The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...

About this Item

Title
The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ...
Author
Benvenuto, Italian.
Publication
London :: Printed by T[homas] S[nodham] for Iohn Stepneth, and are to be solde at his shop at the west-end of Paules Church,
1612.
Rights/Permissions

To the extent possible under law, the Text Creation Partnership has waived all copyright and related or neighboring rights to this keyboarded and encoded edition of the work described above, according to the terms of the CC0 1.0 Public Domain Dedication (http://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/). This waiver does not extend to any page images or other supplementary files associated with this work, which may be protected by copyright or other license restrictions. Please go to http://www.textcreationpartnership.org/ for more information.

Subject terms
Italian language -- Conversation and phrase books -- English.
Link to this Item
http://name.umdl.umich.edu/A08653.0001.001
Cite this Item
"The passenger: of Beneuento Italian, professour of his natiue tongue, for these nine yeeres in London. Diuided into two parts, containing seauen exquisite dialogues in Italian and English: the contents whereof you shall finde in the end of the booke. To the illustrious and renowmed Prince Henry ..." In the digital collection Early English Books Online. https://name.umdl.umich.edu/A08653.0001.001. University of Michigan Library Digital Collections. Accessed June 25, 2025.

Pages

DIALOGO I. In cui, con varij sententiosi, e piaceuoli motti, s'usan le Phrasi per entrar in casa, arredarsi nella Mane, e spetialmente si fauella del Veg∣liare, Dormire, Sogni, Otio, Otiosi, e col Petrarca si conchiude La Gola e'l Sonno, &c.

Pompilio.

ODi casa?

M.

Chi bussa alla porta?

P.

Amici.

M.

Amici non van di notte.

P.

Moccicone, e arzigogolo, che arzigogheleric vat tu arzigogo∣lando?

M.

Che dimandate cosi per tempo?

P.

Ʋoglio fauellar co'l tuo Padrone.

M.

Quattro giornisono, ch'egli ando a la villa.

Page 4

P.

Io lo viddi hiersera.

M.

Hor m'ammento, ei è ritornato, ma hora dorme.

P.

Dorma aguisa de Bombici, egli è di mestieri, che seco parli.

M.

A buon intenditore poche parolle bastano▪, per hora voi non potete.

P.

Non mi conosci? che boscareccie cerimonie son coteste?

M.

Sete voi padrone mio? iscusátèmi, hor v'nirometto.

P.

Bisogna diuentar Comico, ó Satirico per farti aprire.

M.

In vero non l'hauea conosciuto.

P.

Coteste son Aretinesche iscuse, come ben sai l'amaro condir co'l dolce, e di rozzo diuenir ciuile?

M.

Bisogna seruire a l'occasioni, e al tempo.

P.

Dir, e finger tu puoi, et io creder quanto mi piace, ma non essendo tu aliro, che froda, quanto piu dissimuli, via men ti credo.

M.

Io fauello di cuore.

P.

Ne'l uento delle parolle, mai fatti, & ancor le parolle osseruo.

M.

Credetemi signore, che l'hauea pigliato in fallo, e pareami di notte.

P.

Tu ti fai cugino d'uncerto, à cui dicendo il padrone, che vedesse, che tempo fosse, essendo egli, forsi come tu sei, addormentato, ò stordito da bacco, pensando di porre il capo fuori della fenestra, cacci-lo in vn grand'armaio, e riuersioss sopra la testa vn'orna d'oglio: ritornando also padrone, dissegli, signore dormire cheto, che tempo opportuno è di far bambolini, oscuro come le fauci d'un Lupo, e desperatamente pioue.

M.

O'che sciocco, pur alli piu sauij souente cadan le brache: ancor io dormeuo.

P.

Dormeui tu giornione, quando garreui ali'uscio?

M.

S'to non dormeua, almen non era ancor ben desto.

P.

Confessa il vro, voi seruidori nell'iscusar l'errori, sete aguisa d'un vcellaccio colto co'l veschio, ò preso alla rete, che quanto piu si scuote, via piu 'impania, e molto piu s'intrica.

Page 6

M.

Che altro farà vn seruidore non men diroba, che pouero di vertu, e d'ingegno?

P.

* 1.1Se tu ti conosci, badalone, ch'aspetti? la tarda penitenza mlti ha ingannata.

M.

Deh padrone mio, vero è'l prouerbio: Ch'alri cangian il pelo an∣zi ch'l vezzo:* 1.2 e'l Lupo il manto, ma non il vitio muta; noi serui∣dori, quali nasciamo, tali muoiamo ancora.

P.

Horsu 'ammenti? voglio ragiònar co'l tuo padrone:

M.

In vero non ardisco, di molestarlo.

P.

Tu mi diceui, ch'egli era ito nel contado.

M.

Non mi credesti? e quante fiate ho dato fede à vostri fanti nell'u∣sarmi l'istesso tiro?

P.

Non sappeuo d'esser cotanto tuo famigliare: questo mi basta.

M.

Chi commesso ha maggior errore, ó VS. in non manifestarsi, ò io in non aprire à chi non vedeuo, ne conosceuo?

P.

Non piu parolle; andiansene, ma prima dimi; è egli solo, ò acco∣piato?

M.

Iddio ci perdoni, ei non puote patire, che nella camèra, non che nel letto, entri alcuna femina.

P.

Oh, oh; ne anco la Simia voleua cires; e l'Orso melle; ne men Madona Pipa, che'l drudo li m••••esse la man sopra la Ci∣tàra.

M.

Fin ch'alro non vedo, non mutero concetto.

P.

Ispeditione; dopo che tu non osi, lascia la cura à me, lo destaro ben io. O la Signor mio, che vna nobilissima creatura, qual è Phuomo, sol perle vertu creata, ancora dorme?

A.

Chi è costi? chi sete uoi?

P.

Chi son io? piu osto chisete voi, che fa chiara la notte; e oscuro il giorno?

A.

Che voce è cotesta?

P.

Dubitò, siate vno di sette dormacchioni, ó della spetie del Ghiro, ó sanacchioso Tasso.

A.

Parmi, piu tosto, che voi dormiate, dalla forma non discernendo la spetie.

P.

Dormir non si puo, è Logicarinsieme.

A.

I giorni sono assai longi, e spessi.

Page 8

P.

Nella presente vita siam passaggieri: ci conuien vegliare.

A.

Ache tanta veglia, solo di noia, e d'angoscia piena?

P.

* 1.3O misero colui, che i giorni conta, e par gli l'un mil' anni. E'n darno viue, e seco in terra mai si raffronta, molto piu il sonne, se non ponete in oblio voi stesso.

A.

* 1.4Trouo il riposo esser la meglior parte dell'huomo.

P.

* 1.5Hor ben vegg'io, che voi sete offeso da n graue, e mortifero Letargo.

A.

O sete voi Signore? che buon tempo hauete? Sete il benuenuto, sedete, e datemi licenza per vn popò di chiuder vn occhio.

P.

Talseruo, qual Padrone: concorrete con Endimione.

A.

Anzi vincer vorrei Epimenide.

P.

Auertite di non sàrusciolare in qualche infamia.

A.

In che nota, o'in qual infamia incorrer puote, chi niuno offende?

P.

Via piu, chi se stesso, che chi altro offende.

A.

Chete si sia, che à pena al fin si puol dipingere, che dopo vn mar d'affanni godian in questa vita, parmi esser il vestir, che ci diffende la carne dal nocumento de l'elementi, e di vanagloria ci pasce il spirito: il bere, e'l manucare, che ci nudrisce il corpo: il dormire, che corrobora, e ristora la Natura: il gioire, che allegra, e riconforta il cuore, gioconda i spiriti, e conserua la spetie: & li denari, che ci dano il tutto.

P.

Egli è vero, magia con l'Apostolo, io ui dissi, che qui siam passaggieri, circondati da mille nemici, e quel che e'peggio, souente priui di vertu, senza armi spesso da diffesa, e con molte d'offesa di noi stessi.

A.

Dunche impossibil è, di non esser vinto, il che pochi inten∣dendo, via men preuedano.

P.

Non restanpercio molte diuine voci di continuo destarci, & inuitarcial cielo. Iddio chiamandoci con la suavoce, che essendo egli sol buono, altresi

Page 10

marauigliosamente inuita la sua prole esser smile ad esso.

A.

La voce ancora delle separate menti con indissolubil nodo à noi congionte c'indrizza al commun padre.

P.

* 1.6Ma chisordo sarà al viuo suono delle celesti Trombe, quali narrandoi la gloria del sommo bene, à quello ci destan?

A.

Euui vn'ltra ancor non men, parmi, potente, che è della Natura, qual attissimi ci fece à ricercar, e mediante la diuina gratia, à ttener l'istesso fine.

P.

Efficace è parimente la voce della retta Ragine, che pen∣dendo il retto, e'l guisto dal vero, et essendo il vero l'istesso col bene, ci conduci al sommo bene.

A.

Ne tace la nostra volonta, quale se dprauata non è, sol brama il bene.

P.

Non guidicò men efficace la voce della promessa â quelli, che con viua fede lasciando la fece delle cose basse, aguisa d' Aquila, s'inalzanò alle diuine.

A.

Ahi, doue è hoggidi tra noi vn tale, che degno è d'esser incoronato di perpetua lode?

P.

Dubiò la maggior parte, non curandosi della risposta; esser sentacchij, e troppo orecchiare il detto de carnali: cioe, Molte cose si predican, e ci son promesse, Sed quis ostendit nobis bona?* 1.7 Ma doue paiano? caccia, il vaccillar, la fede, però essendo in tali spenta la fede, e co la fede ogni vertu si parte, se l'amore di esse vertù habile non è, almen l'horrida voce della rigorosa pena raffrenar li debbe.

A.
* 1.8Non piaccia à Dio che le sue voci senza fiutto verun mi destinò, Tolga Dio, che mai faccia Cosa, che gli dispiaccia: Ma spiri al petto mio celeste ardore, * 1.9Accio a l'egro mondo porgiamo aspersi. Di soaue licor gli orli deluaso: Succhi amari, ingannato in tanto ei beua, E da l'inganno suo vita riceua.
P.

Farete honoratamente.

Page 12

A.

O la? Mignocco, ti sei nel tonello dell'oglio forse sommerso, ch'non apparisci, ne io ti vedo? Oh, ho, hor a'l putor ti sento: fa fuoco.

M.

