The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...

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The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...
Author
Benvenuto, Italian.
Publication
London :: Printed by T[homas] S[nodham] for Iohn Stepneth, and are to be solde at his shop at the west-end of Paules Church,
1612.
Rights/Permissions

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Subject terms
Italian language -- Conversation and phrase books -- English.
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"The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ..." In the digital collection Early English Books Online. https://name.umdl.umich.edu/A08653.0001.001. University of Michigan Library Digital Collections. Accessed June 22, 2025.

Pages

DIALOGO. I.

Della seconda parte, della prima parte, del Passaggier di Benuenuto Italiano idiomista in Londra.
Nel quale il Signore Eutrapele, Signor Alatheo, et Vrbano Seruitore discorrendo insieme, vsano cerimo∣nie, e compimenti ad ogni occasione apartenenti: doue l'Auttore, parte come cortigiano, parte come Filosofo breuemente fauella in tal materia.
Eutrapele.

[ 1] HOnesto giouene sete voi di easa?

V.

Signor si per seruirla: che si degna vosigno. Di comandami?

E.

Desiderò fauellar col vostro padrone, se però egli non è impedito.

V.

Ei è del tutto dissocupato, credo non glisarà molesto.

E.

Dunque per cortesia faegli l' mbasciata.

V.

Più che volentieri, io me ne vao.

E.

E ben amico, che rispnde egli?

V.

La prega contentarsi á ascendere.

Page 352

E.

Ite inanti, che io non so la via.

V.
L'obedirò, e se gli piace, ella mi segua. Signore, ecco il gentil'huomo, che desidera parlarli▪
E.

Bon di Signor mio osseruandissimo.

A.
Felice giorno, e mille buon anni parimente à lei,
E.

Altresi à lei, come altresi è la ben ritornata dael contado.

A.

A'vosignoria ancora, come ancor è la ben venuta.

E.

E come è stata dopò ch' io con non la viet?

A.

[ 2] Alli passati con vna graue infirmità dal Sig. Iddio fui visitato.

E.

Iddio vestito di carne ci ha parlato col opre, sangue, e con la sua istessa morte, hor gridanaosi spesso sol con la voce, e non col opre, ci desta a ricordarci di lui, e col patir à seguitarlo.

A.

Ohime: che Christo ci ha communicato sangue con mille ferite, ne io vna sol stilla con due occhi, se ben mi sferza, e quel ch' talhor è peggio, mi faccio conscienza di vederlo scolto, ó dipinto.

E,

Iddio non vuole, che stia nascosta la sua virtù, ne che la sua memoria si spegna, quando con trauagli i ci percuote.

A.

Tuona egli mille volte per atterrirne, ma come fonte di pietà, non fulmina per non atterrarne.

E.

Con vna mano, come giusto, i percuote, ma con l'altra come misericordioso padre ne sostiene, acciò non caggiamo.

A.

Asuoi eletti da à gustare de frutti della croce, vera me∣dicina dell' anima.

E.

Ringratiamo iddio d'ogni sua opra, qual sempre è riuolia à nostra salute.

Page 354

A.

Tutti i mei pensieri ho rissoluti in far bene, & il tutto con pace, e gratie pigliar dalla diuina mano.

E.

Ma hora V.S. sta bene?

A.

Sia lodato dio di quanto gli piace, hor io son sano.

E.

Il suo arriuo mi è di grande consolatione, ma via più essendo con sua salute.

A.

Infinitamente ne la ringratio.

E.

Mi duole del mal passato, ma maggiormente mi ralegro del ben presente.

A.

Il passato sene io, il presente si gode, il futuro non si vede, ma sol si spera.

E.

Iddio ci doni di longamente, e chetamente goder il presente.

A.

Già dubitar non deuo, che accennar vogliate cío, che disse quell' Illustrissimo, che visitato da vn suo pari, e nel partirsi, dicendo, à riuederci à Roma, ouer in paradiso, l' altro rispose, al più tardi, che sia possibile

E.

O dio mi perdoni le mie colpe, chenon son, ne poche, ne picciole à cotesto io non pensauo.

A.

Dunche V.S. disse con ragione, che altri godan con gioia, altri con noia.

E.

Queste son mondane sciagure: che chi ride col cuore, e no col viso; chi con la bocca, e no con l'interno; altri co la faccia, e nel secreto insieme: molti più in ambidue piagnendo, con arte for∣man nel viso vn cortigiano riso.

A.

Più che amore, son aemare le lusinghe della falsa Dalia, & in∣felici gli bacci del falso Giuda, pur ogn' hor, ogn'vn li segue.

E.

E nel seguirle l'huomo è cosi folle, che chi à suo mal grado l'ot∣tiene, si reputà felice, ed infelice chi non l' agiogne.

A.

Nulla dimeno visitandoci Dio con tribulationi dimostra esser, ò desiderar d'esser co noi.

Page 356

E.

Ma ditemi per cortesia, che è del vostro signor padre?

A.

Che non hauete inteso?

E.

Che? dite di gratia.

A.

Per ispedirla, egli prima fu condotto, indi introdotto nell porte della morte.

E.

Eglise ne ito, è possibile, à meglior vita?

A.

Quantunque non solo per bontà di vita, et essempio di co∣stumi, ma per nobiltà d'ingegno, & eccellentia di dottrina potesse esser detto vn principal lume della nostra etade, nulla dimeno essendo ben morto, tutto non è morto.

E.

La vita de dotti altro non è, che vn commento sopra la mor∣te, la qual aspettan come sol fine d'vna pregione escura.

A.

Pur Dio volesse, che hauesse vissuto longamente, acciò che longamente hauesse potuto giouare.

E.

Dh ali'vltimo signor mio, ch cosa è l'huomo, se non vn am∣polla di sangue, che ognicosa rompe, e l'vniuerso corrompe.

A.

Diciamo più tosto, che vuol dir morto? egli ha finio d'esser∣misero, forsi per caminciar esser felice.

E.

Sia come si voglia quando siamo maturi per l'inferno, ò pa∣radiso, bisogna, ò che vno ci piglia, ò l' altro ci inghiotista.

A.

D' vn tal morir ricordar ci debbiamo, come d' vn breue sogno.

E.

Atutti morir ciconueine, & ilvedere, che ogni giorno la morte à niun stato perdona ci fa auezzi al morire.

A.

Il mondo è tale, che è di marauiglia, di chi ci nasce, e non da dolersi di chi ci muoia.

E.

Quindi prezzo quelli di Tracia▪ che di rottamente pianga∣no, quando li lor figli nascano, ma spenti di vita al lauell con canti, e risi, l'accompagnano.

A.

* 1.1Cotesto afferma Euripide dicendo.

Piagner si deue il figliuol quando egli è nato▪ Si come quello, che vien in graui affani, Ma quando è morto alle miserie è tolto

Page 358

* 1.2Dalla vita mortale, si dee far festa, E portarlo ridendo à sepelire.
E.

Chi direttamente pensa le cose presenti, gran debito ha l'hu∣omo à Dio & alla morte. Quantunque dica il Poeta.

* 1.3Ma parmi che naturalmente s'aita Contra la morte, ogni animal terreno.
A.

Egli è vero, perche l'huomo morendo, resta libero a'ogni debito: e se egli naturalmente aborisce la morte, è pel na∣tural affetto dell'essere.

E.

Dite, che con la morte si supera ognimiseria, sirende mor∣to ogni trauaglio, & il fine della vita sol è il principio della gloria dell'huomo. Quindi il diuin Petrarca.

* 1.4Ʋiua son io, e tu sei morto ancora, Disse ella, è saai sempre infin che giunga, Per leuarti da terra, l'vltima hora.

E altroue,

* 1.5Ʋnsol conforto della morte hauemo. Di nouo, O felice quel di, che del terreno Carcere vscendo, questa mortal gonna. Si lascia, &c.

A.

Tropo vero è, essendo la presente vita vn nubiloso giorno di verno.

E.

Più tosto tutto il corso di nostra vita è vn breuissimo sogno, & vn fugitiuo mamaù.

A.

Esol la morte è quella, che aguisa di colonna di fuoco in caue nube, ci caua da questo egitto.

E.

Da peggio, che dall' Egitto, che niuno gloriar si puote d'ha∣uer in questo mondo vna gotta di dolcezza senza infinita amaritudine.

A.

In vero ogni ragion s'acheta, e l' esperientia asciug à ogni gran riuscello di lagrime.

E.

Aggiongeteui, che quantunque la vecchiaia venghi, non per far vecchio il virtuoso, ma per farlo venerabile, nulla dimeno il moir vecchio d' anni souente altro non è, che vn morir vecchio di colpe.

A.

Quindi il morir giouene, non sciagura, ma bona fortuna deue giudicarsi.

Page 360

Onde il Poeta.

* 1.6Quanto felici son già morti in culla, Quanti miseri in vltima vecchiezza; Alcun dice, beato è chi non nasce.
E.

Pur molti non restan indarno, e senza causa piangner il morto.

A.

Leggiamo tal sciochezza, e forsi per hipocrisia hoggidi si osserua apresso Napoli, doue molte donne, ò feminuccie spe∣sate per vndeci giorni piagnende nella casa del defonto, nar∣rano le virtù, e fatti del morto.

E.

Il pianto proprio è della donna, ma ben dicesti per ipocrisia, come face ua quella gran matrona, quale lasciata vniuersal herede del marito, per tema di non smarire il ricco testa∣mento, postesè le in senno sotto la gonna, & incrociate le pal∣me al petto, dirottamente piagnendo sopra il cadauero, con singhiocci, vlulati, lagrime, e gridi teneramente dicea. O gi∣oia mia, ò sol, ò vnico mio bene: d'onde la scioca plebe giu∣dicando, che fauelasse del marito, ella intendeua del testa∣mento, qual abbracciaua, & in cui collocata hauea ogni sua speme.

A.

Non era semplice come quel vilanaccio, al quale essendo nell' istesso giorno vn bue, & il padre morto, disperatamente piangneua, d'onde li vicini, & amici consolandolo, col dirgli ch'il padre se ne era ito al cielo, rispose egli, ò che bon tempo hauete, io non mi lamento, ne mi doglio del padre, che ha∣uea vissuto più che nan doueua, ma piango il bue, col quale mi guadagnaua il vitto.

E.

Sia come sia voglia, qual sauio piagnera il morto, che esce di pianto? e chi si dolera, che ei ci vadi inanti, seguitandolo noi à passi longi? Onde il Petrarca:

* 1.7La vita trapassa à si gran passi.

A.

Il lagrimar il morto, è argomento di cecità di mente, e nel defonto priuation di vita.

E.

In vero son lagrime degne di lagrime.

Page 362

A

Più tosto lagrime piene d'inuidia, e passione degna de com∣passione.

E.

Più saggio è prepararsi al morire, che condolersi del morto.

A.
Egli é vero: però il diuin Petrarca, * 1.8Chi ben more, morendo, esse di doglia. e'l Tasso ancora. * 1.9A'l honesto non si deue doglia, ne pianto, Che se muore nel mondo nel ciel rinasce, E lo raccoglie infra l'letti suoi. E mille fiate felice è quell alma, Che ha del ben oprar corona, e palma. E replica l'istesso altroue. * 1.10Ne muore già, che le sue Virtù l'occoglie, Tutte in quel punto, e al ciel se ne va iu pace.
E.

Tutta via (come disse Christo) la carne è debile, benche pronto si il spirito, però il diuin Poeta:

I hauea già vicina a l'ultimo passo, La carne inferma, e l'anima ancor pronta.

A.

Io verrei esser di quella natione, della qual disse il medemo,

* 1.11Nasce vna gente à cui morir non duole.

E.

Quanto à me per quel, che di me posso giudicare, vedo, che.

Si debil e'l fil à cui s'attenue La grauosa mia vita, Che s'altro non l'aita, Al suo fin tosto di suo corso àrriua. Però * 1.12L'vltimo don, ch' à Dio dimando è questo, Che quando la morte si m'auicinue M'illustri con vno glorioso fine.

A.

Pian piano cotesta selua del vniuerso si va spogliando, e ri∣uestendosi di noue frondi, il tutto à poco, à poco cangia volto.

E.

Iddio riceua in gloria i morti, à viui Dia vera contritione, & à me fresca memoria del morine.

Page 364

A.
Poiche ogni nostra speme Ne la morte poniamo, Apparechiati stiamo, Accio che quando, e doue Ne venga incontre, accinti ne ritroue; Però quei, che fin qui ciechi dormiro, Apran l'occhi, e stian per tal timore Tutti i giorni parati, e tutte l'hore, Nessun si fida in forza, ò in età acerba, O in dignità superba; Quando cosa più certa. Non potando trouar di nostra morte, Nonè del bora poi cosa più incerta.
E.

Il ben oprar è l'vnico mezzo al ben prepararsi.

A.
O tempo, ò ciel uolubil, che fugendo * 1.13Inganni i chiechi, e miseri mortali. Miri la fuga ogn' vn del viner presta deh, che nel fuggir del sole▪ La ruina del mondo manifesta.
E.
Cotesto sol è la gioia d' ognifedel viuente. Poscieche * 1.14Ʋita ci ha morti, E morte sola ci puo render la vita.
A.
Questa vita non è, ma longa morte, Ne contro morte speram altro, che morte. [ 4] Ma ditemi signore (se però egli è lecito sa pere) che va ella facendo in queste parti?
E.

Sol io vengo, con ogni riuerenza, à visitarla, non per destar l'amore, maper suegliar l'amante.

A.

Quantunque il foco non desto, restasopito sotto le ceneri d'vn longo silentio, nulla dimeno non cosi l'amore nella focina dell' amante.

E.

L'amor solo intende la lingua d'amore: V.S. che mi ama, più che non merito, deue hauer ogni giorno, & hora, col orecchie del pensiero sentuto nouelle di me, che cola pena dell' animo ogni momento à lei volauo.

A.

La prima virtù di chi risponde, è saper l'intentione di chi fauella, col occhi del

Page 366

intelletto mio sempre l' ho veduto, nell'idea l'hauea presente, e nel cuor di continuo l' ho goduto, e conosciuto ho il suo desio.

E.

Si dimenticaria della virtú, chi di lei si dimenticasse, ab∣sente io fui da leicol corpo, ma non già col animo.

