittadino; pensate bene.

A.

Anzi io penso meglio, che il pensar meglio di cotal gente, è pensar peggio.

E.

Quanto men parlate, tanto più vi intendo, mi conuien fa∣uellar con essa, tosto m'espedisco.

A.

Sete ritornato testo, ma con che conscientia la basciasti?

E.

L'vsanza commune non è peccato.

A.

Non è scandalo, ne è riputato, ma in vero puo esser peccato, e tanto piú, quanto che è atto più prossimo del vedere, nel quale, secondo la verità, potiamo col desiderio, e consenso pec∣care, se ben non segua l'effetto.

E.

Ʋolete, dire li peccati della volontà, e dell' opra esser della medemaspetie; ma come ardirete di biascimare la politia del basciare, qual hebbe origine in Italia, hauendola l'Ita∣liani aparata (come referiscan l'historie) dalle donne Tro∣iane, quale fugite dalla rouina della patria, e ritrouandosi in porto presso di Roma, furno esseruate, che per placar i lor mariti, teneramente li bacciauano.

A.

A cui è concesso il più, è ancor concesso il meno, eran mariti, e moglie.

E.

Sapiate signor mio, la donna poter conceder all'amante, non solo risi piaceuoli, ragiomenti domestici, esecreti, faceto mo∣teggiare, scherzare, toccar la mano, ragione uolmente di più puo venir senza biasimo al bascio.

Page 564

A.

[ 41] Essendo il bascio congiongimento del corpo, e dell' anima, pericolo c'è, che l'amor sensuale più non inclini al corpo, che all' anima, però parmi assai periculoso, il che non pensarei dell' amante rationale, qual benche conosca la bocca esser parte del corpo, non dimeno per essa si da esito alle parolle interpreti dell' anima, e á quello intrinseco anhelito, che si chiama pur esso ancor anima, però si diletta di vnir la sua boccha con quella della donna amata, col bascio, non à fine dishonesto, ma sentendo quel legame esser vn aprir adito all' anime, che tratte dal desiderio l'vna dell' altra, si transfon∣dino altrimente alternamente anchor l'vna nel corpo dell' altra, e talmente si mescolano insieme, che ogn' vn di loro due anime, ed vna sola di quelle due cosi composta, regga quasi due corpi; e tra tali il bascio più tosto dir si puo con∣giongimento d' anima, che di corpo, perche in quella ha tanta forza, che à se la tira, e quasi dal corpo la separa, quindi l' amor honesto brama il bascio, come mezzo di vin∣nione co l'altra anima, però dicano, che Platone diuinamen∣te inamorato disse, nel basciar essergli venuta l'anima sino alle labra per vscirne, e per che il separarsi l' anima dalle co∣se sensibili, è totalmente vnirsi all'intelligibili, si puo de∣notar pel bascio, quindi Salamone, basciami col bascio della sua boccha, per dimostrar l'intenso desio dell' anima, che rapita sia dall' amor diuino alla contemplatione della celeste bellezza, in tal maniera, che vnendosi intimamente à quella abandoni il corpo.

E.

Se l'vno, e l'altro di tal gratiafosse dotato, e ripieno di ce∣tal spirito, non si potrebbe, se non lodar il bascio, quale pur da tali persuadomi, sarebbe non amato, ma affatto aborrito, che doue regna il spirito, non si vnisce, ma affatto si allonta∣na dal senso, come da suo proprio inimico.

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A.

Il bascio nulla dimeno è naturale, però se non lode, ne anco biasimo merita.

E.

Son quasi infinite le cose naturali, quali non regolate, fi ri∣soluan in espresso vitio, e massime quelle, che immediata∣mente son al senso vnite, quale essendo più d'ogni altra cosa fragile, più che di leggieri resta vinto, e corrotto, quindi quanto più sta di lontano, più puro, e netto si conserua, et arecara maggior inditio di virtù nascosta, e proua di lo de∣uole honestade.

A.

Pratticaua pur Christo con le donne.

E.

Si, ma non basciaua donne, e la sua conuersatione sol era ra∣ra e necessaria, donde veduto à ragionarè co la Samarita∣na, dice il testo. Discipuli admirabantur, quod cum mu∣liere loqueretur: si mareuegliauano, ch' ei fanellasse con donna.

A.

Suscitando prima aparse alla donna.

E.

La donna prima conobbe il peccato, et prima altresi il giusti∣ficator del peccato, tutta via Christo li disse, non mitoccare.

A.

Pur bisogna auertire, il sesso feminile essere tutto gentile, et altresi humano, però é ragione, che gentilmente & huma∣namente sia vsato, e trattato.

E.

Anzi essendo materia molto corrota, bisogna da essa si a∣lontani, chi da quella non vuol restar altresi corotto, onde S. Agostino: Breuis & rigidus sermo cum mulieribus ha∣bendus est, nec minus sunt cauendae quia magis sint de∣uotae: breue et austero parlar si deue vsar con le donne, ne meno schiffar si deuano, per apparer più sante: non intenden∣do io però dell' honorate, quali nella vrbanità, e libertà ri∣splandan con maggior honore.