Di fàscij, ò di Carboni?

A.

Costui è' l capo di sguadra dell'ignoranti, pur come vn Piero Lombardo, sempre fauella perdistintione, ma al fine ei è vn capocchio.

M.

Faccio per non errare.

A.

Ma sempre erri: tutto è buono, se fai bene, e presto, ne tu badalocco ballocando vaddi.

M.

Non ritrouo il mantice, ne vedo le molette, ma soffiarò cola bocca.

A.

Auertisce che essendo tu cosi secco, il fumo portandoti sopra il camino, non ti sublimi.

M.

Faremmo spalancar di risa tutta la brigata.

A.

Fa, odi, e sta cheto linguacciuto che sei.

M.

Ispedisco hotta catotta.

A.

Asciuga, scalda, e recàmi la mia camiscia, co la camisciola.

M.

Eccòla conforme al vostro desio: che vestimenti hoggi volete hauere?

A.

Ancor non ci ho pensato, qual credi, che sarà meglio? quel di panno alto, di rascia Fiorentina, o Venetiana, Taffeta, Raso, grosso Grano, Ʋelutto tagliato, o riccio, o figurato, di tella d'oro, o d'argento, o'l ricamato, o l'aliro semplice senza alcun freggio, o'l mio colletto pro∣fumato, o'l mio giuppone, e calcie, bianche, di tane, pauo∣nazzo, rancio, giallo, biggio, verde, torchino, rosso, cremesino, ouero, per putir di malincónico, e per parer piu sauio, il nero? O che cornacchi, ò che nulla dici, ô che agogni: Che ne dici tu testa d'Alocco.

M.

Per parer apresso il volgo, e l'aliri, che spesse fiate hanno poco senno, non mediocre sciochezza non seguir l'humor commune, meglio sarà, che V.S. si metti le calcie all'itali∣ana, freggiate d'oro alla bizzara, il giupone co'l busto alla Franciosa, le maniche alla Spagnuola, co'l falso colare alla polacha.

A.

Tu sai piu che non pensauo, per questa mane voglio prouare

Page 14

il tùo consiglio.

M.

Hauerete il tutto.

A.

Troua le mie pianelle, ch'io non le vedo: Fa presto.

M.

Son presto.

A.

Presto ah sentacchione? sei, penso della schiata delle stelle fisse, che si muonano in termine di sessanta, ô secondo To∣lomeo,* 1.10 di cento anni.

M.

Dio volessi ch'io fosse stella.

A.

Sempre vaneggi. Recamì le mie calcete di seta Napoli∣tane, o le Milanese, o piu tosto l'Inglese, co quelle di stame per porle sotto ali'altre.

M.

Eccòle.

A.

Penso sarà meglio, che mi metta gli miei stiudi o bolzacchini: le strade son asciute, ô fangose?

M.

Fangose, li volete Sig.?

A.

Si, porgimi le mie sotto calcete lauorate à ago, co li speroni.

M.

Sete presto per cacciar Simie, ô Babuini.

A.

Parti cornacchione tempo di calciar seta, e ogni giorni cousu∣mare vn paio?

M.

Non in vero.

A.

Doue sono le mie cintolè, o (come le dimandi tu vanaglorioso della pedantaria, in cui nascesti) poste? mai hai nulla presto.

M.

Son io forsi Profeta? ô capiromante?

A.

Non hai tu per ventura ceruello in capo?

M.

Si, ma non indouino.

A.
Che ti parrebbe, l'indouiner miracolo? Se fosti stato fermo alla spelonca, * 1.11La, doue Apollo diuento Profeta; non così diresti.
M.

In villa io nacqui, mio Padre era villano.

A.

* 1.12Se fosti alla scola, non ti souiene ciò, che riferisce Cicerone, di Cassandra Troiana, d'un certo Publio Vate, e di Ʋati Martij?

M.

Il tutto mi son dimenticato.

A.

Penso, che sij il quinto genito della razza di Metello.

Page 16

M.

Son di carne, e non di metallo.

A.

Non sai, che Scipione â Numantia contra Metello, quarto figliuol macedonico, qual n'hehbe quatro, quali secondo l'età minore andauan mancando di giuditio, diceua, che se la madre partoriua il quinto, sarebbe stao vn Asino. Penso, tu sei quel quinto, e se l' Asina. Profetizò (essendo tu maschio) meglio pnoi riuscir Druido.

M.

O voi altri ricconi suanite nel buon tempó, come mosche vi suffocate nel Latte, aguisa di Vespe v'anegatte nel Melle. e come thedeschi vi perdete nella Maluagia.

A.

Chentē, che luce, credi tu esser'oro? Niun horoloio picciolò, ò grande chesia, girar non puol senza contrapeso.

M.

Dica, ò faccia ciò, che si voglia il ricco, le richezze, come pretioso manto,* 1.13 lo copran, il tutto abbelliscan, e come vn moscone rompe ogni ragnattella, e ragna.

A.

Signior Pompilio, vdite per cortesia il mio fante, tanto ha del semplice; che crede esser impossibile l'indouinare?

P.

Non leggiamo di Mopso àpresso Ouidio, Polibio Corintho apresso Tullio, Heleo in Herodoto, Aronte in Lucano, Meone apresso Statio, di Carmenta, Nicostrata indouina, di Manto,* 1.14 di Sosopatria, di Theano, di Marta, di Eusippe, e molti altri, che a giorni loro furno indouini?

A.
Che ti par, non sei confuso? Renditi vinto, per tua gloria basti, Che dir potrai che contra noi pugnasti.
M.

Non è grand'oprail dar ad intendere à vn par mio, di poter (pescando nel pozzo) pigliar la Luna.

A.

Horsu ottuso ispediscela vna fiata.

M.

Dubito, che Ʋ. S. s'imagini d'esser in campo, e che col rumor di Tamburri, e suon di Trombe, dian all'armi.

A.

Costui dopo essersi mstrato ignorante, come vn prete di uilla, hora come vn arancatore mastreggiando, com∣mencia, arancare.

Page 18

M.

Meglio non è qualche cosa, che nulla?

A.

Via, Via, Porgimi la pettiniera col pettine di buso, ò d'auorio che sia, la scopetta, la sponghia, la spog∣netta, il netta denti col' orecchino.

M.

Eccòle già preparate.

A.

Preparate ah busega? con qual gratia, è politia?

M.

Iscusatemi Signore, andate troppo in fretta.

A.

Iddio per sua bonta mi fece vn huomo, è cotesta Vappa aguisa d'un'altra Circe, Medea, ò Calisto tranformar mi vorebhe in vna feminuccia, che m'inuecchisse nell' arredarmi.

M.

Sel ho due mani, due occhi; è sol due piedi.

A.

So, che non hai ale: ma sappi, che à cui manca ceruello, mille membra seruan in nulla.

M.

Perdonatemi padrone, ho veduto honorati gentil'huomini ripossatamente vestirsi,

A.

Ne, come tu vedi, io corro. Quanto cotesti tuoi galanti stanno?

M.

Tre, ò quattro hore.

A.

Ne anco la mula del papa cotanto tempo ricchiede, hanno l' effigie virile, e'l cor donnesco: doue è fuoco, è spirito, assai egli opra.

M.

Eglino pur son tenuli di gran senno.

A.

Euni gran differenza tra l'esser in vero, è l'esser riputato Non sai tu, che dal comenciamento il mondo se neua alla riuersa?

M.

Io non miro cosi alto.

A.

* 1.15Ʋan pur in aira à guerregiar le pecchie. Conosco ben to il tuo genio, i varesti far discepelo di Diomede, et Antifane nel imitar cotesti tuoi Gani∣medi, pompeti, paraninfi, cacamuschio, sirene, penac∣chini, tenti buono, gubbia da grilli, ceruellotti, canta∣uersi, chimerosi, che ad ogni minimo soffio di venticel, che spiri, si volcan, riuolan, è senza vertu di calamite ad ogni emispero ed orizonte si girano.

Page 20

M.

Bisogna pur Padrone mio, ch'l gentil'huomo vesta da gentil'huomo.

A.

Tu vuoi, come molti altri ignorantelli fanno, parlar di gen∣til'huomo, ne sai ch'egli si sia, ne che lo facci.

M.

Alcommun giuditio, l'intrata, vestimenta, e denari.

A.

Sai tu, che sia il volgo, ò commune? aliro non e, ch'un mostro di Natura; questo m' è più che nuouo, che campi, la seta, la moneta habbian hoggi di priuilegio di far vn gentil'huomo.

M.

Senza questi l'huomo è riputato, e puo far nulla.

A.

Tra la chiurma, e'l popolazo, tu dici il vero; m'al parer di quei, ch'han qualche seno, la virtù, il valore, il sangue, li costumi, e procedere fan in ver gentil'huomo, ma le ric∣chezze solo lo pingan, e coloriscano.

M.

Non so io, osseruo quanto fan l'aliri, vedo il ben vestito, e denaroso esser sl honorato.

A.

Che alro farai tu pouero d'ogni virtù, e glituoi pari? che non miran, ne attendan, non aspiran, ne speran, ne più alra sano, ne vedan, ch'l lor interesse, col qual mi∣suran il tutto.

M.

La commune opinion ha virtù di legge.

A.

Sei cosi grande, e grosso, e pur ancor, vdito non hai il numero di pazz esser infinito?

M.

Che sarò io forsi piu sauio del mondo? parmi piu putir del dotto, l'esser riputato sauio da molti, che sciocco da pochi.

A.

Secondo il mondo (io lo confesso) tu dici il vero: ma recca∣mi il boccal da pisciare.

M.

Eccòlo.

A.

Hor mira, che bel tempo fa, e come riluce il sole?

M.

Sima tantosto sar à buio, ò nebbia, ouer nubbi, indi teste seguira pioggia col humido, dipoi freddo, apresso caldo, et cosi in poco spaccio di tempo hauremo ogristagione.

Page 22

A.
E col tempo si mutarà ancor l'huomo: * 1.16Che nel mondo mutabile è leggiero Constanza è spesso il variar pensiero. Cauami li stiuali.
M.

Vosignoria seda.

A.

Doue son le mie scarpe, rosette, e'l centurino col pugnale.

M.

In men d'un balleno, l'hauerete.

A.

L'acqua da lauarmi le mani, è la faccia trascurato, che si, doue è?

M.

E preparata.

A.