A.

Ne io mai ho parlato co la memoria, che non habbi discorso seco, ne mai ho conuersato con libri, che non habbi trattato con le sue Virtù, altresi ella arreccar non mi può piú preciosa gioia della viua memoria, che mostra di me tenere.

E.

La sua partita, che come folgore, Prius tenuit, quàm tonuit, e l' absenza m' ha ritenuto di farle tal'hor quella riuerenza, qual facea frequentemente col cuore, ma bora la presenza sua misprona, di far quanto si ricchiede all'affetto mio.

A.

Si come l' animo suo sincero ho cotemplato nelle sincere sue parolle, altresi la prouo nell' opre.

E.

Ellae ci lascio con tanta memoria della sua amoreuolezza, e cortesia, che dir fermamente posso, che lei non si partisse da me, ò più tosto io non sia da lei partita, ma che seco anc'io partesse.

A.

Quando da lei mi partite, mi parti senza partire.

E.

Quando ci lascio, non so se con maggior dolore della sua par tenza, ò con più desiderio del suo ritorno, ò se pur la perdete con l'occhio, non però la perse col cuore.

A.

Molte volte io l' ho riceuto col animo, spesse fiate è risedu∣ta nella stanza del mio cuore, hor riceuendela estrinsica∣mente, la veggio, riuerisco & amiro.

E.

Inteso, ch' ho V. S. esser gionta vnitomi nell' interno, rin∣gratiaiiddio, col cuore, e con la lingua insieme, hor vengo à relegrarmicon lei, e ringratiarla insieme, che si degni miti∣gar il dolor della sua absenza.

Page 358

A.

Per la mia partita, non se ne irno l'allegrezze, ne per il mio ritorno son ritornate, perche elleno mai son venute, ne men l'aspetto in questa vita.

E.

Vera allegrezza ottiene, chi la virtù possiede, qual più si conosce col mancarne, che col goderne.

A.

Le visite dell' amici mi sono di non poca recreatione, ma le sue, mi seruano per rimedio, prouocandomi, e destandomi alle virtudi.

E.

E mio proprio di visitar li virtuosi, come è suo proprio di meritarlo.

A.

Signor mio cotesto è vn confondermi, non honorarmi.

E.

Anzi reputo esser vna minima parte del debito mio e virtù sua: son stato absente dalei col obligo, ma presente col obligo, & affettione, hor con ambidue, e co la presenza insieme la visito.

A.

Hor cognosco, che il mio continuo desio, non fù picciola spe∣ranza di conseguire, e di godere la sua presentia.

E.

Cortesia dell' amici, e discorte sia del tempo fin quiha ritar∣data il venirla, visitare.

A.

Lasua cortesia è carta d'authentico, e perpetuo instrumento della gratia, nella quale si degna conseruarmi.

E.

Quel sollecito desiderio, che viue in me di seruirgli, quel medesimo non sostiene, ch' io differisca di fargli ogni riue∣rentia.

A.

L'hauer vissuto si hora senza V. S. tanto mi è stato ingra∣to, quanto hora grata mi è la sua presentia.

E.

Non mi è cosa più cara della sua venuta, come nulla più discara della sua partita.

A.

E altresi à me sua visita, quale conferma l'antiqua genti∣lezza, dell' animo suo, & accresce nodo con nodo.

E.

Ciò, che si differisce, non si tralascia, il mio intento era di venir prima.

A.

Ed io (ò rea fortuna) quando ella veniua per salutarmi, mi preparaua per venirla à visitare, d'onde lei via più è la molto ben venuta, quantopus è la mal visitata.

Page 370

E.

Par, per commun parere, che chi manca di diligenza, manchi d' amore.

A.

La tardanza, iscusatemi, non sempre pretende negligentia.

E.

L'amore, & affettione aguisa di fiamma, opra senza alcuna mora.

A.

Faciami V. S. gratia d'accettar in luogho diseruigio, l'intenso de∣siderio di seruirla.

E.

Il suo chiedrmi gratia, è farmi mole gratie.

A.

L'affetto supplisce il diffetto, che se bene ella mi preuiene con la cortesia, non già con la volontà, come con essane anco misupera.

E.

Timore, e gelosia d'amor compagni, crescano per l'absenza, d'onde inuia, e sprona il corpo doue risiede l' affetto.

A.

Sempre è à tempo, che sempre è caro.

E.

Ma molto più caro, chi preuiene il tempo;

A.

Dall' induggio all' obliuione, c'e molto interuallo.

E.

Anzi l' istesso induggio, è padre della dimenticanza.

A.

Par che presuponga alla gelosia, ma altrimente è nel vero amore.

E.

Manca à se stesso, chi manca di fauorir à chi ha conceduto tan∣ta parte dell' amare.

A.

V. S. vuole cosi occupare tutto il regno della corte sia, che non vi lasci vn cantoncino per me, acciò si come, mi diletto della villa, è vengo dal contado, cosi paia vn villano.

E.

Cotesto mai pensai, ma sol è, discorrendo, gioir della sua presenza, e tacitamente ringratiar la fortuna, che l' allegrezza qual mi le∣uò co la sua absentia, co la sua presenza altresi me la restituisca.

A.

Le parolle son ombra de fatti: la visita sua m' è più che grata, li commandamentimi son, e saran fauori, si come la certezza dell' amor suo m'è d' infinita contenteza.

E.

Maifra di me discoro, che non rogiona seco, & hor il tempo sol, vnico medico d'ogni mio male, sanando laferita, che col le∣uarmi la sua persona, mi diede, perche hor non goirò io?

Page 372

A.

Cosi iddio pioua sopra di lei tutte le consolationi, come la sua visita m' ha ripieno di tutti le contentezze.

E.

Ogni volta che V. S. viene à noi, ci lscia mal contenti merce della partenza sua.

A.

Che dirò gliio? la satisfatione ch' io godo dalla sua presenza va di pari con l'obligo, ch'io sento alla sua cortesia.

E

Ma questo è benefitio, ò malefitio? teme con parolle d'otio disconciar qualche suo negotio.

A.

Ogni merto, è demerto produce amore, hora hora egli ben opra.

E.

Bene ah? e come? egli mi fa ladro del precioso tempo de suoi amati studij.

A.

La sua virtù, e meriti portan seco viatico, & auttorità di farsi accarezzar douunque passano.

E.

Con suoi honori radolcisce l'amaritudine della mia fortuna.

A.

La sua conuersatione, è sempre noua, sempre preciosa, e più che desiderabile.

E.

Ʋadi lontano, chi è noioso per natura, ò per costumi.

A.

Confarmi ella sempre più cara, mi vien àfar più sempre prigione.

E.

L'amor, e fede dell' amici m' è come stanza grata, e piace∣uole, si come per il contrano la dissoluta plebe m' è come l'in∣ferno, che tanto più mi crucia, quanto più è ingrata disleale, rapace, buggiarda, fiera, e crudele.

A.

Cosifa ogni spirito gentile, ma V. S. non solamente si con∣tenta d' osser cortese, che non si palesi della persona sua esser liberale.

E.

E l' obligo indiuisibile dall' animo mio, e cortesiasua, si come l' habito inseparabile fù sempre dalla natura sua.

A.

Altro obligo, e debito non ci è sol che d' amore.

E.

Se l'amor obliga, voi sete incatenato.

Page 374

A.

Tante cortese parolle Ʋ. S. spende meco, che bastarebban à comprarmi, s' io già non fosse sue, furmi schiauo, se già gran pezzafa non fosse incatenato.

E.

Anzi che Ʋ. S. mi preocupa con tanta amoreuolezza, e massime de lodi, che non ci lascia altro luogho di poterla ob∣ligare, che via più amarla.

A.

Il farmi pomposo, della pompa del suo gentil ingegno, è vn sol vestirmi della sua diuisa, per farmi conoscer de suoi, e mi ralegro in vero.

E.

Con le sue conueneuolezze accresce tutta via in lei il me∣rito della cortesia, & in me il debito della gratitudine.

A.

Ʋ. S. in tutte le sue occorenze m' obliga, in tuttili snoi com∣plimentimi vince, e sempre accorda col nome i fatti.

E.

Anzi douunque io la rittrouo, è sempre la medema, sem∣pre offitiosa, amabile, ma nelle mie lodi sempre souercchia.

A.

Io non vorrei che per la politia vi dimenticasti l'ethica, e che da essa, col Tacito, e Malchiaueli mi formasti vn pessimo ti∣ranno, qual comenciasse con fondamenti di finta, ò artificia∣ta relligione à fabricar le vostre miserie per erger la fronte nelle grandezze.

E.

Con la Theorica della Scientia V.S. mi fa conoscer hauer la prattica di cortesia.

A.

Il tutto riceuo dalla richissima miniera della sua amoreuo∣lezza.

E.

Poscia che Ʋ.S. con si noui modi sa obligarmi, si degni an∣cor insegnarmi con maniere insolite ringratiarla.

A.

Ʋedo ben io, che vago io sono tropo di carezze, et ella trop∣po sa carezzare.

E.

Le sue parolle vagliano per fatti, tanto son belle, e fabricate a torno, e terse che accedan ogni Torscana esquisitezza.

Page 376

A.

Anzi io soglio metter à cnto i compimenti di parolle con tal amico, che sucle compir co fatti.

E.

La prego, che ella meco non proceda cotanto cerimeniosa∣mente, e co tanti preamboli.

A.

Si come le lettere non vogliano esser tanto letterate, quan∣do si scriuano all' amici, ne altresi le cerimonie deuano esser tropo cerimoniose tra di loro.

E.

L'honorar chi merita, non è ceremonia, ne men obligo, che instituto, e merito suo.

A.

Tal che fate giustitia la mera cortesia?

E.

Come sarà altrimente tanto ella obligandomi, e con tante maniere?

A.

Certo Ʋ. S. tropo compisse meco.

E.

Anzi che V. S. comette tropo vsara, che per vna sol visita compone vn catalogo pieno di gratie, con tanti instrumenti d'obligi.

A.

V.S. qual si degnò d'ammetermi nel numero de suoi mini∣mi amici, non si sdegni anco d'acetrar il tutto in buona parte.

E.

Come farò io altrimete, conciosia che le parolle nella sua boc∣ca diuentan rose, e le rose nelle sue mani diuentan gemme?

A.

Il suo preuenirmi, e con tanta sua benignità fauorirmi co la sua visità, mi dilata il cuore, sotiglia il senno, arecca materia, apre la via, scioglie le labra al fauellare, e pale∣sarmi, acciò nasondendomi, non nascondessi il conoscimento dell' obligo, e segni de gratitudine, il che affatto, affatto ri∣pugna alla natura mia.

E.

Ʋ. S. mi arreccara gratia particolare, quando mi dar à oc∣casione di visitarla in quel modo, ch' io posso, dandomi ma∣teria di seruirla.

A.

Non sotto più gratioso, e liggiadro velo V. S. mi puote farmi conoscere il suo amore, che sotto i colori della sua vi∣sita, proferte, vaghezza, e gentilezza.

E.

Altro non cerco, che confermare con segno nouo di riue∣renza della seruitù mia, e deuotionè anticha.

Page 378

A.

Pono li veri amici patir varij accidenti, ma non già sepa∣rar l' amicitia.

E.

La nostra amistà cosi profonde radici, e tanto robusti fonda∣menti ha fisso nel mio cuore, che ne per lontananza di luogo, ne longhezza di tempo già mai si scemarà.

A.

Picciol son io d' ogni cosa, sol che d' amore; qual talè, che si come l'anima è immortale, ancor egli è immortale, si come è anco la cagione.

E.

Ed io posso (come ogni altro huomo puote) mutar stato, ma non in ciò pensiero, variar sorte, ma non effetto, cangiar mon∣do, ma non anima, ne cuore.

A.

Tale è ancor è il mio.

E.

Cosi mi persuado; ma egli è d' auertire, che si come nulla da nulla nasce; altresi il nato senza mezzo non si puo nodrire; quindi l'amicitia vacilla sotto il peso d' vn longo silentio, però se ella ha le radici viue, in varij modi si risente, ciòe con vi∣site, con lettere, con saluti, e veri compimenti.

A.

Più tosto con beneficij.

E.

Cotesti non sono in potere d' ogn' vno, ne sempre si puo con liberalità alacciar il cuor dell' huomo, ma sempre però con atti d' amore, ed altri semiglianti.

A.

Il vero amore meglio opra, e meno compisse, assai fa, e par∣la poco.

E.

[ 5] E come nell' oprare esser può grato, oprando senza gratia de compimenti?

A.

L' opra da se adorna, è freggia il tutto.

E.

Il vero amore maisi reputa di far assai, però alle mani con∣giogne la lingua, et alla lingua il cuore.

A.

In ogni cosa li cedo, sol che in amore, quindi mai mi sot∣tollo.

E.

L' amore è come lascabia, che à chi ha occhi, non si puo ce∣lare, però facil cosa è, che l' affetto mio l' habbi ritrouato in lei.

A.

Tutto pieno sete d' amore, e cortesia.

E.

E voi siete pieno d'amore, e mi nempite di gioia.

Page 380

A.

L'amor suo verso di me, dettar non puole alre parolle, di quelle, che' essa fauella.

E.

Io fauello di cuore, che il fauellar con Arte, con le breui dolcezze, e finte riuerentie, e profumati bascij di mano, le lascio, e dono all' amanti di corte, a cauaglieri, romanzi, et alle lor dame.

A.

Quantonque io non sia oro di copella, pur come vedete, ne anco son d' altro metallo, ma qualonque io mi sia, sincero è puro tutto io sono', e non sognata pietra Filosofica.

E.

Con l'hamo soauissimo dell'amare, mi fate rapir fuor di me stesso, e con perpetuo amore d'essergli legato: ratto felice, vnione desiata, e venturoso legame, che sol mi fa beato.

A.

L'interesse non mi gouerna signore, mi dono all' amici, ma non mi vendo con prezzo d'amore, con quale cerco com∣prar essi con larga mano.

E.

La virtù, che fa meritar Ʋ. S. quella, quella medesima la rende meriteuole d'amore, e della stima di ciascheduno.

A.