A.

Ma signore essendo tanto obligato l'huomo al precetto di vino, quanto la donna, quindi l' Italiani co tanta gelosia, cu∣ra, e cautella custodendo le donne, et eglino godendo il collo sciolto, parmi repugnar ad ogni ragione, massimamente sa∣pendo ogn'vno, come nella transgressione della giustitia, cosi per l'adulterio l'huomo incorere nell' infamia.

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E.

Dubio non è, che essendo l'huomo legato, rompe il giura∣mento del matrimonio ogni volta, che ei vsa con donna sci∣olta, ma quantunque in cio meriti biasimo, con tutto cio non perde l'honore, non inguriando se, è non la propria moglie, ma se, ò sciolto, o maritato si acompagni con donna maritata, re∣sta dishonorato, estremamente peccando contra la virtù del∣la temperanza, e notabilmente mancando in giustitia, di∣strugendo, et ingiuriando, l' altrui honore più d'ogni altra cosa esterna preciosa, quindi dalle leggi ciuili, e dalli mu∣nicipali delle ben ordinate città maggior pena all'adulterio, che al furto è imposta, questo danneggiando la roba, mino∣re, e cotesto l'honore maggior bene.

A.

Parmi pur hor mai per tutta l' Europa l' adulterio da voi chiamato infame, per il commune vso hauer acquistato ti∣tolo di cosi honorato, che l'huomo non solo seme vergogni, ma spesso, et i più grandi, se ne gloriano, ne men mai vidi esser punito, ma si da per tutto i ladri.

E.

Quantunque l'huomo non arssisca di ciò, che li arecca, o arecar deue vero rossore (manifesto inditio dell'honestà, virtù, et honor shandito) per vna pessima consuetudine, non resta però, che ella, ed egli non sia veramente infame.

A.

Ma hauendomi voi detto l'huomo sol perder l'honore, vsan∣do con la maritata, diremo forsi altresi la donna maritata esser solamente infame, quando vsa col maritato, e no col sciolto?

E.

Auertete padrone mio, che si come communemente l'huo∣mo eccede di capacità, e di Virtù la donna, cosi in questo caso l'huomo è di meglior conditione della femina, et essa di peg∣gior stato dell'huomo, perche essendo ella maritata vsando con altri, col suo proprio macchia l'honor del marito: secon∣do essendo al dir del Filosofo, e di S. Paulo ella di ragione (doue regna la ragione) soggetta all'huomo, ella fa mag∣gior ingiuria, perche maggior è l'ingiuria dell' inferiore verso il meggiore; terzo che ella puo portar nella casa del

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marito figliuoli d' altri, leuar la facoltà à proprij figli∣uoli del suo marito, e falsificar il tutto, talche non essen∣do honesta, mai di certo si sappia quello esser di Giorgio, e l' altro di Martino: donde leggiamo, che ritrouandosi vna femina assai pouera vicina à morte, piagnendo il ma∣rito per il trauaglio, che gli restaua della moltitudine de figliuoli, rispose la moglie inferma, non vi dubitate, ne vi date pensier marito mio, perche il tal mio figliuolo, è del tal caualliere, quell'altro, e del Sig. tale, l' altro, è del tal mercatante, il quarto è figlio d' un Seruitore, l'vlti∣mo qual, benche pargoletto fosse, nulla dimeno, intende∣ua, e poteua ben fauellare, ingienocchiatosi, disse: pregoui mama mia, datemi vn buon padre.

E.

Non senza raggione in vero Platone, Aristotile con tutti l' altri nell'insegnar il modo d' ordinare ben vna re∣publica, & aleuar virtuosi, & honesti huomini, il principal lor studio, fu intorno la buona, e legitima procreatione, qual base restando guasta, ne segue vna belluina, ò fieri∣na confusione.

A.

* 1.78Misero, e cieco mondo, che non discerne, quod vbicun{que} caro quaerit refectionem, inuenit defectionem; & corpus ex forti fit debile, ex agili graue, ex formoso deforme, ex sano aegro∣tum, ex iuuene antiquum, ex viuo mortuum.

E.

Ma Signor si deue auertire, che tutti non seg uan Bac∣co, ne son discepoli di Sardanapalo, ne d'altri suoi pari, ne men tutte le donne son seguaci dell' impudica Venere.

A.

Chi non sa, che si come ne l' arca di Noe c' era la colomba, e'l Coruo, cosi in ogni parte del vniuerso ci sono le buone, e le cattiue, però reprobando le cattiue, non intendo di bi∣asmar l' honeste, anzi co'l disprezzo del vitio via più esal∣tare la virtù.

E.

Sia come si voglia,

Perche voi, & io habbiam prouato, Come nostro sperar torni fallace, Dietro à quel sommo bene, che mai spiace Leuiamo il cuor à più felice stato.

FINIS.

Notes

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