Nel fonte, ò forsi nel pozzo, quelche è peggio, ogni di vai peggiorando: bisogna, ch'io mi rissolui, di salariar vn solicitatore per ricordarti il tutto.

M.

Iscusatemi, egli è sopra gionto vn certo di cui non mi ricor∣do il nome, che con vn cartello longo come la bibia, promette di souenir alla memoria.

A.

Pensi tu madarazzo d'apparar tal arte?

M.

Che so io.

A.

Tu mifai rider contra mia voglia.

M.

Credo, ch'ei possa assai giouarmi. Dicendo egli nella sua narraiua d'esser giurato, è spergiurato.

A.

S'inganna, t'inganna, è tu, ti inganni. Doue manca la Natura, l'arte puo nulla. Sai che vai a tentone brancu∣lando?

M.

Cercò di brancicar il meglio.

A.

Col imparar, è ricordarti ij ponti, di far d'vn resto di quella poca, che ti ritroui nella Nuca.

M.

Forsi che no Sig. vaglio, è voglio spender in cio pocho.

A.

Con pochi denari aspetta, pocho di buono.

M.

Molti pochifanno vn assai, è l'assai basta.

A.

Recami vn tantino di saponetto di Napoli, ò di Ʋinegia, ò Francia per limpidarmi le mani.

M.

Eglino gia son consummati affatto.

Page 24

A.

Dammi dunque vna mollica di pane, ò della mia poluere di fugac∣cie d'amandole con farina di fana, e le forficcini ancora.

M.

Eccòle.

A.

Le ghinphe?

M.

Io l'ho nella mano.

A.

Sta mane, per esser fresco, meglio sarà ch'io porti il colare.

M.

Cosi pensauo, eccolò, ve lo prgeuo.

A.

Poi che voi esser discepolo dell' arte della memoria, voglioti vna fiata, con vna vera memoria locale, d'un vibici, farli dir da douero

M.

Tutto star à bene, pur che conforme à nostri antiqui patti, V. S. commandi, chiami, è non bussi.

A.

[ 4] Dpo la riceputa disputarem del resto: eccomi, hora di cuore io vengo, à seruire al mio carissimo Sig. Pompilio.

P.

No à seruirmi, ma, come padrone, à commandarmi.

M.

Ditemi per vita vostra, vedisti mai alcuno cosi presto, presto come son io.

P.

No in vero.

A.

Io dormo, e vegghio quando, et aliresi quanto mi pare, e piace.

P.

Non ben resto capace, che vn spirito spiritoso, come voi sete, nella mane, nella quale sucl fruttificar il spirito, si lasci signoreggiar dal sonno.

A.

* 1.17Come? non sapete, che Il cader delle stelle al sonno inuita: et esser di mestieri,* 1.18 ch'ognivn, che viue, anco ch'ei dorma? essendo che tutti gli animali per le lunghe fatiche, è vigi∣lie si consumano, quindi han dibisogno d'esser restaurati con la generatione di nuouo humido radicale, e della ri∣nouatione delli spiriti rissoluti, quali si conseguiscano dal moderato sonno.

P.

Chi non sa che essendo la veglia vna intentione dell' animo dal suo principio, a tutte le parti del corpo, quando è moderata, eccità tutti ij sensi, dispone utte le facoltà alle lor operationi, et cacciano fuori l'escre∣menti del corpo, ma se sarà immoderata, corrompe

Page 26

temperatura del cerullo, fa delirio, accende l' humori, ec∣cità infirmità acute, partorisce fame, fa magri l' huomini, & di brutto aspettó, inde blisce la virtù concuottrice, rissol∣ue gli spiriti, riempe di vapori il capo, fa l'occhi concaui, acresce il calore, & accende la collera, impedisce la dige∣stione, causa crudità de cibi, però si modera, e col sonno si corregge,* 1.19 quindi confessar debbiamo Aleandro hauer sag∣giamente parlato, dicendo, Somnus est omnibus valetu∣do vitae, & sanitas corporis: il sonno è la sanità del corpo, & salute del' anima.

A.

Negar non si puo, che l' huomo volendo viuere, essergli di mestieri il manucare, e manucando, conuenirgli, che al∣tre si ei dorma; generandosi il sonno dall' eleuatione de va∣pori de cibi, che arriuati al ceruello, e ritrouatolo freddo, e denso, si congelno, e fatti graui, descendendo, opilano, e otturano i meati sensitiui di membri, in guisa che si gene∣ra la pioggia nella mezza regione dell' aira pel ascenso de vapori: pel contrario le vegghie procedano dal souerchio calor del ceruello, causan angustia della mente, indige∣stione de cibi; di doue il natural calore (primo instromen∣to de l' anima) s' indebolisce, e seruendo à tutti gli mem∣bri, lascia la concottione de cibi; onde si generano cru∣di humoni, e molti diffetti nel corpo, non seguendo il son∣no, otio dell' anima, e riposo della facolta animale: & in conchiusione, riscalda, corrobora i membri, caccia fuori le superstuità, accresce l' humor naturale, ingrassa il corpo, sana l' infirmità dell' animo, miigàle molestie della men∣te, & all' hora riposando (come dicesti) le facolate più gaglindamente opera la natura: onde il diuin Tasso disse:

* 1.20Tempo è di trauagliar quando il Sol dura, Ma ne la notte ogni animal ha pace: * 1.21Sotto il silentio de scroti horrori Sopianigli affai, e radolciamo i cori:

Page 28

Ma mille inconuenienti, credo, causare, se egli è superfluo.

P.

Hotta parlate in ver da gentil spirito; perche (tacendo la vegghia dimonstrare vn cuor dedito a le vertù, e graui imprese) il superfluo sonno infrigidisce, disseca, & indebolisce il calore; fa gli corpi flemmatici e pigri: manda vaporial capo, che causano distillationi, e Ca∣tarri; grandemente nuoce à corpi grassi, e ripieni: gli sani, e infermi induce in Asima, li prepara a l'A∣poplessia, Epillessia, stupore, & alla febre, causa l' es∣crementi più ritenersi ne vasi, rende l' huomo inutile, con l••••i diffetti. Quindi c'ammonisce il diuin Pla∣tone,* 1.22 Il superfluo sonno, non sol a l' anima, allo cor∣po, ma etiamdio a negoti esser impertinente, e mentre l' huomo dorme, esser di niun preggio, còme se non viuesse.

A.

* 1.23L'istesso accennaua Eschine, tenendo il troppo sonno piu á morti, che conuenir à viui.

P.

* 1.24De l' istesso parere era Gorgia Filosofo, quale essendo vicino à morte, diceua. Il sonno mi raccomanda al suo fratello.

A.

* 1.25Filone anco il dimandò imagine de l' istessa morte.

P.

* 1.26Alessandro per opre, fama, e gloria il magno, da suoi seguaci (allo costume de corteggiani) moinato, e chiamato Dio, saggi∣amente rispose: Mi conosco, esser mortale pel sonno, rittratto della morte.

A,

* 1.27Perciò anco il diuin Petrarca: Il sonn è veramente, qual huo∣mo dice, Parente délla morte: e'l Tasso,

* 1.28Tosto s'oprime chi da sonno è carico, Che dal sonno a la morte è vn piccil varco.

P.

* 1.29Quindi tal essendo il trppo sonno, disse il Sauio. Sin quando dormirai pigro, quando ti desta∣rai dal sonno:* 1.30 l'Apocalisse: Beato chiveglia, e custodisce le vesti, acciò non appaian le sue vergogne, e soggiogne, Dunque vi dico, veg∣ghiate.

Page 30

A.

Il tutto è vero, condito però co'l sale di Platone, ciòe seruata la sanitate.

P.

[ 6] Non senza ragione credo, di credere, che l' huomo manucando, non conforme al senso, ma al suo bisogno, ancor ei si contentera d'un sobrio riposo.

A.

Oh, oh! mi volete transformar in vn Toscano, ò parco Genouese, ò regolar mi inguisa, che depo la Simiorica, sotopor mi doessi a la Clinica medicina.

P.

Sia l' huomo di qual stato, e nation si voglia, egli è di me∣stiere regolar la vita: e poco, satisfa alla Natura, onde il Tasso:

* 1.31Se poco e'l desideri, è poco il nostro Bisogno, onde la via si conserui.

A.

Bisogna pur, che l' huomo manica, e beua, che senza que∣sti due, ne sano, ne mn infermo si puo mantenere: ch' es∣sendo gli corpi de l' animali in continuo fluss, e riflusso, che sempre consumano, e rissluano i spiriti del corpo, e similmente gi humori, e le parti slide, se vn' al••••ra simile sostanza in vece de la rissoluta, non si ristaura, in breue si dissolue, e si muore: al qual macamento volendo la diui∣na bontà prouedere, ci dide il cibo, è'l bere; accioche il cibo ci ristaurasse tutto ciò, che era consumato dalla so∣stanza piu secca, e dal bere, tutto quello, che dalla humida sostanza s' era rissoluto.

P.

Ma auertete Signor mio tra Christiani esserui vn grande, & enorme errore, qual fu confuso da quell' Ethnico Philo∣sofo, che essendo interogato, per qual causa cosi par camen∣te manicasse, a nostra confsion respose:

Vt viuam esse decet, viuere non vt edam. Mangiar, e ber, per viuer famestiere, Ma non già viuer, per mangiare, e bere:
Et indubitata cosa esser giudiuo, poco basta a l'huomo dotato di viua fede.

A.

Ma se l' huomo sia assuefatto à satollarsi?

P.

L' vso contra ragione niun iscusa: olra che la crapula, quasi più d' ogni alira cosa, noce al corpo, talche chi viuer vuol sano, mai deue satiarsi, ne tropp riempirsi, altrimente

Page 32

patirà rutti accidi, flussi collerici di sopra, e ancor disotto, nausea, prosternatione d'appetito, grauezza di capo, dolor di stomaco, opilation di Fegato, di Milza, dissenteria, e fe∣bri maligne, quali sempre vidiamo adar di casa in casa.

A.

Io son del suo parete, douendosi osseruar quella regola, Nihil nimis, niente tropo, non dimeno sappiate signore. esser di bisogno ch' ogu'vno viua con termini di politia, ciòe con honore, e riputatione, al suo stato conueni∣ente.

P.