Altresi la sua, onde non habisogno dimozo per farsi amare, stimare, bastando lei stessa, anzi potendo con tal via rende∣re amabile, e venerabile chiunque lei ama.

E.

Essendo io aguisa di fonte torbido, & atro, non mi ritrouo altro, che amore, e fede, qual tutta li dono.

A.

Parlando Ʋ.S. con quella parte, co quale ella mi ama, non può par lar se non amorosamente.

E.

Dalla scola di Platone scaturiscan le sue parolle, doue l'amo∣re è Filosofo, e la Filosofia amante.

A.

In talscola d' amore voglio che senza offesa soffra d'essermi discepolo, si come in ogni altra disciplina lei riconosco per maestro.

E.

Volete confondermi, conosco, con acutezza, ma io vi con∣fonderò, sol con amore.

A.

Bel modo di vincere senza combattere.

Page 382

E.

Egli è ragione parlar con lingua d' amante, doue è molta corispondenza d'amore.

A.

Viuo tutto suo, e vinca chi voglia, mai scangierò mantello.

E.

Le sue dolci parolle, non solamente lo palesano amante, ma ancor amabile, e tutto amore.

A.

Chi ha l'animo pieno d' amore, non può fauellare, se non pa∣rolle di far inamorar ogn' vno.

E.

Si come dall' animo trauagliato non esce, se non inchiostro, che si conuerte in sudor d' angoscia, cosi l'animo pieno d'amo∣re, produce se non amore.

A.

Ogni effetto è simile alla sua causa, dal viuo fuoco non può, se non proceder fiamma.

E.

Amòui in vero, e certo amòui di cuore.

A.

Dirò solo, e dirò poco all' obligo, & osseruanza; l' animo medesimo mio è suo, et acciò ciò appaia, in qualche parte si degni d' esser mio.

E.

Acciò che intrando ilsospetto, non sortisca la fede, diròui, che essendo io altresi suo, l'vno viue per l'altro, e l'altro per l'vno.

A.

Di prima l' amai per virtuoso, hora l' amo per debito di re∣ciproco, e scambiuol amore.

E.

Di prima lei mi amò senza conoscermi, che punto fù amor di gratia, hora mi ama per gratia, e gratitudine, cosi lei amo, ma molto più si come via più lei merita.

A.

L'amor suo, qual egli si sia, lo conseruo nel granaio del mio cuore, per nutrimento dell' anima, e stimarolo gran parte della vita mia.

E.

Direi che mi obliga tropo, se l'obligarmi non fosse vn fàr∣mi suo per necessità, si come suo son per naturale affettione.

A.

L'obligo è tanto maggiore, quanto io son lontano da cio me∣ritare.

E.

Dalla focina dell' amore scintillan le sue parolle: le conosco alla tempra, e al suono.

Page 384

A.

Bella strada d' amore, e bencuolenza ella mi va tutta via aprendo, e spianando co suoi concetti.

E.

La piaga del cuore spira seuente amoroso ardore, ma la pi∣aga del petto, spira soaue & amoroso affetto.

A.

[ 6] Tanto, tanto V. S. batte con suoi accenti il duro sasso di que∣sto mio petrificato ingegno, che cauate breui scintille, che quanto più son ardenti d'amore, restan via più nude de splen∣dore.

E.

Mi piace, che di mano in mano mi recreate co frutti del vo∣stro diuin ingegno,

A.

Il misurar l' altrui meriti con la propria cortesia, e rimi rarli con l' occhiali dell' affettione, fa parere, credetimi, le vilissime mosche grandi Elefanti, & altresi per il contra∣rio.

E.

Col lume delle sue virtudi spero di non inciampar cosi di leggiero.

A.

Non dubito, che siate pronto di lingua in lodarmi, come presto sete in riamarmi.

E.

Ella non fauella, che non infiori, non parla, che non ingemmi, e non discorre che non indora, e di chi parla sol di cortesia, e d'a∣more, ed ogn' vno inuita ad amarla.

A.

Con tale errore nudrisco amore, conseruo pace, ne riceuo dishonore.

E.

Io vorrei parlar poco, per dargli poca fatica nell' ascoltare, e meno nel formar concetti per rispondere.

A.

Nel poco (con pace del sesso feminile) consiste la perfettione, pur mi persuado, che con breuita non possi satisfar al suo gran merito.

E.

Meritando nulla, mi volete far sperar assai.

A.

Deh come? sete vna gemma di inestimabil valore.

E.

In lodarmi, & esalarmi, mi metete l' ali, pur non posso vo∣lare.

A.

Le sue virtu mi fanno argomentar quel colmo di grandez∣ze in lei, che già promette il suo valore.

Page 386

E.

Deh vedo ben io, che l'appetito, e l'affettione occupando il luogho alla ragione, il tutto perde.

A.

Questa lingua, qual sempre fu ministra di sincero cuore, mai si potrebbe far serua di sirena inganatrice.

E.

Il vostro pennello è picciolò, ma con bella curiosità depigne cose assai grandi.

A.

Le sue maggiori lodi non occupano tanta parte, che non si perdan nell' oceano di suoi meriti.

E.

Ʋ. S. libra i suoi detti nella bilancia della giustitia, e grauit à ne sensi, e peso nelle parolle, ma quando parla di me come tra bocca ah?

A.

Quindi mi fate scuoprire la naturale nobiltà del animo vo∣stro, che non punto si altera per verun accidente, ma aguisa di Colosso, sempre è grande ad vn modo, ò alto, ò basso che egli sia collocato.

E.

Voi sete aguisa di quelli rari ingegni, che aguisa sono d' api ingeniosissime; ma non essendo io fiore d' Aprile, ne men di Maggio, non potete cogliere, ne manna, ne melle da miei odori.

A.

Parangonandomi à quei che veramente son degni di lodi, ben m'aueggio quanto sia indietro ancora, e quanta via mi re∣sta à giognere col valore, doue ella mi fa arriuar con la sua cortesia.

E.

Vosignoria vuole cosi ocupare tutti i luoghi dell' humiltà, che mi facciate superbo.

A.

E vosignoria lodadomi più da quello, che ella è, che da quello ch'io meito, mostra d'hauer più riguardo alla gran∣dezza sua, che alla de bolezza mia.

E.

Io me ne accorgo; mi prouocate in duollo, e già son di vitto∣ria, essendo certo singolar duello il veder la giustitia contra espresso orto.

A.

Isousatemi guardateuidi non esaltarmi in vostro danno, ne cader in viio, per ch merita biasimo.

E.

S'io rro, erro nel men.

A.

Il lodare vn più, che ci non merita, tal eccesso più si tolera ne versi, ma non adagiamente in prosa.

E.

Son verace historico, ma non fabuloso Poeta.

Page 388

A.

Dunche V. S. impiegai freggi in vna non men muta, che bruta statua.

E.

Con la suasouerchia humiltà, mifa vergognar della mia superba altezza.

A.

Tropo Ʋ. S. mi malza, meritando nulla, e tropose stessa bas∣sa meritando tanto.

E.

Azi che alla debolzza delle conditieni mie, si conuiene più tosto riuerirla con vn diuoto silntio, che con estrinseca dimostratione di parolle.

A.

Anzi che nella grandezza de suci meriti, suanisce la picco∣lzza mia.

E.

Che dirogli io? le maniere sue difficilmence si ponno des∣criuere, non che imitare.

A.

E dio come nouello pittore, mi sforzo delle sue bozarne qual∣che imagine.

E.

Ed io mi sollicito à seguirlo al meno con l' occhi, da che io dispero di poterene appressar co piedi, essendo tropo pigra testudine dietro à si veloce cursore.

A.

Come dotto seguitate li dotti, quali mentre argutamen ente parlano, insegnano l' altri l' oprare.

E.

L' allegrezza ch' io sento per le sue Virtù, e meriti, non po∣tendomi capir nel cuore, forza è che trabocchi per la lingua in parolle.

A.

Mai vidi discorso sostenuto con maggior cortesia, ne cortesia con maggior decoro.

E.

Ʋ. S. tanto mi inalza con la sua cortesia, che con li effetti giogner non posso doue ella mi porta con la lingua.

A.

Facciami gratia iddio, che dal canto mio sempre produchi quei frutti, che meritan le sue virtuti.

E.

Voglia Dio, che sia quel, che mi predicate, per non vergog∣narmi di quel ch' io sono, e per non arossir per le sue lodi.

A.

Auertite voi di non adornare vn nome fosco, di qualche hu∣mile bugia.

E.

Con sua licenza dirògli, che ella si guardi dinon esser più amico, che honesto, e verace.

Page 390

A.

Di cio nou ho verun dubio, che mirandola, la vedo vna fi∣gura colorita di cosi belli habitidi virtù, e di si grata nobil∣tà de costumi, che in qualonque guisa la rimiro, riuscisse bella, e risguardeuole.

A.

Lo vostre parolle son cinte di cosi beifreggi di gloria, che più non ponno esser gloriose.

E.

Questo altro non è, che vna gentil maniera di obligarmi con me medesimo.

A.

V. S. mi areoa più occasione di pensar à fatti di ricompen∣sa, che à parolle di gratie.

E.

Libero, ma non breue spatio prouoca il cauallo al corso.

A.

Son di quelli io, che più sanno correre con la volentà, che con effetto.

E.

Effettua assai, chi assai merita,

A.

Chi mi può comandare, puomi altresi burlare, ma non cosi riburlare.

E.

Il burlare è Barbarismo in amicitia, però ne à me è lecito pensarlo, ne à let giudicarlo.

A.

So bene, che Ʋ. S. non sta in corte, ne men è cortigiano, vo dire, che non parlate per pompa, ne men per apparere, ma di puro cuore.

E.

Spendo dell' ingegno mio, ma arricchito nellè ricchezze del vostro.

A.

Scilla, e Cariddi, e la più basta donna qui d'intorno siera à fore stieri, si placarobbe al suono della vostralia.

E.

V. S. è cosi ricca delle proprie lodi, che non ha bisogno dell' altrui.

A.

L'animo mio, è tropo certo indouino, & il cuor mio tropo co∣nosce le mie miserie, e le grandezze de suci meriti.

E.

Deh, chi non si destarebbe per cantare al canto di cosi belle ldi? chinon diuerebbe muto, per dubio di non poterle so∣stener in proua?

Page 392

A.

Son lodi degne di lodi, & il suo amore degno d'honore.

E.

Voi mi predicate per vn mille, e l'altri mi condannano per vn zero.

A.

Fauellate giusto da animo nobile, che nelle prosperità, ri∣chezze, meriti & honori, et nelli abassamentisenza altera∣tion di mente, serua vn perpetuo tenore.

E.

Lasua cortesia mi fa arriuar doue non mi può condur il me∣rito.

A.

Non mene velete male, per che sete galante.

E.

Biasimar le persone è male, difficilmente lodar sipuosenza cader in colpa di falsià, ò adulatione.

A.

Si come l'ingiuria più offende chi la fa, che chi la riceue, cosi la lode via piu oda il lodante, che il lodato, però ella opran∣do insua lod, io mi acheto.

E.

Quasi ardiro dire con sua soportatione, bruto disegno sotto bei colori.

A.

Anzi inetto pittore a colorire vna bella faccia.

E.

V. S. si studia di rapresentar la statua d'vn gigante co la fi∣gura d'vn pigmeo, pur sia io, che che si voglia, son tutto suo.

A.

Prima chleicol farmi mio, mifacci suo, mifaccia grande, acciò degno io sia d'esser suo.

E.

Il sole ri••••rca luce, ed il mare arena, lei è cosi copiosa de me∣riti, che souerchio è ricercarne dalla parte mia.

A.

Con le vostre colorite lodi, mi atturate la bocca.

E.

Essendo i cosi gran parte di lei, stimo nel lodar, e riuerirla di h••••ar me stesso.

A.

Grand sp••••••o è tra vna formica, e vn monte, od alpe.

E.

Men e V.S. cerca farmi superiore, via più diuengo in∣feriore.

Page 394

A.

Si, ma quanto più la virtu si humilia, tanto p iù vien essal∣tata.

E.

S' io non conoscessi quel, ch' io sono, mi eccitaresti à fabri∣car torri senza fondamento.

A.

Quanto io dico, è pegno de quel amore, ch'io li deuo, e me∣rito delle sue virtù, che per più riuerirla, con tacere, esplicar le dourei.

E.

Se ben mi esaminate, conchiuderete la materia bassa richie∣der spiegatura facile, e popolare.

A.

V.S. cerca me far suo compagno, che mi preggiaua, e preg∣gio di essergli seruidore.

E.

In ciò mi tengo piú tosto da lei, più fauorito, che ben giudi∣cato.

A.

Se la volonta ha qualche merito, io non ritorno indietro.

E.

S' io valesse cosi di seruiggio, come vaglio di desiderio, ar∣direi di concorere con qual si voglia altro, che li sia piú vi∣cino.

A.

Il volere è in vece del porere, doue non si puote.

E.

Son rissoluto con buona pace di accettar ogni lode datami da V.S. ne rifiutarne pur vna sola, potendo di me quanto ella vuole, e farmi valere quanto li pare.

A.

Ne io altresi voglio contradire alle sue lodi, perche è vn prouocarla di vantaggio, dunque acetto senza contrasto, ma non senza rosore.

E.

Con l' amici anco il silentio ha prerogatiua di preghi.

A.

La difficultà ch' ho hauuto di cotal licenza, rende via più cara la gratia, più meriteuole l'offitio di chil' ha impetrata, e molto piu grato chi la concede.

E.

Le vostre parolle son aguisa di pane cotidiano, che mai ar∣recca fastidio, se non nel troppo.

A.

Nella souerchia lode più si conuien peccar honestamente, quando nasce da troppo amore, che nella riprensione, quan∣do euapora da radice d'odio.

Page 396

E.

Se le forze del corpo, e dell' intelletto corrispondessero in qualche parte alla volontà mia verso di lei, non dubitar ei punto di non corrispondere all' honorata opinione, quale ha di me la sua affettione.

A.

L' affittione, e gentilezza via più appar maggiore, quanto piu occasione c' è di adoprarla.

E.

La materia è da parte dell' animo suo virtuoso.

A.