L' honor, se vero honore cerchiamo (come diremo nella mia Menomachia) se acquista con le vertù, e col valore, e non con quelle cose, che à noi, & alle bestie son communi, e quando la vera vertù, & il vero honor ci manca, all' hora lo mendichiamo con gli mezzivuoti d' ognivertù, apresso il populazzo, & cosi si vestiamo di palliato honore.

A.

Mi piace la vostra opinione seguendo piu il spirito, e l'al∣tra il senso, e vanagloria, ma contradicendoui di sopra, in∣tendeuo d' alcuni consigli, e regoluzze di dieta, quali gli medici spesso le consiliano all' aliri per non le voler per essi.

P.

So benissimo alcuni esser di tal sentenza per la vita re∣golata via piu l'huomo infermarsi, il che contradice al Sauio, qual ci testifica, la medicina esser stata crea∣ta da Dio, ne sarà sprezzata dal prudente.

A.

Non parlo della medicina, sapendo esser naturale alle creature, però leggiamo l' augelli dell' Egitto purgarsi col becco da se flessi posto à molle ne l' acqua. Li Cerui vsar il Dittamo. L' Arondine la Celidonia. La Mustella il Finocchio per la oscurita e lippitudine dell' occhi. Il Drago la Lattuca siluestre contra la nau∣sèa. La Panthera il Pardalian contra l' Aconito ve∣neno. L' Orsi le Formiche centra la Mandragora. Li Merli e le Pernici contra la lor infirmita la foglia di Lanro. Le Grue il gionco palustre. La Orsaferita

Page 34

si guarisce col verbesco. La Testudine vsa l'Origano con∣tra il veneno della Ʋiera. Le Ʋolpi con la lagrima di Lorice, si sanan le ferite, e cosi quasi, credo, ogn'animal hauer particolar rimedio; ma non intendo de simli, ma di certe osseruationi nel mangiare, e bere, e dormire, che ren∣dan l'huomo inflice, e come lunatico.

P.

Quantonque sappia scemar l'autorita del'Arte, il numero d'alcuni, che hier eran pedantucci, et hoggifan del protto∣medico, à quali s' aggionge vna troppa di medicuzze, medi∣chesse, e medicastre. Nulla imeno sappiate alla simiorica giudiciale esser connesso l'ordnat vita, dimandata d' Aui∣cenna vn altra medicina,* 1.32 snza cuil' altra nulla opra: oltra di ciò per piu a costarmi al mio intento, la materia de nostri corpi, non è aguisa delle pietre, e metalli, ma molto limosa, però fragile, soggietta al patir, e facile ad infermarsi, donde va regola si ricchiede per conseruarsi sani, ma non immor∣tali.

A.

La prolissa disputa d'una medema cosa m'areca tedio: io mi rimetto: pur, credo, ch V. S. sappia diuersi esser litem∣per••••aramenti; perá se si puo regolarsi l'huomo nel viuere, non parmi nel sonno.

P.

Disopra gli dissi, della dieta fauellando, attendersi la com∣plessione, cosi nel sonno, però, se l'huomo naturalmente sar à sanguigno, con giusta proportione del caldo & humido; benche egli sia di buona temperatura, tutta via, per conser∣uarsi sano, saragli di mestiere di moderato▪ sonno.

A.

Ma s'eccedosse nel temperamento caldo?

P.

Facile sarà ad ogni infirmitade per la putrefattione & a∣bondanza d'humori, opilatione, et pieneza del sangue, e tale, oliral'aliri rimedij, guardar si dee dinon errare nella pirma digestione, nella quale si vitian l'humori per la crapu∣la, ed à tale sar à sano il digiuno, vtile il coito, e diggerendo presto, la vegghia.

A.

Ma se cholerico?

Page 36

P.

Gli giouera nudrisi con moderato sonno, per causa della quiete dell' anima, e perrispetto della correttione della lor complessione.

A.

Se Flemmatico?

P.

Gli conferisse il sonno, perche concucce ij crudi humori, da quali poi generandosi buon sangue, l'huomo diuenta calido, restando il natural calore, aggiutato dal sangue, ma il tropo li sarà nociuo, magli conferisse il coito.

A.

Parmi d'udir, che conferisse à ogn'uno, e ciò fomentando sogiose Luthero: crescite et multiplicamini.

P.

Diletta agn'uno, ma non conferisse à tutti.

A.

Ma se fosse melanconic?

P.

Perche solo il sonno muta la lor temperie, pel nouo calore acquistao, et humiditate, cose contrarie a la lor complessi∣one, però li noce l'atto venereo, ligioua il sonno.

A.

Ma come si canosce la quantità sufficieute del sonno ad ogni complessione, & ogni età?

P.

Dalla perfettione della concottione, qual si conosce dall'vri∣na, che hauendo color bianchigno, dimostra esser succo crudo nelle vene, però più bisogna dormire, ma se l'vrina fosse di color citrino, acennara il succo esser concotto, ne più ric∣chiedersi dormire.

A.

Ma stando, che, come s'è detto, il sonno si varia, come si varial'etade, e complefsione, & ancor i tempi, come si porà vno regolarsi in ciò senza alcun vitio?

P.

Quelli che sono d'eta calida, come li giouini, li basterà vn sonno di sei hore, ma à quelli di frigida complessione (essen∣do in essi la virtù digestiua assai debile) han di bisogno di più longo sonno.

A.

Ma come si conosce tal debolezza?

P.

Dalla frigidita, che si sente nella region del stomaco, dai rutti ace tosi, e dallo sputto, dopo il manicar, insipido, à quali gioua comenciar il sonno sopra il ventre, tal sonno colorando

Page 38

la faccia, e corroborando 'l petto, e digestione, se pero non patissero flussioni del' occhi, a questi giouan coginetti di piuma molle, ò di cimatura di scarlato, ò vn cagnollo grasso, essendo da lor abbracciato, e stretto tenuto al petto.

A.

Mase fosse vecchio?

P.

Non se gli conuengano meno d'otto, ó noue hore, et il sonno longo gli giouerà, e le superflue vigilie noceranno, per le quali s'indebilosce il ceruello, donde molte superfluita phleg∣matiche segli moltiplicano.

A.

Ed io credo vn manifesto inditio della bastanza del sonno esser la leggierezza del capo, e di tutto il corpo, l'euacuar le feccie, e l'urinare, come io dissi: et esser segno di senno, e di virtu il regolarsi.

P.

[ 8] Percio non solo quelli, che à Dio, ma ancor al mondo fur∣no grati, come valorosi Capitani, giuditiosi Prencipi, prodi, e magnanimi Re, fortunati, e bellicosi Imperadori, ed ogn' altro, che habbi gettato col valore della virtu, ed arte il seme della nobilta, ò altra grandezza ne la lor schiata (benche però altri habbin con sudor piantati, ed altri in otio godino i frutti) ritrouarete, non al sonno, ma alle veglie esser stati dediti.

A.

Altresi l'altri, che ne regni, prouincie, repubiche, città & vniuersitadi riusiscano, ò che di basso stato ad alto sian es∣saltati, tutti furno, e sono vigilanti.

P.

Non vi souiene di quel commune adaggio, chidorme, non piglia pesce?

A.

Si, ma ancor si dice, che chi ha d'hauer mala fortuna, il leuarsi per tempo nulla gli gioua.

P.

Forsi perche la rea sorte più tosto l'accoglie.

A.

Nulla imputate alla maluaggia sorte, che chi non ha cer∣uello, facendo il tutto con poco sonno in nulla può gradire.

P.

Dicano pur, egli ha piu fortuna, che senno?

Page 40

A.

Cotesto siverifica ne fauori fatti all'indegni, ed in cio sapen∣dosi ingegnare, eglino han assai a'ingegno.

P.

Ma al custodire, ò conseruare più ceruello, ch'alacqnistar ci vuole.

A.

Co quei mezzi, con quali 'acquista, con li medemi si con∣serua.

P.

Hor tempo non è di fauellar di stato, altroue visatisfaremo, seguitiamo il nostro ordito, per le sudette, et altre sembi∣anti cause,* 1.33 Seneca con grande giuditio, ne la persona del Prencipe, tutti oi auisa ad euitar il superfluo sonno.

A.

* 1.34Iustiniano Imperatore ancor dice, non darsi la corona a quei, che dormano, ma à vigilanti, onde de pingan l'aurora con vna ghirlanda in mano.

P.

[ 9] Ma oltra alle ragioni, et auttorita di sopra adotte, trouoin me seguir dal long matutino sonno vn'altra nia, che nella mane mi insogno le maggiori fanfaluche, e magralogie, che d'indi in tutto il giorno m'inchetan l'animo.

A.

* 1.35Doue sono molti sogni, iui son altresi non poche vanitadi, ma tu studiati di temer iddio, dice il sacro testo.

P.

Vorri viua ragione.

A.

* 1.36La scola di Platone sopra ciò volse, chi gli sogni siano specie, e cognitioni generate nell'anima.

P.

* 1.37Et Aueroe, capo d' Atisti, che dalla imaginatiua.

A.

* 1.38Il Filsofo dal senso commune ma fantastico.

P.

* 1.39Homero nell'Heliade, da Gioue, ciòe da Dio.

A.

* 1.40Alberto Magno dall'influsso de le cose superne, e proceder medianti alcune specie, che di continuo deriuano dal cielo.

P.

* 1.41Gli barbuti medici tengano causarsi dae vaporosi humori del capo.

A.

* 1.42Cicerone, e Macrobio, dall'effetti, e pensiero della volonta.

P.

* 1.43L' Arabi dall'effetti intelettuali.

A.

* 1.44L'Astrologhi dalle nostre constelationi.

Page 42

P.

Sono tutte coteste opinioni, e parolle, non voglio cercar piu in∣anti: ma che direte, molti osseruare, souente verificarsi ij sogni.

A.

[ 10] Cotesto parmi putir del superstitioso, come faceuan l' A∣rispici, che notauan il canto, & à qual parte volassero l' v∣celli, quasi che essi hauessro il diuin spirito nel lor volo, o la profetia ne rostri, ò becchi: e l' Aurispicij con non mi∣nor follia, osseruauan l' hore.

P.

Dubito ch' errate, potendo piu efficacmente in vn tempo, che ne l' altro, l' influsso del vestro Pianetta fauorirui ne vostri affari.

A.

Tutte son cose vane, occorrano à caso.

P.

Il caso succede dalla prima causa, à cuile seconde seruano, come altrone diffusamente mostreroui, quando discorer∣remo della sorte, caso, e fortuna.