Le mie parolle promettano mlo, per esser imagine dell' a∣nimo grande, benche souente poco attendan l' opre, per ap∣presentar la debolezza mia, à chi non la conosce.

E.

L' abondanza del viuo affetto supplisce al tutto: tuttauia nell' affetto, & effetto insieme, nell' opre, e nelle parolle tropo mi obliga, e se disobliga affatto.

A.

Fra li cumuli dell' oblighi malamente si puo disobligare.

E.

[ 7] Ʋ. S. non può meco hauer tanto debito, quanto credito, ne meno tanta libertà, quanta authorità.

A.

A me sta esser sollecito, & affettuoso ministro della sua vlontà in tutto quello, che la potrò seruire, e che lei si deg∣nara impiegarmi.

E.

Ed à me parera di valer qualche cosa, se si degnara di dar∣mi occasione d' essercitarmi in cosa disuo seruigiò.

A.

Il suo offerirmi, è fauorirmi, e'l mio rispondere, e riuerirlo.

E.

Sarami tanto soaue, quanto honorato poterla seruire.

A.

Et io tanto mi piacerò, quanto mi conoscero atto, e buono per seruirla.

E.

Ese V. S. non si degnasse di comandarmi, sarebbe vn coman∣darmi, ch'is taccia.

A.

A lei mi esibisco con la prontezza della vlontà, doue con le forze del corpo, ò dell' ingegno non vaglio.

E.

E se à me è tolto di poterla degnamente seruire, non m' è però tolto di saperla deuotamente amare, & osseruare.

Page 398

A.

Questo è l' vnico mezzo di piacer all' amici veri, quali al∣tro non cercano, che l' amore, e non poco piace, che amando, e riamando piace all'amico.

E.

[ 8] Tutti cotesti sono soauissimi pegni della rara sua bontà, & del gentilissimo animo suo, dello quale gli rendo milla gratie.

A.

Quanto piu cerca di sciogliermi, via più mi lega.

E.

Che gratioso modo di preparar gratie l'vna dopo l' altra, facendo, che la catena dell' oblighi via più s' allonghi, e mi ritenga, con più d' vna riuolta. Dolce catena quanto m' è cara. Non ci è liberta, che ci possi eguagliare.

A.

Le sue cortesie, ed i suoi meriti mi fanno restar più luogo d' ammirarla, che di ringratiarla.

E.

La ringratio di viuo, & ardentissimo affetto di cuore dell' honorata opinione conceputa di me.

A.

Il suo ringratiare, non è pagamento di debito, ma compi∣mento di ragione.

E.

Iscusatemi, più tosto signore, se non lirendo gemme per gem, me, ma rame per oro.

A.

Il dissimular le gratie, mentre si riceuano, è cosa d' animo ingrato, & sconoscente, onde sentendomi à lei debitore, mi sento anco à lei obligato di ringratiarla.

E.

La materia de suoi meriti datami da lei con tanta ragione di lodarla, toglie l' obligo di ringratiarmene.

A.

Soffrite per vita vostra, & per amor mio, di restar indebi∣to, non essendo men cortesia lasciarsi tai' hor obligare, che obligar altri.

E.

Non voglia la cortesia sua, ch' io perda il nome di cortese, ne la sua gratia, ch' io resti priuo di gratia.

A.

Vorrei poter far quelch' io non posso, per far parte di quel∣ch'io deuo, in corispondenza della molta deuotione, & dell' obligo infinito, ch' io li porto.

E.

V.S. non ha debito, se non di comandarmi.

A.

Non mi estendero molto in ringratiarla, non parendo di po∣ter pagar tal debito con parolle.

Page 400

E.

Dubito, che procurando con tante espresse, e tacite gratie dissobligarmi in tutto da lei, più non mi voglia per suo.

A.

Farò forsi io come quel di natura, di costumi, di fortuna dis∣gratiato, e di conscienza diablico plebeo, che con il bene∣fitio in mano si dimentica, d' hauer ij ringratiamenti nel cuo∣re, in bocca, & iriconoscimenti in opre.

E.

Segno è di licenza, saldar affatto con suoiseruidori.

A.

Il ringratiare non è saldar affatto, ma solo vn conoscermi inetto à corispondere con le forze del corpo, come mi confesso disseguale con quelle deli' inteletto.

E.

In magnis voluisse, sat est: non posso saldar questa partita, se non col restarli per sempre obligato.

A.

Anzi tanto Ʋ.S. mi obliga, & in tanti modi, che lieua la potenza di satissargli, la speranza, come io deuo, di ringra∣tiarla, onde in vece dell' vno, & l' altro seruiromi del silen∣tio, & desiderio, sin che missa concesso da Dio quella grati∣tudine di parolle, & opre, che m' ha conceduto d' animo, e di pensieri.

E.

Via più del debito mi ringratia, degnandosi d' vdir le mie parolle, & assai mi fauorisce, chi mi riama.

A.

Che altro potroli io rispondere? se non pregarla aggradir la tromba, à cui è dedicato il spirto.

E.

Li prieghi di superiori soglian esser comandamenti alli saggij inferiori.

A.

Iscusatemi, offendete l' amore.

E.

Et hor più m' accendete, perche quanto l'amor è maggiore, via più viene da lieue cagion offeso.

A.

[ 9] Le sue parolle, e risposte non men mi fanno chiaro della sua eloquenza, che del suo amore, dell' vno la lodo, dell' altro la ringratio.

E.

Hor, Dio merce, comencia mandar fuorifiamme d' amore, e fioridi eloquenza.

A.

Nella sue mani ogni cosa è bella, nella sua bocca ogni cosa lodeuole.

Page 402

E.

Come puo star questo, non hauendo gambe da rizarmi in piedi, meno posso ascendere in Parnaso, per hauer acque, d' onde voglia respondere alla sua facondia.

A.

V.S. non può con più chiari lumi, farmi vedere i rarifregi della sua affettione, che con la viua eloquenza, quale via più è grande, quanto più può aggradir le cose minime.

E.

Colpeggiando cosi legiadramente con l' eloquenza, si può, far gagliardo argomento quanto eccelente sia la virtù, e quale debba esser il frutto.

A.

Deh signor mio souenghaui, niun poter esser liberale con al∣tri, di quello, che la Natura è stata auara a con esso lui.

E.

Cosi copioso fiume di parolle, tanti raggi del vostro cortese amore, tanti fiori, fioretti, ghirlande, e rusceli di perle del vostro gentil ingegno, d'onde? se non perche sete tutto amo∣reuole, tutto ingegnoso, tutto facondo, & vn celato thesoro, qual più cercate con arte ricoprir, via più la natura, e vir∣tù lo scupre, e molto più s' allargano da alta eloquenza li soaui fiumi.

A.

So, che V.S. fauella di puro spirito di cortesia, non d' osten∣tatione, però il tutto riceuo in bene, & interpreto in me∣gliore.

E.

L' eloquenza è souente sospetta, come amica della bugia, ma in caso di virtù, e meriti tra gli veri, e non finti amici, cessa ogni sospitione.

A.

Io son farfalla, e voisete la luce, m' abagliate l' occhi, & m' otturate le labra.

E.

Anzi leico la sua eloquenza fauellando cose degne di lodi, e piene d' amore, da voi istesso riceuete il guidardone col rendermi percio amabile, & comendabile.

A.

Chi percuote vna pietra d' alto, non fa, che da maggior parte vscire maggiori scintille, che accendano maggior fiamma, cosi chi prouoca il dono della vostra eloquenza.

E.

La belleza delle figlie, è la gloria della madre: nelle mie mani, la luce diuenta offusca, & nelle vostre acquista mag∣gior lme.

Page 404

A.

Bel campo, ma mimanca vn Roman cauallo per tanto ar∣ringo.

E.

Il mio fauellar è pianura semplice, qual però souente più ef∣ficacemente imprime.

A.

In rincompensa, e guidardone altro per hora non so, se non me stesso di nouo dedicarmeli.

E.

Sicome V. S. è di gran cuore, & ancor di virtude, altresi sa far gran gratie, de quali io non son degno.

A.

A chi meglio posso sacrificar me stesso, che à lei, che già con l' infinita sua cortesia gran pezza fa, s' è fatta prima parte del mio cuore.

E.

Iscusatemi signore, è contra le leggi, ch' il longo vso frutto passi in libero possesso.

A,

[ 10] Tal' è il mio desio, che mi sia tanto liberale de suoi coman∣dementi, quanto m' è cortese del suo fauore.

E.

Se V. S. mirestorara col comandarmi talvolta, misàraseg∣nò, che mi ama, quanto io l' honoro.

A.

Ed io riputero, che facendo gratia di comandarmi, non possi aggrauarmi col fauorir mi.

E.

Ed io la prego, e la prego da douero, che occorendoli valer∣si dell' opra mia, faccialo in modo, che non dubiti, se m'habbi accetato per seruidore: vo dire, che liberamente mi co∣mandi.

A.

[ 11] Di tutto cuore infinitamente la ringratio.

E.

Non à lei, ma à me sta ringratiarla.

A.

Doue non è benefitio, è superfluo il ringratiare.

E.

Che più può obligare, che la sua cortesia?

A.

Non è mia cortesia, ma suo merito.

E.

Non è mio merito, ma sua buona opinione.

A.

Non faccio quanto io deuo, ed essa merita.

E.

Ella altro non mira, che vincermi di gentilezza.

A.

Come vinco io, se da lei sempre son vinto?

E.

L' esperienza proua il contrario.

Page 406

A.

Ed à me par tutto l' opposito.

E.

Mi confesso vinto, e conuinto, ma non gia d' amore.

A.

Ed io in tutto gli cedo, sol che in affettione.

E.

Gioisco d' esser confuso da vn mio Padrone.

A.

Io non son degno d' vn tal seruidore.

E.

Anzi io non merito vn tal Padrone.

A.

Per cortesia, lasciam le cerimonie.

E.

Chente, dico, non per compimenti, ma di viuo cuore io fa∣uello.

A.

Io la ringratio, non quanto io deuo, ma quanto io posso.

E.

Ed io altro tanto, e più, si come più mi sento obligato.

A.

Ed io non satisfalto de le frondi di nude parolle, altro non bramo, se non dimostrargli il mio affetto, con espresso testi∣monio di viui effetti.

E.

Altresi io megli offerò alla paraglia in cose, che à lei, & alli suoi amici aggradano.

A.

Reccando singolar amor, singolar fiducia, non manchero d' hauer in lei singular confidenza.

E.

Ne la prego di viuo cuore.

A.

Ed io quanto io posso, la supplico far il medemo.

E.

Si come non mancherà l' affettione, altresi non mancherà la confidentia.

A.

Quanto piu souente ciò farete, sarami tanto più grato, e maggiar fauore.

E.

Cosi ella facendo, riputerò gratia speciale.

A.

Achille contra Troilo: mi vedo inhabile à rintozzare la sua eloquenza, e politia.

E.

Conuien in qualche modo satisfar alla amore, e col mezzo del diletto partorire qualche benefitio al animi nostri.

A.

Egli è vero, pur al lungo camino ogni minuccia arrecca nota.

E.

Ma che debbiamo sempre parlar in vn medemo modo?

Page 408

A.

[ 12] Iddio non ci ha fatto cani, che sempre vsiamo l'istessa voce, ne siamo vccelli, che vestir ci conuenga sempre delle medeme piume.

E.

Voi dite il vero, quindi vorrei veder il Cortigiano qualche volta depor la spada, e col penacchio, e guanti profumati get∣ar il Galateone canti, e pieno di filosofia discorrere, & oprar come Filosofo.

A.

Pro virtute impetus, post vertutem ruina, corporibus animis{que} impetus vis est, parua eadem languescit mora: dopo la fiamma il fumo, aspettauae ben io, che appresso l'esser stato Cortigiano, non diuentasti Filosofo.

E.

Per dirgli il vero vedendo hoggi di quante false cerimonie s' vsano più tosto son discepolo di Platone in rifiutarle, e mi compono rozzo aguisa d' vn altro Isopo, ouero come vn Piouano in osseruarle.

A.

[ 13] Che Platone inimico fu delle cerimonie?

E.

O Dio egli tanto le fu contrario, ch' insino nella riuerenza delli Dei, e nel lor culto, volse che affatto affatto si lascias∣sero.

A.

Forsi ci aperse la strada à Puritani.

E.

Questo non io so, ne men io dico, ma sol ch' egli era di cotal pensiero.

A.

Hermete, ed Asclepio furno dell'istesso humore.

E.

Chi non conosce, non honora, e sdrusciolando facilmente cade nel dispreggio.

A.

Si dimanda pur il diuin Platone per sopra nome, per essersi più dell' altri accostato alla verità della prima causa.

E.

Nulla dimeno in tal materia scrisse molte follie.

A.

E chi fra di noi viue, che, ò in detti, ò in fatti, e spesso in scritto, in tal laccio tal uolta miseramente non trabocchi?

A.

Dite pur, gli più dotti, più souente errare, si come anco, ac∣cade per il tropo sale peggior esser il cibo.

E.

Egli è vero, pur saper douea, che chi non è cerimonioso esser vitioso.

Page 410

E.

Cosi ancor io confermo, però per il contrario vedemo per le cerimonie molti esser aggraditi.

A.

Quindi non sol fu lodato, ma (ancor che hauesse conceduto à Tarquinisi comodità di saccheggiar il campidoglio) con cento anni di pace altresi Cereto priuilegiato fu per le ceri∣monie osseruate in esso.

E.

Ma auertite, che quelle erano sacre, apartenenti al culto di Dei, è Deè di quel tempo.

A.

[ 14] Dunque già molti anni fanno, ci eran altri Dei, ch' hor non sono?

E.

Ʋi è forsi cosa noua, cosa commune? leggete l'auttori, e discorrete l'historie, e conoscerete che mille fiate in pocchè età ed huomini, e donne cancelan l'antiqui, e aguisa de Pettori compongan noui Dei, crean nouo culto, è forman noue rel∣ligioni.

A.

Costesto è assai strano.

E.

Si come v' è vn soliddio, et un vero batesimo, cosi soleuui vna sol relligione, e chiunque altra inuenta, ritroua setta, non religione.

A.

Iscusatemi di già mi dicea vn villano, che non capiamo il fondamento, iddio esser vn infinito spirito, e per dir cosi, d'vn, non grande, ma infinito cuore, però d'ogni cosa capace, ma l'huomo, si come di poco, è finito spirito, e picciol cuore, sol quello gli piace, che conforme è al suo spiritello, e diletta al suo composito, tutto il remanente rifiuta, e dana.

E.

Sia come si voglia, tante etadi, tante religioni.

A.

Se col tempo si mutan gli riti, e spesse con li riti ij Dei, e cie. li, che meraueglia fia se simuta l'huomo.

E.

Quel che ab aeterno fu, ed è, e sarà sempre vn vero, e solo iddio per esser di sua natura perfetissimo, non dir si puote es∣ser soggetto à mutation alcuna.

A.

S' egli come voi dite, è disua sostanza immutabile, donde auiene, che cotesti Dei si canghian come la luna, e con essi si muti cosi souente il rito?

Page 412

E.

Iddio come vi disse, non e mutabile, ma l' imperfettione, passione, e mutabilità, che scuote, e come canna, piega ad og∣ni parte l'huomo, et principalmente accieca l'inteletto, edil volere, à perpetuo danno suo lo fa parer mutabile.

A.

Dubito che per troppo diggressioni, non si leuiam dal nostro intento.

E.

Cosi facendo, seguirem Seneca, qual perè quanto più va∣rio, via più fu diletteuole, e molto più grato.

A.

[ 15] Ma ritorniamo al nostro proposito, non solo gli sudetti Filo∣sofi reprobaron le cerimonte, a inanti, che nel mondo mol∣tiplicasse o lefraudi, e cotanto cresessero li compimenti, quasi veruna effige c' era d'essi.

E.

Cosi io credo, per che essendo eglino ancor barbari, è poco men che bestie, nel parlar, nel procedere, ed in ogni lor attio∣ne boscaricci, materiali, e più che rozzi, non sapeuano, ne meno atti erano ad vsar costumi.

A.

Egli puote essere, ma ancor che rozzamente, tuttauia proce∣deuan con sincero amore.

E.

[ 16] Ma ditemi, come potean essi senza qualche forma di ceri∣monie dimostrar amore? al mio parere, non essendo la ceri∣monia, altro, ch' vna riforma del barbaresmo, vn termine vrbano, vn modo ciuile, vn proceder cortese, vn espresso segno d' amore, qual partorisce ancor, nell' esterno, atti d' amore, et essendo noi humani, effetti humani, è finalmente, essendo parte riuerènza, qual ancor è segno d' affetto, e con∣forme al stato, lo dimostra.

A.

Cotesto non si può biasimare, osseruandosi elle no per le sudet∣te cause, se non sian barbari, verso, e fra maggiori nella prattica signorile.

E.

Dunque che dir potete?

A.

Io parlo delle friuole del tutto vuote d' affettio∣ne, e piene d' affettatione, che d' ogni parte,

Page 414

e d'ogni canto d'vn falso cortigiano putano, e, che si come non procedan d'vn sincero, e riformato cuore, consistan solo in nude parolle, dette performa, et apparate a mente, come no∣uella, ò frotolè, e recitate come vna comedia, abondanti di false proferte, che in breue si transmutan in fumo, suaniscan col vento, e finalmente si rissoluano in vn vnquanquo, à Luca ti vidi.

E.

Iscusatemi signor mio, che per non esser io di ceruel Sco∣tesco non ben v'intendo.

A.

Di quelle io fauello, che non scatorendo da viuo, è vero amo∣re, lo voglian almen dimostrar con arte, però con gesti af∣fettati, che quanto più nudi, e poueri sono di sale, tanto più pieni di noiose parolle, che teste recano schiffo à chi le vede, non che à chiunque l'ode.

E.

Hor vi intendo, e mi souienne spesse fiate hauer veduto ne miei peregrinaggij molti di cotestivtri di vento, che col capo facendo la nina con mille basciamenti di mani, e di genocchia anchora, molte volte nati tra sterili sassi, e ne folti boschi, voglian subito, che escan dal stercoso nido dimostrarsi anti∣chissimi disciplinati, e più, che acostamati cortegiani; che ve ne pare, e che ne dite?

A.

Credetimi il mio signore, che altro non sono, che abelliti la∣uelli, ò colorite sepulture, e per dir meglio, nell' estrinseco più d'ogni fariseo superstitiosi.

E.

Se ben gli osseruasti, portan il cortigiano nelle scarpe fatte à mille foggie, come di ninfe, d'indi nelle mani, e nelli guanti han il Galatheo, misurano le parolle con le spane, discorrano con li semessi; fauellano per punti di dita, atorno souente giran il capo per veder, se niun li miri, come cosa rara nel mondo, compongano mille Castelli in aira, altre fiate de continuo

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muouano le labra come simie, ò pecoroni, masticando le in∣gegnose nouelle del esquisito Bocaccio, hor per imitar Or∣lando pazzo, in ogni canto recitan le piace uoli stanze del gentil Furioso, ò si stransforman, ahime, ne cordiali, & amo∣rosi sospiri dell' afflitto, & lacerato cuore del infiammato, è dolente amante della famosa, e fortunata Laura.

A.

Quando, che, con mia non men noia, che nausea, m' è oc∣corso di veder cotesti animalucci, souenendomi la sincera creanza dell' antiqui, non posso se non preggiarle.

E.

[ 18] Essendomi altresi io dilettato per mio diporto, di transco∣rere somiglianti cose: signor di quali intendete?

A.

Come dell' Idumei, che nel rincontrarsi in segno d' amore, creanza, e riuerenza diceuano. Il signor sia con voi.

E.

Cotesta in vero era salutation celeste, hauendola vsata l' An∣gelo con Gedeone, à cui egli rispose: Si dominus nobis∣cum, quomodo tot mala patimur.

A.

Gli veri hebrei. Iddio vi sia salute.

E.

Era ben detto, essendo iddio medico, e medicina insieme on∣de il Profeta, Sana me domine, & sanabor.

A.

Gli Thebani. Iddio vt Dia salute.

E.

Hauea molto del Christiano, dependendo da esso ogni nostro bene.

A.

Gliromani iddio vi Dia salute.

E.

Più d'ogn' altra mi piace la salutation Turchesca, e greca, che senza frustar il capello, o turbante, ne la beretta, ponen∣dosi la destra al petto, con vn po pò d'inchino, dicano Sala∣malech▪ e l'altro risponde, Malec salam.

A.

Tutte coteste cerimonie assai aggradisco, per hauer non men del religioso, che del sincero.

E.

Egli è vero, tutta via oltra li sudetti termini di salutarsi, vsauano altre cerimonie ancora.

Page 418

A.

Ma non affettate, parti de quali ancor s'vsa in Europa.

E.

Cosi è, come scoprir il capo, cauar la beretta ò capello à mag∣giori, come apresso di Plutarco leggiamo hauer fatto Silla à Pompeo.

A.

Si leuauan ancor in piedi nell' aparire de suoi maggiori.

E.

Descendeuan da Cauallo.

A.

Dite di più, che facean smontar l' altri per esser riuerito, come fece Fabio Massimo, qual essendo Console, rincontran∣do il padre per la Città, li mandò à dire, che valasse, e che gli portasse quel honore, e riuerenza, che al suo grado con∣ueniua.

E.

Fu assai ben fatto, non chiedendo tal riconoscimento dal padre, come figlio, ma come publica persona, e Magi∣strato.

A.

Di più, l'vltimo era il maggior in leuarsi da tauola, si come i minorii primi.

E.

Nel visitarsi à casa basciauan gli lor cognati, e lor amici, co∣me ancor hora noi osseruiamo.

A.

Si, in basciarsi, ma non le donne, qual par, saluo l' honor d' ogn' vno, hauer più del lasciuo, che dell' honesto.

E.

Di più nel supplicar abbracciauan i piedi, come testimonio ci rende la publica pecatrice.

A.

Non sol li piedi riueriuan, ma di più basciauano le mani al∣li' peradori, in segno di honorar la lor potenza.

E.

Quindi dicendo vn villano à Agricola, baccio la vostra gran mano, rispondendogli l' Imperadore, mira la mia mano all' altre somigliante, sogionse il sagace contradino, Messe∣re io intendo della vostra gran posanza.

A.

Si getauan ancor alle genocchia, come fece Tigrante al vin∣citor Pompeo.

E.

Porgeuansi altresi la mano in segno di fede.

A.

Cedeuan la strada à lor maggiori.

Page 420

E.

Prendeuan per la mano l'amici, nell' introdurgli in casa.

A.

Piegauan il capo nel riuerire.

E.

Non sedeuan alla presenza de genitori.

A.

[ 19] Ma tutte le sudette, con cento milla altre di gran pezza eccdano quelle de nostri semidei, come se fossero descesi dal cielo, per far stupir il mondo.

E.

Ma di che parlete?

A.

Imaginateuelo, de sudetti galanti d'Europa, quali rincon∣trando vno de suoi amici, subitò con la bocca piena di melle, aprano il bussolo de compimenti.

E.

E che di indi?

A.

Immediatamente con mille atti inusitati, e con riuolgimenti del corpo, come se fossero scrimaioli; l'improntano vn serui∣tor padron mio, con vn vi baccio le mani.

E.

Ah, ah, sta bene: ma l'altro stasene cheto?

A.

Queto ah? se à caso ei sia vno de suoi creati, e della mede∣ma liga, o lega, subito con vna lingna tagliente, gli rispon∣de, ed io amendue, indi segue infilzando vna miliaia di fila∣terie, con mille mascherate proferte, che mai han fine.

E.

Per driglisopra di cio il mio concetto, parmi conuenire à ta∣li, che in se non hauendo molti di loro, altro di bono, che far professione d'esser gentili, tali esser deuano ancor nel fauellar, ne costumi, et altresi nell' opre.

A.

Verò è, sè fossero vere cerimonie, ma al più delle volte, hano lo manna in bocca, ed il rasio sotto la cintola: ò sono della schiata del Napolitano; largo di bocca, e stretto di mano.

E.

Ma enui di peggio.

A.

Che cosa? dite di gratia, e non celate il vero.

E.

[ 20] Si come io mottegiai dinanti, parmi tutto il sudetto potersi tolerare ne gentil'huomini, e virtuosi, che concorano con essi, e spesse fiate gli precedano.

Page 422

A.

Questo non fa à proposito, cerco del peggio.

E.

Di già le cerimonie, e compimenti son diuenuti cosi com∣muni, e famigliari à ogn'vno, che i Ciabattini, i Sarti, i Bar∣bieri con lor figli, Calzolai, Legnaioli, Spaza camini, Fal∣conieri, et ogni garzonastro, con simil frotta del popolazzo, le strapazzano come il macellaio la carne di acha vecchia.

A.

Ci lasciate il diritto della medaglia, che vi par de fameglij di stalla, parafrenieri, seruidori, et d' altri, che seguan e viuan con altri?

E.

Ohime, che hormi souiene: nell' incontrarsi massime se hab∣bino la memoria della lor seruitù sopra le spalle, à cui sia ag∣gionto fodro di veluto, vsano le cerimonie con tanta inso∣lenza, che parte con la spada, parte con le gambe large in atto di partorire, parte con la mano distesa all' amico, e con l' altra tenendo in larga forma il capello ocupano tutto la strada; talche bisogna attendergli, fin che habbian rosicato tutto il Galatheo: è finalmente partendosi, si profumano con titolo dimessere, finendola col signore.

A.

Ma di quali intendete?

E.

Potreui farui vn longo discorso di schiatta, di sangue, di ca∣sata, di descendenza, di grado, di titolo, d'officio, ma per is∣pedire il tutto sommariamente, son seruidori.

A.

Iscusatemi signore, la ciuiltà adorna l'huomo, più fiorisce in vn ben nato, spesso pute nel villano.

E.

Ricalcitrar si può, ma vincer non si può già la natura: con∣fessiamo, e non arosciam del vero, cotesta mal herba di ceri∣monie finte, cotanto cresce in ogni luogo d' Europa, che quasi affatto essendosene ito il puro amore, per suo luogo tenente, resta il compimento.

A.

[ 21] Tanto è moltiplicato in vero, che non solamente in presen∣za, ma ancor in absenza dilatano la filatera: con titulo di messer, magnifico, molto magnifico, signore, eccelente molto ec∣celente, reuerendo, molto reuerendo, reuerendissimo, illustre,

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molto illustre, illustrissimo, serenissimo, V. Maestà, che si con∣uien à Dio: vostra santità, che è render tutto cio, che si de∣ue à Dio. Ʋostra beatitudiue, che aspetta in corpo, e in anima alfruire il sommo bene.

E.

Cotesti titoli lasciamòli à chi li merita, chi livuole, e a chi li puo hauere.

A.

Non ben Filosofate, dite, e ditela à bocca piena. Il mondo manca in virtù cresce in superbia, crescan le liti, e men vien la religione.

E.

Il mondo s'inuechia, e quantonque egli sia stato sempre nido d'ogni malitia, e colpa, nulla dimeno quanto più si discosta dal suo principio, tanto ei peggiora.

A.

Hor non parmi tempo de disputare, ma intorno alle ceri∣monie, e compimonti, e titoli cosi passa il negotio.

E.

[ 22] Ma che direte di quelli, che sono cosi rozzi, e cotanto in ci∣uili, che come brutti animali in nulla, nulla ne osseruano, al∣tri con alcuni sono assai vrbani, con l'altri, del tutto barba∣ri, e non men indescretti, che discortesi?

A.

Con pace de più sauij, tal effetto credo procedere dal diffet∣to, ciòe per debolezza di viua fede, e mancamento di vera religione, e parimente di conscienza, per che credendo l'huo∣mo esserui iddio, si sforza d'osseruare la sua legge, e suoi pre∣cetti, ne quali dopo il creatore, ci vien comandato come noi stessi, amar la creatura.

E.

Quindi mi scoprite nelle sacre lettere contenersi vna mistica politia, con la quale ben potiamo viuer nel mondo, e prepa∣rarci al cielo.

A.

Ella fal'huomo, à Dio, & alli huomini grato.

E.

Dubio non ci è, che amando l'vno l'altre, gli sarà cortese, lo trattera ciuilmente, seco parlera vrbanamente, et ancor, che fosse rozzo, l'amore lo fara amoreuole, dolce, e soaue, e l' amaestrera ne costumi, ed vna picciol arte lo farà com∣pito.