A.

Parmi de tal spirito fosse Cesare, che andando contra Iu∣ba, nel descendor dinaue, cadete in terra, indi pigliando buon augurio, disse; Hora co le mani Africa, ti possiedo.

P.

Tali casi, & altri, come portenti, che fuori dell' ordine del∣la natura,* 1.45 aldir di Hesiodo, e d' altri, si generano, e qual∣che volta in bona, altre volte in mala parte si pigliano.

A.

Il tutto sta nel voler diuino, e' l tutio è incerto.

P.

Incerto parimente (come vi dissi) c' l sogno, e tanto piu, che egli occorre à caso.

A.

Souiemi à tal proposito, che Ciro nella affari di Persia, dormendo hauer veduto il sole a suoi piedi, qual forzan∣dosi tre volte con le mani pigliarlo, sempre gli fuggiua, so∣pra il che gli fu predetto, che quel desio ditre volte pigliar il sole, gli dimostraua, che doueua regnar pertrenta anni: il che successe,

P.

* 1.46Leggiamo ancor in Heraclide Pontico, il sonno della madre Falaride, à cui aparse, tra li Idoli della casa sua con∣secrati, Mercurio con vna Tazza in mano sparger sangue per tutta la casa▪ il che dindi confermò la barbara crudel∣tade contra li figli.

Page 44

A.

* 1.47Neli' Historie di Agatocle parimente si racconta Ami∣clare Carthaginese ritronandosi all' opugnatione di Sira∣cusa, hauer vdito vna voce, che in sogno li disse, Dimani cenarai in Siracusa, il che successe: perche leuatofi vn gran tumulto tra li suoi soldati, pigliò l' inin ico ansa d' assalirlo, donde restò vinto, & Amiclare fu condotto nella citta prigione.

P.

Molte cose, senza prouar, scriuan l' Auttori.

A.

* 1.48Che direte di Platone? qual riferisce, che Socrate in∣carcerato predisse â Critone la propria morte, che douea esser dopo tre giorni, per essergli aparso in sogno vna bel∣lissima giouine, quale lo chiamò per nome, contandogli. quel verso del Poeta Greco:

Tertia te Pithei tempestas laeta locabit.
il che apunto aduenne.

P.

* 1.49Aristotile altresi ci lascio scritto di Eudimo suo grande amico, qual andandosene in Macedonia gionse in quella cit∣tà bellissima nominata Pheu di Thessaglia, all' hora cru∣delmente oppressa d' Alessandro Tiranno, doue Eudimo si infermò à morte, ed vna notte gli parue di vedere vn gio∣uine di bellissima faccia, che confortandolo, gli disse, che in breue si sanarebbe, ed il tiranno sarebbe veciso, e cosi successe.

A.

* 1.50Tullio parimente scriue, Sofocle egregio Poeta, essersi sognato il ladro, che hauea robato vna tazza d' oro nel Tempio d' Hercole, & cio hauendo riferto al Magistra∣to, incarcerato il reo, si verificò il sogno.

P.

Ma che direte di me, che per due, ò tre giorni inanti di qualche infelice successo, ò sciagura insogno la vedo, ed in∣fallibilmente segue?

A.

Sic erat in Fatis.

Il vostro fermo destin vin dalle stelle, * 1.51E l' intelletto voloce è piu che l' arco.
P.

Questo io non so; sol cotesto prouo, che non ostante qual si voglia riparo, & arte da me vsaa pur troppo s' auenta

Page 46

il caso: sol in questo mi gioua, l' hauerlo anteueduto, che soprauenendo l' occasione, pur che pssi violentarmi, agui∣sa di canna d' vn impetuoso vento percossa, piegandomi, lascio passar il punto della mia stella.

A.

E cotesto sogno, ò visione?

P.

Nonso (come vi dissi) ch' egli si sia, ne per star piu cheto, e sano, molto mi curo di saperlo.

A.

Se in voi predominasse l' humor melenconico, che, al parer de molti dotti, ha prerogatiua di far preueder il vero in sogno, ardirei di dire, produrre tal effetto.

P.

Credo di certo non esser tal di natura, ma si per caso, per la mutatione, del paese, dell' aere, de costumi, del viuere, del stato, e d' altri simiglianti▪ qualigiudicò, non solamen∣te esser sofficienti di mutar la complessione d' vn corpo hu∣mano, ma di infonder, liquefar, transformar, e sublimar quel sia voglia duro metallo.

A.

* 1.52Io prto inuidia ali' Africani, quali secondo Herodoto, nulla s' insognano.

P.

Anzi (essendo l' huomo par la simiglianzi diuina, quasi diuino, e per l' intelletto, differente dall' altri animali, onde il Poeta:

* 1.53Quel ch' ha nostra Natura in se piu degno Di qua dal ben, per cuil' humana essenza. Da gli animali in parte se distingue, Cioe l'intellectiua conoscenza: E l' istesso altrone. Mente che'presaga, de tuoi danni. Dipiù il Guirino, * 1.54Non è sempre con sensi L' anima adormentata, Anzi è più desta Quanto men trauiata Dalle fallaci forme, Del senso a l' hor che dorme, Che a l' hor non è distratta, L' anima ed in se stessa Tutta reccolta suole A prir col cieco acchi Lincei.)

Credo molti veder cose future in sogni, ma ò

Page 48

perla crapula offuscarle, ò pel ignoranza non conoscerle, ò per transcurragine non sseruale; però io defiderarei di poterli penetrare, & esporli.

A.

Nell' interpretare, seguiresti la vostra inclinatione, come fece quella feminaccia, qual hauendo vnarabbiosa fame di maritarsi, essen degli proposto vn partito d'vn uom∣di poca leuatura, si and ò à consigliare con vn certo Mo∣naco suo intimo amico.

P.

Certo capitò bene.

A.

Il Religioso, che era giouine, & bon Filosofo, e a' ingegno, accorto, e sagace.

P.

Decesti ben, dicendo accorto, all' huomo poco cauto, poco, ò nulla giouando ogni dottrina.

A.

Penetrato ch' ei hebbe l' appetitoa donesca inchinatione, vdito il tutto, per leuarla dal' vscio, dissele: Madonna mia spirituale, andateuene à casa, e nella seguente notte attentamente osseruate la campanella nostra del matutino, che certo vi amaestrera di quanto doucte fare.

P.

Sta bene, sta bene.

A.

Cotesto vdito, la meschina reuerentemente ringratiato il Fraticello, pigliò comiato, e tutta attenta, mille anni le pareuan quelle pocche hore he preceder douean al matu∣tino: finalmente, ecco che nella bona hora da lei vdita fu la campanella.

P.

E che di buon riuella?

A.

La donnina, il cui cuore altro non desiaua, che trastular∣si à tutta briglia, e à bocca larga, si persuadeua, che ogni cosuccia à ciò la persuadesse.

P.

* 1.55Obedir alla Natura in tutto è meglio.

A.

Sonando la campana subito gli perue, che aguisa d' An∣gelò Gabriele chiaramente li dicesse Maritati, Maritati, Maritati, e cosi, come perseueraua sonando, altresi conti∣nuasse in esortarla.

P.

E possibile?

A.

Senza oglio, e senza sale nella seguente matina

Page 50

conchiuse il negotio del consolemini.

P.

Dindi douea esser pur cheta?

A.

Queta ah? alro che herba fresca vuole la vacca, che brama il Toro: la notte seguente scacciando le milliaia di ghiibicci dal cerueluccio, igrilli dal capo, il batticor dal petto intromettendo il nuouo hospite con vn larghissimo pa∣teat. Omnibus singulis, & quibus cunque, diedegli l'uso frutto, e poselò in libero possesso della sentina della naue.

P.

Douea pur dindi esser felice?

A.

Dite infelice.

P.
* 1.56O speranza, ò desir sempre fallace, Ʋermente noi siamo poluere et mbra, Ʋeramente la voglia è cieca e ingorda Ʋeramente fallace è la speranza.
A.
Il mondo ingannator, gli suoi seguaci, * 1.57Dopo l dolcezza, riempe d'amaro, Per poco melle, da molto aloe confelle:
P.
Dubia speme d'amanti, è breue gioia, * 1.58Penitentia, e dolor dopo le spalle. Ma come dopo il maritaggio restò infelice?
A.

Essendo il marito huomo carnale, passati pocchi giorni, cominciò ne l'interno hauerla à schifo, indi ad odiarla, do∣po non istimarla, appresso ingiuriarla, e non passo guari di tempo, che nel batterla diuenne tanto famigliare, che le busse l'eranò in vece di pane, e companatico.

P.

Auertite il mio signor inglese, che le busse han maraui∣gliosa prerogatiua nel sesso feminile, perche s'ella è cattiu, niun più proprio cataplastro la puo far emendar, che cotesto, ma se, à raro caso occorre, che ella sia bona, il sferzarla qualche vola tiene singolar virù & quasi imperscrutabile priuileggio di farla assai megliore, e di ridurla, s'egli possi∣bile, a perfettine.

P.

Sarà forsi aguisa del Gatto seluatico, dal qual non si puo hauer zibetto, se prima eglinon sia ben ben lega∣to, e spesso anco sferzato, non altrimente da molte donne sperar non si può punto a'honestate, fedeltade, e di

Page 52

bontà se ben non sian custodite cô muri, porte, e fenestre, e conforme all' occasion meglio batutte, e ribatutte da doue∣ro, e tenute in freno, come si conuiene al lor infimo stato.

P.

Cosa rara ottener non si puo, senz gran fattica, e aro in gegno, ma come soportaua cotal croce?

A.

Non essendoui peruersi vicini, che à mal l'inanimissero, ne iniqui, e tristi amici, ne atenenti che la fomentassero, anzisol chel' esortauan col bene superar il male, depo hauer patito assai, forsi per altri suoi secreti peccati; se ne andò al mo∣naco, a cui narrò succintamente il tutto, e risposele; ma∣donna, ben non osseransti la campana, ite, enella notte se∣guente attendete meglio, che conoscerete l'error esser il vostro.

P.

Che fece la pecora dopo tanta sua pecoraggine?

A.

Pigliata licenza, venuta la nette, e già longa pezzafa es∣sendo ella del maritaggio fatto, mille, e mille fiate pentita e ripentita, sonando la sudetta compana, gli pareua, che chia∣ramenta gli dicessi. Non ti maritare, non ti maritare, non ti maritare, e cosi andasse intonandole cotal auiso, donde ella lodò il frate, e biasmè se slessa.