A.

[ 23] Ma come potrà ciò auenire tra quelle nationi,

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quali nel lor idioma dichiaran questo nome prossimo, ciòe vicino, donde il forestiero ne vien affatto escluso.

E.

Non so quali si siano, e se pur vi sono, per il vicino ponno intendere ogni animal della medema specie, che è l'huomo. ò dell' istessa religione, e culto, che è il Christiano, quali in∣sieme son vniti di maggior nodo, che della carne, quanto maggior è il spiito della carne.

A.

Talche conchiuderemo, vn discortese, e villano, trattando con vn altro, sia che si voglia, se senza vera cagione lo dispre∣giera, lo ingannera, non li seruara nulla di quanto li pro∣mette, & in conchiusione, si come nel cuore, cosi nelle parolle, ne gesti, ne fatti, in presenza, & in absenza, li vsera sol discortesie, e torti, taciti, ò espressi: tal inurbanita diremo scaturire da poca fede, da apparente religione, e marzida conscienza, & essere propriamente di quella razza, che per seguitorno, ligorno, battetero, insputorno, incoronorno, e Christo crucifissero.

E.

Cosi egli è, perche la virtù è verso l'altrui, no verso se stesso.

A.

Ma che diremo di quelli, che solamente amano per l' inte∣resse loro?

E.

Di gratia lasciamo, che si come seguano le norme, cosi se∣guano il fine, che fece il lor Maestro Giuda, dal quale ap∣parorno il lor cotidiano concetto, Quid vultis mihi dare, & ego vobis tradam illum?

A.

[ 24] Quanto s' è detto assai mi piace, nulla dimeno, se vogliamo consigliar co dotti, par che più tosto il sudetto errore proceda dall' errore del tempenamento, e complessione, secondo la quale l'huomo opra.

E.

Iscusatemi, non intendo questo termine, temperamento.

A.

[ 25] Sette sono le cose naturali (quali non conosciute) non si può delle infirmità, ne della natura del corpo giudicare, esse concorendo, e consentendo alla creatione compositione, e per∣fettione d'esso.

Page 428

E.

Ma quali sono?

A.

Elementi, temperamenti, humori, membri, facoltà, spirito, ed operatione, che è attion del spirito, ed à quali on nssi l'età, il sesso, la ragin del viuere, e di vitiosamente, ò vir∣tuosamente operare.

E.

Ma qual dimandate Elemento?

A.

Vn corpo semplice, che da per se nulla può generare, ne men nudrire, questi sono fuoco, aere, acqua, eerra, quali ben che sian di natura diuersi, fra di oro be••••ssimo s'accomodano, e scambieuolmente s' abbracciano, & ancor che tutti quat∣tro concorino nella creatione di ctaschedum corpo, nulla dimeno l' huomo partecipa più della terra, & morto, che egli è, ritorna altresi alla terra, e l'elementi ritornano alla lor propria natura.

E.

Dunch, se ben però Filosofo, secotesti principij siano insieme debitamente, e conuenientemente vnits, necessariamente seguita vn buon temperauento, e l' huomo cosi del spirito, come del corpo é ben disposto, e proportionato.

A.

Egli è verissimo, perche se vitiosamente sian detti elemen∣ti insieme mescolati, dindi procede la prima causa d' ogni nostra, chente ella si sia, indispositione.

E.

Ma che appellate temperamento?

A.

Vna commune, e somma corcordia, e consentimento delle sudette prime quattro qualità, che insieme confondendosi, e ciascheduna riducendosi ad vn certo moderame, per il quale si fa la creatione, ed vn certo temperamento, che abbrac∣cia tutta la massa sparsa per ogniparte.

E.

Dunque chiamaremo temperamento quello, nel quale è vna certa mediocrità de contrarij elementi, quale alle cose ani∣mate, & inanimate si conuiene, per la quale ogni cosa viue, si salua, e perseuera bona, e sana nella sua natura, ma dege∣nerando, e discostandosi, e partendosi da cotesta qualit à sime∣tria, e giusta proportione, seguita vn tēperamento intēperato, il che si conosce, più per coniettura, che per veder si presume,

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nulla dimeno si fa per il per il più, e meno, ciòe se abondi più di colera, che di malencolia; men di malencolia, che di flem∣ma, meno della pituita, che del sangue: dunque per ritorna∣re al nostro proposito, li costumi, e simiglianti più tosto pro∣cedan dal temperamento che d' altra ragione. E cio ma∣nifestamente apare, à chiunque varca diuerse Prouincie, Regni, e Paesi tra di lor remoti, che conoscera per la va∣rietà de luogi, de temperamenti, dell' anni, de tempi, dell' elementi, dell' etadi, e qualità della vita seguitar varij costumi,* 1.15 e diuerse perturbationi. Quindi il Filosofo agua∣gliando gli Greci all' Africani, ed à quelli dell' Europa, dimostra gli costumiesser diuersi per la distantia de luogi.

A.

Perciò ancor alcune nationi son dette di natura bellicose, alire effeminate, altre colleriche, altre mansuete, e miti, ciòe timids, altre ingegnose, ed altre di poco, ò nulla di senno.

E.

* 1.16Per tal raggione dicea Galeno tra li Scìti esser stato vn sol Filosofo Anarcarsi dimanato, ma in Atene molti, tra gli Abderiti quasi ogn' vno esser pazzo, o cioco affatto, e per il contrario, pochi in Athene.

A.

* 1.17In conformità di uesto altroue dice il Filosofo, ch' ogni gi∣orno vediamo nel medemo Regno, Ducato, Contado, r∣uincia, nelle Cittadi, Ville, e case anchora, si come varie complessioni a' huomini, cosi varie inclinationi, varij costu∣mi, ò più, ò men cortesi, fedeli, ò infedeli, liberali, ò auari, con∣forme ella varietà delle lor complessioni.

E.

Non volete già, credo, tacitamente inferire, quindi ancor nascere le diuersità di religioni, e culto, il spirito d'vna com∣plessione non potendo eleuarsi alla sottiglieza dell' altra, ne men esserne capace?

A.

* 1.18Non voglio metter la falce in co tal messe: ma diroui bene, al dir del sudetto, ivario e diuerso temperamento esser causa del sangue, d' onde

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inferisce l' animali di poco sangne di lor natura esser timo∣rosi, e per la constitution della lor natura le Pecchie, e le Formiche, si come più dell' altri sanguigne, cosi sono via più prudenti.

E.

* 1.19Il medemo Auttore aliroue afferma esserci in vn certo modo dalla Natura inestati i costumi, di doue si può adag∣giamente preuedere ne fanctuli il seme del lor futuro pro∣cedere, l' attioni, & in partes lor succssi.

A.

Quindi li Lacedemonij, e molti Romani impiegauano ij lor giouenetti à quello, al quale vedeuan naturalmente esser in∣clinati, conoscendo, che aggiutando la natura, ben poteuan in quello riuscire, e difficilmente nel contrario, d'onde dice∣uano;

Nihil inuita facies, dices ue Minerua.

E.

Saggiamente faceuano, essendo che non solamente gli co∣stumi, ma l' ingegno, e la sapientia segue il natural tempe∣ramento,* 1.20 per diceua Aristotile, gli molli di carne, esser di mente eleuata alla contemplatione,* 1.21 e di buon ingegno, ed altroue soggiogne l' attra bile rendere l' huomini eccelentis∣simi nelle scientie.

A.

D più prouiamo con l' età mutarsi il temperamento, e con esso in noi altresi li costumi.

E.

Par in vero, al commun parere delli antichi dal tempera∣mento prouenire li costumi,* 1.22 onde Tullio affermaua l'arte della fisonomia rendersi certa più d' ogni altra diuinatione, perciò Zephiro facea professione dicertamente cenoscere la natura, e li costumi dell' huomini dalla disposition del corpo, dell' occhi, del volto, e della fronte.

A.

[ 27] Et io più tosto dall' occhi, perche al dir san Thomaso, si come tutto il temperamento, complessione, habito, e stato del corpo si contempla nella faccia, cosi tutta la faccia nell' occhio, qualè vn sommario, vn indice, vn catalago di que∣sto picciolo viuerso.

E.

* 1.23Il nostro intento aggiuta altresi il Filosofo, dicendo la nobilità esser virtu del genere, e della schiata, quale

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vien da tutti lodata, e preggiata, ma sarebbe d' esser dispreg∣giata, se gli costumi non seguitassero il temperamento del corpo, essendo sol questo l' vnico fondamento della nobiltà, e con questo sol modo si concatena, & abbraccia la natura, donde i descendenti di quel Heroe si presuman essi ancor esser illustri.

A.

Voi dite il vero, lodandosi li nobili, e gentil' huomini per es∣ser (per causa del dono del temperamente, ò complessione) di lor natura attissimi à lodeuoli, & vrbani costumi,

E.

Si conferma l' istesso con la commune sentenza de dotti, e massime de Stoici, quali tengano non esser in nostro bene∣placito gli primi moti dell'animo, perturbandosi, alterandosi, mouendosi, operando, e procedendo l' huomo per vna certa necessità di natura.

A.

Dunque Galeno, & Hippocrito con giuditio giudicorno li costumi dell' animo seguir la complession dell' huomo, don∣de facean professione d' esser ottimi institutori, e precettori de, costumi, per conoscere, come ottimi medici, il medica∣mento, modo, & arte di viuere necessarie alle nature, con li quali li nostri temperamenti, e vicij loro si poteuan cor∣regere, e rendersi bone constitutioni dell' animo, & atte ad egregij costumi.

E.

[ 28] Per schietamente dirgli il mio intento, sin qui, non solamen∣te ho vdito, ma per vdir quanto potete dire, l' ho aggiuta∣to nella sudetta Galenista opinione, ma hora narrargli vo∣glio, se gli piace, in cio il mio parere.

A.

Che noua politia è questa? voi sete Guelfo, e vi mostrate d' esser Gibilino? spirate freddo, è caldo: Iddio c' aiuti.

E.

Non vi marauigliate, per non esser questo, vn mutare, ma vn secondar i venti, temporegiar ne casi, e per ciuiltà non contradir à chi si ama.

A.

Tutto aggradisco, e si come fomentato hauete il mio parere, cosi farò il suo.

Page 436

E.

Quelli che han abbracciatila suderta opinione, negar non si può (con vostra soportatione) come molte altre, hauer diffesi vna gran follia, volendo l'istessi l'anima essertemperamento, è nascere dal natural temperamento, donde fra amendue es∣serui vna indissolubile vnione, ma coroito il temperamen∣to nelle parti principali, dissoluer si il corpo, e l' anima, che d'esso si forma, & esso suauendo, essa suauire ancora.

A.

Si come falso è il fondamento, sopra quale cotal capricio si fonda, altresi essa è falsa. Olira di ciò consideriamo la natu∣ra, e la conditione de costumi, chiamandosi costumi, per non prouenir essi dalla natura, ma per l' vsanza, e consue∣tudine, nella quale col tempo, e con continui atti acostumato s'è l' huomo, donde seguita, chese detti costumi seguitassero il temperamento, non per costume, ma per natura si conue∣reban, come anco conuengan l'altre cose, che seguano il tem∣peramento.

E.

Di ciò non dubito, perche dando la forma, viene ancor à dar tutto ciò, che la forma segue, e cosi li costumi non sari∣an costumi.

A.

Perisperienza ancor il sudetto si proua, vedendo noi, che so∣uente la ragione predomina il temperamento, come prouia∣mo in quelli virtuosi, quali essendo di natura lussuriosi, nulla dimeno, ò per vertù, ò per viuer più longamente (Anima∣lia enim quae crebrius coeunt, citius pereunt) consuman∣dosi peril tropo coito l' humor radicale, ò per auaritia, ò per non hauer con chi, si conseruan casti.

E.

Altre ragioni, per mia maggior quiete, e breuità, tacendo, l' istesso si proua col essempio d' Isocrate, di Stilpone Me∣garense adotto da Alessandro, Aphosino, e Cicerone, che quelle virtù essi ottenuti non haurebban, se gli costumi pro∣uenessero dalla natura, e se il temperamento fosse quello, che ciregolasse.

A.

Questo medemo parmi dimostrarel'esperientia, e prattica del∣la legge in tutta l'Europa, ed altroue ancora, essendo che (al dir

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del diuin Filosofo) quando si vede alcuno esser incorigibile, ed aguisa di infistolita vulcera insanibile, come indegno di vita, ad essempio dell' altri, per sentenza del Magistrato vien condenato à morte.

E.

Galeno fauttore della contraria parte, ancor esortò l' istesso douersi asseguire, per refrenar la rapace, e diabolica Chiur∣ma, ed ogni altra natura peruersa, e se altrimente fosse di quello, che si è detto, non l'huomo, ma la natura farebbe di mistier corregere: à che fine, à che proposito pensate, che Dio nella sua legge prometesse premio à buoni, e pena à cattiui, se l' huomo non hauesse habilità d' operare liberamente?

A.

* 1.24Ed io per mottegiar come voi fate, diroui parimente à que∣sto risponder Galeno, che noi amiamo i buoni, & odiamo i cattiui, questi occidiamo, l' altri conseruiamo, non perche cotesti pecchino, e l' altri sian virtuosi di sua elettione, ma douendosi naturalmente amare, & conseruare il buono, e leuare, e se si può, annular i cattiui, quindi occidiamo le vi∣pere, Scorpioni, e falangi, qualida se tali non sono, ma dal∣la natura fatti, & Iddio istesso amiamo, ò debbiamo amare, nulla dimeno egli mai nacque buono, essendo bono ab aeterno, e non da se stesso, ne per sua elettione.

E.

Sapiate signor mio, che Galeno intento à medicar i corpi affatto affatto era cieco nelle cose apartinenti all'anime.

A.

[ 30] Oltra di cio parmi douersi considerare, che altro è parlar del bene, altro del male dell' animo, e de costumi, altro de l bene, e del male dellanatura.

E.