P.

Quanto più il cucullato fù accorto, tanto men leisaggia: benissimo càpisco il vostro intento, di voler inferrire, con∣forme all inclinatioe, ed apetito ancor io esporrei li mici sogni: ma auertite essersi gran differentia trascoffione, e la berettae.

A.

[ 12] Egli è vero, pur ancor sapiate, che pocchi sauij trouarete, quali s'appli chino à tal negotio.

P.

* 1.59In cio non siamo differenti per molte ragioni, et auttoritadi, quali tralasciando, quell sol di Seneca mi basti, dicendo. Il sonno meschiar cose vere con false: Catone, Ouidio, Tibullo, et altri conchiusero non douersi curar de sogni, et l'ingenioso Guirino,

Son veramente i sogni, De le nostre speranze Più che de l'auenir vanesperanze.

Page 52

Imagini del di guaste, e corotte Da l'ombra della notté.

A.

* 1.60Diceua altresi Diogine, che egli considerando la humana polititia niun animal li pareua esser più sauio del' huomo, ma vedendo l'interpreti di sogni, e coniettori loro, niuno es∣ser più scioco di esso humo.

P.

* 1.61Sogionse parimente Agostin Santo, San Porfirio hauer tenuto la diuination de sogni prouenir da demonij.

A.

* 1.62L'espor i sogni non si puo, se non biasimare, dicendo l'Eccle∣siastico. Somnia extollunt imprudentes quasi qui aprendit vmbram, e sequitur ventum, tanto è pazzo coli, che os∣serua ij sogni, come quell altro, che si affatica in vano di ab∣bracciar l'ombra, ò diseguir il vento.

P.

* 1.63Ancor nel Leuitico siamo auertiti di non attender al' au∣gurij, ne men ad osseruar i sogni.

A.

* 1.64Di più sogiongne l' Ecclesiaste, gli sogni hauer fatto errar molti, ed esser caduti, e precipitati quelli, che sperorno in essi.

P.

Pur quai sogni potiamo noi osseruare, e quali dispreggiare?

A.

[ 12] Quelli che ripugnano alle sacre lettere, et alla dottrina della chiesa,* 1.65 ma l'altri ne quali siamo amoniti, come gratia di∣uina debbiamo riuerire, de quali leggiamo iddio souente es∣ser stato is positore, come anco cidimostrò il diuin Tasso,

Quindi à lui inuiaua vn sonno cheto, Perche gli riuelasse alto decreto. * 1.66Nulla mai vision nel sonno offerse, Altrui si vaghe imagini, ô si belle, Come hora questa à lni, la qual gli aperse I secreti del cielo, e delle stelle.

P.

Ed io di più vi dico, che dopo hauèra passato l'huomo in sua giouentù vn grau trauaglio, ogni volta che si sognara quel stato, di certo douersi preparare à qualche sinistro in∣scontro, e se egli si sogna di morti suoi antecessori, deue as∣pettar, non ostante qual si voglia industria e mezzo, infe∣lice, ouer almen non desiderato successo di suci principali affari.

Page 56

A.

Quanto s' è detto molto gradisco; et in conchiusione, come già fauellauamo, dopo la sobria cena seguirà vn cheto, e breue sonno; e quel che sopra monta ogni altra cosa, rende∣raci nella mane più atti alle vertute.

P.

Cotesto è vero; quindi vediamo gli giuditiosi padri, da fanciulezza aleuar i lor figliuoli in tal guisa, che facciano vna artificiosa Natura, di dedicar, non alli vcelli, ne à ca∣ni, ne all' inquieto corso per le selue, e campi, ma alle muse, la gioconda. Aurora.

A.

Tali danno larga caparradel lor senno, e nobile spirito; e moltine ho veduto a giorni miei, tra quali hor mi souien∣ne l'Illustre Signor Giouanni Holleis dignissimo cauag∣liere, per le sue vertù, honorate qualità, e meriti, merite∣uole d'ogn vno d'esser, non men amato, che riuerito, et ap∣prezzato, quale, e l'honestissima, e per ogni rispetto hono∣ratissima, ne mai assai lodata consorte, conforme a le lor virtuose menti (sapendo come dice il Poeta) Che se lapi∣anta è mal culta,* 1.67 mal frutto produce, hanno con la matu∣tina veglia, & assiduo studio fatti alleuare i suoi figliuoli, dirò (dicendo io il vero) doati d'ogni virtù conueniente à vn compito gentil'huomo, il che non merità à tetempi nostri, mediocre loda.

P.

Cotali manifestan il lor ingegno, e prudenza; che oltre à mille diffetti, che seguan dal longo sonno, di più ne na sce l' otio, e dall' otio il vitio, e dall'vn, e l'altro quasi ogni mal succede; perche si come la terra (dalla qual l'huomo de∣riua) hauendo virtù generatiua, se nulla di buono produ∣ce, genera herbe, non sol inutili, ma ancor spesso nociue; cosi l' huomo (come disse Cicerone, Ouidio, et altri) nato al' operare,* 1.68 & contemplate, non dandosi alle virtu, cade nel vitio. Homines enim nihil agendo, malè agere discunt; come manifesto essempio ci recan quelle nationi, quali non istimando le buon opre, immersi le vediamo nella ficce d'ogni peccato, senza auedersi.

Page 58

A.

[ 14] Che marauiglia fia, dicendo il Sauio: Qui sectatur otiū, stultus est,* 1.69 pazzo, è chi segue l' otio, e'l pazzo come cieco, camina. E san Gieronimo auertisse Demetria virgine: nulla esser peggior dell' otio, perche non solamente nulla ac∣quista, ma l' acquistato perde. Nihil in sancto proposito otio deterius,* 1.70 nam non solum nihil acquirit, sed etiam parata consumit.

P.

* 1.71Nilo vescoue, e martire l' appella madre d' ogni diffetto, leuandosi l' otio quanto possediamo, e ciò, che non possedia∣mo si prohibisse acquisterre.

A.

* 1.72Aristotile, Plutarco, & Isiodoro testificano, l' otio esser il ver dispreggio, e dissolutione d' ogni vertù, e da esso, come da peste, nascer mille altri mali.

P.

Platone, nel primo della Republicà, dimanda l' otio pe∣ste, e quindi forsi aduenne, che doue regna grand' otio, ancr regna quasi continoua peste.

A.

* 1.73Empidocle chiamòlo vna perdità di tempo irrecuperabile.

P.

* 1.74Bione vn morbo, ò infirmita dell'anima.

A.

Menandro diceua cotesto coromper le forze virili, come la ruggine guasta, e comsumma tí ferro.

P.

* 1.75Mercurio dir soleua, che la Natura l' ingegno fonde, l' vso l' inalza, l' otio l' auilisse, e sempre l' abassa.

A.

* 1.76Homero quindi esortaua mai douersi far digiunar la men∣te, essendo a l' anima l' otio tropo molesto, e pernitioso.

P.

* 1.77Demostene nella quart a Filipica dice, l' otiosi hauer be∣uuti della Madragora, essendo eglino sopiti, ed adormen∣tati in ogni attion vertuosa.

A.

* 1.78Dunche Democrito saggiamente essimigliaua l'otioso al mar morto, non essendoui alcuna differenza tra esso, & co∣teslo.

P.

* 1.79Il deuoto Benardo l' appella madre delle ciancie, e delle vertù matrigna.

A.

* 1.80Seneca dell' inuidia nodrice, Alit liuorem infaelix iner∣tia.

P.

* 1.81Non potiamo se non lodar Pitagora, ne l' esortarci à rimo∣ner da l' animal' ignoranza, dalla mente la lussuria, dalla

Page 60

città la discordia, e da corpi l' oti: & tutto il contrario, communemente hoggidi' sserua.

A.

[ 15] Quindi essendo stato, l' oti, e l' otioso apresso isa〈…〉〈…〉ij, infame, lo figurorno, pel quel Sisara, che da Iahele fu occiso mn∣tre dormiua nel letto: per Giona, che otiosamente sonac∣chiando fù getato nel mare: per Sansone preso da Fili∣stei, mentre frale genocchia della pessima Dalida ffemi∣natamente ripossaua: & per la moglie di Loth, che per riguardar à dietro, fù conuertita in vna statua di sale.

P.

Lo parangonorno ancor à quella Hiobe poetica commta∣ta in marmo, facendo nulla di ben l' otioso, che come in∣vtile deuorar i beni, & indegnamente occupar la ter∣ra.

A.

Se perciò l' otioso non riman confuso, resti aterrito (se non egli però crede in nulla, come nulla opra) dall' essem∣pio del Saluatore, che maledisse l' infruttuosa, e sterile fi∣caia, tipo dell' otioso.

P.

Non potiamo in vero se non lodar li Ginnosofisti Indiani, che non lasciauan mangiar i giouini da essi amaestrati, sin che non hauessero resi conto di quanto hauessero stu∣diato, e prima operato. E degni di loda parmi li Spar∣tani, che non lasciauan à casa tornar i giouini mandati fuori, sin che non fossero gionti à qual che grado, & ho∣nore.

A.

* 1.82Ed io cordialmente preggio quella legge recitata da Diodo∣ro, per cui l' Egiziachi eran constretti palesare i loro no∣mi, e porre in registro di che cosa, o donde viuessero, e qual mestur facessero.

P.

Santa, e diuina legge in vero freno, e sperone dell' otiosi.

A.

Non men lodeuole mi par quella dell' Atheniesi, che l' o∣tiosi, come infami, facea condurre nel loro per vituperoso spettaculo della lor pigritia.

P.

Assai mi piace: ma credo, che ancor nata non fosse tanta

Page 62

diuision de campi, ne cosi dilatato il titolo del mio, e tuo, vera origione dell' otio infame, e superbo.

A.

* 1.83Non di minor lode parmi degna la legge di Dragone tra Greci, nella quale l' otiosi eran puniti di pena capitale.

P.

O santa e diuina legge, perche ti sei smarrita?

A.

Auertite, signore, a tempi nostri, il numero dell' o∣tiosi esser cosi accresciuto, che Giudici ci mancariano per sententiare, e manigoldi per assequire.

P.

Può essere; ma pur fù in vero legge celeste, essendo me∣glo leuar la vita a l' otioso, prima che co fatti, ed essempio offenda l Rpublica: ne di ciò gli querelar si puote, che otiosamente viuendo, giudica se stesso esser indegno di vita.

A.

[ 16] Auengna che m'habbiae troncato molte ragioni, che adur poteua, nulla dimeno, qui tra il ricc, e' l pouero, vedendo vn grande arringo, l' vno a l' altro riprouerando l' otio, dsiderarei vdirne particolar risposta.

P.

Ne Dio, ne la Natura diuisero i campi, ma sol l' humana legge, donde non senza ragione potrà il pouero molti richi solamente chiamar otiosi, non volendo essi far nulla, come se nati fossero, priui d' ogni vertù▪ a l' altri spesse fiate, mag∣giori per ragion di natura, di loro, comandare, e l' altrui fatiche souente, come animali otiosi, deuorare.

A.

A questo respondera il ricco, chi non ha, e chi non sa, bi∣sogna, che egli opra, altrimente, come otioso, fa di mestieri, che ei sia punito.

P.

Replicara l' altro, come hauera il pouero, se il ricco, come Lpo affamato, vuol tranghiottire, e deuorar il tutto.

A.

A cui sogiognerala parte, se Dio non diuise il mondo, lo fece però diuisibile, quindi aperto, e nauigabile, per dimo∣straci esser di quello, che, ò per vert▪ ò con arte, ò con va∣lor l' acquista, Et vt qui posset capere, caperet.

Page 64

P.

Iscusatemi, non lo diuise Iddio, per esser il mondo, nel di∣uin conspetio, cosi vile, che spesso con più larga mano (dice S. Agosti) ne permette a suoi nemici,* 1.84 e à li più indeg∣ni.

A.

Ditte più tosto, che chente Dio ha creato, essendo buono, non ne concede à poueri, che son cattiui.

P.

Se quelli cattiui, cotesti son peggiori.

A.

* 1.85Parendomi questo esser noccho duro da rodere, maggior tempo ha bisgno tantà lite, ma ditemi, qual dimandate o∣tios?

P.

Quell, che mal vsando li beni della fortuna, anzi d' Iddio, nulla pensan, ne opran di bene, ma la vita lor passen in piaces, ed tio, foccina, bottega, incudine, martello, in∣stromento, mastro, & atefice di qual si voglia errore, ini∣mico dell' anina, e ancor di Dio, e manifesta rouina d'ogni presente, e futuro bene.

A.

Cotesto parmi Christo hauerci dimostrato, narrandoci che mnre dormina il ricco, venne l' inimic, e seminò tra il grano la zizania.

P.

[ 17] Se peraliro rispetto l' otioso non meritasse infamia, lo me∣rità, da questo, al dir di Hesiodoro, e come per esperienza si vede, nascendo l' infelice, e miserabil stato di mendicare, quindi il Sauio, Vir piger in egestate est, l' otioso, e pigro, è necessoso.

A.

Po nulla dimeno, non per causa di dissoluta vita, ma, ò per infirmita, o per altrascigura souente qualcheduno cle∣mosinare.

P.

Rade volte vedrete l'honesto esser mendico, dicendo il Re∣gal Proftta, Nunquam vidi iustum derelictum, nec se∣men eius querens panem; e se pur Dio permetesse quel∣lo, che ne la sua giouentù, ne i bem otiosamente e vitiosa∣mente ha consumato, hor esser ridotto a miseia, infamia non è la sua, ma el Christianesimo, che come Lupo coperto di pelle d' Agnello, spesse fiate di niente altro non si cura, che del proprio interesse, e di vanamente satollar se stesso.

A.

E pur la vertù non in se, ma in lirui risplende.

P.

Ʋoi motegiate del vero, che se la fede viue, spiracol opra.

Page 66

A.

Quanto à me prego Iddio, che divera fede, e puro amore aceendendo il mio ghiacciato cuore, facci, che si slegui di carià, e pietà verso del pouere, snza tante scolastiche di∣stintioni, ma sol con questo oggtto, che coprendo e ciban∣do e' l mendico, copro cibo, & a••••o l'istesso Christo.

P.

* 1.86Ogni buono si communica, l' ottimo si diffonde.

A.

Tutta via considerate le nature, e complessioni de l' huo∣mini, e toccarete co mani che in quel paese, sarà, gran copia di mendichi, doue sarà gran numero d' otiosi.

P.

Non ciò puo solamente procedere da la natura (potentissi∣mo instromento in ogni cosa) ma per esser stati da lor padri, priui altresi di vertu, mal aleuati in piaceri di leggierez∣ze, e vanitadi, donde testo consumando quanto hanno, espi∣rato che egli è, restando nudi d' ogni bona qualità, qual esser suole all' huomo il secondo rifuggio appresso il nau∣fraggio, in breue dopo che ccl continuo, o frequente soccoso, con li amici, e vicini, hanno stancati i cognati, niente altro resta a limeschini, ch' il mendicare.

A.

[ 18] Sia cme si voglia, par à tutto il mondo ragioneuole, che, chi non ha, fugendo l' otio, debba affaticarsi, altrimente lo registra nella matricola di guidoni, quali debban, secondo le leggi,* 1.87 esser puniti. E san. Paolo voleua, che chi non si affaticaua, non manucasse. E nel Deuto. era prohibito il mendicare.

P.

Quindi seguirà, che nulla facendo il ricco, nulla debba ma∣nicare: che se nel Testamento veccio era prohibito l' ele∣mosinare, ciò era perche gli comandaua Iddio, che tal soc∣corso fosse dato l pouero, che senza andar vagando, tra gli altri, honestamente potesse viuere: essendo gran vitu∣perio de l' huomo, che si dimanda humano, (lascio il'nome, certo spesso sol nome di Christiano) seuent hauer hospitals vedous, ciòe senza hospitatlitade, i poueri inutili, ci∣ò vecchi, & infermi quindi, & indi andar vagando: che se pur ogni stilla di Conscienza è in essi estinta,

Page 68

non parmi osser spento il zelo del mondano honore, pel qual ogn' vn va cosi altiero nelle cose di niun rilieuo.

A.

Nauigar non si puo contra de venti: lasciamo che Id∣dio si desta, e seguendo il nostro intento, dicoui che Costan∣tino Imperatore, impose, che essendo ritrouato vn gio∣uene sano, e mendico, fosse preso, e posto a lauorare, ò seruire, ò esser punito.

P.

Amase re d' Egitto, parimente volse per vn suo publico E∣ditto, che nel suo imperio niuno otioso, ne girando, ne ele∣mosinando viuesse soto pena, che colui, che non imparasse arte, ò non lauorasse, in publico solennemente frustrato, ed indifosse bandito, e per esseguir tal suo decreto, comandó, ch' al primodi d'ogni anno tutti li suoi vasalii compare ssero a la presenza di guernatori, con pena, che quello, che non dimostrasse per scrittura, d' esser comparso in queli' anno, fosse priuo di vita.

A.

Giustissimo riputato fù il castigo d' vn Magistrato in Fi∣andra, per hauer fatto publicamente frustar vn otioso za∣tone, che staua alla porta del Tempio à chieder elemosina, con macchie artificiate di lepra.

P.

Non di minor lode fù vn altro, che con vn bastone fece tre miracoli in vna fiata, ciòe caminar vn zoppo, fauellar vn muto, ed vdir vn sordo.

A.

Chi mal nauica, altresi mal agiogne. Assai fù preggiato da sauij Cosmo Duca di Firenze, perche in vn giorno, le sue Galee armò con la presa di molti giouini sani otiosi, e men∣dichi, & hor li suoi successori conseruano netto il lor sta∣to col rigor delle stinche, doue in vn certo luogho amio circondato di alti mura, con continua fatica, e buona a∣stinentia, ad essempio dell' altri, fan penitenza della lor pi∣gritia.

P.

Credo di certo ogni Regno hauer spra di ciò Leg∣gi & Ordini assai lodeuoli, ma essi meglio custodirsi,

Page 70

doue la maggior parte fauorisca à le vertù, ma doue la plebe, e' l popolazzo è aguisa d' vn corpo corrotto, e putre∣fatto, quanto più vien ordinato, men è osseruato.

A.

* 1.88Secondo afferma il nostro Tasso:

Ma chi da legge al volgo? & ammaestra. La viltade, e' l timore?
Pur appo ogni buon poplo fù sempre per legge in vso di corregger l' otiosi, guidoni, vagabondi, inquieti, e furbi, che d' altro non viuan; che co l' arte di froda, & di mille inganni.

P.

[ 19] Mille fiate con queste orecchie li ho vdito à tessere, come poetassero, mille false sciagure, ò più tosto folle chimere, co∣menciando il prohemio dalla lor nobil Schiatta, indi spie∣gando vna ciceroniana narritiua d' vna rea fortuna, e strani auenimenti, ò infirmitadi: finalmente con mest a voce, e mille atti pieni di compassione, conchiudere col dimandar qualche nobile cortesia, non si scomentendo, che vno, due, tre, ò quattro gli nieghino, ò che souente l' improperino, co∣tanto vagando, cercano, e picchiano, che à caso intopano in qualche d'vno, che scioccamente dandogli fede, pescan, ti∣ran, cauano, e trufano, raccoglian, e riceuan de nari dalla lor borsa, indi senza fine tra di loro fabuleggiano, fomen∣tan, e lodano il lor mestiero; ridano, giocano, scherzano, danzano, ballano, saltano, fanno rotoloni, guazzano, trionfano, e con ogni lor diletto, dell' otio si trastulano.

A.

Ma euui di meglio, acciò il lor intento, ottenghino, non sol co la persona, e con l' attioni, e fabolè, ma co' l fauellar ancor ingannano.

P.

Egli è più che vero, vsando tra di loro, per non esser dall' altri intesi, parlar come non essifurbi, altresi furbesco, & il fauellar in zergo.

A.

So che cotesti soggetti (che nella fisonomia della fronte, naso, & oechi portan la marca della berlina lor medre, della ga∣lea lor sorella, & del capestro lor fratello) appellan la borsa, foglia, ò tuosa; gli denari, cuchi & hasti, gli scudi, occhi di

Page 72

Ciuetta, e lagrime di contra maglia, il diuider il furto, annacare, e far a sei.

P.

Dite, che per leuar la capa, o' l ferraiuolo, dicano, scorza san Piero, la biretta dimandan la Cresta; il giuppone ba∣sto, e le calze, tirante.

A.