Li costumi si dimandan nostri boni, ò mali che siano, proce∣dendo dalla nostra volontà, & elettione, ma altrimente se∣gue da quelle cose, che procedan dalla natura, perciò ingiusta è la sudetta comparation dell' animo col veneno delle vi∣pere, e fimiglianti, essendo il veneno malo della natura, non peró assolutamente malo, ma per esser à noi contrario, quindi occidiamo le Vipere,* 1.25 non perche cattiue, ma per∣che nociue, e dicendo la Legge: Vim vi repellere

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licet: li nostri inimici occidiamo, non potendo noi altrimente saluarci, donde legitmamente à lor leuian la vita, non per occiderli, ma per diffender noi medemi, e nell' atto dell' occi∣derli,* 1.26 non habbiam intento d'occiderli, ma di saluarci.

A.

[ 31] Di più le leggi solamente giudi cano di quei casi, che aparten∣gan à costumi, il che fanno per giudicar quello, che è in no∣stro potere, ma non giudicano quei casi, che dependano da quelle cose, che apartengano alla natura.

E.

Ne parimente vediamo biasimare, come vitiosi li bianchi o neri, ó brutti, ò ciechi, ò gobbi, ò stropiati di naturà, cioe che cosi sian nati, quantuche (come dalla natura, e da Dio segnati) sian più vitiosi.

A.

Ne anco le leggi prohibiscan, che siano tali, ma li vitiosi, li scostumati riprendiamo, correggiamo, e castigiamo, per esser tali, non per natura, ma per lor volere.

E.

Ma che diremo à quello, che dice Galeno intorno alla di∣uina bonta?

A.

[ 32] Tutte le cose, che assolutamente dimostran perfetione in noi, sono più che in superlatiuo grado in esso Dio, quind parte per questo, parte ancor, per che da esso scaturisce, depende, e procede come da vnico, e viuo fonte, thesor, e mina, ogni nostro bene, che egli si sia, però ragioneuolmente solo degno è d'ogni honore, e finalmente non dependendo egli da nium altro, ma quanto ei ha, non ha da altra causa, ò ragione, ma ha da se stesso, per ottimo, e massimo d'ogn'vno in ogniluogho è celebrato, e solo detto immortale.

E.

Ma che risponderete all' altra ragione adotta, ciòe che l'huo∣mo cattiuo per esser indegno di vita, à morte vien cōdennato, per conseruar li boni, e per essempio, e sperone de cattiui?

A.

[ 33] Dicendo con Hipocrato, Galeno l'anima altro non esser, che vn temperamento, e per il temperamento, e dal tempera∣mento necessariamente nascer, et proceder il costume, & altri somiglianti, et il suo contrario, ciòe la barbara

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rozezza, inciuiltà, bestialità, chiaramente apare per la morte, non potersi mutar il temperamento, ò complessione dell'animo, e secondo li sudetti auttori generandosi l'anima dal temperamento, et niente altro essendo, che vn tempera∣mento, alla perfettione diessa conuerebbansol quelle cose, che conuengan al temperamento, ma la morte totalmente annulla il temperamento, d'onde appare, l'errore e la lorfalsia.

E.

Dice di più l'istesso Galeno la forza del desiderio, non obe∣dire alla ragione, ma la virtù dell' adirarsi esser gli soggetta.

A.

Come insieme può star tal varietade, se amendune concoran à far il temperamento, e la complessione?

E.

[ 34] Alcuni giudican, che quelli, che seguan tal opinione, e lieuan all'huomo il libero arbitrio, cōfondan se medemi, distrugan le leggi, sbandiscan le virtudi, gettan à terra le discipline, ani∣chilano le forze dell vsanza, sterpano la cōtinenza, espegnano la giustitia, somerghano l'vso del premio, e sopiscano la pena, con altri infiniti inconuenienti, che per breuit à tralascio, ma in ciò io non mi intrico, ma lascio la cura alla chiesa.

A.

[ 35] Parmi per certo tal Galenista opinione non meno dannabi∣le, che quell' altra de Stoici, che i pensieri, l'attioni, i costumi, & altri infiniti vogliano proceder dalfato.

E.

Che, da quella immutabile dispositione delle cose mutabili, ò diuina sentenza, per mezzo della quale ogni cosa con ordine, e con necessità ineuitabile son prodotte, ò come dicea Plu∣tarco,* 1.27 da quella ragione sempiterna, e quella eterna legge vniuersale, ò come Hermete da quella vnione delle cose, quale à ciascheduno al destinato tempo quanto dal decreto diuino ab aeterno fu ordinato, distribuisse?

A.

Di quella io intendo.

E.

Cotesta altresi chiaramente apare solamente osseruar il no∣me, ed il titolo del libero arbitrio, atterrando affatto la na∣tura, la vera, e natia sua conditione, il che per non inquie∣tar me stesso, ne molestar altri, á parte lascio.

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A.

[ 36] Ma parmi non solamente li sudetti, ma ancor li Astro∣lighi hauer errato, volendo dal flusso delle Stelle, e dalla re∣uolution de cieli proceder le nostre attioni, costumi, bona, ò rea fortuna.

E.

Non vi ricordate, che altre volte io vi dissi, che li più dotti, delli altri via più son pazzi? e più souente non pazzi seiochi, ma vitiosi pazzi?

A.

Cosi non fosse, come egli è pur tropo il vero.

E.

Con tutto questo pero, che sin qui habbian discorso, non à pieno mi vien negato, che li costumi non procedan dalla na∣tura, ne apertamente dimostrato, che ciaschedun non pro∣ceda conforme alla sua complessione.

A.

Acciò che lei si achetti, passerò più inanti, ma col suo a∣iuto.

E.

Quantunque gran pezza sia, che più non studi, è dopó le spalle scioccamente habbi getato ogni mia quiete, donde fa∣uellando mi conuien sol quel poco produre, che nelli teneri anni io raccolsi, chente egli sisia, e quanto mi socorre, ne ha∣uerete parte.

A.

Debbiamo auertire li costumi, non assolutamente esser per∣turbationi, ma perturbationi rettamente fatte, ò formate, ò più tosto certi modi d' esse, di più sappiate, questo nome co∣stume pigliarsi in due modi, ciòe, ò per costume interno, ò per l' esterno, che in parte dall' interno procede, onde il Sa∣uio:* 1.28 Gressus hominis nunciant de eo.

E.

Ma qual appellate costume esterno?

A.

Ʋna attione, che come effetto, è prodotta dalla causa inter∣na; & tal esterno è manifesto inditio del costume interno, si come il fumo delfoco.

E.

Ma di quante spetie giudicaremo noi, che egli sia?

A.

Di due, vna dalla natiuit à procede, l' altro col tempo s' ac∣quista, se dal nascimento scaturisce, può à tutti conueni∣re, & esser commune al genere humano, si come tutto

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è di ragione dottato; ò è solo di qualche natione, ouero di qualche huomo, ò huomini particolari.

E.

* 1.29L'istesso dice il Filosofo: Singulis mores quosdam per naturam competere, e Seneca afferma l'istesso.

A.

Ma il costume, che col progresso di tempo s' acquista, ò che è di poco momento, e breue tempo, e lo chiameremo vna cer∣ta dispositione; ò che egli constantemente perseuera, et tale sarà habito, che più propriamente si dimanda costume, ed Aristotile dicendo li costumi acquistarsi col vso, di tali fa∣uella.

E.

Ma qui bate il punto, giudicaremo tali costumi seguir la complessione, ò temperamento?

A.

Per satisfar in parte al mio desio, qual altro oggetto non mi∣ra, che satisfar al suo; virispondo il costume, ò altra attion humana in tre maniere seguir il temperamento, o come causa equale, ò non equale, ò simile, ma più eccelente, ò finalmen∣te come suo mezzo, ed instromento.

E.

Ma se noi parliamo della facilità, et inclinatione ad essi?

A.

Senza dubio veruno l'inclinatione de costumi segue il tem∣peramento, e con la sua mutatione, come chiaramente vedi∣amo nelle etadi, e nelle nationi essi ancor variano, quindi saggiamente dicea Hipocrate, e Galeno il digiuno, e l'asti∣nenza molto esser vtile per reformar li costumi.

E.

La cotidiana esperientia il prova, vedendosi quelli, che son mal eleuati, però mal creati, cola crapula, e riempimento ne lor gesti, atti, parolle e procedere diuentar tanto insolenti, e petulanti, che non solamente la forma perdan di Christiano, ma tramutandosi peggio che in brutti, diuentan come furie infernali: ma che direte se noi propriamente parliamo de co∣stumi?

A.

Eglino non seguan il temperamento, ne ciò gli con∣uien per natura, ma è in nostro potere, e per vsan∣za, e consuetudine s' acquista, quindi si dice il

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costume à ciascheduno esser demonio, e la cousuetudine vna altra natura.

E.

Egli è pero'd auertire, che quantunque li costumi propriamente come costumi, non necessariamente seguano il temperamento, nulla di meno l'huomini spesse fiate il seguano, viuendo eglino al più delle volte, secondo che dalla natura lor sono impiegati, il che di conti∣nuo vediamo osseruarsi nella moltitudine della scostumata, & in∣solente plebe.

A.

Ma quelche è più, l'istesso, e souente più che l'istesso, & altre volte poco meno miriamo in alcuni, che sol han divertù il vantarsi d'esser ben nati, e di sangue gentile, quali pur dicessimo, hauer il lor temperamento fauoreuole alla ciuiltà; e per il contrario prat∣tichiamo molti di bassa conditione nati, esser molto ciuili, nel lor proceder assai prudenti, et in ogni giesto, et attione pieni d'vrba∣nità.

E.

[ 37] Essendo l'huomo di sua natura ragioneuole, seguendo la sua natura, segue essa ragione, quale ò più, ò meno lo impiega alla virtù, & osseruando li buoni, ne caua essempio di rifor∣marsi, e csi a buoni costumi egli s' inuia: ma dall' altra par∣te ancor par, che comencia dopo l' vso della ragione, viuere secondo la vita del senso, conseruandesi con la medema, ne senza l'istessa potendo viuere, ne far cosa alcuna, via più re∣sta impigato à viuer secondo il senso, qual inuitandolo al be∣ne, e'd al bene delsuo grado, ciòe al ben del corpo, e più spesse fiate à cose, che sol hanno aparenza di bene, come di piaceri con suci anessi, e conessi, quali sono quasi infiniti, quindi vi∣ensi il misero a disuiare dal vero bene, al quale, la mente di sua natura l'inalza, e l'inuita: però vediamo l'huomo di sua natura per ogni suo grado desiderar, e ricercar il bene, ma per l'vnione delli due gradi, ciòe del senso, et della mente, accidentalmente vno leuandolo dal vero bene, quindi di∣cesi l' huomo naturalmente esser più al vitio, che alla virtù impiegato, qual inchinatione, ò iega, è corru∣tella, ignorantemente di proprio voler seguendo, segue,

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et si da in preda ad ogni male donde restaseruo del peccato, e reo di morte.

A.

Dunque seguendo il senso, e ricalcitrando alla ragione, e signoreggiando la sensitiua l'intellettiua, resta l'hucmo d'ogni virtù disarmato, di buone opre nudo, di lodeuoli costumi suestito, d'ogni buona qualità spellato, senza forma dell'amor fraterno, resta come vn monstro infernale, priuo d'ogni bonò costume, e senza alcuna vera vrbanità, & in ognicsa, non solamente imperfetto, ma più che vitioso apare, e non come figlio di Dio si scopre, ma come vero herede deli'inferno.

E.

Tal che volete dire, che Dio lo fece huomo, ed egli si fa be∣stia, il padre lo creò gentilhuomo, ed egli si fa mecanico, la schiata lo fece nobile, ed egli si rende ignobile, e per il con∣trario il plebeo con le virtù, e boni costumi si fa lodeuole, e si dispone à maggior stato.

A.

Tutta via quelli, che talison per inclinatione di natura, s'egli∣no saran ben eleuati, auerrà altrimente, che cosi amaestrati, e fatti ragioneuoli, e più sauij, pono superar i cieli, signore∣giar le stelle, e correger lor stessi.

E.

Nulla dimeno più adaggiamente ciò pule ottenere, se la na∣tura l' aiuti, e fauorisca; et il proprio composito l'impieghi, più che se glisara repugnante.

A.

[ 38] Cotesto io confermo, ma con questo auertimento, che se li co∣stumi seguan il temperamento, non lo seguano come causa a∣degata, ed guale, conuenendo altresi il temperamento alle piante, ed à metalli, à queli però non conuengan li costumi, ne come causa propria, essendo, che quello il quale è vitale, sifinisce, e si rende perfetto con la cognitione, come sono li co∣stumi.

E.

Quindi gli primi costumi, e le inclinationi ad essi, non se∣guan il temperamento, come causa principale, ma molto me∣no principale ordinata per seruir all'anima, quale seguita co∣me principale materia, sperone, & instromento, ma il giuditio di sensi, e la virtù imaginatiua saran come causa lor princi∣pale.

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A.

[ 39] Euui vn altra auertenza, che quelle cose, che seguan il tem∣peramento, sono di due sorti, alcune cosi necessariamente il seguan, che non si possam, corregere, come li sapori, odori, co∣lori, è simiglianti, quali seguan il temperamento, come cau∣sa principale, et adeguata, alte il seguano non cosi necessa∣riamente, ma sono di tal natura, che col studio, e l'sercitio, e l'vso si può corregere, e dital spetie sono le perturbationi, eli costumi.

E.

Egli è verisimile essendo, che la ragione della varietà tra loro prouene, perche esse ricchiedan cognitione, & in parte ad essa sisottopongano.

A.

[ 40] Non dimeno, se consideriao le perturbationi dell' animo, ritroueremo alcune d' esse necessariamente seguir qualche temperamento, come la pazzia, et il furore, essendo tali cosi vehementi, che non solo corregger, non si posson con la ragio∣ne, ma anco sotto metano l'vso suo, quindi li pazzi non sono soggetti alle pene leggali, non essendo in facultà del patiente il regolarsi, donde, ne di legge, ne d'ammonitione han di bi∣sogno, ma dell'Eleboro, ne tali (essendo non solamente per∣turbationi, ma più tosto infirmitàdi, che acciecan le parti superiori) si pono con vna bona disciplina, ne meno con bona educatione corregersi, ne emendarsi.

E.