E' l rubar la borsa, & i denari, appellan far la scarpa, oue∣ro, far il figadetto.

P.

Ne l' annipassati assai m' eccitò alla risa quella ridioùlosa burla, che gli discepoli a questa infame scola fecero in Vi∣uegia.

A.

E possibile, che succedesse in Ʋenetia? ma come?

P.

Alcuni della calca s' accordorno insieme di rubar nel chi∣aro giorno, ed all' occhi aperti d'vn ricco, e cauto mer∣catante, la più ricca mercatantia, che egli hauesse nel son∣ticò.

A.

Il tutto passa fra galeotto, e marinaio: e bene?

P.

Dopo l' hauer ben ben premoditato (come si conueniua) il iutto, & insieme discorso il cur, l quando, e' l quare, e' l quia, elessero vn facchino dotto com' vn Asino, aue∣duto, com' vn bue, e semplice aguisa d' vn pecorone, qual però odornato di longa barba, e di corto ceruello, di lon∣ga magra faccia, come d' vn crocifisso, pro della persona, com' vn Camello, e che hauea assat bella prsenza, nar∣atoli vna filastrocolà, di mille buggie freggiata: final∣mente l' acciecoronò, e lo stordironò col sborsargli cento zecchini d' oro, in oro, indi honoreuolmente vestironlò all' episcopale, auisnadolò, che costi, doue lo conduceuano, seruasse vn deuoto, eriuerente silentio, che stasse con ma∣està, accompagnando, co l' atti, e con gesti, il decoro dell' habito illustrissimo, e che sopra il tutto, per qual si voglia richiesta, che eglino gli facessero, questo sol respondesse: Fate voi.

A.

O meschino, chi ad altri luscia la cura, di se stesso.

Page 74

P.

Il capo, qual come potete pensar, altresi capo era di malitia, di ricchi vestimenta adorno, andete inanti, e con bell' arte narrò al Mercante, che costi era gionto vn reuerendissimo, &c. qual de∣sideraua di impiegare ducento, ò trecento mille educati in circa, in panni d'oro, d'argento, e seta, di broccato, & altri simiglianti, quali (posciache colà per certisuoi affart era venuto) con tal opor∣tunità volea comprare, per alcuni Prencipi suoi atenenti.

A.

Dio voglia, ch'lƲescono più tosto non volesse, co'l benefitio, ven∣der se stesso.

P.

Il buon Mercante, che ancor non assai hauea studiato, ne diue∣nuto era vn quiconque; et essendo Quod male parta, male di∣labuntur, nec de male partis gaudebit tertius haeres, il mal acquistato teste teste se ne va ne la mal' hora; in continente fece porare, e preparare gli più ricchi drappi, ch' hauea ne la bottega; ed ecco poscia soprauenne il reuerendissimo, e molto illustre &c. freggiato con mille titoli, et vestito non men all' occhio di ricche, che via più di reuerenti vesti, e soprauesti, et accepiato da otto di quella honesta compagnia, quali (come hoggidi molti, e molti fanno) per aparere, e farsi istimar di più di quel che sono, erano, tutti vestiti di seta, incatenati di colane d' oro; tipo della catena di canepà, che per punto d' ogni ragione se gli conuenniua; & an∣nellati con Robini, e Robinetti, Smeraldi, co Smeraldini, To∣pazzi, Diamanti, e Perle, dimostrauano la secreta forfanteria, nel sciecco mondo, esser vna gran signoria, et incontinente con somi∣gliante ingannatrice aparenza ageuolmente acquistorno credito, & il cuor d' ogni vno.

A.

Che merauiglia, se il credito mondano altro non è, ch' vn espresso inganno: ma veniamo à miracoli deli' homaggio?

P.

Descesa che fù cotesta nobile, e riccha compagnia di gondolà, e da la honorata sequella cortegiato il reuerendis. Monsignore, en∣trò nella bottega, à cui à richesta del precursore, ò furiere testo gli fù arrecato vna sontuosa sedia, e senza verun interuallo: Quia periculum est in mora, ideo reorum est timere et fugere. Su∣bitò il siniscalcò, che già hauea fatto far presto il tutto, disse; Monsignore, dopo hauer cercato, e ricrcato d' alio, e da bas∣so, nulla ho trouato più conforme al suo desio, e di ragioneud pretio, che coteste rotole de drappi, e dopo, che gli hebbe

Page 76

spiegato le più ricche rotolate, soggionse queste, al mio giuditio, sono le più a' ogni altro, ricchi belli e pretiosi, però, se à V.S.M.I. piace, gli pigliaremo; à cui, con l' occhi sommessi il reuerendissi∣mo, con grauit à immediamente rispose. Fate voi.

A.

Fate voi ah? sta bene: tutto è che faccian ben per esso.

P.

Msurata che fù vna longa, e ricca pezza, venero alla seconda, terza, e per is pedirla, all' ottaua rotolata, e con vna risposta re∣gale. Fate voi. Caricorno la barca.

A.

Che Maestà, qual deuotione, e riuerenza à tutti douea porta∣re, quella graue presenza, quei graui modi, quell' habito miste∣rioso, e quel, ch' ha più del bello, il parlar sobrio, ah?

P.

Imaginateui signore, alla bella presenza aggiugnete la bella bar∣ba, et alla bella barba il titolo. Dignitatem silentio tuebatur: l' ignorante silentio era il suo vnico freggio.

A.

Cosi merità, e vuole, e souente gioisse d' esser aggabbato il cieco mondo.

P.

Ottenuto, senza denari, e con poche parolle, il lor intento disse, il maggiordomo, maggiorengo, maggiorente, e maggioretto, in som∣ma il fac totum. M. Signore la nauicella è caricata, andere∣mo à portar gli drappi à l' olloggiamento, lasciarem qui co V.S. Reuerendis. Robaldo, e ritornaremo tantosto pel remanente, à cui egli rispose. Fate voi: il seruo, che non men era ribaldo, che Robaldo, alleuato sol nelle ribalderie, non mediocramente in for∣mato, come seruidor humile, rozzo, e basso, staua fuori della bot∣tega, e per maggior riuerenza, da lontano, e dopo hauesse bada∣to vn popò, salutando vno, che mai hauea conosciuto leuòsi dall' oc∣chi de bottegai, quali, come babuassi, contra lor Natura, à nien∣te pensauano; e costi restò il R. e M. I. (si ceme nudo di Virtù, cosi addobbato di honor mondano e sol di titolo) co la persona in falso homaggio, et in pegno dell' espresso ingauno.

A.

O che ridiculosa nouella hoggi mi narrate? veniamo al fine del Vescouo posto al giuideo.

P.

Peruna gran pezza il turluru del mastro stete con bonefede, ma la dimora eccedendo ogni honesto termine, non vedendosi il ritor∣no d' alcuno, ne odendosi messo, ne ambasciata d' essi, comenciò l'uno mirar l' altro, e l' vsuraio troppo tardi à filosofare varie e diuerse cose, e con gran cordoglio, a communicar co l' aliri, il

Page 78

sinistro suo giuditio sopra tanta dimora, e tosto di Lumacone, di∣uenuto picrocoli, scoprirono che il vescouo altro non era, che sol vn pezzo disozza, e puzzolenta carne con due occhi in capo; vn simulacro difroda, vn ritratto d' inganni, vn sogetto non sol di strecolè, ma della forca, sol de panni guarnico per impaniar il mondo, per li suoimeriti, e dmerii, col laccio pagò il diffetto della simulata dignità, et al maniglo lasciò per heredita il, fate voi.

A.

* 1.89Miser chi mal oprando si confida.

P.

Cotesti son li acerbi frutti dell' otio, qual d' ogni Vertù priuando il mondo, l' induce à vna vitiosa consuetudine, repugnante al'or∣dine naturale, qualè d' operare, ne dinuocere, mà di giouare.

Quindi cantò, e'l diuina Petrarca disse. * 1.90La góla, il sonno, e l'otiose piume, Hanno dal mondo ogni Virtù sbandita; Et è dal suo corso quasi smarrita Nostra natura vinta dal costume.

A.
[ 20] O huomo, * 1.91T'alzò Natura in verso il ciel la fronte, E ti diè spiriti generosi, & alti, Perche in sù tu miri, e con illustri, e conte Opre te stesso al sommo pregio essalti.
P.
* 1.92Il tempo è breue, e nostra voglia longa, * 1.93Tempo sispenda in qualche atto piè degno Di mano, o d' ingegno, * 1.94In qualche bella lode, In qualche honesto studio si conuerta, Cosi qua giù si gode E la strada del ciel si troua aperta.
A.
* 1.95Dunque deh comenciamo à poco, à poco In graui imprese a ridurr'il gioco. Ma parmi esser troppo tardi.
P.
Tempo è sempré d' amendarsi, e di se guir le virtuose norme. * 1.96Che tarde nō furno maigratie diuine. Che hora pensa V. S. che sia.
A.

Meno che lei io'l so. O la, che horaè?

M.

Non so padrone.

A.

Nascestiio penso, di nulla à caso, sol per saper nulla, e finalmente per conuertriti in nulla.

Page 80

M.

Dimandero forsi?

A.

Che altro cerco io, testa di b?

M.

Sono circa diece hore.

P.

* 1.97Ha del verosimile, perche ognilongo tempo, e noiosa via si passa fauellando.

A.

Recami il mio ferraiuolo.

M.

Che spada piace à V. S. hoggi di portare?

A.

Se tu ne ha vna, che mi portasse, quella mi sarebbe grata, e ti giudicarei da più che Macometto.

M.

Cotesto io non posso.

A.

Hor andiansene padron mio. Ma à che parte và V. S.?

P.

Alla sinistra.

A.

Ed io alla-destra, dunche anderemo insieme, come l'oriente, l' occaso.

P.

Horsu signor mio, che si degni di comandarmi.

A.

Che mi conseruate in vostra bona gratia.

P.

La gratia è fatta, ed io d' altro tanto la prego.

A.

Prima che ciò chiedesti, era concesso.

P.

Gli son diuotissimo seruidore.

A.

Gli baccio le mani, mi riputerò fauore, che si degni di comandr∣mi come ad vn suo, e la prego ritornar prima di nona.

P.

Ʋerrò: a riuederci.

A.

A dio.

P.

Iddio sia con lei.

A.

Con vosignoria ancor.

Notes

Do you have questions about this content? Need to report a problem? Please contact us.