Quindi dunque seguit à l' affettioni dell'animo più seguir il temperamento nelle bestie, ó nell'huomini à lor simili, ciòe di ragione incapaci, che nelli saggij, che si seruan delli doni della ragione.

A.

[ 41] Anzi non essendo le bestie soggette à ragione, ne à disci∣plina alcuna, totalmente seguan il temperamento, ma nelli animali, che correger si pono, e che sono di ammaestramento capaci, come li cani, vccelli, & altrisi puon mutar in parte, il che però si fa per mezzo della ragìone altrui.

E.

Si ma l'huomo si correge, & amaestra, se egli vuole, con ragion propria, e li animali per ragion dell'huomo.

A.

Ma hauete mai osseruato à cōfusione dell'huomo, spesso aue∣nire, che ei col suo dono ammaestra vccelli, e disciplina l'ani∣mali, ed egli istesso, mai resta ammaestrato, ne costumato, an∣zi sempre cresce via più dissoluto, come animalaccio?

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E.

Più di mille fiate, e nulla dimeno per causa della ragione, li costumi propriamente conuenghan all'huomo, perche se veri costumi sono, non sono dalla ragione separati, ma da essa pro∣cedan, come da suo proprio fonte.

A.

Ma che direte de primi ti, e costumi dell' amore, e d'altri, sono eglino forsi in nostro potere?

E.

[ 42] Essendo, che la ragion souertano, par che non sian in nostra facolià: pur io credo, che in parte siano nella nostro mano, perche l'huomini con li costumi, creanze, disciplina, & edu∣catione potrian disporsi, vsarsi, & habituarsi in tal virtù, che oltra il douere, tali passioni non regnarebbano, ne predo∣minarebbano in noi, ne eccederebbani termini della ragione, no corromperebbeno i buoni castumi, l'honesto, & honorato procedere, benche li Stoici sciocamente habbino tenuto il contrario.

A.

[ 43] Ma di nouo dubito, come sia vero, quanto s' è detto dispra, il temperamento esser instromento delle perturbationi e de costumi, essendo che dalla varietà dell' instrumenti non si muta l'instituto; ne il consiglio dell'artefici, ma dalla din∣stintione de temperamenti, segue vna varia inchinatione, & vn vario desio dell' animo, ò perturbatione.

E.

Li temperamenti non sono instrumenti materiali, come quelli dell'arte, ma sono instromenti con qualche ragione, d'onde vengano ad esser stimoli, eccitamenti, esperoni delle pertur∣baioni, essendo parte di colui, che viue, ma non separata da esso viuente, come sono l'instromenti dell'arti, d'onde à di∣uersis non fit illatio, non si fa buona consequenza da cose diuerse.

A.

[ 44] Dunque conchiuderemo, performar, e riformar li costumi d'vn huomo (sia egli barbaro, rozzo, ciuile, ò politico) l'in∣flusso dicieli, e delle stelle, come cause communi, il fatal de∣stino, per esser l'estesso con la natura, e solamente da essa distinto per la ragione, che per la naturaformano, e com∣pongano in varij modi otesto organico corpo, & il tempera∣mento come materia, eccitamento, ed instrumento, agiutarlo.

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E.

Egli è verò, perche essendo impiegati, e dalla natura aggiu∣tati,* 1.30 han maggior forza à felicemente ottenerli, onde Aisto∣tile diceua l'huomini esser buoni per dono della natura, per virtù della ragione, e per l'vsanza.

A.

Ma come puó star questo, essendo tutti l'huomini della me∣dema massa, e delle medeme facoltà dotati dalla natura?

E.

Tutte le pietre, l'arbori, et animali sono della istessa mate∣ria della lor speti, non dimeno per esser differenti nel tempe∣ramento, diuerse foglie, varij fiori, differenti frutti, e par∣ticulari virtù hanno, non altrimente l'huomo per la diuersi∣tà del temperamento, e constitution del corpo, alcuni più al∣le virtudi, altri più alli vitij sono impiegati, quindi altri ve∣diamo via più edaci, altri più miccidiali, altri più venerei, con simiglianti; per il contrario altri più inclinati alla giu∣stitia, temperanza, fortezza, creanze, costumi, ed altre lodeuoli attioni.

A.

Del medemo parere son ancor io, non dimeno cotesto nostro temperaento, et ogni nostro dono per il dono della libertà di volere, ciò che noi vogliamo, si può impiegare à diuersi fi∣ni, e per essi si può eccitare ad operare.

E.

Ʋoi dite il vero, onde circa al nostro proposito (se però non ho nel giudicar, errato) parmi ne miei peregrinagij hauer osseruato, altri esser ben accostumati, creati, ciuili, e nelle lor politi che attioni quasi compiti, per lor natural cortesia, altri per religione, altri per pompa, altri per affettione, atri per esser stati cosi eleuati, altri per otio, altri per acquistar credito, e lode, altri per esser tenuti, e dar ad intendere, più spesso per ambitione d'honore, è riuerenza, et altri final∣mente per acquistar amici.

A.

[ 45] Ma come per nathia cortesia?

E.

Che (come leggiamo nelle vite dell' imperatori, e nell' historie d' altri eccelenti, è rari huomini) molti son stati di natura trattabile, amabile, vrbana, e tutta ciuile, che ancor in molti cittini, e citelle vediam, il che

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può, esser per hauer eglino il spirito più purificato.

A.

Non mi par ragion fuor di proposito, perche douendosi il cur nudrir di sangue, primo nel suo destro ventricolo l'as∣soglia, e lo fa liquido, a' oi lo manda alla buca dimezzo, doue lo cuoce, digerisce, distilla, e purifica, da poi (come otti∣mo Alchimista, traghetalo nel sinistro ventricolo, doue di cosi puro, come è, ne lo sublima, e conuerte in spirito, il qual ai certo, e via più chiaro, sottile, e puro di qual si vo∣glia corpo, che possan far l' element, donde (secondo alcuni) ne nasce la ragione, quale maggior lume possiede, come maggior è la purificatione, & eccelentia del sudetto sangue, qual si presume assai ben perfettionato nelle sudete ciuili, è cortese nature.

E.

Ma quali giudicarete esser ben creati per la religione?

A.

Per osseruanza, come gia dissi, del diuin precetto, che con∣templando nella creatura il Creatore, non lo può se non a∣mare, rispettare, & honorare, anzi transformarsi in esso, come fa vn diligente, e fedel seruo nell'osseruar con ogni di∣ligenza, & ogni affetto le vesti del suo Parone, per il con∣trario il transcurato & infedele, voltate che li ha le spalle il suo Patrone, non solamente non le preggia, ma le vilipen∣de, e conculca, e se con frude può, più volentieri le rubba.

E.

Ma come diresti voi, vn esser per pompa accostumato?

A

Non lo sapete? varcate il mondo, visitate le corti d' Europa, mirate li Prencipi, attendete li personaggi, meditate li gran Signori, e vi amaestraran benissimo.

E.

Oh, oh, hora vi intendo. Ma come pr affettione?

A.

Può auenire per benefitij preceduti, ò che si speran, e simi∣glianti mezzi, ò per longa amista, ma pi souente per sim∣pathi.

E.

Ma come per esser stati cosi aleuati, difficilmente potendosi riformar vna rea natura?

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A.

La vita dell' huomo nelle cose polituhe, è aguisa del Ipsi∣lonne greco, che prima che sia di ragion capace, nulla può operare, ne pecca, ne demerita, ma venendo all' vso della ragione, si può impiegare alla destra, ò alla sinistra mano; però essendo in nostro potere il principio, cosi del mle, come del bene, comenciando l'huomo da fanciulo esser indrizzato alle virtù, & esser virtuoso, non si guastarebbe il giudiio, qual guastandosi per nostra colpa, chi fa male degno non è di perdono, ne men di scusa.

E.

Ma come per otio?

A.

Perche essendo molti veri ritratti dell' otio, e del tutto priui d' essercitij d' ogni vera virtù, di cui, è proprio, operare: tali, come rispose Thessalia, sono i piu ciuili, che si ritroua∣no, tutto il lor studio, parte com Filomelle per compiacere alle donne, che speialmente di ciò scioccamente si pascano, parte per adescar l' occhi, e rubar l' ingegno d' ogn' vno, acciò che altro non miran, ne ammirrin, se non d' essi, come cose vniche al mondo, il remanente del tempo, passan con vn delicato sapor di cerimonie, compimenti, de quali essi si nudriscan, e se ne gloriano, come a'vna delle più illustri cose di Roma trionfante.

E.

Ma come per acquistar credito, ò lode?

A.

Acciò vsando eglino vrbani, ciuili, e bei costumi, appresso l' huomiui acquistan nome, e credito d'esser più a' ogni altro politico, ciuile, e gentil' huomo compito, giudicandosi hoggi∣di, quasi in ogni stato, la perfettione consister sol nel esterno.

E.

Come intenderete per esser tenuto?

A.

Huomo di giuditio qual si sa accomodar con tutti, ben trattar con qual si voglia, dar satisfattion à ciascheduno, conforme al stato loro, temporeggiar in qual si voglia cosa, e caso, e con vna sottile sagace, e furbesca prudenza humana acquistarsi fama d' esser vn gazzofilatio di sapientia, e conse∣quentemente degno d' ogni gran maneggio, e meritar qual si voglia preminenza, e grado, e dignitade, e se possibil fosse,

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come vn altro Cesar, non però in opre, ma sol in in tiri, e presontione, adornarsi di titolo d' vn Dittator perpetuo.

E.

Iscusatemi, questa mi pare la quinta essentia d'ogni forbaria mondana.

A.

Chi ne dubita? abagliando l' occhi delle nottule, souente sormontan ogni altro in honore apresso il mondo, che d' in∣ganni sol si nudrisce, ma spesse accade, che entrano come Volpi, regnano come Lupi, e se ne partano come Cani. Tut∣ta via sia come si voglia, negar non si può tali hauer la lor natura, le stelle, ed il composito fauoreuole.

E.

Ma come esporremo per dar ad intendere?

A.

Ciòe per ingannare, come per dissimular vna ira, odio, & ini∣micitia, e desiderio di vendetta, col aparenza di mille atti estrnsechi di cortesia, & hipocrità ciuiltà ne gesti, e nelle parolle, cosi celando il pestifero veneno nel cuor rinchiuso, che luogho sol, e tempo aspetta perfar vendetta, qual sono veri discepuli del traditor discepolo; del quale è scritto, os∣culo hominis filium tradis: e se pur non espressamente, al∣men tacitamente lo tradiscano, cercandogli con ogni mali∣tioso artificio di leuarli la fama, & il credito: con ogni possi∣bil mezzo di troncargli ogni suo disegno: d' incrociare og∣ni suo importante affare, & ad essempio de cortegiani d'Eu∣ropa, co la sua esaltatione, fabricargli vna perpetua rouina.

E.

Come intenderò, per esser riuerito?

A.

Facendo honore ad altri per esser honorato, e riuerito, quale in vero è gran politia; non solamente mostrando d' amare, ma ancor temendo il popolo quello, il quale vede d' ogn'vn esser stimato, donde pochi ardiscano di fargli torto, ne in qual si voglia modo prouocarlo; al qual stato l'huomo peruiene col vlore, benefitij, & col rispettar ogn' vno conforme al stato, il che è più facile, come l' altro non è sempre in nostro po∣tere.

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E.

Ma come per moltiplicar amici?

A.

Perche l' huomo come letame coperto di neue, cotanto è peruerso, che sol si ciba di fruda, Obsequium amicos, veri∣tas odium parit: bisogna, che con false lodi lo lusinghi, con mellate parolle, ul' imbalsami, con finte crimorie tu lo a∣lacci, altrmente mai acquisterai il suo cuore, ne mai sarai delli suoi inmi: Mendo scelerato chi ti fece?

E.

Quentunque l' huomo disciocco, spsso si facci indouino, e nel giudicar male piu souente s' accoglia il vero, nula dime∣no, se giudicar vogliamo, giudichian not stessi, che metten∣dosi la mano in senno, la cauaren tutta leprosa.

A

Lasciamo, per cortesia, cotesto, per antipasto à semplici.

E.

Iscusatemi signore, che la humana mente è cosi nobile, che nell' istsso momento può intendere à diuersi oggetti senza leuarsi dal più perfetto scopo.

A.

Talche volete inferire, che vno potrà esser ciuile, costumato, e tutto politico principalmente per osseruar il diuin precetto in amar il prossimo, secondamente per secondar il mondo, nel quale Iddio di carne l' ha creato, e volendo conuersar, e vi∣uere tra li altri, gli è di mistieri con nociue cose cibar gli guasti, & infermi palati.

E.

Voi dite il vero, perche bisogna, ò morir al mondo, ò viuen∣do nel mondo, esser mondano, altrimente il mondo come suo capital nimico lo perseguitera sino alle ceneri.

A.

Di natura tutti siamo auidi, via più, che non si deueria, d' honore, quindi più amano l' orecchie nostre le melodie delle parolle, che si laudano, che qual si voglia altro soauissimo canto, ò suono; e però spesso, come voci di Sirene, sono causa di sommergere, chi à tal fallace harmonia bene non se l' ot∣tura, qual pericolo conoscendo l' antiqui sapienti, han scritto il modo, con quale l'huomo possa conoscere il vero amico dull' adulatore: ma pur cotesto nulla gioua, ritrouandosi inf iti, che chiaramēte discernano esser adulat, nulla dimeno amano,

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& gradisean l'adulatori, & con odio eccessiuo perseguitan chi lor dice il vero: e quelche sopramona ogni pazzia mondana, souente parendogli, che, chi li lauda, sia troppo parco, ristretto, e sugellato nel dire, essi medesimi l' aiuta∣no, e di se stessi dicano tali cose, che l' impudentissimo adu∣latore di dirle s'arrossa.

E.

Lasciamo, ch' ogn' vno nel proprio errore, se non sommerso, almen resta confuso.

A.

Ilsaggio, e giuditioso di leggieri conoscera dal nerro il bian∣co, ne per false cerimonie vsate, si presumera di se stesso, se non quanto ben chiaramente discernera esser vero.

E.

Ma con licenza Signore, io vado, ed à lei hora ritorno,

A.

Con mille auttorità.

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